Pochi giorni dopo il compleanno di Harry,
Sirius ottenne risposta da uno dei pochissimi orfanotrofi magici della nazione
e anche in questa occasione, l’uomo preferì andare da solo: era molto più
improbabile trovare cadaveri in un orfanotrofio, ma una volta gli era bastata.
Appena entrò, la bussola orologio iniziò a
ticchettare, un altro regalo di Greyback. L’istinto fu di lanciare l’oggetto
contro il muro, ma stava diventando bravo a placarsi.
Ebbe una lunga chiacchierata con la Direttrice
dell’orfanotrofio che sembrava piantata nell’idea di affidargli un normalissimo
maghetto e ignorò i vari tentativi di Sirius di spiegarle che no, non voleva
adottare e no, non era lì per aiutare bambini che avrebbero trovato una
famiglia con molta più facilità. La strega non sembrava voler sentire ragioni e
dopo un po' che lei continuava a parlare, Sirius le allungò una lettera di
referenze col sigillo di Hogwarts senza aggiungere altro. La donna restò
sorpresa e finalmente si arrestò nel suo continuo ciarlare; dopo aver letto
rapidamente, si alzò con un “Mi segua” detto fra i denti e iniziò a camminare
spedita per i corridoi.
Arrivarono fino al cortile dove c’erano
bambini di tutte le età che giocavano e la donna gli indicò una testolina nera
seduta sotto un albero. Tecnicamente Sirius non era lì per adottare, ma la
donna non sembrava aver voluto capire l’antifona.
“Se è quello che le interessa” disse
sdegnata.
Avrebbe voluto urlarle che quei ragazzini
non erano articoli sul banco dei salumi, ma sarebbe stato controproducente.
Stava diventando davvero troppo bravo.
Senza neanche perdere altro tempo con la
donna, l’animagus si avviò a passo spedito attirando gli sguardi di tutti i
ragazzini nel cortile fino a quando non raggiunse il bambino che si guardava
attorno preoccupato, come se potesse essere uno scherzo o ci fosse qualche
bambino nascosto dietro l’albero che avrebbe potuto attirare l’attenzione di
Sirius.
“Ti stavo cercando” disse il bruno e il
bambino lo guardò con gli occhi stretti.
“Ethan, giusto? Io sono Sirius” continuò
sedendosi per terra davanti a lui.
“Ciao” bisbigliò il
bambino.
“A cosa giochi?”
Il bambino scrollò le spalle. Cominciamo
bene.
“Come mai te ne stai da solo qui?” gli
chiese e il bambino si raggomitolò su sé stesso.
“Gli altri bambini non vogliono che giochi
con loro, hanno paura” spiegò senza particolari giri di parole.
“È per le cicatrici?” gli chiese Sirius e
questi annuì.
“Mh”
“A me non fanno paura” gli disse
tranquillo e avrebbe continuato, ma il bambino lo interruppe.
“Perché odori di cane?” gli domandò di
getto e Sirius scoppiò a ridere.
“Odoro così tanto di cane?”
“No, però… odori di cane” rimarcò
arricciando il naso.
Sirius si guardò attorno con fare furtivo
e il bambino corrucciò le sopracciglia.
“Sei bravo a tenere i segreti?”
“Abbastanza”
“È perché posso trasformarmi in un cane”
Gli occhioni scuri del bambino si spalancarono eccitati.
“Quindi tu…! Io…!”
“Ti ho detto che ti stavo cercando, Ethan”
Ethan aveva sette anni, ma era piccolino
per la sua età. Aveva capelli neri, occhi scurissimi e una faccia da birbante. Era
molto bravo ad arrampicarsi sugli alberi e aveva un sasso preferito.
Sirius voleva arrotolarlo nella sua giacca
e portarselo via seduta stante, ma la Direttrice non sembrava d’accordo. Sconvolta
e arrabbiata, gli diede un elenco di documenti da presentare, pagamenti da fare
e lo mandò via.
Sirius si ritrovò all’ingresso di Grimmauld
Place, il rotolo di pergamena ancora stretto in mano e il cervello chiaramente
lontano anni luce, visto che non ricordava nemmeno il tragitto fino a casa.
In quel momento passò Remus con una tazza
di the e lo sguardo preoccupato.
“Non riesco a capire dalla tua espressione
come sia andata” disse e riuscì a distoglierlo dalla trance in cui era finito.
“Rem, io odoro di cane?” gli chiese e
l’altro alzò le sopracciglia, sorpreso.
“Non esattamente, perché?”
“Non hai detto di no. Quindi per il tuo naso
io sono un cane” dedusse e il licantropo alzò gli occhi al cielo.
“Godric no, Sirius, tu non odori di cane,
ma hai un ché di canino. Immagino che qualcuno ti abbia offeso”
“No, è che… c’è questo bambino, si chiama
Ethan” iniziò e Remus sbiancò.
“Sirius” disse e prima che potesse dire
quello che già sapeva, iniziò a parlare.
“È un cosino piccolo Rem, e già… già ha
quella certezza scritta in faccia, quell’assoluta certezza che la sua vita
andrà male a prescindere da tutto e forse lui non sa nemmeno di averlo scritto
in faccia, ma l’ho letto per troppo tempo sulla tua di faccia per non riuscire
a vederlo a primo sguardo e nessuno gioca con lui, se ne sta lì, da solo sotto
un albero, tutto solo e la settimana prossima c’è la luna piena e lui è lì…!” e
si fermò in un grosso singhiozzo arrabbiato.
Remus lo abbracciò e Sirius si aggrappò
alla sua camicia con più rabbia di quanto avrebbe voluto.
“Quel bambino non può restare lì. Non
voglio una replica di Lawrence”
“Sirius, un bambino è una grossa
responsabilità”
“Non sono un idiota, ovvio che un bambino
è una grossa responsabilità, ma l’idea che lui sia lì mi… mi uccide”
-
Sirius non stava prendendo la cosa alla
leggera, nemmeno per scherzo.
Una cosa era dare un tetto a venti ragazzi
già perfettamente autonomi (la maggior parte del tempo) e tutt’altro era
adottare un bambino, un bambino licantropo. Ethan sembrava ben predisposto
verso Sirius al momento, ma chi poteva dire con esattezza in futuro cosa
sarebbe successo? Magari avrebbe odiato la casa, il modo in cui vivevano, la
gente per casa, o Teddy, Remus o semplicemente Sirius. L’animagus era
consapevole di non essere una persona facile a cui voler bene.
Era nel panico, ad essere sinceri, ma
l’idea che quel bambino passasse i prossimi dieci anni in quel posto, per poi
essere calciato fuori lo stava uccidendo. Sempre se lo avessero tenuto fino a
diciassette anni, sempre se non fosse “scappato” prima. Bella giustificazione
per lasciarli in mezzo alla strada a quattordici anni.
“Remus mi aveva detto qualcosa, ma non
credevo…” esordì Harry che si era steso sul pavimento per guardarlo.
“Sto riflettendo” spiegò sulla difensiva.
“E devi farlo sotto al pianoforte?” gli
chiese il suo figlioccio.
Okay, era steso sotto al pianoforte, che
c’era di male? Era solido!
“Mi da un senso di sicurezza” si
giustificò incrociando le mani sullo sterno.
“A me da un senso di bara” disse
stendendosi su un fianco per osservarlo più comodamente, ma restando comunque
fuori dalla sagoma del pianoforte a coda. Quando erano bambini, lui e Regulus
avevano inciso le loro iniziali nel legno ed erano ancora lì, aveva evitato di
ridipingere il sotto del pianoforte appositamente per non disturbare le sei
lettere graffiate nel legno. Era una delle poche cose fatte da bambini che fosse
andata impunita, ancora si chiedeva come visto che avevano sempre avuto
Kreacher che riportava ogni singolo respiro a Walburga.
“Che ti ha detto Remus?” chiese Sirius a
Harry. C’era un altro bambino a cui pensare adesso.
“Che hai trovato qualcuno e che stai
riflettendo sul dà farsi” gli rispose il ragazzo, la testa sorretta da una mano
mentre lo osservava con sguardo serio.
“Ha sette anni” esordì.
“Più piccolo di quanto pensassi”
“Si chiama Ethan”
“E quando viene a vivere qui?” chiese Harry,
sorprendendolo e finalmente si voltò completamente verso di lui, girandosi sul
fianco a sua volta.
“A te starebbe bene?” domandò sorpreso e
Harry si corrucciò.
“Dici sul serio? Pads, io sono stato un
orfano, so perfettamente cosa significa essere odiati semplicemente per essermi
azzardato ad esistere. Prendi quel bambino e portalo qui”
Sirius non riuscì a non sorridergli e
Harry gli fece l’occhiolino. Fu solo
dopo un attimo, quando Harry si era già tirato su a sedere per alzarsi, che
registrò con esattezza cosa il ragazzo avesse detto.
“Sei stato?” chiese ad alta voce
l’animagus.
“Uh?”
“Hai detto ‘sono stato un orfano’”
“Adesso ho te, no? E tutti gli altri”
spiegò ovvio il suo figlioccio.
Oh.
“Pads, stai piangendo?”
“È la polvere”
-
C’era un'altra persona che, a differenza
di Harry, avrebbe avuto un punto di vista più imparziale riguardo la faccenda.
Una volta uscito da sotto il pianoforte ed
essersi asciugato la faccia, s’infilò nel camino del suo salotto, ancora
collegato con Hogwarts e grazie a una rapida controllata alla Mappa del
Malandrino si diresse a passo spedito verso l’ufficio della Preside.
“Minnie” esordì aprendo la porta e la
donna non si disturbò nemmeno ad alzare la testa da quello che stava scrivendo.
“Sirius” lo salutò, nemmeno l’ombra della
sorpresa di vederlo arrivare così nella sua scola. Quei dannatissimi quadri… se
avesse voluto fare un ingresso in grande stile avrebbe dovuto utilizzare il
mantello, dannazione.
“Ho bisogno di un tuo parere” disse
passando al sodo e mettendo da parte l’insoddisfazione per l’ingresso mal
riuscito.
La sua frase riuscì finalmente a
sorprendere la professoressa e Sirius si diede una pacca su una spalla. Era
bello sapere di non aver completamente perso il suo tocco.
“Buon Godric, adesso se tu a farmi paura”
“In privato” aggiunse l’animagus e la
strega mandò via i numerosi ritratti nella stanza. Sirius fece la linguaccia a
Phineas Nigellus Black che se ne andò borbottando, ancora incazzato perché il
suo pronipote reietto aveva tolto da Grimmauld Place il suo ritratto.
Sirius illustrò la faccenda e poi aspettò
che la donna parlasse. Aspettò in silenzio, ma la strega lo osservava da sopra
gli occhiali, le mani unite davanti alle labbra.
“Minnie, dimmi che ne pensi perché io sto
sudando chiodi”
Lo fece tremare ancora qualche secondo e
alla fine, tolse le mani da davanti alle labbra e sorrise.
“Devo ammettere che vederti maturare è
molto più soddisfacente di quanto credessi”
“Credi che sarei in grado?”
“Sirius, io non credo, io so che quel
bambino non potrebbe finire in mani migliori” disse la donna con espressione
seria e Sirius fu invaso da quel senso di calore che aveva provato solo in
presenza della donna e di Euphemia Potter.
“Grazie, Minnie”
“Figurati, Padfoot” gli concesse con un
sorriso che contagiò anche lui. La donna tirò fuori la latta dei biscotti e
gliela allungò e Sirius si tuffò a prenderne due per il semplice gusto di
vedere il sopracciglio della donna inarcarsi. La strega rimise la scatola dei
biscotti al suo posto e con un gesto delle dita fece volare nella sua mano la
breve lettera che Sirius le aveva mandato recentemente.
“Adesso, tornando invece alla ragazza che
hai trovato, si chiama Chiara Lobosca e anche se non comincerà a frequentare
Hogwarts prima del prossimo anno scolastico, ho fissato un appuntamento con i
suoi genitori per iniziare a illustrare la questione”
“Bene, che posso fare?” si offrì Sirius.
“Tu? Non molto, ma voglio Remus”
“È a Grimmauld Place l’ottanta percento
della settimana e sta anche cambiando atteggiamento. Alla scadenza ti conviene
provare, potrebbe davvero accettare la tua proposta” rispose tranquillo e
l’animagus sorrise per la seconda volta.
“Sapevo che non mi avresti deluso”
-
Remus provava a non essere sorpreso della
rapidità con cui l’orfanotrofio fu pronto a liberarsi del bambino, ma Sirius
glielo lesse in faccia lo stesso.
Anche lui si aspettava un po' di
attenzione in più, ma evidentemente per loro non ne valeva la pena. Gli
concessero addirittura di vederlo tutti i giorni prima della luna piena e di
fargli bere la pozione di Strozzalupo. Era chiaro che non vedessero l’ora di
togliersi dall’impiccio, era già un miracolo che lo avessero tenuto così a
lungo.
Lessero i documenti insieme e Remus scoppiò
a ridere quando lesse il nome completo del bambino.
“Hai visto come si chiama?” gli chiese il
licantropo, ma lui scosse la testa mentre cercava un documento nell’infinita
pila di scartoffie che affollava la scrivania della biblioteca.
“No, ero impegnato a scrivere il mio nome almeno
una quarantina di volte”
“Ethan Syrus Cherny. Saremmo anche due
scettici, ma di certo non si può negare che il destino sembra essere
intervenuto” e se all’animagus scapparono altre due lacrime, c’era solo Remus a
guardare.
Sirius riuscì ad avere tutto pronto per l’adozione
il giorno dopo la luna piena. Avevano aggiunto una stanza da letto al quarto
piano, vicino alla sua, appositamente per Ethan. Grimmauld Place aveva un po'
protestato, scricchiolando come un grosso animale burbero, ma se l’era fatta
piacere.
Andò a prenderlo nel pomeriggio, in modo
tale che avrebbe avuto un po' di tempo per riposare e riprendersi dalla
trasformazione.
Un paio di giorni prima gli aveva lasciato
una valigia, niente di enorme in modo che il bambino riuscisse a trasportarla
anche da solo, ma per sicurezza vi aveva fatto un piccolo incantesimo
d’Estensione. Non pensava che avrebbe avuto molte cose da portar via, ma meglio
non rischiare di uscire da lì con la fodera di un cuscino per bagaglio. Era
stata Luna a suggerirgli l’idea e ne fu immensamente grato.
“Com’è andata questa luna piena?” gli
chiese Sirius mentre gli legava le scarpe. Il bambino sembrava ancora piuttosto
dolorante e stanco, ma non sembrava avere nuove ferite mentre si muoveva sul
letto dell’infermeria.
“Bene! Non mi sono graffiato per niente.
La tua pozione era molto brutta, ma ha funzionato” gli disse allegro e Sirius
gli sorrise.
“Sono contento. Hai preso tutto? Pronto ad
uscire da qui?”
Il bambino annuì e saltò giù dal letto per
poi fare un’espressione sofferente.
Sirius afferrò la valigia con una mano e
offrì l’altra al bambino. Ethan lo guardò per una manciata di secondi incerto,
ma alla fine accettò e si avviarono per i corridoi.
Gli altri bambini nella struttura li
guardavano sconvolti, borbottando cattiverie fra di loro. Se Sirius riusciva a
sentirle, voleva dire che per Ethan era come se gli stessero parlando
nell’orecchio.
“A casa c’è sempre un sacco di gente, ma
sono tutti gentili e ognuno ha la propria stanza. Per te abbiamo preparato la
stanza vicino alla mia, così se qualcosa ti dà fastidio, puoi venire subito a
dirmelo, okay?” gli spiegò sperando di distrarlo.
“Una intera stanza?” chiese lui sconvolto
e Sirius annuì.
“Oh sì. Puoi decorarla come ti pare. Gli
altri ragazzi non vedono l’ora di conoscerti”
“Davvero?”
“Certamente. C’è anche una persona che
vuole conoscerti e spero che andrete d’accordo. È un lupo mannaro anche lui,
come te”
“Oh. E siete amici?” chiese preoccupato.
“Si, ci siamo conosciuti a Hogwarts”
“È andato a Hogwarts?!” sbottò sorpreso
per poi fare un’espressione dolorante.
“Non ti strapazzare. Comunque si, certamente
e ci andrai anche tu, quando sarai abbastanza grande”
“Ma gli altri bambini hanno detto che
quelli come me non possono andare a Hogwarts” disse preoccupato lanciando
un’occhiata ai bambini nel cortile, tutti con gli occhi puntati su di loro.
“Il mio amico ci è andato, ci andrai anche
tu. Se ci vuoi andare, oppure puoi scegliere un’altra scuola”
“Non esistono altre scuole” disse Ethan ovvio e Sirius scosse la testa.
“Ne riparliamo più in là”
La Direttrice li guardava ancora scettica
davanti all’ingresso. Qualche minuto prima avevano già dovuto affrontare una
discussione riguardante la gabbia che la donna insisteva nel cedergli e che
Sirius, altrettanto insistentemente aveva rifiutato. Si sarebbe tagliato una
mano prima di chiudere quel bambino in una gabbia.
“Lei ne è sicuro” gli chiese ancora una
volta e Sirius annuì.
“Sicurissimo”
“Sa che non lo riprenderemo indietro se
dovesse cambiare idea” che razza di persona doveva essere per dire una cosa del
genere davanti al bambino? Godric, gli sembrava di rivedere una qualsiasi delle
spocchiosissime amiche di sua madre.
Sirius strinse appena appena di più la
mano di Ethan nella sua e sorrise alla donna con i denti più canini che
riuscisse ad avere senza trasformarsi completamente in Padfoot.
“Preghi solo che io non abbia motivo di
tornare in questa topaia” gli disse emanando tutto il disprezzo di cui solo un
Black sarebbe stato capace e la donna finalmente si zittì, una pesante
sfumatura di terrore sul volto.
Sirius si voltò poi con un’espressione
molto diversa verso il bambino e gli disse “Andiamo, Ethan” e il piccolo,
completamente sconvolto dal modo in cui il mago aveva risposto alla Direttrice,
annuì.
“Sei mai stato su una motocicletta?” gli
chiese tornando al tono gioviale che aveva avuto fino ad un attimo prima. Prima
che il bambino potesse rispondere, avevano raggiunto la moto parcheggiata e la guardava
con occhi sgranati mentre vibrava dall’eccitazione.
“Questa è tua?! L’ho vista solo in un
giornale babbano!”
“Oh sì. Avanti, salta dentro”
I due si misero a cavallo e Sirius lo
riempì d’incantesimi di protezione. Se il sidecar si fosse staccato dalla moto
(cosa estremamente improbabile) sarebbe rimbalzato fino a terra come se non
fosse successo niente.
Iniziarono il viaggio di ritorno su strada
e quando la moto prese il volo, Ethan gridò eccitato. Sirius si assicurò che
non fosse un grido di terrore, ma il bambino guardava eccitato il panorama
sotto i loro piedi.
“E la cosa più fantastica di… di tutto!”
gli annunciò estasiato e Sirius sorrise.
Il viaggio non durò molto e quando
atterrarono, i capelli di Ethan somigliavano estremamente a quelli di Harry.
La numero dodici di Grimmauld Place si
fece spazio fra la undici e la tredici spingendole via e Sirius guardò la
faccia sconvolta ed estasiata di Ethan. Effettivamente era tutto piuttosto fantastico
anche per il mondo magico.
Entrarono tranquillamente, i Trovatelli
più Remus e Teddy erano in cucina che li aspettavano per cenare e si
affrettarono, lasciando le cose di Ethan all’ingresso.
“Ethan, questo è mio fratello Regulus e
quelli sono Lily e James. Ragazzi, vi presento Ethan” gli disse mostrandogli i
tre soggetti che affollavano la cornice.
“Tuo fratello è un quadro?” chiese il
ragazzino perplesso.
“Dal 1979 in poi. Benvenuto a Grimmauld
Place” gli spiegò Regulus con un sorriso.
“Ciao Ethan! Andate in cucina, vi stanno
aspettando tutti” gli fece segno Lily e Sirius gli fece strada, sempre
tenendolo per mano.
“Trovatelli, lui è Ethan”
“Ehi Ethan!”
“Ciao!!”
“Benvenuto!”
“Come te la cavi col quidditch?”
“Sai già volare sulla scopa? Posso
insegnarti io!”
Iniziarono tutti a parlarsi uno
sull’altro, affollandosi per salutare il nuovo arrivato per primo e il bambino
si nascose dietro la gamba di Sirius.
Quando tutti si furono calmati e tornarono
a sedersi a tavola, lo sguardo di Ethan si piantò su Remus. L’uomo lo guardò da
sotto lo scompigliato ciuffo di boccoli color sabbia e gli accennò un sorriso.
“Ciao Ethan. Io sono Remus, piacere di
conoscerti”
Il bambino annuì senza sbattere le
palpebre, gli occhi scuri con un leggero riflesso dorato a cui Remus rispose
con uno molto simile.
Sirius gli fece segno di sedersi alla sua
sinistra, difronte a Remus e il bambino annuì.
Hermione e Dennis, che avevano preparato
la cena, iniziarono a far volare i piatti a tavola e tutti iniziarono a
chiacchierare fra di loro, mentre Ethan osservava tutto e tutti sconvolto.
“Perché non mi hai svegliato quando sei
andato a prenderlo?” gli chiese Remus in un sospiro e Sirius alzò gli occhi al
cielo.
“Rem, non riesci nemmeno a tenere Teddy in
braccio, dovresti ancora essere a letto”
“Grazie Madama Chips, ne sono consapevole,
ma non mi sarei perso questo momento per nessun motivo al mondo” gli disse
piccato.
“Idiota”
“Molly Weasley”
“Oh, questa me la paghi, Lupin” disse con
un sorriso che l’altro ricambiò.
Ethan era talmente sorpreso da tutto e
tutti che Sirius dovette ricordargli più volte di mangiare. Era soprattutto affascinato
da Remus. Lo guardava con gli occhi sgranati mentre faceva mangiare Teddy e
l’uomo provava a fare di tutto per far finta di niente.
Remus era messo decisamente male,
difficilmente sarebbe uscito fuori dalla sua stanza così presto se non fosse stato
per Ethan e anche se Sirius gli aveva chiesto di non esagerare, il licantropo
non aveva voluto sentire ragioni.
“Perché a Teddy cambiano colore i
capelli?” gli chiese Ethan in un sussurro, aveva inforcato un maccherone due
minuti prima ed era ancora sulla forchetta.
“È un metamorfomagus, può cambiare
aspetto”
“Ma è fantastico!” bisbigliò eccitato.
“Lo so, però adesso mangia”
Dopo aver finito di mangiare, Sirius gli
fece vedere la sua stanza e sistemarono le sue cose nell’armadio.
“Domani andiamo a fare spese. Compriamo
dei vestiti, qualche gioco”
Il bambino era seduto sul letto e faceva
oscillare i piedi, si guardava la punta delle scarpe consumate con aria
piuttosto preoccupata.
“C’è qualcosa che non ti piace nella
stanza? Se vuoi possiamo cambiarla” gli chiese Sirius abbandonando la valigia a
terra e avvicinandosi a lui.
Il bambino scosse la testa, ma non
elaborò. Sirius si sedette vicino a lui e aspettò.
“Quando a qualcuno piace uno degli altri
bambini, lo fanno venire un sacco di volte. Lo so perché nessuno gioca con me e
quindi io sto a guardare chi arriva. Nessuno è mai andato via prima di due
mesi. Invece mi hanno mandato subito via” disse iniziando a piangere e Sirius
lo abbracciò tirandoselo sulle gambe.
“Sssh, tesoro, qui nessuno ti manderà via.
Prova a riposare un po', mh? Sarai stanchissimo”
Ethan si addormentò in braccio a lui e
Sirius si stese di fianco a lui per un po'.
-
Remus stava ancora dormendo pesantemente
quando Sirius scese in cucina con Teddy in braccio e Ethan che gli camminava di
fianco.
“Quindi è una cosa normale?” gli chiese
Ethan preoccupato.
“Perfettamente normale” gli rispose
tranquillamente l’adulto. Pff, Sirius l’adulto della situazione, questa sì che
era esilarante.
“E non gli fa male?”
“Neanche un po'”
“Non si può imparare? O mischiare? Perché
mi piacerebbe un sacco!” gli disse eccitato e Sirius sorrise. L’orologio a
pendolo sulle scale fece una pernacchia e Ethan sobbalzò per poi scoppiare a
ridere.
“Anche a me cucciolo, ma no,
metamorfomagus si nasce” gli rispose divertito e il bambino si arrestò sul
gradino.
“Come mi hai chiamato?” gli chiese
stranito e Sirius si preoccupò.
“Non ti piace? Se vuoi non ti ci chiamo
più”
Il bambino ci pensò un po' su, ma alla
fine scosse la testa.
“No, va bene” decretò
“Sicuro?”
“Sicuro”
“Okay cucciolo” gli rispose con un sorriso
che Ethan gli ricambiò.
In cucina la luce era già accesa e Harry
era dietro i fornelli che si dava da fare.
“Buongiorno Bambi” disse Sirius
sorridente.
“Buongiorno Bambi” lo imitò Ethan con lo
stesso tono di voce e Harry grugnì.
“No Ethan, non anche tu” disse con fare
teatrale e il bambino sorrise.
“Cos’è un Bambi? Credevo si chiamasse
Harry”
“È solo un soprannome, come chiamo te
cucciolo, chiamo lui Bambi”
“Sirius ha sempre dei soprannomi per
quelli a cui vuole bene” gli spiegò Harry ed Ethan sorrise mentre si metteva a
sedere.
Sirius si avvicinò a Harry, smuovendo
delle uova strapazzate in una padella e provando a rendersi utile in qualche
modo.
“Ho preparato il caffè se vuoi” gli disse
Harry e Sirius lo ringraziò con un cenno della testa. Dopo essersi versato una
tazza preparò la bottiglia per Teddy e iniziò a cercare qualcosa con cui far
fare colazione a Ethan.
“Come mai già sveglio?” chiese l’animagus
e Harry sospirò.
“Mi hanno chiesto di testimoniare in
tribunale per un processo”
Non era la prima volta che gli capitava,
ma era la prima volta che non aveva detto niente a Sirius fino a quel giorno.
“Perché non mi hai detto niente?” gli
chiese corrucciato
“Mi eri sembrato piuttosto impegnato”
disse l’altro con un sorriso e Sirius glielo dovette concedere.
“Avrei trovato un modo per aiutarti lo
stesso”
“Era questo che mi preoccupava. Gli puoi
dare le uova strapazzate, sono comunque troppe solo per me. Preparo un altro
paio di toast” disse tranquillo mentre già faceva il piatto per il bambino.
“Di chi è il processo?” Teddy afferrò una
ciocca di capelli e strattonò come se fosse intenzionato a strapparglieli dal
cranio. Harry li guardò con un’espressione sofferente per par condicio e gli
tolse il bambino dalle braccia per poi rispondergli.
“Draco Malfoy. È più una formalità che
altro visto che ormai il loro processo è quasi finito, ma… lui mi ha aiutato
quando gli sarebbe potuto costare molto caro, e questo è il minimo che posso
fare” disse scrollando le spalle mentre faceva delle espressioni buffe per far
ridere Teddy.
“Okay, allora ci vediamo dopo. Se qualcuno
prova a dire stronzate, maledicili, o meglio ancora, gioca il “È per questo che
sono morto?”, nessuno può permettersi di rispondere a una frase del genere” gli
disse, per poi prendere il piatto e portarlo ad Ethan che si era seduto a
tavola e aspettava.
“A parte te, ovviamente” gli disse Harry e
l’uomo sbruffò mentre tornava ai fornelli per togliere la bottiglia dal fuoco.
“Io sono più inciampato che morto, ma
questo non serve che si sappia in giro” gli rispose.
“Sei morto?” chiese Ethan sconvolto.
Cazzo.
“È una lunga storia…” iniziò Sirius, non
sapendo dove sarebbe dovuto andare a parare.
“Quindi sei immortale?” chiese il bambino
eccitato.
“No, non credo di essere immortale,
tesoro” gli disse mentre si riprendeva Teddy per dargli la bottiglia.
“Ah. Peccato” bofonchiò il piccolo
licantropo per poi tornare alle sue uova.
-
Erano in piena estate e l’ultima cosa che
Sirius voleva era che il bambino si mettesse da subito a studiare, ma lo
seguiva come un’ombra e quando non faceva niente di divertente, l’uomo passava parecchio
tempo nella biblioteca. Al momento stava ancora smanettando con la bussola
orologio; aveva pulito e catalogato tutte le spazzole della casa, cercando un
modo per isolare l’incantesimo dell’oggetto da quello della traccia magica e
poter utilizzare la stessa bussola-orologio infinite volte per passare da un
individuo all’altro.
Dopo diversi giorni di svariati tentativi,
sembrava aver raggiunto il suo obbiettivo e stava utilizzando i vari campioni,
constatando che per il momento sembrava funzionare bene.
Era arrivato ad utilizzare i capelli di
Remus, l’ultimo campione rimasto oltre al suo, ma la bussola sembrava avere dei
problemi perché anziché puntare verso il licantropo, puntava a lui.
Provò a scuoterla un paio di volte, ma
dopo un giro del quadrante, la freccia tornava sempre a puntare il suo petto.
La poggiò sulla scrivania e provò a girarvi attorno, ma l’ago puntava sempre e
solo a lui. Aveva funzionato fino a quel momento, perché adesso iniziava a
funzionare male? Era sempre così con gli esperimenti, puoi sempre aspettarti
strani malfunzionamenti in qualsiasi momento.
Il bambino aveva passato un po' di tempo a
osservarlo e chiedergli cosa stesse facendo, aveva fissato il soffitto stellato
per buoni venti minuti, ma dopo un po' era chiaro che si stesse annoiando.
Era al contrario in una poltrona, la testa
sulla seduta e le gambe contro lo schienale. Sembrava sempre pronto a scalare i
mobili e in più di un’occasione era stato afferrato al volo, ma non era mai
caduto.
I trovatelli lo adoravano; avevano
riempito la casa dei loro vecchi giochi ed Ethan aveva rapidamente accumulato
più giochi di quanti ne avrebbe mai potuto effettivamente utilizzare. Camera
sua era già un disastro, ma Sirius non glielo avrebbe fatto notare, almeno per
un anno o due.
Quello che andava sistemato subito era il
suo orribile taglio di capelli a scodella, Luna si era già offerta di
sistemarlo, ma Sirius non aveva idea di cosa intendesse la ragazza per
“sistemarlo”.
Ogni tanto si sorprendeva dalla fluidità
con cui si era adattato alla presenza del bambino e anche come i ragazzi lo
avessero tutti accolto senza problemi.
Ethan era piuttosto chiuso con la maggior
parte di loro, ma adorava Sirius e Teddy e Luna gli stava piuttosto simpatica,
abbastanza da inondarla di domande a cui la ragazza rispondeva senza mai
perdere la pazienza.
Quando aveva deciso di adottarlo era
pronto a doversi dare molto più da fare per farsi piacere dal bambino, ma Ethan
lo trattava come se lo conoscesse da tutta la vita. Sirius si domandava se non
dipendesse anche dal lupo e dal legame che il bambino aveva visto da subito fra
le loro trasformazioni, ma le sue erano solo supposizioni.
“Sicuro che non vuoi andare a vedere cosa
stanno facendo gli altri? Se ti stai annoiando lo capisco”
“Mi piace stare con te” insisté.
C’erano dei libri di favole che qualcuno
aveva portato da leggere a Teddy. Dopo una rapida occhiata, Sirius trovò alcuni
con poche righe e grossi disegni e glielo allungò.
“Sai già leggere, giusto?”
“Un po'. Devo ancora imparare bene”
Il bambino poggiò il libro contro la sua
scrivania e si mise a leggere attentamente pagina per pagina ad alta voce.
Gli dava fastidio? Abbastanza.
Glielo avrebbe detto? Neanche sotto
tortura.
Il libro di Ethan era appena finito,
quando entrò Luna.
“Ho portato un pigmypuff, vuoi venire a
giocarci con me?”
Il bambino lo guardò, aspettando che gli
desse l’okay e Sirius rimase per un attimo sorpreso per poi fargli segno di
andare.
Mentre usciva gli sentì chiedere cosa
fosse un pigmypuff, e non riuscì a non sorridere. Prima che la testa di Luna
sparisse nel corridoio però, si ricordò di una cosa.
“Luna, Lelya è a casa?”
“Si, è in cucina”
“Buon Godric, non è da sola, vero?” si
preoccupò. Gli scones erano andati bene, ma c’erano stati altri fallimenti non
da poco, come il suo tentativo di avvelenare la McGranitt.
“No, è con Harry”
“Bene. Le puoi dire se può venire qui
appena possibile?”
La ragazza annuì, la mano di Ethan nella
sua e se ne andò.
Sirius continuò per un po' a litigare con
l’orologio-bussola senza ottenere niente, fino a quando non entrò Lelya.
“Chiudi la porta” la ragazza sembrò
fiutare qualcosa fuori posto a quella frase, visto che la porta non veniva
chiusa quasi mai, ma si sedette alla sua scrivania con la stessa espressione
testarda della prima volta che era entrata in quella casa. Ecco la vera Lelya,
da parte la versione addolcita.
“Hai ricevuto la tua lettera per
Hogwarts?”
“A luglio, come tutti gli altri” gli
rispose lei con una scrollata di spalle studiata per fingere disinvoltura.
“Che hai intenzione di fare?”
“Tornare a Hogwarts, ovviamente. Non ho
dato nemmeno i G.U.F.O.” disse tranquilla e Sirius annuì.
“Okay. Visto che sei ancora minorenne, la
McGranitt mi ha scritto per chiedermi se può scrivere il mio nome come tua
figura genitoriale”
La ragazza si mordicchiò l’angolo del
labbro su cui arrivava una delle cicatrici e lo guardò con gli occhi sgranati.
L’acquamarina dei suoi orecchini era dello stesso colore delle sue iridi.
“E tu cosa le hai detto?”
“Non le ho ancora risposto” disse
allungandole la lettera col sigillo di Hogwarts. Lelya la lesse rapidamente,
non c’era scritto molto. Una volta finito la poggiò di nuovo sul tavolo e prese
un respiro profondo, per poi iniziare a parlare.
“Adesso mi darai dell’idiota, ma credevo
di… speravo che avrebbero cambiato idea. Speravo che fosse stata una decisione
affrettata, che magari con un po' di tempo, si sarebbero ricordati che sono
ancora loro figlia ma…”
Lelya singhiozzò e Sirius si alzò e andò
ad abbracciarla. Non c’era molto da dire in una situazione del genere, ma
almeno la poteva abbracciare.
Si poggiò sul bordo della scrivania e la
lasciò piangere per un po'.
“Vuoi un po' di tempo per pensarci? Minnie
ha detto che puoi anche comunicarglielo direttamente il primo settembre” le
chiese dopo un po' e la ragazza scosse la testa.
“No, se loro non vogliono me perché io
dovrei volere loro?”
“Lelya, con me non serve che fai la tipa
tosta, lo so già che lo sei. Ti sei fatta masticare da un lupo mannaro per
salvare dei bambini, cosa può esserci di più tosto? Quando io me ne sono andato
da questa casa, fu una mia scelta e fu la cosa più difficile che avessi mai
fatto. E non avevo nemmeno un buon rapporto con la mia famiglia, ma era la mia
famiglia appunto. La tua è una posizione molto difficile in cui nessun figlio
dovrebbe mai trovarsi. Se vuoi un po' di tempo per pensarci, magari c’è qualcun
altro nella tua famiglia” provò l’animagus, ma la ragazza scosse di nuovo la
testa.
“Ho provato a scrivere a tutti quelli che
non sono finiti ad Azkaban o morti, ma non mi ha risposto nessuno” Sirius la
abbracciò di nuovo, ma questa volta la ragazza si allontanò subito.
“Guarda che se non vuoi prenderti la
responsabilità, lo capisco” gli disse indurendo la mascella. Anche lui era stato
così orgoglioso? No, lui era stato peggio.
“Lelya, per quanto mi riguarda, puoi anche
legalmente cambiare il tuo cognome in Black, non è un problema, anzi, per una
volta lo porterebbe qualcuno che non è uno stronzo, voglio solo che tu sia
sicura”
“Andromeda non è una stronza”
“Dici così solo perché non la conosci
abbastanza” disse facendola sorridere.
“Che stavi facendo in cucina?” le chiese,
cambiando argomento in maniera palese.
“Un arrosto per stasera, l’ho appena
infornato quindi adesso sono libera. Harry mi ha controllato passo passo, sono
sicura all’ottanta percento che non dovrebbe attentare alla vita di nessuno”
Sirius annuì distrattamente e si guardò
attorno, osservando i documenti sparpagliati ovunque.
“Allora mi dai una mano a riordinare
queste scartoffie?”
C’erano parecchi libri e documenti fuori
posto e mentre Lelya rimetteva a posto i libri, Sirius si occupò delle
scartoffie.
“Dicevi sul serio?” chiese dopo un po' e
Sirius non poté trattenersi.
“Oh tesoro sai di non dover mai usare
quella parola”
“E dai Sirius, non sto scherzando”
“Intendi riguardo a cambiare cognome?” la
ragazza annuì “Mi farebbe estremamente piacere”
“Ci posso pensare?”
“Lo stai davvero prendendo in
considerazione?” chiese sorpreso.
“Sì, ma ci voglio pensare un po'. Come hai
detto tu, non voglio fare scelte affrettate”
“Se io ho detto una cosa simile, allora
sto davvero invecchiando” borbottò in maniera teatrale
“Non ti puoi permettere di invecchiare,
hai appena adottato un bambino” gli rispose la ragazza.
“Meno male che ci sei tu a ricordarmelo,
la mia mente non è più quella di una volta”
“Vedi, sei uno stronzo”
“Come? Non ti sento! Sai, il mio udito-”
iniziò fingendo un’improvvisa sordità e la ragazza alzò gli occhi al cielo
afflitta.
“Vado a controllare l’arrosto”
L’arrosto era leggermente secco, ma
perfettamente commestibile.
-
Tecnicamente non c’era motivo per cui
Remus fosse a casa sua. Il progetto di tracciamento era momentaneamente stato
messo da parte, in un modo o nell’altro aveva dato i suoi frutti. Adesso Sirius
aveva un figlio e il suo già parlava e andava in bagno da solo, Ah!, ma Remus continuava
a gironzolare per Grimmauld Place.
Ethan gli faceva un sacco di domande, e
aveva un modo un po' strano di muoversi attorno a lui, non gli dava mai le
spalle e difficilmente distoglieva lo sguardo quando Remus era nella stanza.
Tendeva anche a posizionarsi fisicamente fra Sirius e Remus, come se temesse
che il licantropo avrebbe potuto attaccarlo.
E Sirius immaginava che Remus certamente
non apprezzasse di essere trattato così, per di più da uno gnomo che lo faceva
senza neanche rendersene conto, ma era comunque spesso a casa sua.
Sirius aveva il terrore di chiedergli cosa
fosse cambiato per paura di scacciarlo involontariamente.
Remus stava leggendo sul divano, Teddy era
per terra davanti ai suoi piedi e Ethan teneva d’occhio il bambino, aiutandolo
quando lanciava dei giocattoli o se rotolava una volta di troppo.
Gli dispiaceva che non ci fosse nessuno di
un’età simile alla sua, ma il bambino sembrava accontentarsi davvero di poco.
Sirius guardava la scena dal pianoforte
mentre suonava qualcosa di cui non ricordava più nemmeno il nome, ma che le sue
mani avevano memorizzato decenni prima.
Il camino prese vita e Minerva McGranitt
chiese di poter entrare. Remus, essendo più vicino, si alzò per aprirle
l’accesso completo al camino e dopo qualche secondo la donna era nel loro
salotto.
Ethan si alzò in piedi e si posizionò
davanti al bambino con fare protettivo. Era seriamente adorabile.
“Oh, tu devi essere Ethan” disse la donna.
“Sì e tu chi sei?”
“Sono la professoressa Minerva McGranitt,
preside di Hogwarts” spiegò e gli occhi di Ethan brillarono. Prima che potesse
iniziare il suo rituale terzo grado riguardo Hogwarts, Sirius si alzò da dietro
al pianoforte.
“Minnie! Che piacere vederti. Accomodati,
occhio ai giocattoli, sono perfetti per farti inciampare” disse spazzandoli via
con un gesto della mano e facendoli tornare nella cesta vicino al camino. Ormai
fra Teddy ed Ethan ce n’era una in ogni stanza.
“I ragazzi stanno tutti bene” disse dopo
che la donna si fu seduta.
“Non ne dubito. Sono qui per parlare con
Remus, veramente”
“Allora direi che io e i miei due aiutanti
andremo a fare merenda”
Sirius prese Teddy in braccio e diede la
mano a Ethan. Remus lo guardò quasi spaventato, ma lui gli fece l’occhiolino e
chiuse la porta del salotto con un calcio.
In cucina Sirius mise Teddy nel suo
seggiolone e Ethan si mise in piedi su una sedia, davanti al bambino.
“Secondo te di cosa devono parlare?” si
sentì chiedere mentre metteva su il bollitore e cercava dei biscotti. La
dispensa era diventato un armadio sparitore, per la miseria. Intanto mise una
mela a grattugiare sé stessa in un piatto, per Teddy.
“Cose importati, direi. Ti va un po' di
the?”
“Si, grazie” era un po' ficcanaso, ma
educato.
Sirius si voltò e Ethan, a furia di
fissare i capelli verdi di Teddy, era riuscito a colorare di verde il ciuffo
sopra la sua fronte.
L’uomo rise di gusto e il bambino incrociò
gli occhi per provare a vedere cosa aveva fatto per poi sorridere un po'
imbarazzato.
Di rimando anche Teddy fece diventare i
suoi capelli neri con un solo ciuffo verde.
“Sirius, tu non sei sposato”
“Ottima osservazione, ciuffo d’erba” il
bambino sghignazzò al nomignolo e Sirius finalmente trovò dei biscotti.
Si andò a sedere vicino a lui, ancora in
piedi sulla sedia, e se lo tirò sulle ginocchia, per poi allungargli il
biscotto.
“E perché non sei sposato?”
L’uomo scollò le spalle mentre mordeva il
proprio biscotto.
“Se non ti vuoi sposare, perché non
invitiamo Remus e Teddy per sempre?” gli propose il bambino, sorprendendolo.
“Non hai paura di Remus?”
“Certo che no. È solo che non conoscevo
nessuno come me prima di lui. Allora? Per sempre?”
Oh, tesoro, se solo sapessi.
“Sarebbe un’ottima idea in effetti. Glielo
dovresti chiedere” disse annuendo e Ethan esultò.
“Allora dopo glielo chiedo. Posso dare la
mela a Teddy?”
“Gliela diamo insieme”
Quando sentì la porta del salotto aprirsi,
the, mela e biscotti erano spariti da parecchio e avevano iniziato a disegnare.
Ethan aveva iniziato a scrivergli su un braccio, unendo i tatuaggi e disegnandogliene
altri mentre Teddy gli scarabocchiava l’altro.
Un attimo dopo sentì la fiammata della Metropolvere
e Remus che scendeva in cucina. Sirius non si mosse, ma alzò la testa e quando
l’uomo entrò in cucina tutti e tre lo guardavano, pennarelli ancora sulle sue
braccia, capelli neri con ciuffo verde per i due artisti.
“Finita la pergamena?”
“Ma così è più divertente” disse Sirius
tirandosi su. Teddy provò per l’ennesima volta a mettere il suo pennarello in
bocca, ma Ethan glielo tolse delicatamente per poi dire “Nemmeno tu vuoi la
lingua di quel colore”. Il più piccolo lo guardò con occhi sgranati per poi
dire “Bah!” con un certo pathos.
“Ethan, terresti d’occhio Teddy per un
paio di minuti?”
“Certo!”
“Non provare a prenderlo in braccio”
specificò Sirius.
“Va bene” concesse e si rimise a guardarlo
dalla sua sedia. I due adulti andarono davanti alla dispensa, dove riuscivano
ancora a vedere i bambini e Sirius fece partire la radio con un colpo di
bacchetta e con un altro gli cambiò stazione fino a che non ne trovò una che
facesse appena meno schifo. Davvero non andava d’accordo con la musica
dell’estate ’98.
“Già lo sapevi” esordì Remus
“Colpevole”
“E non mi hai detto niente” aggiunse
“Di nuovo colpevole”
“Mi hai lasciato camminare in
un’imboscata” iniziò e Sirius sbuffò pesantemente.
“Non fare il melodrammatico, Rem. Ti ha
offerto un posto di lavoro, non ti ha mandato in guerra” gli rispose e l’altro
incrociò le braccia al petto con fare difensivo.
“È solo che non capisco perché lo ha detto
prima a te”
“Perché sperava che io riuscissi a
metterti in condizioni di accettare”
“Che intendi?” chiese inclinando la testa
di lato. Sirius adorava quando riusciva a intravedere gli aspetti canini
dell’altro, era una cosa stupida, ma li accomunava.
“Minnie sperava che se tu fossi venuto a
vivere qui, avresti potuto insegnare a Hogwarts mentre noi qui ci saremmo
occupati di Teddy e magari, finite le lezioni saresti potuto tornare qua. Un
collegamento diretto ed esclusivo della Metropolvere con i tuoi appartamenti”
“Questo non lo ha detto”
“No, è una cosa a cui ho pensato io”
ammise scrollando le spalle. Era una cosa concessa a diversi professori, per
lui certamente non sarebbe stato diverso.
“E a te starebbe bene? Stare qui a fare la
bambinaia?”
“Credevo fosse ovvio quando ho adottato
venti adolescenti traumatizzati e un bambino licantropo? Non credo di poter fare
niente di eclatante con la mia vita per i prossimi anni che tu accetti o no,
tanto vale cogliere la palla al balzo”
“Adottare un bambino licantropo mi sembra
piuttosto eclatante”
“Touché. Allora? Accetti?” gli disse
obbligandosi a non saltellare sul posto dall’eccitazione.
“Mi sono preso qualche giorno per pensare”
disse incrociando di nuovo le braccia, sta volta con fare riflessivo anziché di
difesa. Godric sapeva anche cosa stava pensando in questo momento, era
patetico.
“Accetta” gli disse e l’altro sbruffò.
“I genitori andranno fuori di testa quando
sapranno che un lupo mannaro insegna ai propri figli” disse sfregandosi il
volto con una mano.
“Rem, l’anno scorso c’erano i Carrow a
insegnare a Hogwarts. E poi per chi avrà da ridire, potrai tirargli in faccia
il tuo Ordine di Merlino. Hai il marchio di qualità del Ministro, nessuno avrà
da ridire” lo tranquillizzò, ma l’altro ancora non era convinto.
“Quando Andromeda lo verrà a sapere-”
“Se ne farà una ragione, soprattutto se
vuole continuare a vedere suo nipote” disse senza perdere tempo e Remus lo
guardò sconvolto.
“Minacciare tua cugina? Addirittura?”
“Solo perché so che sarà d’accordo. Devi
lavorare Rem, e questo è il lavoro migliore che esista per te” disse e Remus
scoppiò in una breve risata nervosa che morì rapidamente.
“Cristo odio quando hai ragione”
“Succede talmente di rado” gli disse con
un sorriso che l’altro non riuscì a non ricambiare. Si voltò verso i bambini
giusto in tempo per vedere Teddy che provava ad infilare un pennarello nel naso
di Ethan e il più grande che si lanciava all’indietro per scansarlo, andando a
terra con tutta la sedia.
Quando raggiunse il bambino aveva una
faccia piuttosto sorpresa, ma sembrava intero.
“Tutto bene? Non ti sei fatto male?”
“Nah, è tutto a posto. Teddy non è caduto,
vero?”
“No, hai solo rischiato di romperti la
testa” disse Remus che si era inginocchiato dall’altro lato.
“Ehi Remus ho avuto un’idea e Sirius ha
detto che te lo posso chiedere: volete venire a vivere qui?” gli chiese, ancora
steso a quattro di bastoni sul pavimento.
“Sai una cosa, Ethan, non credo sia una
brutta idea, ci penserò” gli rispose il licantropo.
A giudicare l’espressione del bambino, si
direbbe che Remus avesse già detto di sì, ma anche la faccia di Sirius sembrava
dire la stessa cosa.
Sono contenta di aver diviso
quello che altrimenti sarebbe stato un capitolo davvero troppo pesante.
Di adozioni ne so meno di
zero e la mia storia non significa niente, ma se sembra troppo campata in aria
mi scuso e chiedo venia.
Ci ho comunque messo parecchio
a scriverlo e spero che apprezzerete. *si mette lo stesso ai ripari nel fidato
cassonetto* non mi abbandonate ♥
Ringrazio chi ha letto e
recensito lo scorso capitolo, spero che lo facciate anche per questo
Se avete critiche negative siate
educati ♥
The Cactus Incident
PS: “Cherny” vuol dire
“Nero” in russo perché sono fantasiosa così (quindi sì: Ethan faceva già Black
di cognome)