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Autore: Kimberly Anne    14/08/2009    2 recensioni
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Una piccola stanza buia. Una bambina eccentrica, maniaca dei pawky. Decine di schermi su cui vedete scorrere le immagini di molti dei vostri manga e anime preferiti. E' qui che tutto ha inizio; è da qui che parte la nostra storia, un (demenziale) viaggio ai confini dell'Universo per riportare il corso degli eventi sulla retta via... Ma ce la faranno Amu, Ikuto e Tadase, trascinati in questa avventura loro malgrado, a non rimetterci la pelle, tra onigiri parlanti, biondine isteriche e disastrosi rapporti famigliari?
Genere: Comico, Demenziale, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Amu Hinamori, Ikuto Tsukiyomi, Nuovo personaggio, Tadase Hotori
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ed eccoci al secondo capitolo di questa strana storia! xD

Non avrei mai creduto che potesse effettivamente piacere a qualcuno (trovo che le mie battute siano sinceramente penose, ma se vi fanno ridere tanto meglio, è una botta di salute per la mia autostima =D), e invece...

Ringrazio tantissimo tutti quelli che hanno lasciato una recensione, mi fate tanto contenta ^_^

 

Parte Seconda: Un Destino capriccioso

 

L’atterraggio fu piuttosto veloce e doloroso.

Tutti, perfino Ikuto e i suoi riflessi felini, finirono per terra a gambe all’aria, doloranti.

Solo la bambina era atterrata in piedi con grazia, come trasportata dal vento, e aveva già preso a guardarsi intorno.

Erano in una città. Una città che brulicava di gente di ogni tipo, ma soprattutto di ogni razza: ecco là un ciarliero folletto che chiedeva indicazioni a un nano scorbutico, o un elfo che teneva per mano una ragazza con un occhio solo, e poco più avanti una libreria la cui insegna recitava “Libri di Magie per tutti i gusti”.

Ma la cosa più stupefacente di quella città erano i palazzi. Tanti, altissimi, e completamente fatti di vetro, o così sembrava. La luce mattutina attraversava la trasparenza di quegli edifici, amplificandosi e creando un’atmosfera ancora più magica.

«Oh, no» disse Kim, portandosi le mani al viso in un’espressione terrorizzata.

I ragazzi distolsero lo sguardo dalla magnificenza di quella città e lo posarono sulla bambina, stupiti.

«Oh, no» ripeté lei. «Questo è... no, non è possibile... Konami!»

La polpetta bianca la guardò stralunata con un sorriso ebete e un filo di bava che le usciva dalla bocca.

«Non mi sembra così male» azzardò timidamente Tadase, cercando di rassicurare la piccolina.

«No, no, non capite» spiegò lei, accucciandosi con la testa tra le mani «Io lo so dove siamo. Questo mondo è ancora del tutto instabile, in fase di creazione... luoghi ed avvenimenti cambiano in ogni secondo, potremmo ritrovarci da un momento all’altro in mezzo ad una guerra, o in un buco nero, o... »

I tre la guardarono senza capire bene.

«Oh, insomma!» esclamò Kim, esasperata «Questo mondo l’ho creato io, in prima persona e senza deleghe. E’... una storia che ho scritto. » fece una breve pausa, arrossendo per la strana rivelazione. Non è facile ammettere in pubblico di essere un’aspirante scrittrice, specie quando hai appena catapultato i tuoi interlocutori nel mondo da te creato. Si riprese dopo un paio di secondi, e continuò: «Tutto ciò che accade qua è conseguenza di ciò che ho deciso che sarebbe dovuto accadere... ma il problema è che non ho deciso niente di definitivo!»

Un barlume di consapevolezza attraversò finalmente gli occhi dei ragazzi.

«Quindi, se restiamo qui per troppo tempo... » incominciò Amu, preoccupata.

«...noi  stessi potremmo venire cancellati a causa dell’instabilità di questo mondo» concluse Ikuto, accigliato.

«Come facciamo? Stare qui è pericoloso!»

«Dannatissima Fate, aveva previsto tutto...» ringhiò Kim, stringendo i pugni. «Ma un modo c’è. Se riusciamo a trovare i...»

Proprio in quel momento, ci fu qualcosa di simile all’onda d’urto di un’esplosione, che fece tremare tutto il territorio circostante. Neanche a dirlo, Kim era così leggera che fece un volo di due metri, mentre Amu cadde di gran carriera addosso ad Ikuto. E Tadase... che fine fece Tadase? Mah, tanto a nessuno importava, quindi perché preoccuparsene.

«Ahia... » si lamentò Amu in direzione delle ginocchia sbucciate.

«Certo che ti diverti proprio a cadermi addosso, eh? » sorrise invece Ikuto, con una punta della sua solita malizia.

«Certo che no! E poi non è mica così frequente!»

«Aspetta, fammici pensare... la prima volta che ci siamo incontrati, poi quella volta del gelato... »

«Sono stati casi, casi, ti dico!»

«Allora pensi di lasciarmi qui a terra ancora per molto o cosa?»

E mentre un’Amu rossa come un pomodoro si alzava in piedi in tutta fretta, Kim (miracolosamente illesa... di che cos’era fatta quella bambina? Cemento armato?) drizzò la testa.

«Eccoli» sussurrò, sorridendo in un improvviso sbalzo d’umore. «Sapevo che Shirley e Jason[1] non potevano essere lontani»

Un attimo dopo era sparita di corsa tra la folla, lasciando i nostri amici al loro destino.

«Ehi!» protestarono in coro Amu e Ikuto, e si affrettarono a correrle dietro.

Per fortuna la bambina non era andata molto lontano: la ritrovarono infatti poche decine di metri più avanti, avvinghiata alla gamba di uno scioccato ragazzo dai corti capelli neri e gli occhi color nocciola. Una biondina attraente quanto esterrefatta assisteva alla scena con una punta di irritazione.

«Kim!» la chiamò Amu, contrariata, senza tuttavia poter fare a meno di degnare di uno sguardo affascinato il ragazzo a cui la bambina si era appiccicata «Cosa credevi di fare, lasciandoci lì? E chi sono questi due?»

«Chi siete voi, piuttosto» sbuffò minacciosamente la bionda, che pareva aver trovato in Amu la persona perfetta su cui scaricare la sua crescente irritazione «Si può sapere che modo di fare è questo? Si arriva e ci si appiccica come zecche ai ragazzi altrui? C’è sicuramente una voce del codice penale che punisce atti del genere!»

Amu inizialmente arretrò di un passo, spaventata, ma quel comportamento le ricordò parecchio quello di Utau e non poté fare a meno di reagire. «Non è mica colpa mia se questa tizia se ne va in giro a fare quello che vuole! » disse, esasperata «E si può sapere chi ti dà il diritto di giudicare la gente? Smettila di stressarti tanto!»

«Io giudico chi mi pare e piace, specialmente quando si tratta di chi arriva e molesta il mio Jason[2]

«Ehm... avanti, ragazze, calmatevi» s’intromise un pacato Ikuto, regalando alla bionda uno dei suoi sorrisi maliziosi «Capisco quanto tu possa tenere a quel ragazzo, ma se dai un’occhiata potrai constatare che se la sta cavando benissimo anche da solo».

Lei ed Amu tornarono a voltarsi, e videro che in effetti Jason non se la stava passando male: aveva convinto la bambina a staccarsi dalla sua gamba e ora la teneva in braccio. Sembrava che avessero iniziato una coinvolgente sfida a carta-forbice-sasso.

«Dannazione, Jason! Si può sapere che stai facendo, ora?!»

Il ragazzo, sorpreso, tornò a guardare la sua compagna, come se si fosse appena ricordato che anche lei era lì.

«Oh, scusa, Shirley. Avevo dimenticato che c’eri anche tu» disse, innocentemente.

Ecco, come volevasi dimostrare.

Shirley si portò le mani al viso e si appoggiò drammaticamente alla spalla di Amu «Come si fa a non stressarsi, con uno così? Come?» piagnucolò, disperata.

Intanto, Kim stava sussurrando qualcosa nell’orecchio di Jason.

Lui annuì e alzò il pollice per poi rimettere a terra la bambina, che si affrettò a prendere Amu e Ikuto per la collottola e allontanarli di qualche metro.

«Questi due sono Shirley e Jason» sussurrò, in una spiegazione che in qualche modo ricordava molto un documentario di Super Quark «Sono i protagonisti della storia; essendo loro il centro dei cambiamenti principali di questo mondo, restando vicino a loro siamo più o meno al sicuro».

«Protagonisti?» chiese Amu, stranita.

«Come sarebbe a dire “più o meno”?» disse invece Ikuto, a disagio.

«Lasciate perdere, è così e basta. Ora osservate e  imparate come si comporta una coppia»

 

Nel frattempo, Tadase si svegliò e si ritrovò da solo. Solo, insieme ad un onigiri.

Gli girava la testa, si sentiva stordito. Che era successo? Una specie di terremoto...

Ma soprattutto, dov’erano finiti gli altri?

Era fuori questione che l’avessero lasciato da solo: Hinamori-san non avrebbe mai fatto niente del genere. Doveva essere successo qualcosa, un incidente, e lui e Konami erano gli unici a non averne risentito gli effetti.

Probabilmente, una banda di tremendi criminali aveva approfittato della scossa di terremoto per prenderli di sorpresa, dopodiché aveva rapito le ragazze e Ikuto-niisan per chiedere un riscatto o costringerli a mendicare per strada.

Sì, doveva essere andata proprio così, mentre lui era svenuto a terra. (Notare come la fantasia di Tadase tessesse trame rigogliose pur di non ammettere di essere stato brutalmente scaricato).

Prese dunque in mano Konami «Ma noi li andremo a salvare!» dichiarò, convinto.

Beh, almeno avesse saputo da che parte cominciare a cercare.

 

Jason si avvicinò ad una contrariata Shirley che gli dava la schiena e le toccò timidamente una spalla, come a scusarsi.

Lei si voltò appena, giusto per lanciargli un’occhiataccia e tornare a mettere il broncio.

«Avanti, Zucchero, non fare così...» la pregò il ragazzo, la voce un po’ cantilenante mentre le avvolgeva le braccia attorno alle spalle.

«Ah, questa sì che è bella. E’ la tua battuta migliore, non è vero?» ribatté lei, acida, fingendo di ignorare il respiro del ragazzo sul suo collo «E’ assurdo, semplicemente assurdo» continuò, adirata «E’ vero che voi maschi siete tutti uguali, ma tu sei in assoluto il peggiore. Non solo sei un pervertito, ma anche un pedofilo!»

«Oh, su, non dire sciocchezze» sorrise lui, pizzicandole una guancia «Quella è una bambina, piatta come una tavola. E’ molto più divertente provarci con te».

Quella frase pose fine al litigio, ma lasciò il segno di cinque dita rosse sulla faccia di Jason[3].

Kim si stava letteralmente rotolando dalle risate (in fondo era stata lei a creare quello strano e devastante rapporto di coppia), Amu era leggermente scandalizzata e Ikuto sorrideva tra sé.

«Senti, Shirley» squittì la bambina, non appena ripresasi dalla crisi di ridarella «Ho un favore da chiederti»

La ragazza la squadrò da capo a piedi con sufficienza, ma ora che non era più avvinghiata a Jason pareva sopportarla di più.

«Sarebbe?»

«Tu sei una strega, no?» chiese la bambina, retorica «Potresti darmi una mano a trovare una persona? Dovrebbe trovarsi qui nei paraggi».

La ragazza rivolse uno sguardo a Jason, che alzò le spalle mentre ancora si massaggiava la guancia. «Sei tu il capo, Zucchero. Nonché la telepate. Se c’è qualcuno in grado di trovare una persona nel raggio di cento chilometri, direi che sei tu».

Lei arrossì appena ed annuì. In fondo era il minimo che potesse fare per scusarsi con quella nanerottola. «Chi dovrei cercare?»

«Un’idiota di nome Fate» rispose Kim, candidamente, sfoderando un sorriso a trentadue denti «La riconoscerai subito, ha un ego che si estende da qui alla Via Lattea».

Shirley sorrise, beffarda. «Dieci secondi» disse, semplicemente, e a quelle parole Kim e Jason videro bene di allontanarsi di qualche passo.

«Che sta facendo?» chiese Amu, perplessa, vedendo la ragazza chiudere gli occhi e congiungere le mani.

«Per la più santissima carota, Amu, tu ti trasformi, non dovrebbe essere così scioccante vedere un semplice incantesimo di rintracciamento» sbuffò Kim in risposta «Piuttosto, la differenza sostanziale tra te e lei è che Shirley il suo ragazzo se lo tiene stretto. In modo molto tsun-tsun, devo ammetterlo, ma ha i suoi buoni motivi. Tu, invece?» e sottolineò le ultime parole con uno sguardo accusatorio.

Ikuto e Amu si scambiarono nuovamente una veloce occhiata, e lei sarebbe ritornata in modalità pentola a pressione, se proprio in quel momento Shirley non avesse completato il suo incantesimo.

«Dieci secondi esatti» proclamò la bionda, soddisfatta del risultato. «La persona che cercate... beh, è proprio lì dietro» li informò, indicando un vicolo alla loro destra, dove erano ammucchiati diversi sacchi dell’immondizia.

Kim si diresse a passo svelto verso il vicolo, trascinandosi dietro Amu e Ikuto per sicurezza.

Diede dunque un calcio ad un sacco della spazzatura, e da dietro di esso apparve una bambina terrorizzata che le assomigliava parecchio, fatta eccezione per i lunghi capelli castani ed ondulati e l’espressione molto più innocente.

«Fate» sibilò Kim, riacquisendo l’aura satanica.

«So... sorellina... » piagnucolò invece lei.

«Si può sapere che ti è preso? Che avevi in mente? Come hai osato tentare di rivoltarmi contro il mondo da me stessa creato? E soprattutto, come ti è passato per la testa di cercare di rovinare la mia Amuto Ending?» strillò Kim, incurante delle lacrime di Fate.

«Ma... ma tu... tu pensi sempre a quello, non vieni mai a giocare con me... quando eravamo piccole gestivamo sempre i destini assieme, mentre ora tu ti occupi solo di quegli stupidi shoujo... pensavo che se ti avessi creato qualche problemino, saresti venuta a cercarmi... »

L’espressione di Kim si addolcì un poco «Ciò non toglie che ti sei comportata malissimo» la rimproverò «Mi spieghi come fanno questi due» indicò Amu e Ikuto, dietro di lei «a mettersi insieme, se non fai svolgere la storia come si deve?»

Fate congiunse gli indici, dispiaciuta «Scusa... davvero... »

Finalmente, Kim sorrise alla sorella «Ok. Ma non mi serve che ti scusi, voglio solo che tu faccia tornare l’ascensore alla normalità». Oh, che bel momento di amore tra sorelle. Più o meno.

«... »

«Beh? »

«Sorellina... di che ascensore stai parlando? Io avevo solo tolto di mezzo il direttore Hoshina per un po’... » (Cosa di cui nessuno si era minimamente accorto).

Kim, Amu e Ikuto rimasero di sasso.

«Dobbiamo immediatamente ritrovare Konami! » esclamò la bambina, nel panico più assoluto. Se non era stata Fate a fare tutto quel casino, significava che c’era qualcun altro a rigirare il destino dei suoi amati manga. Chi poteva essere?
Beh, non c’era tempo per farsi tante domande: tirò fuori dalla tasca un pawky e lo agitò svelta nell’aria per ritrovare Konami e tornare indietro.

Inaspettatamente, non funzionò.

Proprio così, si resero conto i ragazzi, quando Kim spezzò a terra il duecentonovantatreesimo pawky.

Erano bloccati laggiù.

Konami era introvabile.

Non ci sarebbe stato modo di tornare nei loro mondi, mai più.

Quattro anime cercarono la via per il paradiso in quell’istante di spietata consapevolezza.

 

Ma... seriamente, se Fate alla fin della fiera non c’entrava nulla, chi era stato l’artefice del complotto?

Chi sedeva ora sulla poltrona di Kim, a controllare il Destino dei mondi?

Questa stanza è davvero comoda, sapete?

Senza quella mocciosetta intorno, voglio dire. Era talmente rumorosa... ma non credo che sarà più un problema. E ora, per festeggiare la riuscita del nostro nuovo reality, chi vuole un martini?

Ah, regia... sì, mi ritiro dal ruolo di cameraman. Ho trovato un lavoro molto più interessante.

 

Nel frattempo, Tadase.

«Sono certo che ci siamo quasi, Konami! Questo è il Polo Nord, giusto? Sono sicuro che i rapitori hanno portato qui gli ostaggi! Forza e coraggio, li ritroveremo e li porteremo a casa sani e salvi!»

 



[1] Palesemente, questi due poveri disgraziati sono i protagonisti dell’universo-storia in cui i nostri amici sono capitati. Essi fanno parte della storia inventata da Kim stessa (ovvero da me! Oh, il debutto di Shirley e Jason al pubblico.... che emozione! >//<).

 

[2] Tanto per la cronaca, i due non sono affatto fidanzati né niente del genere. Tuttavia, Shirley è piuttosto possessiva nei suoi confronti (qualcosa che ha che fare con le diverse situazioni in cui si sono trovati... beh, è una lunga storia). Jason, dal canto suo, si diverte molto a prenderla in giro.

 

[3] Cosa che, notare, capita piuttosto spesso. Perciò, ragazzi, non provate troppa pena per Jas, perché il più delle volte se lo merita u_u

 

   
 
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