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Autore: TheGhostOfYou0    06/07/2020    1 recensioni
Un segreto in grado di distruggere una famiglia.
Un peccato tramandato di madre in figlia.
Anno 1469.
Francesco de’ Pazzi è vittima di un cognome importante ma non abbastanza, eclissato da quello della rivale famiglia de’Medici ed è pronto a tutto pur di ridare alla propria il prestigio che merita.
Fiammetta Canacci sogna una libertà che non le verrà mai concessa, fa parte delle piccola nobiltà fiorentina e lei, con un matrimonio, rappresenta l’unica possibilità per la sua famiglia caduta in disgrazia.
Sullo sfondo della Firenze del Magnifico i destini di un uomo in cerca di gloria ed un ragazza in cerca di se stessa sembrano intrecciarsi, stringersi intorno a quello della più potente famiglia del tempo, travolti in una spirale d’odio così profondo e violento da rendere difficile distinguere il bene dal male, fino ad i tragici eventi del 1478.
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Rinascimento
Capitoli:
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Capitolo nono
 
Con il senno di poi, se avesse saputo che il giorno del suo matrimonio sarebbe arrivato tanto velocemente, Fiammetta si sarebbe goduta gli ultimi giorni di quella quotidianità che, nonostante le andasse stretta, le era cara e famigliare come i vecchi abiti di quando era ancora bambina.
Avrebbe perso più tempo a guardare il profilo di sua madre ed i passi strusciati di suo padre, avrebbe nascosto il naso tra le proprie lenzuola cercando di imprimerne l’odore nelle mente, toccato le mura del suo palazzo per ricordarne la consistenza e si sarebbe lasciata accudire da Betta per tutto il giorno, accettando come fosse un regalo il dolore delle mani grandi e provate dal lavoro della donna che tiravano i suoi capelli, carezzavano il suo corpo ed i suoi abiti.
Ma Fiammetta non l’aveva neppure visto arrivare il giorno del suo matrimonio, era stato un miraggio lontano, un quadro che aspettava d’esser completato, un’immagine sbiadita che sentiva non appartenerle del tutto, come se quella che doveva recarsi all’altare non fosse lei, ma qualcuno che le somigliava terribilmente.
Probabilmente questo l’aveva tenuta sana e relativamente tranquilla fino a quella mattina, quando al posto di Betta si era trovata una sconosciuta ad acconciarle i capelli con una delicatezza nuova che le suonava sbagliata, quando aveva indossato il suo abito rosso e s’era guardata allo specchio, senza neppure riuscire a riconoscersi.
Era più bella di quanto non fosse mai stata in vita sua, come giusto. Il vestito che indossava era della più pregiata fattura e metteva in risalto, anzi creava delle forme altrimenti inesistenti, gonfiandole il ventre ed il seno. I capelli, tirati  sul davanti per scoprirle il volto, erano lasciati invece sciolti sulle spalle creando uno strano contrasto con il colore del vestito. Tutto in lei era rosso, vivace, intenso, vivo e la faceva risultare allo stesso modo: più viva e colorata che mai.
Avrebbe voluto sentirsi così, eppure non provava nulla. Si lasciava toccare e guardare per la prima volta come se gli occhi non fossero puntati su di lei, persino lo sguardo colmo di gioia di Agnese non sembrò scalfirla. Il suo bisogno di compiacerla pareva lontano, apparteneva già ad un’altra vita.

Solo quando mosse il primo passo all’interno della grande chiesa si rese conto di dove fosse e di cosa stesse succedendo. Precisamente quando incontrò lo sguardo di Bastiano che l’attendeva all’altare e si accorse che per la prima volta non aveva nessuno sguardo di sfida da rivolgerle, nessun disgusto, ma appariva piuttosto rassegnato, come un condannato a morte prima della propria esecuzione.
Più si avvicinava a lui più Fiammetta si vedeva riflessa nei suoi occhi, vedeva lo stesso destino che li accomunava in maniera deliziosamente triste e si sentì confortata e disperata allo stesso tempo.
Si rese conto che stava lasciando alle proprie spalle la sua vita, si rese conto che nonostante tutto non stava succedendo come desiderava lei e tantomeno come desiderava sua madre, che la osservava attenta ad ogni sua mossa e, alla fine dei conti, ancora non pienamente soddisfatta.
Si rese conto che Bastiano non voleva lei e lei non voleva Bastiano, ma forse proprio questo li avrebbe salvati. I loro sentimenti erano esattamente gli stessi, i loro volti l’uno l’esatta replica dell’altro e loro due, così diversi e lontani, erano invece più vicini di quanto fosse riusciti a comprendere fino a quel momento.
Bastiano la odiava perché odiava quello che gli stava accadendo e quello che lei rappresentava: la sua impossibilità di scegliere.
Così quando lo raggiunse finalmente, non distolse lo sguardo da lui, anzi lo guardò fisso nei grandi occhi azzurri cercando di infondergli un coraggio che non possedeva, promettendogli silenziosamente che avrebbero trovato un compromesso.
Lui ricambiò.
 Durò appena un istante, così poco che Fiammetta pensò di averlo immaginato, ma vide il suo sguardo ammorbidirsi prima di tornare duro, serio ed indecifrabile.
Osservò gli invitati alle nozze, come fosse un’ultima occhiata alla sua vecchia vita.
Sua madre e suo padre sedevano in prima fila. Agnese era raggiante e serena in apparenza, ma Fiammetta la conosceva abbastanza da sapere che era tesa e nervosa e che lo sarebbe stata fino a che non fosse finita la cerimonia, perché avrebbe temuto fino all’ultimo istante che quella sciocca di sua figlia potesse rovinare ogni cosa.
Suo padre invece non tentava neppure di nascondere la tristezza che sembrava affliggerlo e che lei non riusciva in alcun modo a spiegarsi. Forse si stava rendendo conto di quanto poco presente fosse stato per lei o di quanto marginale e superfluo fosse il ruolo nelle loro vite, ma ancora neppure questo riusciva a spiegare quegli occhi colpevoli, come l’avesse uccisa con le sue mani e stesse guardando null’altro che il suo corpo.
Fiammetta non poteva saperlo ma in quel momento, mentre era avvolta nel suo abito da sposa, Cesare Canacci non vide una donna ma solo quella bambina, la figlia del demonio, a cui aveva malgrado tutto imparato a voler bene e a cui sua moglie, con la sua passiva complicità, aveva manovrato la vita dal primo momento in cui l’aveva tenuta tra le braccia.
Fiammetta avrebbe potuto essere molto di più e avrebbe potuto non portare addosso a sé il marchio che aveva reso lunghi ed infelici gli anni della sua giovinezza, ma loro non glielo avevano permesso e la colpa aveva preso a divorare Cesare come un morbo particolarmente doloroso mentre lei lo guardava, fiduciosa, sperando di ricevere approvazione da parte sua.
Lui non poteva dargliela.
Non approvava nulla di quello che era accaduto del giorno in cui era entrata nelle loro vite.

Tra la folla Fiammetta notò Giuliano de’Medici ed una fitta di rimpianto le trapassò il petto, facendole immaginare quello che sarebbe potuto essere se solo avesse avuto lui accanto. C’era un’ aura quasi divina a circondarlo, che sapeva si sogni e di bontà, così luminosa che quasi l’accecava.
Sarebbe stata felice, con Giuliano.
Sarebbe stata innamorata, di un marito come lui.  
 
Fiammetta avrebbe voluto studiare tutti i volti presenti, ma il parroco parlava e a lei toccava l’ingrato compito di ripetere quelle formule che l’avrebbero legata per sempre a Bastiano.
Mentre lo faceva era lui che doveva guardare.
Da quel momento non sarebbe potuto esistere nessun altro.
 
 La cerimonia le sembrò breve, forse perché non la seguì veramente, forse perché come sempre Fiammetta s’era rifugiata in quel luogo oscuro e stranamente confortante che era la sua mente, lasciando che le cose semplicemente accadessero. Così, quando furono dichiarati marito e moglie, il senso di straniamento non l’aveva ancora del tutto abbandonata, ma si ritirava piano, a passi lenti, lasciando spazio all’amara consapevolezza.
Bastiano, accanto a lei, rimaneva immobile con il capo chino. Sembrava ancora in attesa che il boia calasse la lama sul suo collo, ma era già successo e non c’era modo di tornare indietro. Fiammetta avrebbe voluto dirglielo, avrebbe voluto scuoterlo dal suo torpore, eppure l’unica cosa che le parve giusto fare fu avvicinare la mano a quella di lui, cercandone il calore ed il conforto.
Lui si allontanò bruscamente ed ancora una volta si rifiutò di guardarla.
 
 
 
La grande festa che seguì le nozze fu organizzata a Palazzo Soderini, decorato con addobbi floreali meravigliosi ed adornato di rosso con ogni genere di ornamento possibile.
Era quella, la sua nuova casa.
Il solo pensiero fece tremare Fiammetta. Quel posto bellissimo, in cui ogni cosa gridava agiatezza e ricchezza, sarebbe stato testimone della sua vita futura e, se non si fosse conosciuta abbastanza e non avesse letto negli occhi di Bastiano la profonda scontentezza che lo animava, avrebbe potuto persino immaginarsi felice lì.
Aveva danzato con suo marito, indossando un sorriso di circostanza che era bastato ad ingannare gran parte dei presenti, e, nonostante gli occhi di tutti fossero puntati su di lei, non si era sentita a disagio. Ormai nessuno si poteva più permettere di additarla o giudicarla, aveva la benedizione e l’approvazione dei Medici,  suoi angeli custodi e salvatori.
 
Stanca delle danze, Fiammetta si allontanò dal centro della sala, per cercare un po’ di calma. Si appoggiò con la schiena contro un muro e si permise di fare ciò che in chiesa non le era stato concesso. Osservò i suoi invitati, che sembravano immensamente più felici di lei, uno ad uno, volto per volto.
Lorenzo conversava con Lucrezia Donati in maniera sfacciata, mentre sua moglie Clarice s’intratteneva con Bianca. Fiammetta si trovò a compatire la donna, che appariva visibilmente umiliata e delusa dalla poca attenzione che il marito stava prestando non solo a lei, ma anche al mantenere l’apparenza.
Tutti a Firenze erano a conoscenza del rapporto tra la Donati ed il giovane Lorenzo, nessuno s’aspettava che il matrimonio con Clarice Orsini fosse qualcosa di più che una semplice mossa politica, eppure per un uomo del suo rango, della sua cultura e della sua levatura mostrare in quel modo la sua passione per una donna che non era sua moglie era un gesto di pessimo gusto. Fiammetta si trovò a pensare che il suo biasimo nasceva dal timore più che fondato che sarebbe toccato anche a lei essere la moglie invisibile ed umiliata, per questo provò compassione per Clarice, che tra una parola e l’altra non staccava gli occhi dal marito e dalla bella Lucrezia.
 
Nannina era invece impegnata in una fitta conversazione con suo marito Bernardo Ruccellai e conoscendoli, persino in un occasione come quella, i due erano probabilmente impegnati in animate riflessioni riguardo questa o quell’opera. Il loro rapporto era estremamente particolare, ben diverso da quello della sorella Bianca con Guglielmo de’Pazzi, profondamente tenero, ma era altrettanto ricco di rispetto. Nannina e Bernardo parlavano poco di sé stessi, non si sfioravano mai più del dovuto, ma avevano una connessione mentale che bastava, compensando in maniera ineccepibile la mancanza fisica. Si muovevano e parlavano come fossero la stessa persona, pur mantenendo ognuno le proprie opinioni ed anzi, Bernardo teneva in gran considerazione ogni parere di sua moglie che era per lui la più intelligente tra le donne.
Una volta, durante un banchetto, aveva sentito Bernardo scherzare sul fatto che Nannina fosse la mente di un uomo nel corpo di una donna, tanto era sveglia ed abile in ogni campo.
Fiammetta non sapeva se fosse un complimento, qualcosa in quella frase la disturbava, ma era allo stesso tempo affascinata dal rispetto che l’uomo mostrava per sua moglie.
Si domandò se mai Bastiano avrebbe potuto provarlo per lei.
  
Il suo sguardo si mosse veloce tra le figure familiari nella grande sala e si fermò improvvisamente quando incontrò due occhi chiari che sembravano guardare proprio lei. Il cuore perse un battito, suo malgrado, e le fermezza con cui aveva giurato davanti a Dio che per lei ci sarebbe stato solo suo marito scivolò via veloce quando si accorse che era Giuliano a guardarla, con un’intensità tale da lasciarla senza fiato per alcuni istanti. Era uno sguardo colmo di desiderio, persino lei che non conosceva realmente quel sentimento ne percepiva la potenza ed era più forte e vivida che nelle sue più sfrenate fantasie.
Arrossì, abbassando il capo, poi sbirciò ancora, incapace di porre fine a quel gioco che non sarebbe dovuto esistere.  Lui la trafiggeva con i suoi occhi e a lei sembrava non aver desiderato altro che questo per una vita intera.
Non era Giuliano de’Medici in sé ad attirarla così tanto, ma l’idea che dava: un ragazzo di sedici anni appena che era già più uomo di molti altri, capace di passioni irrefrenabili e sincere, un principe inarrivabile per chiunque, che in quel momento guardava lei.
Giuliano accennò un sorriso e fu allora che la longilinea figura di una donna passò accanto a Fiammetta e tanto più la donna si avvicinava, tanto più il sorriso di lui si apriva.
Solo in quel momento Fiammetta capì non solo che la donna doveva essere stata affacciata sull’uscio della porta, proprio dietro di lei, fino a quel momento, ma anche che pur di evadere dalla realtà s’era persa ancora una volta in un sogno che non le apparteneva, in uno sguardo che non era per lei.
La donna, anche lei giovanissima come Giuliano, non aveva bisogno di presentazione alcuna, la sua bellezza era stata decantata per tutta Firenze fin dal suo arrivo, solo pochi mesi prima, quando si era unita in matrimonio con Marco Vespucci. Aveva lunghi capelli dorati, che illuminavano il viso pallido, gli occhi erano grandi e vivaci, le guance piene e rosee, la figura aggraziata e delicata.
Ogni cosa in lei sembrava dipinta da Dio in persona e non si poteva rimanere immuni al suo fascino che, data l’età, sarebbe continuato a sbocciare nel corso degli anni.
La vide camminare verso Giuliano e superarlo, non senza voltarsi verso di lui, lanciandogli un’occhiata che non era in alcun modo fraintendibile, un misto di curiosità e fascinazione che diede a Fiammetta la sensazione di star vedendo sbocciare un amore come quello di Paolo e Francesca, adultero, sbagliato, tragico ma impossibile da controllare.
Non immaginava neppure quanto vicina fosse alla realtà.
Il suo pensiero non corse a Fioretta Gorini, non c’era spazio per lei in quella storia, non in quel momento. L’amore perfetto che Fiammetta sognava ora lo vedeva, proprio davanti ai suoi occhi, e lei non era altro che un’impotente spettatrice.
Simonetta Vespucci era il desiderio di Giuliano, una donna con cui nessuna avrebbe potuto mai competere, un angelo caduto dal cielo per illuminare i loro giorni. Qualcosa che lei non avrebbe potuto mai potuto eguagliare.
Avrebbe voluto lasciarsi andare a quel dolore sordo, alla sensazione del suo cuore stritolato dalla morsa feroce della vergogna e del risentimento, avrebbe voluto vivere il lutto sei suoi sogni che svanivano per potersene costruire di nuovi, ma non ebbe neppure il tempo di disperarsi che una voce la fece sobbalzare.
Una voce che conosceva piuttosto bene.
“Le mie felicitazioni. Sono rimasto stupito del vostro invito, ad essere sincero”
 Francesco de’Pazzi era accanto a lei, poggiato contro il muro con le braccia incrociate al petto. Nonostante si stesse congratulando con lei, il suo viso era inespressivo e non c’era alcun reale interesse o sincerità nelle sue parole. In un primo momento Fiammetta ebbe l’impulso di andar via, per sottrarsi agli sguardi incuriositi, ma poi vide Luca Soderini sorriderle da lontano, in maniera appena percepibile. Fiammetta sapeva cosa voleva dirle, non doveva curarsi di salvare le apparenze o la reputazione, quello era il momento che Luca aveva previsto sarebbe arrivato: la grande mossa della famiglia Pazzi, la conferma dei suoi timori.
Non aveva bisogno che Francesco parlasse, sapeva che era lì per chiederle qualcosa ed il pensiero che fosse stato lui il mandante della sua aggressione le fece accapponare la pelle, ingrandendo il suo desiderio di fuggire via.
Ma non poteva, non poteva assolutamente.
“Mi avete salvato la vita, era il minimo che potessi fare.”  Rispose, lasciando che un sorriso tanto timido quanto falso incurvasse le sue labbra.
Doveva assecondare il suo gioco.
 
   
 
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