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Autore: Willow99    07/07/2020    0 recensioni
Ricordi che ho vissuto con una persona davvero importante per me, con la persona con cui ero cresciuto giorno e notte. Con la persona che davvero mi voleva incondizionatamente, ma io l'ho fatta solo soffrire.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 19               
                                                                                                           -Denti-


Nineteenth Memory 


#L'incidente di Nathan 


Nathan: 19 anni Shiver: 17 anni


Nathan's pov 


Era proprio una bella giornata abbastanza soleggiata, calda e tranquilla, ed era da stupidi restarsene a casa a non far niente. Mia madre per sbaglio quando stava pulendo mi aveva anche rotto la PlayStastion e quindi non potevo neanche giocarci. 


Così decisi di andare a fare una bella passeggiatina in bicicletta, era da tanto che non mi facevo una bella pedalata. Mi alzai dal letto, indossai una maglietta e dei pantaloni (era pomeriggio e delle volte dormire in mutande). 


Uscii di casa andando nel garage del condominio, tolsi la catena di sicurezza dalla bici mettendola attorno al “tubo” della sella. Le chiavi della catena (pregando Dio che non le perdessi) me le misi nella tasca dei pantaloni. 


Uscii dal garage, salii sulla bicicletta mettendomi in strada iniziando a pedalare. Ma quanto mi era mancato pedale! Mi piaceva quel venticello fresco pungente che colpiva la mia pelle, quella strana sensazione di libertà.


Mi piace correre in bicicletta, mi reputavo un grande ciclista mondiale, girai troppo velocemente verso sinistra, non accorgendomi dell'auto che veniva di “faccia”. Quando si dice di cogliere l'attimo, bè, avevo colto quello sbagliato. 


Guardando l'auto spalancai gli occhi, girai il manubrio verso destra e di istinto chiusi gli occhi da stupido non guardando dove andassi. Caddi a terra andando a toccare qualcosa con la ruota, mi sentivo intontito, mi faceva male qualcosa ma non capivo cosa e stavo perdendo sangue dalla bocca.

                                     

                                                         Memories


Aprii gli occhi lentamente, la luce mi colpii in pieno e feci un sottile lamento sussurrato. Guardai il soffitto con la vista sfocata per via della luce... ma avevo capito che non mi trovavo a casa, casa mia non aveva quell'odore starno.


«Mhm...» Mi lamentai ancora.
«Bimbo mio, come ti senti?» Domandò mia madre, venendomi vicino.
«Dove mi trovo?» Domandai di rimando.
«In ospedale, sei caduto dalla bicicletta.» Mi rispose lei.
«Mi hanno fatto la lettera?» Chiesi, curioso.
«Stai nella parte del torto Nathan.» Mi informò mia madre.
«E che miseria! Perché non riesco a pronunciare la “esse”?» Domandai, confuso.
«Hai perso gli incisivi superiori.» Mi rispose mia madre.
«Cosa, NO! NO! NO!» Urlai, andando in panico.
«Tranquillo piccolino mio, quando sarai guarito andremo dal dentista, a costo di farmi mille debiti.» Mi tranquillizzò mia madre.
«Quando sarò guarito?» Domandai, confuso.
«Non ti sei accorto che hai i punti sulla mano sinistra e una gamba rotta?!» Mi guardò in modo strano.
«Pure!» Esclamai.
«La prossima volta ti impari a fare lo stupido che sei sulla bicicletta.» Disse mia madre, aspra.
«Cazzo!» Esclamai ancora, arrabbiato.


Ci mancava solo quella nella mia giovane vita, avevo appena avuto un incidente, stavo anche nella parte del torto e la bicicletta era ormai inutilizzabile. Come mi aveva detto mia madre, la bici si era ridotta male e costava di più la riparazione che la bici in sè.


Mi ero rotto una gamba (quella destra per la precisione) e mi avevano messo uno stupido gesso. Avevo dei punti sulla mano sinistra (sul palmo, sotto al pollice) e avevo anche perso due cazzo di denti.


Già non mi piacevano, ma ora non li avevo proprio! Non è che avevo proprio dei brutti denti per carità, c'erano alcuni che li avevano peggiore dei miei e non si lamentavano. Però ammetto che mi sentivo delle volte a disagio nel fare un sorriso.


La colpa era anche stata mia perché non avevo mai voluto mettermi l'apparecchio quando ne avevo bisogno. E poi avevo quei cavolo di sopradenti che non amavo per niente, solo una persona li trovava “carini”: Shiver.


«Ma Shiver?» Domandai.
«Sta qui fuori, ora la chiamo.» Disse mia madre.


Si alzò dalla sedia e uscì fuori dalla mia stanza, lasciandomi da solo, distrattamente guardai i punti sul palmo della mano. Ne erano si e no quattro o cinque, di certo mi sarebbe rimasta una cicatrice, vabbè non fa nulla. Mi madre entrò in stanza insieme a Shiver.


«Ehi, come ti senti?» Mi domandò Shiver, venendomi vicino.
«Una chiavica.» Risposi, onesto.
«Posso solo immaginare.» Sospirò lei.
«Ma perché mi fa male il pene?» Domandai poi, volgare.
«Hai il catetere.» Mi informò mia madre.
«Dimmi che me l'ha messo un'infermiera!» Dissi, speranzoso.
«No, era un uomo.» Mi disse mia madre.
«Che schifo! Mi ha visto il pesce!» Esclamai.
«Ma stai zitto, che hai anche avuto un erezione.» Affermò mia madre.
«Ma che combini? A noi piacciono le femmine!» Dissi, rivolto al mio pisello.
«Gesù, io ti ho chiesto solo un figlio intelligente.» Sospirò mia madre.


Shiver intanto si era messa vicina alla finestra, guardando fuori essa con una massima intenzione. Poco prima stava vicino a me al lato sinistro del letto, ma poi appunto si era allontanata con sicurezza.


Aveva lo sguardo perso, pensieroso, abbattuto, triste; mi chiedevo a cosa stesse pensando... forse a qualcosa di brutto o di dubbioso. A parte lei pensava sempre, ogni secondo, ogni momento in qualsiasi occasione. 


Aveva diciassette anni e si comportava come se ne avesse molte di più. Io a diciassette anni pensavo a divertirmi, ad uscire con gli amici o nel corteggiare le ragazze. Che poi loro non mi filavano di striscio ma questo era un dettaglio inferiore. 


Comunque, lei no! Pensava a pulire casa, ad imparare a cucinare e passava maggior parte del tempo a leggere o perdere tempo appresso a me. Forse dipendeva che io fossi maschietto e non pensavo a diventare ancora “uomo” di casa.


«Stai sempre a pensare.» La rimproverai.
«Fa bene.» Si intromise mia madre.
«E tu stai sempre in mezzo.» Sbuffai.
«Ovviamente!» Esclamò mia madre, altezzosa.
«Sbagli sai?!» Sbuffai.
«Dovresti iniziare a pensare pure tu.» Disse, ed io alzai gli occhi al cielo.


                                                                                              Memories


Fui dimesso due giorni dopo, i medici mi diedero il via soltanto quando ebbero controllato più volte le Tac fatte alla testa. Non aveva nessuna frattura e non avevo nessun problema, potevo finalmente tornare a casa. 


Naturalmente dovevo aspettare una settimana per togliere i punti alla mano, e un mese e mezzo per togliere il gesso alla gamba. Dopo avevo deciso di iscrivermi a pallavolo per questo, per mettere in funzione la gamba. 


Certo, mi avevano consigliato atletica, nuoto o di fare semplicemente ginnastica alla gamba. Ovviamente no, avevo voluto fare di testa mia, del resto avevo sempre voluto prendere lezioni di pallavolo. 


Il vero problema non era quello, ma il fatto che non potessi sorridere, potevo farlo solo a labbra strette. Avevo vergogna nel mostrare lo spazio vuoto, mi sentivo a disagio infatti quando parlavo mi mettevo la mano davanti alla bocca. 


E poi, non riuscivo neanche a mangiare, non riuscivo a mangiare un panino perché non sapevo come morderlo. Mia madre aveva fatto gli straordinari per due mesi per potermi permettere di impiantarmi dei denti. 


Certo, si facevi molta attenzione si notava che non erano naturali, ma ormai il danno era fatto e dovevo accontentarmi. Meglio i denti finti che non averli affatto, mi rimproverava sempre Shiver su questo. 


Del resto, lei era stata l'unica (dopo mia madre e mio fratello) a non prendermi in giro per questo, ma bensì mi era stata accanto. 
   
 
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