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Autore: bridgetvonblanche    08/07/2020    4 recensioni
[bts crime/noir au]
«Volevo davvero riuscire ad odiarti per aver pensato a cosa fosse meglio per me quando eri tu il meglio per me»
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Taehyung/ V, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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BLACK INK.

 

[10]


 

Il laboratorio per le autopsie della centrale di polizia di Seoul si trovava al livello -1 di un'ascensore i cui pulsanti - vagamente retro illuminati - e le pareti grigie e lucide erano in grado di trasmettere solo uno strano senso di ansia e spaesamento misti ad una malsana forma di claustrofobia. Un luogo cupo, freddo e dall'atmosfera non certo calorosa ed accogliente, la cui unica fonte di chiarore sembrava provenire solo ed esclusivamente da una serie di fastidiosissime luci a neon che, di tanto in tanto, sfarfallavano in maniera convulsa. 
Kim Jieun si sfilò un paio di guanti in lattice bianco, entrambi sporchi di sangue ormai raffermo di un cadavere su cui lei e Seokjin avevano da poco terminato di eseguire la loro accurata analisi. Si accasciò così su una delle poche sedie presenti nella stanza, lasciando poi che la propria testa iniziasse a ciondolare pesantemente da una parte all'altra di quello schienale non particolarmente comodo.

— Non me ne vogliano gli psicologi, ma penso che anche un cieco capirebbe che in questi giorni tu sia un pò giù di morale, —

Seokjin la interpellò da lontano, la voce bassa come se non volesse dare fastidio o causare disturbo, dandole comunque le spalle perchè ancora concentrato a sistemare quel cadavere all'interno della cella frigorifera che portava il suo codice identificativo, composto da una lunga e amara lista di lettere e numeri. La sentì sospirare più forte del previsto e quel rumore molesto emesso dalle sue labbra lo convinsero presto a lasciare da parte il suo dovere di medico per indossare invece le sue vesti migliori in qualità di amico. Seokjin decise quindi di voltarsi nella sua direzione solo per rimanere sbigottito ad osservare la sua più giovane collega accasciare la testa pesante contro la superficie dell'ampia scrivania del laboratorio, dove a vigere vi era il caos più totale, tra pratiche e altre documentazioni sparse alla rinfusa un pò ovunque.

Dopo quell'unico sospiro stanco, un rinnovato silenzio calò nuovamente tra loro, interrotto solamente da un intenso getto d'acqua tiepida di cui Seokjin si servì per lavare le proprie mani e disinfettarle dopo essersi preso cura del suo ultimo, defunto paziente. Un compito forse un pò ingrato il suo, che però - nel corso degli anni - aveva permesso alla centrale di polizia di Seoul di portare a termine una miriade di casi altrimenti irrisolvibili. Si avvicinò quindi a Jieun asciugandosi le mani nel suo stesso camice, iniziando poi a sfiorarle delicatamente la schiena con il palmo per tentare di offrirle un qualsiasi tipo di sostegno.

— Se è per il comportamento di Namjoon sai che posso-, —

— No Seokjin, mio fratello stavolta non c'entra, sono io l'unico problema qui dentro, — non lasciò nemmeno che Jin finisse di pronunciare la propria frase, non tanto per maleducazione, quanto perchè non voleva che lui sprecasse fiato a proporre soluzioni che - con ogni probabilità - avrebbero portato solamente ad altri litigi e battibecchi inutili che Jieun si sarebbe invece risparmiata più che volentieri.

Sollevò quindi il proprio sguardo affaticato, indirizzandolo verso quello dolce e premuroso del ragazzo accanto a lei che, per tutta risposta, si limitò a sorriderle per poi avvolgerla in un amichevole e confortante abbraccio, aggiungendo poi qualche parola di incoraggiamento: dal suo punto di vista alla fine ogni cosa si sarebbe risolta per il meglio, per tutti quanti.

Stretti in quell'incoraggiante scambio di reciproche forze i due medici si ritrovarono quasi a sobbalzare sulle proprie sedie quando udirono le porte del loro laboratorio spalancarsi all'improvviso, cogliendo entrambi completamente alla sprovvista. Davanti agli sguardi ora increduli di Seokjin e Jieun si materializzò infatti un trafelato Hoseok che, insieme ad un altro paio di agenti, si permise di fare il suo ingresso nella zona più fredda ed ostica di tutta la centrale senza alcun preavviso, portando però con sé un lettino di metallo sotto il quale, coperto da un candido lenzuolo bianco, vi era probabilmente nascosto l'ennesimo corpo senza vita.

— Abbiamo un'altra vittima, — si limitò ad esclamare senza fiato il giovane agente, ordinando poi ai suoi compagni di trasportare quel corpo esanime dal lettino mobile donatogli dall'ambulanza che era intervenuta sul luogo del delitto al letto di freddo acciaio posto al centro della stanza su cui, fino a poco tempo fa, i due anatomopatologi avevano operato.

— La V sul polso? — chiese subito Jin, infilandosi in tutta fretta un nuovo paio di guanti in lattice ed avvicinandosi poi a quel lettino, sollevando delicatamente il lenzuolo che copriva ancora il corpo della vittima, rivelandone il volto gonfio e violaceo sotto tremolanti luci a neon.

Si stupì solo quando notò Hoseok rispondere negativamente alla sua domanda con un veloce e ripetuto gesto del capo, indietreggiando poi di alcuni passi per lasciare posto anche a Jieun che, nel frattempo, sembrava essersi come risvegliata da un antico torpore per predisporre tutta la strumentazione necessaria ad eseguire una nuova autopsia e scoprire così le cause del decesso di quell'uomo. Ma, avvicinandosi ed osservando meglio i tratti del volto tumefatto di quel corpo ormai senza vita, mai Jieun avrebbe creduto di vedere e riconoscere i lineamenti di colui che, solo una settimana prima, aveva cercato di rapirla di fronte all'ingresso del White Wall.

— I- io conosco questa persona, — le parole le uscirono dalla bocca ancora prima che lei potesse fare qualcosa per elaborare un pensiero un pò più costruito e approfondito. Frase che non solo le causò un lieve giramento di testa, ma che catturò all'istante l'attenzione di Seokjin e Hoseok che non dovettero nemmeno sprecare fiato per chiedere alla ragazza ogni tipo di dettaglio riguardante la vittima, a cominciare proprio da come lo aveva conosciuto e in quali assurde circostanze: le loro espressioni attonite furono sufficienti per far capire a Jieun che nessuno dei due le avrebbe dato la possibilità di sfuggire o rimangiarsi quella frase.

Sentendosi un pó come un leone in gabbia e con le spalle al muro, la giovane detective chiese quindi loro di prendere posto proprio di fronte a sé, preferendo invece rimanere in piedi per cominciare a camminare avanti e indietro su una linea retta immaginaria che lei stessa aveva tracciato nella sua mente, cercando - tra le altre cose - di far riaffiorare tutti i dettagli e la successione degli eventi che da quella sera al White Wall avevano cominciato a sovrapporsi ed incastrarsi gli uni con gli altri. Camminare le faceva bene e, in questo modo, Jieun era sicura che sarebbe riuscita a ristabilire un certo ordine sia nella sua testa che nella sua vita. Pur riscoprendosi sorpresa del fatto che Namjoon non avesse fatto parola di tutto quello che aveva scoperto esserle accaduto, la giovane utilizzò tutto il tempo che le fu necessario per prendere un respiro lungo e profondo, soffermandosi senza alcuna fretta apparente ad osservare le espressioni dipinte sui volti di due dei suoi compagni più fidati con cui avesse mai avuto il piacere di collaborare. Scrutò con attenzione quasi malsana una piccola ruga farsi largo sulla fronte del suo collega più anziano, finendo poi irrimediabilmente per passare in rassegna anche le mani di Hoseok, sottili e longilinee, stringersi tra loro come in una preghiera a cui nessuno avrebbe dato ascolto.

Perchè, in fondo, aspettare o aspettarsi qualcosa erano sempre stati concetti diametralmente opposti per lei. Mentre l'aspettativa aveva sempre avuto a che fare con il futuro, l'attesa, al contrario, era sempre stata solo una delle tante vittime del tempo presente. E Jieun, pur non sapendo cosa Seokjin e Hoseok si aspettassero da lei, quali informazioni avrebbero carpito dal suo racconto, di una cosa era certa: entrambi stavano aspettando. Aspettavano impotenti che lei parlasse, che lei spiegasse loro quella frase violenta che era sfuggita solo pochi istanti prima dalle sue labbra ora schiuse ma ancora silenziose.

Aspettare del resto, era l'unica cosa che fosse concessa loro di fare in quel momento, almeno fino all'istante in cui Jieun non distolse lo sguardo dai loro volti giustamente perplessi per rivolgerlo invece verso il corpo immobile di quell'uomo. Perchè era stato ucciso? E soprattutto, da chi? La V sul polso non era presente, ma si poteva davvero escludere la possibilità che fosse stato l'uomo che ormai da settimane stavano cercando di catturare? E se fosse stato invece un omicidio pensato e compiuto proprio per depistare le indagini? Magari quell'uomo era stato punito per non essere riuscito a farle del male, a portare a termine la sua missione.. E se invece fosse stato ucciso per ordine di Jungkook? Se fosse anzi stato proprio lui ad eliminarlo?

Jieun si ritrovò a boccheggiare a quel macabro pensiero, incapace di credere che anche un uomo come Jungkook potesse arrivare a tanto. Cercò quindi con tutte le sue forze di scacciare dalla mente l'ipotesi che qualcuno potesse aver visto la loro collutazione all'esterno del White Wall e potesse arrivare alla polizia a denunciare il fatto, dando inizio ad una serie di indagini che sicuramente avrebbero portato ad indicare Jungkook come primo sospettato. Senza nemmeno rendersene conto, aveva iniziato ad accelerare il proprio passo, per non lasciare che tutte quelle elucubrazioni prendessero il controllo della sua mente già sufficientemente annebbiata.

Cominciò così a spiegare ad Hoseok e Seokjin di come, solo una settimana prima, era finita a bere per caso o per sbaglio al White Wall, fino ad arrivare alla sua accesa conversazione con Jungkook e all'incontro con quell'uomo che poi l'aveva minacciata con una pistola, chiedendole di seguirlo. Si sorprese di come fosse riuscita ad estrapolare con tanta lucidità dalla sua mente quelle immagini che da giorni occupavano i suoi pensieri. Il tutto in perfetto ordine cronologico, tutto senza il minimo tentennamento, quasi come se lo stesse raccontando in terza persona, come se non si fosse considerata la protagonista di quegli eventi, ma solamente una mera spettatrice.

Si fermò solo allora perchè non le parve corretto aggiungere altri dettagli che, per di più, sembravano non aver nulla a che vedere con l'uomo ritrovato senza vita dalla pattuglia di Hoseok. Non disse nulla riguardo alla cena con Taehyung, al loro successivo pedinamento, nè tantomeno era pronta a rivivere ciò che era successo con Namjoon e Jungkook solamente un paio di giorni prima. Solo alla fine del suo racconto, tornando a spiare con la coda dell'occhio quel corpo senza vita col braccio ciondolante e sfregiato rivolto verso il pavimento, Jieun si ritrovò improvvisamente in preda ai sussulti. Sussulti e scosse che vennero prontamente soffocate dall'avvolgente abbraccio di Hoseok che, senza pensarci due volte, le aveva permesso di impregnare la sua nuova divisa blu con poche calde lacrime, forse riuscendo a comprendere il suo stato d'animo e la sua frustrazione più di chiunque altro.

— Dobbiamo avvisare Namjoon, — fu poi proprio lui ad impartire i primi ordini, rivolgendosi a Seokjin, senza per questo sciogliere il proprio abbraccio con Jieun.

— A lui ci penso io, —

— Anche Taehyung deve essere informato, — Jieun si permise di aggiungere alla conversazione tra i due, estraendo dalla tasca del suo camice il proprio telefono e scostandosi così dal caloroso abbraccio di Hoseok, chiedendo poi il permesso di uscire da quel laboratorio soffocante per cercare una zona della centrale che le permettesse di aver maggiore linea per poter effettuare quella chiamata ed avvisare quindi Taehyung dell'accaduto.

Provò una, due, dieci volte: lungo il corridoio deserto, all'interno di quella soffocante ascensore e all'uscita della stazione di polizia fino a quando, non ricevendo nemmeno un suo messaggio di risposta come "non posso parlare ora""ti richiamo tra un attimo" come del resto Taehyung era solito fare, Jieun non fu costretta scorrere la sua rubrica del telefono fino a quando il nome di Jeon Jungkook non comparve nella lista dei suoi contatti.

Lungi da lei voler risentire di nuovo quella voce, Jieun comprese però che il risentimento nei confronti di quel ragazzo non poteva intralciare in alcun modo delle indagini così delicate o, peggio, aggravare una situazione già di per sè precaria ed instabile. Per questo motivo, anche se a fatica e dopo averci pensato per diversi minuti, il suo pollice finalmente premette sul tasto di avvio della chiamata. Anche in questo caso però, pur riprovando più e più volte, Jieun non ricevette alcuna risposta dal ragazzo dall'altro capi del telefono.

Alzando gli occhi verso un cielo terso, al contrario del proprio stato d'animo, fu solo in quel preciso istante che la giovane venne peró improvvisamente attraversata da una pessima sensazione che la costrinse, sempre in tutta fretta e con il cellulare all'orecchio, a salire su una delle volanti parcheggiate all'esterno della centrale senza chiedere alcun permesso e mettere in moto a tutta velocità e con le sirene accese nella direzione del Black Ink.

Ed ecco che, una volta ancora, le sue dita scorsero nuovamente sullo schermo luminoso del proprio cellulare, andando alla ricerca dell'unico numero che Jieun non aveva ancora osato provare a contattare. Servirono ben più di un paio di squilli per costringere la persona dall'altro capo del telefono a rispondere alla sua chiamata ma, fortunatamente, il solo sentire quella voce pacata dall'altro capo del telefono fece tirare a Jieun un enorme sospiro di sollievo.

— Jieun cosa c'è? Sai che oggi sono di pattug-, —

— Sto andando al Black Ink Nam, credo sia successo qualcosa, — interruppe le solite, per quanto giustificabili, lamentele del fratello perchè non voleva più sentirsi ripetere che era una bugiarda. Non gli avrebbe più nascosto nulla e, anche se ancora non lo aveva completamente perdonato per quello che le aveva urlato durante quel pomeriggio proprio davanti a Jungkook, Jieun aveva capito di non poter più continuare ad addossare a suo fratello le colpe di ogni suo errore, che fosse il tiro con un pallone contro la finestra di casa o che riguardasse le indagini in corso riguardo questo caso all'apparenza irrisolvibile.

— Per favore rimani dove sei, sto arrivando, — sentirlo implorarla di fermarsi fu davvero qualcosa che mai Jieun si sarebbe aspettata da un tipo sempre così austero e risoluto come Namjoon, non di certo in una situazione tanto delicata. Credeva che lui l'avrebbe semplicemente riempita di insulti quando invece, nel tono della sua voce, Jieun avrebbe potuto giurare di aver sentito solamente apprensione sincera.

— Troppo tardi fratellone, ci vediamo direttamente lì, — fu lei però la prima ad riattaccare il telefono, notando in lontananza un gran baccano davanti al sottoscala che conduceva proprio all'ingresso del Black Ink.

Spense le sirene solo una volta dopo essere scesa dall'auto, iniziando a correre verso quella stramaledetta rampa di scale che l'avrebbe condotta di nuovo in un posto in cui Jieun aveva più volte giurato di non voler più mettere piede. Si fece spazio tra la folla di curiosi che, sentendo evidentemente degli strani rumori, erano accorsi a vedere cosa stesse succedendo in quel singolare studio di tatuaggi.

Arrancò fino a quando, dopo essere arrivata in fondo a quella stretta scalinata, la ragazza non vide che la porta del Black Ink era stata sfondata a calci. Entrò quindi senza troppa fatica e subito il cuore le arrivò in gola quando la prima persona che vide al suo interno fu proprio Jimin steso a terra, inerme.

— Oddio Jimin, Jimin stai bene? — ripetè il suo nome più volte, inginocchiandosi accanto a lui solo per tirargli qualche sonoro schiaffo per cercare di farlo rinsavire prima dell'arrivo dell'ambulanza che, durante il suo tragitto, si era comunque già premurata di allertare.

— Credo di si, forse solo un paio di costole frattur- ahi! — le rispose il ragazzo dagli insoliti capelli biondi tutto ad un tratto, nel vano tentativo di assumere una posizione più consona ma con gli occhi ancora serrati per il dolore lancinante allo sterno, probabilmente compromesso a causa di alcune pesanti percosse.

— E Yoongi? —

— Non era di turno oggi, —

Grazie a dio, si ritrovò immediatamente a pensare Jieun nella propria testa, aiutando nel frattempo Jimin a sollevarsi e mettersi seduto contro il muro nell'attesa dell'arrivo dei soccorsi.

Si rialzò poi da terra, iniziando a camminare lungo quell'unico corridoio del negozio, messo interamente a soqquadro da chissà quale banda di criminali, solo per poter raggiungere la figura di Taehyung che, con la schiena e la testa appoggiate al muro, stava imprecando a voce troppo alta per poter essere ignorata a causa di una pesante ferita da arma da fuoco che aveva imbrattato di sangue la sua t-shirt bianca proprio in prossimità della spalla.

— Mio dio Tae, — si limitò ad esclamare lei, non potendogli saltare al collo proprio per colpa di quella profonda lesione ancora sanguinolenta.

— Jieun, — lo avvertì mormorare a bassa voce, come se solo invocare il suo nome avesse costituito uno sforzo enorme per lui.

— Shhh, stanno arrivando i soccorsi Tae, non preoccuparti, — lo informò immediatamente, inginocchiandoglisi accanto e spostando poi delicatamente una fastidiosa ciocca di capelli che pian piano stava scendendo su quegli occhi stanchi e doloranti, continuando a pregarlo di tenere duro e di zittirsi.

— Cosa ci fai qui? — ebbe il coraggio di domandare lui a quel punto, il tono seriamente allarmato nonostante fosse invece la sua ferita a costituire la principale fonte di preoccupazione della ragazza accanto a lui.

— Me lo sentivo che c'era qualcosa che non andava, ti prego però adesso non ti sforzare, — lo zittì nuovamente Jieun, premurandosi di poggiare delicatamente le sue labbra sulle sue solo per evitare che Taehyung tornasse a chiedere di lei quando tutto ciò che avrebbe dovuto fare era calmarsi e cercare di non perdere i sensi fino all'arrivo dei soccorsi.

— Jieun, Jungkook è-, — le mormorò con le poche forze che gli erano rimaste non appena avvertì le labbra di Jieun bagnarsi con alcune lacrime che inevitabilmente cominciarono a cadere copiose dai suoi occhi lucidi. Ma non dovette nemmeno concludere la frase: Jieun aveva capito al volo quali fossero gli ordini impartitele da colui che, dopotutto, rimaneva comunque un suo superiore.

Lo baciò ancora un paio di volte sulla fronte, giusto per tranquillizzarlo ed assicurarsi allo stesso tempo del suo stato di salute, per poi decidere di rimettersi in piedi e raggiungere a tentoni l'ultima porta in fondo al corridoio dello studio dove Jieun era sicura di riuscire a trovare proprio il giovane proprietario del Black Ink. Seduto sulla propria poltrona di pelle, per un attimo Jungkook le parve completamente inerme: la sua bocca era stata coperta da uno straccio sporco, entrambe le mani legate ai braccioli della sedia, la faccia presentava una serie di importanti lividi e una "V" era stata incisa con un coltellino sul suo polso destro.

— Jungkook, — lo chiamò a sé entrando a tentoni nello studio buio ed avanzando verso di lui facendosi largo tra tutti gli oggetti prima disposti così ordinatamente nella stanza, ora messa praticamente a ferro e fuoco da aguzzini ancora senza volto e senza nome.

— Qui non sei al sicuro Jieun, te ne devi andare, — le intimò lui immediatamente, non appena Jieun sciolse il nodo attorno alla sua bocca.

— Non sei nella posizione per dirmi quello che devo fare, — lo zittì invece lei, accarezzandogli con fare apprensivo il volto per concentrarsi sui lividi presenti sulle sue guance prima di passare a sciogliere i nodi che gli avevano impedito i movimenti delle braccia.

— Adesso fammi vedere quel polso, — ordinò poi, non sperando nemmeno in una risposta da parte sua che, al contrario, non mosse un dito, aspettando pazientemente che fossero le dita di Jieun a muoversi veloci su quella profonda V incisa sul suo polso dolorante.

— Non hai un kit di pronto soccorso? — chiese allora, più preoccupata che non arrabbiata, ma l'attonito silenzio di Jungkook le fornì la risposta che, in cuor suo, Jieun già sospettava, — Dio, dovresti essere arrestato solo perchè questo posto non è a norma, — mormorò confusa, portandosi poi entrambe le mani nei capelli.

Avrebbe voluto dirgli tutto quello che fino ad allora si era tenuta dentro ma, tornando ad osservare le sue condizioni con i propri occhi, Jieun si sentì debole e impotente, come costretta a desistere, mossa a metà tra pietà e sincero dispiacere.

— Perchè sei venuta qui? — fu quindi lui ad avanzare la propria richiesta di spiegazioni, essendo decisamente più cosciente che non Jimin o Taehyung, nonostante tutti i colpi che doveva aver incassato costretto a rimanere seduto e semi-cosciente su quella poltrona.

— Sentivo che c'era qualcosa che non andava, tutto qui, —

— Tutto qui? — commentò lui, riprendendo la sua ultima espressione e ripetendola in modo quasi canzonatorio, — Se non fossi arrivata tu con le sirene accese probabilmente ci avresti trovati molto peggio di così, — asserì in tono severo, limitandosi poi a dare qualche colpo di tosse che gli costò non poche fitte allo stomaco che, a giudicare dalla sue espressione, doveva essere più o meno nelle stesse condizioni del suo viso.

— Nel mio laboratorio abbiamo tanto spazio dopotutto, ma preferirei non ritrovarti su uno di quei lettini, —

Lasciò cadere così la frase, portandosi una mano contro le labbra e scostando momentaneamente il proprio sguardo limpido dal volto di lui che, al contrario, non aveva mai smesso di accarezzare la sua pelle. Non vi era stato alcun errore di pronuncia in quella timida proposizione, ma solo una volta dopo averla esplicitata Jieun si era rese conto di aver utilizzato delle espressioni quantomai "scomode" al singolare. Era davvero preoccupata per Jungkook? Non avrebbe dovuto nemmeno osare vagheggiare tanto, ma solo il pensiero e la costante angoscia di vederlo commettere qualcosa di estremamente stupido o, peggio, dover eseguire un'autopsia su di lui erano immagini sufficienti per farle rigettare tutto quello che era riuscita a mettere nello stomaco durante il corso di quella giornata infinita.

— Ehi, ehi, guardami, — vedendola piegarsi leggermente in avanti stringendosi il basso ventre con entrambe le mani Jungkook fu accanto a lei in un attimo, — Ci vuole più di qualche pugno ben assestato per mettermi in ginocchio non trovi? — le comunicò poi con quel suo solito fare baldanzoso, cercando allo stesso tempo di sorreggerla con il braccio non insanguinato, aiutandola poi a rimettersi in piedi con la dovuta premura.

Si scambiarono un'occhiata complice per la prima volta dopo anni e, nonostante il soqquadro e i dolori lancinanti allo sterno dell'uno e la folle paura dell'altra, i due si ritrovarono a sorridere di quella battuta innocente come se fossero stati i protagonisti colti in fallo davanti ad un bello scherzo. Un momento di distensione che non durò più di una manciata di istanti, il tempo necessario a Jieun per farle riprendere fiato e farsi più vicina al volto sofferente del ragazzo.

— Jungkook io-, — si schiarì la voce, ma decise di mantenere un tono volutamente basso per evitare che le sue parole si perpetrassero tra le pareti ed i muri dello studio, — Hanno trovato il corpo dell'uomo che ha cercato di aggredirmi quella sera fuori da tuo locale, —

Trovò così il coraggio per sollevare il proprio sguardo verso di lui, notando solo allora di quanto lui le si fosse fatto vicino ed il suo profumo fosse tornato ad inebriare prepotentemente i suoi sensi.

— Jieun ti giuro su dio che non-, —

— Lo so, ma ho paura che qualcuno, chiunque ti abbia fatto questo stia cercando di incastrarti, —

Pronunciò quelle parole tutto d'un fiato e, come se il suo corpo fosse stato controllato da una forza superiore a quella più logica e razionale del cervello, le sue mani si permisero di poggiarsi sulle ampie spalle di Jungkook per poi scendere, parola dopo parola, lungo quelle braccia più o meno tatuate, fino a raggiungere la ripugnante ferita a forma di V impressa come un marchio di fabbrica sul polso martoriato del ragazzo. Voltando le spalle alla porta d'ingresso dell'ufficio, Jieun allentò la presa sul polso di Jungkook solo per poter appoggiare la propria fronte sul petto di lui, rimanendo in tacito ascolto dei battiti del suo cuore, all'apparenza così tranquilli e rilassati da riuscire a placare anche i suoi.

In quell'unico momento di debolezza, Jieun non potè però rendersi conto del passaggio di Taehyung alle sue spalle, scortato da due infermieri verso l'uscita del locale su uno scomodo lettino, ed anche ogni intento del giovane figlio del procuratore di richiamare a sè l'attenzione della ragazza venne bloccato dalle inflessibili direttive di Seokjin. Il medico infatti si era catapultato sul luogo dell'incidente poco dopo l'arrivo di Jieun e lì si era immediatamente dato da fare per impartire le giuste direttive per aiutare a sgombrare il prima possibile l'area interessata e lasciare quindi spazio alle indagini. Senza aggiungere parole di troppo o inutili convenevoli, il medico della centrale di Seoul si era avvicinato a Jungkook, per appurare con i propri occhi la gravità del suo stato di salute.

— Portiamo anche questo giovanotto a fare un controllo, — ordinò Jin ad alta voce in direzione di altri due volontari che si fecero quindi a loro volta largo all'interno del piccolo studio per aiutare Jungkook ad accomodarsi su una branda che poi trascinarono fuori da quel locale completamente a soqquadro, lasciando ancora una volta Jieun in quell'ufficio buio e completamente in disordine.

Seokjin li seguì poco dopo, appoggiando la sua grande mano sulla spalla della ragazza e ringraziandola quindi a bassa voce per il suo tempestivo intervento, avendo intuito forse più di chiunque altro l'importanza di quel suo pronto, per quanto azzardato, soccorso. Il giovane medico proseguì così la sua camminata verso l'uscita dell'ufficio del proprietario di quello studio di tatuaggi solo per poter fornire nuove disposizioni al corpo di infermieri che era intervenuto in soccorso dei feriti sul luogo dell'accaduto. Ma proprio mentre stava per raggiungere l'ambulanza, Seokjin fu costretto ad indietreggiare nuovamente di qualche passo, bloccando l'ingresso del locale all'unica persona che, in quel momento, non sarebbe stata di alcun aiuto né a lui né a Jieun.

— Se non fosse arrivata lei avrei avuto tre cadaveri a cui badare in laboratorio oggi senza che nessuno potesse pagarmi gli straordinari, — disse in tono distaccato e particolarmente freddo non avendo alcuna paura di fissare il proprio interlocutore negli occhi, — Quindi Namjoon vedi di non fare scenate e ringrazia dio o in chiunque tu creda per l'intervento tempestivo di tua sorella, — lo intimò poi, prima di convincerlo con il solo movimento del capo ad allontanarsi dall'ingresso del Black Ink e lasciare che Jieun rimanesse da sola tra quelle pareti ormai impregnate di fumo, sangue, sudore e tante - forse fin troppe - lacrime.







 

a/n 

anneyeong haseyo! 👋🏻

ok questo capitolo è un casino, lo so. è solo che mi riesce difficile non provare ad inserire il subbuglio di sentimenti a cui sono in balia i personaggi quando scoprono questa o quell'altra cosa. quindi, per quanto io stia scrivendo in terza persona, non ho potuto fare a meno di provare ad immaginare cosa stia accadendo nella testa di jieun davanti a tutti questi fatti di cui, volente o nolente, è in parte vittima e protagonista.

la scoperta del cadavere di quell'uomo che l'ha aggredita, il fatto che non ci sia la V sul polso e che quindi fa presumere che possa addirittura essere stato jungkook. poi lei che non vorrebbe crederci, ma il suo istinto da detective non può fare a meno di pensarci.. e poi quello strano presentimento, la vista del suo ragazzo steso a terra con una pallottola a perforargli la spalla e un nuovo incontro con jungkook da cui, ancora una volta, sembra che sia jieun ad esserne uscita sconfitta. sconfitta da un sentimento che la porta a ragionare col cuore più che con la testa.

che conseguenze avrà tutto questo? eh, eh, eh, sto preparando (con molta, mooooltissima calma) i prossimi capitoli, quindi abbiate pazienza con me (e con questo dramma lol)

vi bacio, vi abbraccio e vi attendo alla prossima!

「bvb」

  
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