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Autore: Marydb13    08/07/2020    1 recensioni
Quattro ragazze trovano, per caso, un passaggio che collega il loro mondo a quello di certi pirati di nostra conoscenza e, ben presto, si renderanno conto che, forse, la Disney non ha raccontato proprio tutto... Metto il rating arancione per sicurezza, ma nella maggior parte della storia è da considerarsi verde.
*****
Tratto dalla storia:
"Allora è tutto a posto? Posso tornare nella mia epoca?"
"Certamente"
"Oh, grazie infinite! L'ho sempre detto che lei è una persona ragionevole!"
"Ma ad una condizione: Mr. Mercer verrà con te"
"Cosa?!"
"Ti seguirà ovunque, sarà la tua ombra e i miei occhi." quelle parole, unite alla velata minaccia nel suo sguardo, furono l'ultima cosa che udì, prima di essere trascinata via dall'uomo che l'aveva pestata nelle tre settimane precedenti.
Genere: Avventura, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ian Mercer, Jack Sparrow, Lord Cutler Beckett, Nuovo Personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 3- Terzo incomodo check!
Se vuoi proteggere la tua ship del cuore, non rovinargli il bacio d’addio.
 

*Il dialogo che segue è stato ripreso pari pari dal film*

 
Anno 1729, 25 aprile, h 09,00
Port Royal, Giamaica (cella di Elisabeth Swan)
 
 

‹‹Dove andate? Non potete stare qua!››
‹‹E invece penso che possa››
‹‹Signor Swan!››
‹‹Governatore Swan. Credi che questa parrucca serva a scaldarmi il capo?›› cercò di appellarsi alla sua autorità di governatore (gli uomini sono proprio uguali in tutte le epoche nd: me) per permettere al futuro genero di salutare la figlia prima della partenza. Non che gli andasse particolarmente a genio, ma del resto, cosa poteva fare un padre contro i desideri della figlia prediletta? Era pur vero che ancor prima che la figlia nascesse, si era impegnato anima e corpo per ottenerle un matrimonio con un buon partito: aveva dovuto pestare molti piedi, seppellire innumerevoli cadaveri allontanare gli uomini che le si avvicinavano, mossi dalle più ignobili intenzioni (tipo scriverle una poesia, chiederle di passeggiare nel giardino, suonarle una serenata sotto il balcone, chiederle di ballare, salutarla per strada). Ma, come il tempo avrebbe, poi, dimostrato, ne aveva mancato uno e tale errore di valutazione si era dimostrato fatale per la sua bambina (Ma ha vent’anni! Nd: William. Non mi interessa, per me sarà sempre la mia bambina! Nd: governatore Swan). Si era rivolto ai piani più alti, ma, evidentemente, qualcuno da lassù aveva uno strano senso dell’umorismo… (Checco Zalone docet)

Il governatore fu costretto, suo malgrado, ad interrompere il flusso di coscienza per attivare il super radar da “padre-spia”. Del resto, fino a prova contraria, non erano ancora sposati, e lui era pronto a far valere il suo potere genitoriale fino a tale momento.
‹‹La bussola di Jack, che ci deve fare Beckett?››
‹‹Ha importanza? Rintraccerò Jack e lo convincerò a tornare a Port Royal. In cambio le accuse contro di noi saranno ritirate››
‹‹No… Dobbiamo trovare la nostra strada per assicurarvi la libertà.›› Come chiunque avrebbe potuto notare, il “no” era dovuto essenzialmente al fatto che i due piccioncini si stavano avvicinando un po’ troppo per i suoi gusti. “Benedette le sbarre e chi le ha inventate” si ritrovò a pensare, notevolmente sollevato dalla considerazione.
‹‹E’ una mancanza di fiducia in Jack o in me?››
Avrebbe voluto dire “in entrambi”, ma notando lo sguardo d’avvertimento lanciatagli dalla figlia, decise di limitarsi a rispondere: ‹‹Se tu hai rischiato la tua vita per salvare Sparrow, ciò non implica che lui farebbe lo stesso per qualcun altro.›› Avrebbe volentieri protratto la conversazione ancora per un po’, ma un’occhiata eloquente della figlia lo spinse ad aggiungere velocemente, per poi fingere di allontanarsi: ‹‹Hmm… allora, dov’è il cane con le chiavi?››
Così, mentre lui li spiava da dietro una colonna, la coppietta continuava a confabulare, ignara.
‹‹Io ho fiducia in te… e anche in lui. Dove lo troverai?››
‹‹Tortuga. Lo cercherò lì, e se non c’è lo troverò anche in capo al mondo. E poi intendo ritornare qui per sposarti››
‹‹Come si deve?›› scherzò Elisabeth.
‹‹Sì, se ancora vorrai prendermi››
‹‹Non fosse per le sbarre ti avrei già preso››
Quell’affermazione decisamente troppo eccessiva per una Lady, non fece altro che preoccupare ulteriormente il governatore per la cattiva influenza del ragazzo sulla figlia. Nessuno avrebbe, quindi, potuto biasimarlo per essersi appoggiato accidentalmente ad un candelabro, producendo un fragore tale da interrompere la coppietta.
‹‹Ti aspetterò›› si limitò ad aggiungere Elisabeth, sospirando. Proprio a lei doveva capitare un genitore iper protettivo?
‹‹Tieni gli occhi piantati sull’orizzonte›› con questa frase ad effetto, il povero Will pensò di poter cogliere l’occasione per salutare l’amata almeno con un bacio a stampo, ma evidentemente, quel qualcuno da lassù che si dilettava nel prendersi gioco del governatore, aveva preso in “simpatia” anche lui. Pochi istanti prima che le loro labbra potessero sfiorarsi, infatti, Elisabeth si ritrasse di scatto.
‹‹No: io proprio non ce la faccio! Non con così tanti occhi che ci osservano.››

Quelle parole ebbero l’effetto di far sospirare simultaneamente tutti gli occupanti della prigione, solo che, mentre il governatore lo fece per il sollievo, Francesca, Lucia e Marta per la delusione, Mary e i tre bambini con cui condivideva la cella per disgusto e gli altri carcerati per aver perso l’occasione di assistere ad una scena piccante (per gli standard dell’epoca).
‹‹Senti, carina, non è mica colpa nostra se quel tizio che porta lo stesso nome di un capo d’abbigliamento per secchioni e diversamente eterosessuali è un maniaco dell’ordine e si diletta nel distribuire i prigionieri a gruppi di quattro, composti da individui dello stesso sesso e fascia d’età››
‹‹Hai forse qualcosa contro nerd ed omosessuali?›› volle indagare Fra, sul piede di guerra già per il fatto che Marta avesse trattato male la sua eroina preferita.
‹‹Ma assolutamente no, ci mancherebbe. Solo contro i nerd!›› resasi, però, conto di aver appena ferito i sentimenti di Maria Vittoria, si affrettò ad aggiungere: ‹‹Volevo dire… i nerd dello scientifico! Sì, loro pensano solo ai numeri e agli scacchi: gente degenere. Mica come quelli del classico: loro sì che sono… hem… sono così… mi sfugge il termine… classicisti, ecco!››
Fortunatamente l’aggettivo “classicisti” fu sufficiente a far cessare lo stato cupo-depressivo di Maria Vittoria (al suo confronto quello del primo Hokage di Naruto era niente).
‹‹Scusate se ve lo domando, mie signore, ma come mai delle fragili fanciulle come voi si trovano in questa tetra prigione?››

‹‹Beh, dovete sapere che noi veniamo da un futuro dove le macchine volano, i cani vanno nello spazio e i ragazzini passano ore davanti ad una scatolina scura su cui appaiono delle immagini. Siamo arrivate qui perché Marta è finita nella stanza di Lord Beckett passando dal suo letto ed ha attentato alla sua virtù, attirandosi le ire di Mr. Mercer, che poi…››
‹‹Censura›› si limitò a pronunciare Lucia, dopo essersi premunita di tappare la bocca a Mary, prima che li scioccasse ulteriormente.
‹‹Ah, capisco!›› approvò Will Turner, mentre padre e figlia annuivano convinti, come se avesse detto la cosa più ovvia del mondo.
‹‹Hey, come facevi a sapere che avrebbe funzionato?›› le diede di gomito Marta.
‹‹Cambiano le persone, ma non cambiano le abitudini. Non importa l’epoca: i tiranni si comporteranno sempre allo stesso modo››.
I loro bisbigli furono, però, interrotti da Will che ardì a porre un’altra domanda: ‹‹Ma come mai la vostra amica si trova in cella con dei bambini?››
‹‹Perché il tenente Gillette si ostina a credere che lei abbia 10 anni o che comunque sia troppo pura ed ingenua per avere a che fare con il mondo adulto, specie in una prigione››
‹‹Hey, ma io non sono né piccola, né ingenua!››
‹‹Allora possiamo parlare tranquillamente davanti a te di quella volta che Luigi ha caricato una prostituta in curva e…››
‹‹NOOO, PER CARITA’, CHE SCHIFO! ARGOMENTO TABUUU’!››
‹‹Direi che questa è una chiara esplicazione della teoria del tenente›› concluse serafica Francesca.
‹‹Ma è solo perché certe cose si fanno solo dopo il matrimonio!››
‹‹Beh, ha ragione!›› Will, Elisabeth e padre non poterono far altro che concordare con lei.
‹‹Io se fossi in te la pianterei di lamentarmi e ringrazierei il tuo caro tenente, invece!››

‹‹Che vuoi dire, Lu?››
‹‹Che quando si saranno stancati di tenerci qui, se dovranno scegliere chi utilizzare per sfogare le brame dei loro soldati, non verranno certo a cercare nelle celle destinate ai bambini››
‹‹Ma guarda che io adoro cucinare: se dovessero aver bisogno di una mano in cucina mi offrirò volontaria››
‹‹Temo che la vostra amica con “brame” voglia intendere un’altra cosa›› cercò di correggerla il governatore, nel modo meno esplicito possibile.
‹‹Oh!›› ma glia altri non fecero in tempo a tirare un sospiro di sollievo che Mary continuò: ‹‹Che cosa?››
Dire che tale affermazione fece cadere le braccia a tutti quanti è un eufemismo. Marta si ritrovò costretta a bisbigliarle la spiegazione nell’orecchio, onde evitare di inorridire i nobiluomini del ‘700. La reazione di Maria Vittoria non si fece, certo, attendere: sgranò gli occhi, scioccata e disgustata allo stesso tempo.
‹‹Guarda che sono degli uomini di legge ed osservanti del galateo e delle norme divine, non farebbero mai una cosa del genere!››
‹‹Hem, certo… comunque penso che sia saggio cambiare argomento›› tentò di placare le acque Francesca.
‹‹Ottima osservazione, Miss! Ad esempio, non riesco a capire come mai quel Beckett si sia permesso di sbattere Miss. Elisabeth in una cella così affollata. Non gli è bastato rovinare il nostro matrimonio? Voleva impedire anche il nostro addio?››
 
‹‹Evidentemente qualcuno temeva che faceste le vostre cose in un ambiente pubblico, dato che questo è una prigione…›› lo punzecchiò Marta. La ragazza aveva subito capito di aver per le mani un fagiolone dello stesso calibro di Mary e non voleva assolutamente perdere l’occasione per prendersi gioco di lui.
‹‹Perdonatemi, ma non credo di aver inteso…›› disse Will Turner, dopo essersi voltato verso Elisabeth, con la speranza che almeno lei avesse capito qualcosa, ma vedendo solo il suo medesimo stato di confusione.
‹‹Lasciate perdere, ve lo consiglio›› sbuffò Fra, affrettandosi a troncare il discorso prima che degenerasse in argomenti piuttosto “sensibili” per l’epoca.
Forse quello non era stato proprio l’argomento ideale per limitare i problemi… La permanenza delle nostre quattro avventuriere si prospettava essere lunga e ricca di gaffe.

*****
Anno 1729, 25 aprile, h 21,00
Port Royal, Giamaica (cella di Mary)
 

Da quando Will ed il governatore se n’era andati, in prigione era calato il silenzio. Non che fossero troppo terrorizzate o cose del genere, ma trovarsi circondati da sconosciuti non favorisce certo la conversazione. In effetti quattro ragazzine starnazzanti, abbigliate in maniera poco consona per l’epoca e oltremodo espansive (anche un ligure sa essere più invadente di un inglese nel ‘700) non passavano certo inosservate, specie dopo il simpatico siparietto di poco prima. Per non parlare del fatto che una delle loro eroine preferite si trovava a meno di un metro da loro. Parlare, per poi rischiare di fare brutta figura davanti a lei non era assolutamente una prospettiva da prendere in considerazione.
Maria Vittoria, dal canto suo, sapeva apprezzare il silenzio quasi quanto raccontare aneddoti a macchinetta. Del resto non avevano avuto molto tempo per riflettere da quando erano tornate dall’ufficio di Gillette, dove, tra l’altro erano state tartassate una alla volta da un suo collaboratore. Il tenente non le aveva nemmeno guardate in faccia: aveva trascorso tutto il tempo a firmare scartoffie molto rassicuranti (confische di beni, aumenti delle tasse, mandati d’arresto, condanne a morte) mentre sorseggiava il tè, come a voler dire “Se non me ne può fregare de meno di far uccidere dei miei compaesani, cosa vi fa pensare di essere meritevoli della mia attenzione?”. Il messaggio che aleggiava nell’aria era chiaro: “Parlate e chiuderemo la faccenda in modo veloce e indolore… forse, oppure non parlate e preparatevi a soffrire come non avete mai fatto prima d’ora”. Ovviamente il suo sottoposto non aveva creduto nemmeno per un istante alle loro storie su un futuro misterioso in cui l’uomo poteva volare, le donne valevano quanto gli uomini e degli strani individui giravano con uno scolapasta sul capo sostenendo che si trattasse di un nuovo culto. Gillette non aveva emesso un solo suono che lasciasse intendere che cosa ne pensasse delle loro spiegazioni. L’unica parvenza di emozione da lui dimostrata era stato un triste sospiro, seguito da un lieve scuotimento del capo, alla vista di Maria Vittoria che, come accennato in precedenza, considerava alla stregua di una bambina.

Mary sperava con tutto il cuore che avesse solo finto di non sentire e che avrebbe riferito tutto al suo capo. Dopo tutto se Lord Beckett credeva all’esistenza di Davy Jones, Kraken e divinità marine, avrebbe ritenuto la loro storia quanto meno plausibile, vero? E se sì, avrebbe deciso di permettergli di fare ritorno alla loro epoca o avrebbe preferito pressarle per ottenere informazioni utili per il proprio futuro? Avrebbero dovuto assecondarlo, col rischio di compromettere seriamente gli equilibri su cui si reggeva il loro tempo, o avrebbero dovuto morire eroicamente, tutelando i posteri?
Troppe domande a cui non era sicura di dover trovare una risposta. Una sola cosa era certa: le ipotesi che aveva formulato la sera precedente in maniera scherzosa si stavano avverando, e questo non era un bel segnale. Ad ogni modo, pensarci adesso avrebbe solo contribuito ad aumentare il suo nervosismo ed era consapevole che la sua capacità di smorzare la tensione era indispensabile ora come non mai. Se lei avesse ceduto alla disperazione, anche l’umore delle altre ne avrebbe risentito parecchio.
L’occasione per far cessare quel flusso di pensieri non si fece attendere, dato che il più piccolo degli “occupanti” della sua cella si era rintanato in un angolo, dove stava piangendo, silenziosamente.

‹‹Che cos’ha?›› domandò agli altri bambini.
‹‹Boh, quello piange sempre e basta!›› disse la femmina, stizzita.
‹‹Senti chi parla›› la rimbeccò il fratello maggiore.
‹‹Io piango solo per motivi di straordinaria importanza!›› si difese lei, offesa.
‹‹Tipo quando ti si sporca il grembiulino o ti cade la bambola nel pozzo?››
‹‹Hem… non per interrompere la vostra sana discussione fraterna, ma mi stavo chiedendo se giocate spesso vicino a pozzi, precipizi e altri luoghi pericolosi…›› domandò Maria Vittoria, inquieta. Non sapeva per quale motivo, ma il solo udire quel racconto le aveva portato alla mente l’immagine di cosa sarebbe potuto succedere se, una di quelle volte, al posto del giocattolo vi fosse precipitata la bambina.
‹‹Ma non c’è nessun pericolo: basta fare attenzione al vento e non distrarsi troppo.›› le rispose il maschio, come se fosse la cosa più normale del mondo.
Ora sì che mi sento più tranquilla, pensò la ragazza, mentre si avvicinava al fratellino più piccolo, per sincerarsi delle sue condizioni. ‹‹Va tutto bene, piccolo?››
Non ricevendo risposta, si sedette accanto a lui e gli accarezzò dolcemente i capelli. Poi iniziò a porgergli qualche domanda a cui lui rispose solo con qualche breve cenno del capo. ‹‹Ti senti male, per caso? Hai freddo, fame o sete? Hai paura del buio?››
Vedendo che aveva risposto negativamente alle domande precedenti, gli pose l’ultima fatidica domanda: ‹‹Ti manca la mamma?››

Finalmente il bambino rispose con un flebile “sì” e Maria Vittoria non poté fare a meno di abbracciarlo, intenerita ‹‹Non preoccuparti, sono certa che la rivedrete tutti molto presto!››
‹‹Probabile, dato che Lord Beckett, ormai, non sa più cosa farsene di noi!››
‹‹Eduard, non dire così! Nostro padre verrà a salvarci: l’ha promesso!›› strillò la sorellina.
‹‹Ci ha abbandonato: per lui eravamo solo un peso e nulla più.››
‹‹Non ti permettere di parlare di lui in questo modo!›› gli sibilò lei tra i denti, i pugni stretti e le braccia rigide lungo il busto. ‹‹Era… è un brav’uomo!›› aggiunse con un tono incrinato. I suoi splendidi occhi azzurri stavano iniziando a diventare lucidi ed il suo corpicino era attraversato da fremiti. Si vedeva lontano un miglio che era sul punto di crollare.
‹‹Ed un brav’uomo abbandonerebbe i suoi figli e la moglie morente che ha continuato ad invocare il suo nome finché non ha esalato il suo ultimo respiro?››
‹‹Nostro padre non ci ha abbandonati: sta per tornare, ne sono sicura!›› ormai sia lei che il fratellino erano in preda al pianto.
‹‹Invece sì: è solo un vigliacco!›› le urlò di rimando lui.
‹‹No, non lo è!››
‹‹Smettila di fare la bambina! Vuoi sapere una cosa? Nostro padre è diventato un pirata perché non vi sopportava più! Siete due solo due piagnucoloni e non sapete fare altro che fare i capricci!››
‹‹ORA BASTA!›› l’urlo di Francesca fu, forse, leggermente esagerato per il contesto in cui si trovavano (Forse complice l’acustica delle prigioni, fu udito da quasi mezza città, provocando, oltre al resto, la caduta di un paio di operai, un mezzo infarto alle guardie che si erano appisolate sul posto di lavoro e lo stordimento di uno stormo di gabbiani che passava di lì).
‹‹Hem, scusate, è tutto a posto, davvero! Potete tornare a dorm… hem, a svolgere il vostro importantissimo lavoro›› si prodigò per rassicurare le guardie, accorse pensando che fosse accaduto qualcosa di grave. Queste ultime, accertatesi dell’assenza di pericolo, se ne tornarono alla loro postazione, bofonchiando qualcosa di simile a “donne, chi le capisce”.

‹‹Fra…›› sospirarono le sue amiche ‹‹sei sempre la solita!››
‹‹Scusate se io, a differenza della bambina qui accanto mi so imporre›› rispose quest’ultima, non perdendo l’occasione per tirare l’ennesima frecciatina a Maria Vittoria, la quale era nuovamente avvolta da una nube di pura negatività. Nube che si dissolse nel momento in cui si rese conto che in cielo erano spuntate le stelle. Da brava bambina di cinque anni non poté fare a meno di balzare in piedi e saltellare (per quanto possibile, date le piccole dimensioni della cella) verso la piccola finestrella. ‹‹Guardate, ci sono le stelle… e si vedono benissimo da qui! Benedetta l’assenza di tecnologia ed illuminazione artificiale!›› esclamò, emozionata come una bambina che ha appena ricevuto in regalo il giocattolo che desiderava da mesi.
Elisabeth ed i bambini, non capendo cosa la ragazza intendesse con “tecnologia” e “illuminazione artificiale”, si scambiarono qualche occhiata stranita, ma, bastò loro qualche segno di Francesca per comprendere che Mary non dovesse avere tutte le rotelle a posto.
‹‹Oh, andiamo! Bisogna apprezzare le piccole cose belle che accadono nei momenti più bui›› rise lei, di rimando.
‹‹Questa è tutta matta! Lo dicevo io che il classico non fa bene alla salute…›› bisbigliò Francesca alle compagne di cella.
‹‹Che cosa sarebbe il “classico”? E’ forse una di quelle sostanze strane che importa la compagnia delle Indie Orientali?›› domandò la figlia del governatore, confusa. Questo in effetti avrebbe spiegato il perché Cutler Beckett non volesse lasciar trapelare alcun’informazione su quelle strane ragazze. Immaginate lo scandalo, se si fosse saputo che trasportava sostanze talmente pericolose da compromettere la salute mentale di un individuo. E, ora che ci pensava bene, quando Beckett le aveva domandato se conoscesse Jack Sparrow, non pareva particolarmente felice. Che avessero avuto dei trascorsi in passato, proprio a causa di tale sostanza? In effetti, dire che Jack si comportasse in maniera strana era un eufemismo.

Le sue elucubrazioni mentali furono, però, interrotte da una serie di risate sregolate da parte delle millennial. Lucia perse l’equilibrio e ruzzolò giù dalla panca di legno su cui era sdraiata, finendo addosso a Marta che si stava rotolando dalle risate. Francesca dovette aggrapparsi alle sbarre per evitare di cadere e fare la fine delle altre due. Tutto questo sotto gli occhi esterrefatti degli altri prigionieri (ebbene sì, la confusione era stata tale che, ormai, avevano l’attenzione di buona parte del piano delle prigioni su cui si trovavano. Del resto, non è che gli altri condannati avessero un granché da fare).
‹‹Hem, vi sentite bene? Ho detto qualcosa di sbagliato, per caso?›› lo sguardo preoccupato della figlia del governatore (la quale temeva di aver toccato un tasto dolente per le fanciulle. Ricordiamo che era convinta che fossero state utilizzate da cavie per testare le sostanze stupefacenti importate dalla Compagnia delle Indie Orientali) ebbe il potere di riscuotere le tre dallo stato di trance causato dalla “ridarella”.
‹‹No, stai tranquilla›› riuscì a pronunciare Francesca, asciugando una lacrima solitaria, provocata dal troppo riso, e riuscendo finalmente a riprendere fiato ‹‹E’ solo che il “Classico” è un tipo di percorso d’istruzione molto diffuso nel luogo da cui proveniamo, quindi abbiamo trovato divertente il fatto che qualcuno che ne ignori l’esistenza lo possa aver scambiato per una droga.››
‹‹Anche se in effetti lo si potrebbe anche definire tale, dato l’effetto che provoca in chi lo frequenta. E voi due smettetela di incenerirmi con lo sguardo: lo so che la pensate esattamente come me. Basta guardare questa disagiata!›› aggiunse Lucia, tornata, finalmente seria anch’ella.
‹‹Hem, quindi se ho capito bene chi segue questo “Classico”, che alla fine è… un culto? E chi vi si inizia si comporta in maniera strana.›› cercò di trarre le sue conclusioni la Swan.
‹‹Giusto appunto… ma guarda te che cosa le sei andata a dire! Ora penserà che Mary sia una squilibrata›› sospirò Francesca, stampandosi il palmo della mano destra sulla fronte, con aria rassegnata.
‹‹Elisabeth cara, non dare ascolto a quelle due: quelli che frequentano il liceo Classico fanno un sacco di cose fichissime!›› prese la parola Marta, sinceramente eccitata.
‹‹Ad esempio?›› la rimbeccò Lucia, incrociando le braccia al petto ed appoggiandosi alla parete con aria annoiata.

Marta non se lo fece ripetere due volte. Si avvicinò repentinamente ad Elisabeth, le posizionò le mani sulle spalle ed iniziò a parlare con voce da esaltata e gli occhi fuori dalle orbite: ‹‹Fanno after quasi tutte le sere e bevono quantità industriali di caffè, ma ciò nonostante il giorno successivo si presentano a scuola come se niente fosse. Riescono a studiare ovunque, con chiunque e in qualunque situazione. Portano i dizionari di latino e greco tra le braccia, come se fossero i loro figli. La notte girano per le scuole indossando lenzuoli e toghe, parlano in greco e illuminano i corridoi con … avete presente i ceri per il cimitero? Ecco, quelli! E poi i loro professori gli fanno leggere dei testi che a mio parere dovrebbero avere il bollino rosso, li portano in gita in un bordello e nei quartieri di drogati! Ma soprattutto…›› il suo sproloquio fu fortunatamente interrotto da Mary, la quale riteneva doveroso dare qualche spiegazione prima che la sua eroina numero uno la prendesse definitivamente per una pazza furiosa.
‹‹Punto primo, non facciamo after perché andiamo a ballare e bere in compagnia, ma perché dobbiamo studiare. E tranquilla, Marta, che se anche tu avessi due montagne e mezzo di libri da memorizzare, riusciresti tranquillamente a studiare anche nella situazione più caotica. Punto secondo, perché i dizionari non stanno fisicamente nello zaino con tutti quei libri e, tra parentesi, costano 100 euro quello di latino e 200 quello di greco, ergo penso che non ci sia bisogno di spiegare il motivo della nostra cura maniacale nei loro confronti. Punto terzo, ci travestiamo solo per la Notte Nazionale del liceo Classico. Ultimo punto, mi sa che stai facendo di un’erba un fascio: a parte gli scritti di Catullo e pochi altri, non studiamo niente di così eclatante. E per quanto riguarda le gite, non finiamo in postacci in quanto classicisti, ma perché abbiamo avuto la sventura di avere una preside ligure che prenota nei luoghi più economici, a discapito della salute dei propri studenti.››
‹‹Uffi, ma così mi rovini tutta la scena!››
‹‹Ci mancherebbe! Stavi disonorando il buon nome della mia scuola, degenerata!›› la rimbeccò Maria Vittoria, mal celando una risata.
‹‹Lascia perdere quelle due svitate, fidati›› bisbigliò Francesca alla Lady inglese che, dopo la spiegazione di Maria Vittoria, appariva ancora più confusa di prima.
Se le chiamate in causa udirono il commento, non lo diedero a vedere. Marta si lasciò scivolare con la schiena contro la parete e, dopo aver raggiunto il pavimento, portò le ginocchia al petto e le circondò con le braccia. Vi posò, poi il capo, con fare stanco, chiaro segnale del fatto che dovesse aver esaurito l’ultima dose d’energia nella discussione precedente.

Maria Vittoria, dal canto suo, ritornò a rivolgersi al piccolo Tommy che, nel frattempo, aveva smesso di piangere e fissava la scena incuriosito. “Beh, ho perso l’ultima briciola di dignità, ma per lo meno sono riuscita a farlo sorridere”.
‹‹Conosci il nome di qualche costellazione?››
Tommy annuì, prontamente. Come Mary aveva immaginato, le stelle dovevano essere uno degli argomenti preferiti dei figli di un marinaio.
‹‹E voi, siete capaci di riconoscerle?›› domandò, questa volta rivolta agli altri due.
‹‹Per chi mi hai preso, per un moccioso? E’ capace persino mia sorella che è una femmina ed ha 10 anni!››
‹‹E tu quanti anni avresti, sentiamo›› gli domandò Fra, posizionandosi davanti a lui con le braccia incrociate. Seppur fossero distanziati dalle sbarre, la differenza di altezza tra i due era ben visibile.
‹‹Ne ho dodici, e vado per i tredici!›› rispose lui, fieramente, mentre la ragazza alzava gli occhi al cielo.
‹‹Sai, da noi, come chiamano i mocciosi che si danno delle arie come te? Bimbi-m*****a!››
‹‹Hem… quello che la mia amica stava cercando di dire›› troncò la discussione Maria Vittoria, evitando altre domande su usanze del XXI secolo a cui avrebbero faticato a rispondere ‹‹è che l’età è un fattore di paragone relativo. Puoi sentirti grande rispetto ai tuoi fratelli, ma ciò non significa che non ci possano essere delle persone più giovani di te che saranno più ferrate su un determinato argomento. E anche se ciò non fosse, non hai il diritto di atteggiarti a “superiore della situazione”››
Mary che sgrida qualcuno? Nevicherà nel mare dei Caraibi!” pensò Marta, sorpresa, ma si dovette ricredere ben presto.
‹‹Ad esempio io non sono particolarmente ferrata nell’individuare le costellazioni… da parte di mio padre sono tutti servi della gleba da generazioni, quindi non giudicate, okay?!›› disse lei, sfoggiando un sorriso talmente ingenuo da far cascare le braccia a tutti i presenti.
No, è ancora tutto nella norma.” sospirò Marta, esasperata.

‹‹Però›› aggiunse Mary, sorridendo ai due più piccoli, ‹‹conosco molte storie su di esse. Se mi indicate le vostre preferite posso raccontarvene alcune.››
La prima a rispondere al suo tentativo, come previsto, fu la bambina: era decisamente quella con la testa più sulle nuvole dei tre. Se fosse nata qualche secolo più avanti avrebbe potuto diventare un magnifico esemplare di classicista disperata.
‹‹Cassiopea: la bella signora che sta a testa in giù!››
Maria Vittoria, per nulla desiderosa di rovinare l’idea che la bambina aveva della sua costellazione preferita, tentò di persuaderla con un ‹‹Hem, ma ne sei proprio sicura, cara? Ci sono molte altre storie interessanti: la chioma di Berenice, le Esperidi, lo scorpione, pegaso, …››
‹‹Ma a me piace Cassiopea! Per essere stata trasformata in stelle doveva essere proprio una bella dama ricca di virtù››
‹‹Non lo metto in dubbio, ma sono certa che se ci rifletterai ancora un attimo, ti renderai conto che magari c’è un’altra costellazione che ti incuriosisce ancora di più di que…››
‹‹Patetico: scommetto che perdi tempo perché non lo sai›› sghignazzò Eduard.
‹‹E invece lo so, e proprio per questo motivo non voglio rovinare l’infanzia di tua sorella›› gli sibilò nell’orecchio, ma quello si mise a ridere in maniera scomposta, per poi farle notare che, dopo la prigione, forse la sua infanzia era già stata leggermente stravolta.

‹‹E va bene, allora vada per Cassiopea›› iniziò Mary, sedendosi per terra con un sospiro, per poi incrociare le gambe, permettendo al piccolo Tommy di sedervisi sopra. Si diede un’occhiata intorno e, dopo essersi accertata che tutti (ormai si era rassegnata al fatto che gli altri prigionieri avrebbero continuato ad osservare le loro mosse) avessero assunto una posizione comoda e che la stessero ascoltando. ‹‹C’era una volta, tanto tempo fa, in un paese lontano, lontano…››
‹‹C’era una volta un re, seduto sul sofà, che disse alla regina: “raccontami una storia” e la regina incominciò: “c’era una volta un re, seduto sul sofà, che disse alla regina: “raccontami una storia” e la regina incominciò: “… Ma quanti anni hai? 2? Ancora a perdere tempo con le favolette per bambini! E io che credevo che avresti raccontato un qualcosa di interessante›› la prese in giro Francesca, che ancora non riusciva a capacitarsi di come riuscisse a pensare alle favole nella situazione in cui si trovavano.
‹‹Punto primo, non è una favola: quelle le scrivono Esopo, Fedro, La Fontaine e via di seguito. Potrebbe assomigliare ad una fiaba per via del tempo e del luogo indefiniti, ma ho deciso di iniziare così, giusto per non appesantire la trama con nomi di regni e sovrani vissuti migliaia di anni fa. Punto secondo, i miti non sono forse delle storie?›› sbuffò Mary, stufa di doversi interrompere. Se c’era una cosa che detestava erano le persone che non le permettevano di formulare un discorso per intero. Ma avevano fretta, per caso? Erano in una prigione, mannaggia la miseria! L’unico che poteva metterle fretta era il boia e, dato che in quel momento di aguzzini non v’era nemmeno l’ombra, che non le rompessero le scatole.
‹‹Allora, nel VI* secolo prima della venuta di Cristo, Cassiepea, moglie di Cefeo, sovrano d’Etiopia, al quale, tanto per la cronaca, è stata dedicata un’altra costellazione che, nello specifico si trova… hem, si trova… ad occhio e croce… a destra del parallelo nord del circolo del capricorno sulla vostra sinistra… chi cerca trova… E va bene: non ho la benché più pallida idea di dove si trovi. So solo che dovrebbe trovarsi nei pressi di Cassiopea, ma mi sono distratta un attimo e mi sono scordata dove mi avete detto che era, hehehe››

‹‹E’ quella!›› i tre fratelli e buona parte dei carcerati (con somma sorpresa delle sue amiche ed Elisabeth, ma non di Mary, decisamente più concentrata sul fatto che le avessero dato una risposta) le risposero in coro, indicandole il punto della volta celeste. Inutile dire che, con quella sola indicazione, non fu in grado di capire un bel niente, ma, temendo di scatenare nuovamente le ire del compagno di cella, finse di averla trovata.
‹‹Era iniziata troppo bene perché potesse essere vero›› commentò Lucia, con fare sarcastico.
‹‹Già: era scientificamente impossibile che riuscisse a mantenere alta l’attenzione di così tante persone, senza esibirsi in qualche gaffe›› l’appoggiò Francesca.
‹‹Oh, ma certo, lo sapevo… volevo solo… testare le vostre conoscenze, ecco›› tentò di scusarsi Maria Vittoria, ignorando i commenti delle amiche.
‹‹Ma chi ci crede›› le risposero nuovamente in coro.
‹‹Come siete crudeli›› replicò Mary, fingendosi in lacrime, per poi risfoderare nuovamente il sorriso da “ora-vi-racconto-un-aneddoto-e-voi-ve-ne-state-muti-e-immobili-finché-non-ho-finito-perché-se-piace-a-me-non-vedo-perché-non-dovrebbe-piacere-a-tutti”.
‹‹Ad ogni modo, come stavo dicendo, Cassiepea››
‹‹Cassiopea!›› le fece eco il pubblico.
‹‹In mitologia si dice Cassiepea, mentre la costellazione si chiama Cassiopea.›› sottolineò Mary, sospirando con fare annoiato.
‹‹Ahhh!››

‹‹Se non ci sono altre domande io inizierei la seconda frase… Bene: chi tace acconsente! Allora, Cassiepea era famosa in tutto il regno per la sua vanità ed alterigia. In particolare, andava fiera della propria chioma, composta da splendidi boccoli del color dell’ebano che, all’epoca, erano sintomo di grande bellezza. Un giorno, proprio mentre era intenta a spazzolare i lucidi capelli scuri, vaneggiò, sostenendo di battere in grazia ed aspetto persino le Nereidi. Le Nereidi erano splendide ninfe marine, figlie di Nereo, di cui faceva parte anche la moglie di Poseidone. Il sovrano dei mari, pressato da moglie e cognate, pover’uomo, decise di vendicare l’onta subita dalle donne della sua famiglia, sguinzagliando il suo animaletto domestico, un mostro marino che faceva razzia sulle coste del loro regno. Che, tra parentesi, vorrei sapere da quando in qua chi ha i capelli ricci li spazzola da asciutti: si finisce per assomigliare ad un porcospino, ve lo assicuro. E voi uomini non fate quelle facce, perché vorrei vedere se, tornati da un lungo viaggio, vi aprisse l’uscio vostra moglie in versione incrocio tra uno yeti ed il mostro delle paludi. Sareste contenti? Io non credo proprio. Chiudiamo questa parentesi che ho ritenuto utile per inquadrare l’elevato intelletto di costei che, non contenta, sfida apertamente le creature più lunatiche dell’universo: donne (quanti luoghi comuni ci sono al riguardo?) marine (cosa c’è di più variabile del mare?). Tra l’altro, fosse stata un’umile tessitrice come Aracne, la collera divina si sarebbe abbattuta solo su di lei, ma, essendo la coniuge del sovrano, le sciagure andarono ad estendersi all’intero reame. Furono interrogati gli oracoli, gli indovini e le profetesse inascoltate, che, tra parentesi, se poi non le ascolti, che le interroghi a fare? Mah, strana gente gli antichi. Ad ogni modo, il responso fu unanime: un sacrificio doveva essere fatto per placare la bestia. L’onta andava lavata con il sangue ed il sangue doveva essere quello della principessa Andromeda. Ora, da che mondo e mondo, quando la vita da rischiare è quella di una bella donna, tutto il popolo si schiera a favore della poveretta, e si sceglie di far chiamare un eroe per sconfiggere la bestia. Sottolineiamo il fatto che all’epoca gli eroi spuntavano come funghi. Ma, a quanto pare il popolo etiope, all’epoca, non brillava per intelligenza, dato che decisero di assecondare le follie di una divinità nota per… bambini tappatevi le orecchie, grazie! Stuprare qualsiasi essere dotato di apparato respiratorio che aveva la sventura di passare nei pressi di una spiaggia o scogliera. Presero quindi la fanciulla, che avanzando tesi salde, quali “No, vi prego, sono troppo bella per morire” e “sono la trentaquattresima figlia illegittima, hem, volevo dire l’unica figlia legittima dei sovrani in un reame di stampo maschilista in cui la donna non vale niente e, o viene fatta sposare con un sovrano di un paese importante, oppure viene mandata a fare la sacerdotessa di afrodite a calci nel sedere: sono troppo importante per morire!”, riuscì quasi a convincere i suoi compassionevoli sudditi. La paura per la propria incolumità, tuttavia, era ben maggiore della compassione nutrita per l’orribile sorte cui era stata destinata Andromeda. La denudarono e la incatenarono ad una rupe in mezzo al mare… Uomini-bestie, smettetela di ridacchiare: i vestiti le erano stati chiaramente tolti per far sì che non appesantissero lo stomaco del mostro marino e non perché desse spettacolo. Anche perché chi sarebbe mai andato in mezzo al mare, sapendo che una creatura malvagia pattuglia quelle acque? Beh, fortunatamente per lei, qualcuno passò per di lì. Giasone, celeberrimo eroe greco (all’epoca non si era ancora montato la testa, … se volete uno spoiler di come diventerà quando la fama gli darà alla testa, andatevi a leggere la “Medea”. Non sapete leggere? Non preoccupatevi: ci penso io! Un’opera letteraria al giorno leva l’analfabetismo di turno, lo dico sempre.), notò la ragazza durante il suo volo di ritorno da una missione. La poverina era talmente pallida per l’angoscia ed aveva la pelle talmente candida che, se non fosse stato per il vento che le scompigliava i capelli, Giasone l’avrebbe scambiata per una statua. E anche qui vi rendo partecipe delle mie riflessioni disagiate: mi spiegate perché se chiunque dopo una sola ora trascorsa sotto il sole cocente, con l’aggravante del riflesso dell’acqua e la vicinanza all’equatore ottiene ustioni di quinto grado e Andromeda sembra ancora una bambola di porcellana? E poi da quando in qua gli Etiopi hanno la pelle chiara? Che io sappia le dominazioni persiane sono avvenute secoli dopo la morte di Tolomeo, colui che ha catalogato le costellazioni antiche, tra le quali rientrano anche Cassiopea, Andromeda e Cefeo. Quindi il mito deve essere riferito ad un periodo ben più antico…››

‹‹Terra chiama Maria Vittoria!››
‹‹Okay, okay, la smetto di commentare. A che punto ero rimasta? Ah, sì, Giasone, invece di portare subito in salvo la povera fanciulla che, nel frattempo, rischiava di morire d’infarto, le domanda spiegazioni sul perché della sua situazione. Ma dalle il tuo mantello e portala via, guardone cerebroleso!››
‹‹Mary!››
‹‹Okay… Chiarita la situazione, Giasone ingaggia un feroce duello con la creatura degli abissi, riuscendo finalmente a sconfiggerla e porta in salvo la damigella in pericolo. Che tra parentesi, menomale che era una bella gnocca, perché se c’ero io al suo posto, col cavolo che mi veniva a salvare, rischiando la pelle durante le ferie, per giunta.››
‹‹Ti salviamo noi, signorina studiosa!››
Udendo quelle voci accorate, per poco Maria Vittoria non si commosse. Dei delinquenti che si prodigavano per aumentarle l’autostima? Che pensiero carino! Dovette però ricredersi quando udì le parole che seguivano: ‹‹Sai che spreco? Nemmeno Natasha ha delle poppe così grosse››
‹‹Ma, ma…›› Maria Vittoria iniziò a cambiare colore, manco fosse un camaleonte, tale era l’imbarazzo provocato da tale osservazione. La conoscevano da neanche 10 minuti ed avevano già individuato il suo tasto dolente.
‹‹Hey, ma come vi permettete, luridi ratti di fogna!›› la difese, immediatamente Marta.
‹‹Vi sembra il modo di rivolgersi ad una signora?›› le diede manforte Francesca.
‹‹Porgetele immediatamente le vostre scuse!›› persino Elisabeth si sentì chiamata in causa dal vincolo di solidarietà femminile.
‹‹Chi è Natasha?›› volle, invece, indagare Lucia.
‹‹La prostituta che batte di fronte al vicolo del pesce››
‹‹Come siete crudeli!›› si depresse ancora di più Maria Vittoria. ‹‹E tu, Lu? Un po’ di solidarietà no, eh?››
‹‹Hai già quelle tre a compatirti. E poi, se ti decidessi a metterti a dieta, per una buona volta, quei due cocomeri si rimpicciolirebbero notevolmente, lo sai››
‹‹NO! TUTTO, MA LA DIETA NOOO!››
‹‹E allora arrangiati!››

Il siparietto fu seguito dalle risate incessanti dei carcerati e della guardia che faceva la ronda. Mary avrebbe potuto giurare di sentir sghignazzare perfino una colonna, ma diede la colpa al buio e alla pessima acustica delle prigioni. Il momento idilliaco (non per me nd: Mary) fu però rovinato dalla domanda innocente posta dalla piccola Charlotte: ‹‹Ma che cos’è una prostituta?››
Un silenzio di tomba avvolse il carcere. Tra i sadici assassini rinchiusi in quelle celle, non uno ebbe il coraggio di rovinare l’infanzia di quella piccola bimba (ma la mia sì! Nd: Mary) (Tu hai quasi 19 anni! Nd: Lucia).
‹‹Beh, immagino che sia arrivato il momento di dirti che…›› l’onorevole tentativo del fratello maggiore fu stroncato sul nascere da Maria Vittoria, che gli tappò la bocca con una mano e si affrettò a correggere il tiro: ‹‹E’ una signora molto bella con i capelli sciolti che sorride agli uomini. Per questo motivo, spesso, le mogli si arrabbiano con loro››
‹‹Hm›› attimi di puro panico furono quelli che accompagnarono la riflessione della bambina. Ci avrebbe creduto? Avrebbe avanzato altre domande? Qualunque fosse stato il caso, nessuno tra i presenti desiderava essere il “prescelto” per risolvere i suoi dubbi.
‹‹Ma allora, perché quando ti hanno paragonato a quella prostituta ti sei quasi messa a piangere?››
‹‹Erano lacrime di commozione: nessuno mi aveva mai fatto un tale complimento prima d’ora››
Lucia colse l’occasione per farle un altro scherzetto: ‹‹Grazie signori, le avete regalato un sogno!››
Inutile dire che ormai tutti all’interno della struttura stavano facendo sforzi da ernia per non rovinare la brillante spiegazione con delle risate sguaiate.

‹‹Signorina studiosa››
‹‹Hem, sì, cara?›› le domandò Mary titubante. Ma si erano messi d’accordo per affibbiarle quel soprannome imbarazzante?
‹‹Dici che chiameranno così anche me un giorno?››
‹‹Hem, non saprei cara…››
‹‹Suvvia, Mary, non rovinare così le sue aspettative! Non dare ascolto a questa vecchia zitella, Charlotte, vedrai che quando crescerai, diventerai la prostituta più bella di tutte››
‹‹Grazie, zia Lucia!››
‹‹Di niente, cara, ho solo detto ciò che penso nel profondo del cuore››
‹‹Lu, ma dico, sei forse impazzita?›› le sibilò Marta nell’orecchio.
‹‹Ho semplicemente fatto un’analisi razionale. Hai visto i loro vestiti? Se sopravvivono alla prigione vivranno per strada e quale pensi che sarà il lavoro più redditizio che potrà svolgere una ragazzina povera e disonorata dal mestiere del padre?››
Francesca non seppe come replicare dinnanzi alla veridicità di quelle parole. Per la prima volta da quando erano arrivate, si trovò a riflettere su quale fosse la gravità della loro situazione. Anche qualora le avessero scagionate, quale sarebbe stato il loro destino? Se non fossero riuscite a fare ritorno alla loro epoca, quale ambiente ostile le avrebbe accolte? Per la prima volta, una femminista dichiarata come lei si trovò ad affrontare una cruda verità: quali speranze di vita potevano avere quattro donne senza identità, vestite in maniera impropria, in una terra sconosciuta?
 
“Una disavventura è soltanto un'avventura vista dal lato sbagliato; un'avventura è soltanto una disavventuravista dal lato buono.”
(Gilbert Keith Chesterton)

Note:
*Ho inventato, dato che non si sa con certezza in che periodo siano vissuti i sovrani (almeno che io sappia) che hanno ispirato questo mito.
  
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