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Autore: rocchi68    08/07/2020    2 recensioni
Dawn era sempre stata una ragazza che, anche dinanzi alle difficoltà più disparate, affrontava il tutto con un sorriso e una dolcezza disarmante.
Una sera, però, si era ritrovata davanti a un’amara sorpresa.
Non aveva amiche, non aveva un posto in cui stare, era stata tradita dal proprio fidanzato nel momento di massimo splendore ed era frustrata da tutti quei fallimenti in rapida successione che potevano sancire la sua completa rovina.
Poteva spegnersi, cercare una scappatoia per la felicità oppure chiedere un ultimo disperato consiglio all’unica persona che mai l’aveva abbandonata.
Sempre che quest’ultimo fosse d’accordo…
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dawn, Duncan, Scott, Zoey | Coppie: Duncan/Gwen
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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La tensione si tagliava con il coltello. Erano dettagli. Solo quelli erano i colpevoli di quella mancata vittoria, anche se per molti arrivare tra gli ultimi tre poteva essere il premio di una vita.
Qualcuno era partito anche solo con il desiderio di non essere l’ultimo e confrontarsi con i migliori era l’essenza stessa di un vero barman.
“Mi spiace Ryan, ma la tua corsa termina qui.” Borbottò la giudice, fissando il ragazzone che aveva abbassato il capo.
“Che cosa ho sbagliato?”
“I tuoi colleghi hanno controllato la spremuta d’arancia con molta più attenzione, mentre a te è sfuggito un seme.”
“Tutto qui?”
“Non è uno sbaglio pesante e dovresti essere soddisfatto.” Lo consolò, stringendogli la mano.
“L’anno prossimo andrà meglio.”
“Questo è lo spirito giusto, ragazzino.” Lo canzonò Noah, inserendosi nella conversazione e ritrovandosi comunque a stringere la mano del terzo in classifica.
Ryan, raccolto il suo vassoio e appoggiato alla sua postazione, si avvicinò a Scott e Duncan, augurandogli buona fortuna. Gli ultimi due partecipanti e dipendenti del Pahkitew, si strinsero la mano in segno di rispetto reciproco e si scambiarono alcune battute.
“Te l’avevo detto che sarei arrivato in finale, Duncan.”
“La tua gara finisce qui, Scott.”
“Finisce qui solo perché siamo in finale.”
“Vincerò io, diventerò famoso e sarò il nuovo capo barman del Pahkitew.”
“Vedremo.” Ghignò il rosso, staccandosi e tornando alla sua postazione, mentre i giudici li fissavano divertiti.
Era questo il genere di clima che esigevano nelle competizioni.
Il rispetto reciproco, la stima e l’amicizia erano ingredienti speciali che miglioravano il gusto stesso dei cocktail.
“Credo sia la prima volta che abbiamo due barman dello stesso locale.” Riprese Ezekiel.
“Se non sbaglio, durante la 3° edizione, abbiamo avuto in finale quelli di Dwayne e Junior.” Obiettò la signora Kelly, mentre il collega si picchiettava sulle tempie per quella dimenticanza.
“In cosa consiste l’ultimo cocktail?” Chiese Noah, ponendo i suoi piedi sopra il tavolo e stiracchiandosi appena.
“Qui amici miei andiamo direttamente nella lontana Italia.” Borbottò Ezekiel con sguardo insolitamente nostalgico.
“In Italia?” Domandò Devin.
“È un cocktail abbastanza recente, dalla preparazione basilare ed è uno di quelli che apprezzo più volentieri per la sua delicatezza.”
“L’ultimo cocktail sarà…” Si frappose Carrie, creando la giusta suspense.
“Il Bellini.” Mormorò Ezekiel, facendo annuire i due barman rimasti.
 
Scott nel fare mente locale si accorse di quanto quel cocktail fosse nelle sue corde.
Quello oltre a essere uno dei suoi preferiti, gli rievocava una persona molto cara che era seduta sul suo divano, impegnata nel parlare con le amiche, ma preoccupata per le sorti del contest.
Dawn avrebbe tanto voluto essere presente, ma avrebbe fatto avanti indietro come un’indemoniata, disturbando i vari partecipanti e ricevendo alcuni rimproveri da Noah ed Ezekiel che poco tolleravano quei fastidi esterni.
Sarebbe stato inutile farla sedere vicino a loro con magari una bevanda da assaggiare con tutta calma: il nervosismo l’avrebbe spinta a fare un casino indescrivibile, tanto da costringere lo stesso Chef Hatchet a uscire per non unirsi a quella ridicola marcetta. Con quel Bellini, però, si sarebbe rasserenata e avrebbe incrociato lo sguardo di Scott che contraccambiava con un ghigno per manifestare la sua sicurezza.
Tornando a quella richiesta il capo barman del Pahkitew si era chiesto come fosse possibile che una coincidenza così insolita bussasse alla sua porta per regalargli il meritato milione.
Il Bellini era sì particolare, ma quanti erano così?
Il bicchiere non era così raro e nemmeno l’utilizzo del Prosecco era qualcosa di così ricercato. Vi erano almeno una ventina di preparazioni e di varianti che richiedevano quella nota alcolica, ma comunque Scott non trovava spiegazioni. Perfino Duncan si era voltato verso di lui, quasi a fargli capire che la fortuna aveva bussato con forza alla sua porta e che non aveva alibi per fallire. L’ingrediente segreto che rendeva unico il Bellini era la polpa di pesca bianca.
Pesca.
Era questo ciò che gli altri chiamavano karma o almeno così credeva. Lui conosceva così bene Dawn e sapeva quanto fosse fissata con quei frutti che non credeva di meritarsi quel regalo. Con precisione chirurgica iniziò a trattare quel cocktail e senza neanche accorgersene si ritrovò davanti al bancone della grande giuria con Duncan che giunse dopo quasi un minuto.
Lui si sentiva sicuro, ma ricordando la spavalderia di tanti prima di lui e di Topher in particolare e con lo sguardo glaciale di Ezekiel iniziò a vacillare.
Nemmeno all’esame di maturità, davanti alla bisbetica di letteratura, aveva avvertito tutta quella tensione che il giudice aveva richiamato attraverso la sua impassibilità.
“Tranquilli…la preparazione sembra eccellente.” Li rincuorò quasi sapesse cosa si provava a starsene sulla graticola in piedi davanti a ben cinque giudici e che anche un nonnulla poteva essere fatale.
“Signore…” Sussurrò Duncan.
“L’aspetto è perfetto.”                                                            
“Grazie.”
“Sono rimasti gli scavezzacolli del Pahkitew del maestro Chef.” Sorrise Ezekiel, lanciando un saluto verso il vecchio amico che osservava il tutto da molto lontano.
“Certo signore.” Annuì Scott, lanciando una fugace occhiata a Duncan che non aveva nemmeno aperto bocca per esprimersi.
“Proviamo il primo…quello del capo barman.” Soffiò il giudice, sorseggiando il cocktail e ritrovandosi inebriato da tanta dolcezza.
Ezekiel era pronto a giurare che aveva fatto centro, ma ne restava comunque un altro da assaggiare e non voleva precludere qualche possibilità al giovane Duncan solo per via del suo aspetto o per quel drink ineccepibile.
“E ora il secondo.” Borbottò dopo una trentina di secondi, prendendo il bicchiere e portandoselo alle labbra, iniziando quasi subito a riflettere.
Anche in questo caso il gusto era incredibile e soave. Non c’era nulla di sbagliato e una volta di più l’uomo fu costretto a fermarsi e a sollevare lo sguardo verso il soffitto, quasi non sapesse verso quale direzione pendere.
“I miei complimenti al vincitore, anche se il secondo non è tanto lontano.” Ammise, prendendo in mano i cocktail e fissandoli con attenzione.
“Un giorno il secondo potrebbe superare il primo e per questo consiglio al vincitore di continuare su questa strada.”
I due ragazzi annuirono convinti, mentre Ezekiel alzava entrambi i calici al cielo.
Dopo averli riportati alla sua altezza, ne appoggiò uno al banco e bevve l’intero contenuto dell’altro: sancendo la fine del contest. Il perdente abbassò la testa sconfitto, venendo rincuorato dall’amico che gli piazzò una manata sulla spalla. I loro occhi s’incrociarono e lo sconfitto si scrollò di dosso tutta l’ansia che aveva accumulato in quelle poche ore.
Aveva perso, questo era innegabile, ma se l’avessero preso due anni fa, lui sarebbe sicuramente arrivato ultimo. Si era impegnato, era cresciuto, aveva ottenuto un minimo di notorietà e la vita avrebbe potuto solo sorridergli.
“Se sei capo barman ci sarà un motivo.” Brontolò deluso il punk, stringendo la mano al collega che ghignò di rimando.
“Non fare quel muso lungo: usciamo da qui e andiamo a festeggiare.”
“Io…”
“Siamo amici Duncan e puoi tornare ad allenarti da domani.” Lo rincuorò, mentre i giudici si avvicinavano e porgevano loro gli assegni.
Tempo di chiamare anche Chef per avvicinarsi e si misero in posa per una foto che avrebbe occupato almeno una pagina del quotidiano locale.
 
Scott e Duncan, dopo aver posato per una ventina di minuti e aver rilasciato un’intervista ai giornali, si avviarono verso la macchina del primo.
Gli assegni erano al sicuro nelle tasche dei jeans, Chef era tornato al suo locale per attaccare il cartello di chiusura del prossimo week-end e le promesse dei giudici avevano fatto sorridere i due barman.
Presto sarebbero stati chiamati chi per l’intervista e chi per il libro da pubblicare.
Inoltre, prima di uscire, sia Scott che Duncan erano stati fermati da McLean che complice la figuraccia rimediata, cercava qualcuno che potesse ricostruire parte del suo Impero.
Se il rosso aveva nascosto il bigliettino da visita in una delle tasche interne del giubbino, Duncan lo aveva stracciato senza colpo ferire.
Saliti in auto, discussero sulle impressioni di quel contest, confessandosi tutti i timori di quelle ore.
Duncan confessò d’aver avuto una paura fottuta quando Noah lo aveva votato e credeva che fosse costretto all’eliminazione.
Invece qualcuno, usando della stupida uva bianca anziché rosé, aveva fatto molto peggio e lui si era salvato per un soffio. Bastava che quell’eccentrico giudice si fosse alzato la mattina con il piede ancora più storto e sarebbero stati in due ad abbandonare la postazione.
Continuarono a parlarne fino a quando non giunsero all’appartamento.
Arrivati nel parcheggio, riconobbero il macinino di Mike e si scambiarono un sorriso d’intesa.
“Gli facciamo uno scherzo?” Chiese Duncan.
“Non ti smentisci mai.”
“Sarà divertente.”
“Tu consideri tutto divertente.”
“Non dirmi che non vuoi vedere la faccia della tua Dawn quando gli dirai che sei arrivato ultimo.” Ghignò, pensando ai loro volti sbigottiti.
“Sarebbe bello.”
“La tua Dawn…eh Scott?”
“Che intendi dire?”
“Avanti amico mio: il succo alla pesca, il Bellini, Dawn a casa tua…non avrei nulla da dirti se tu fossi libero e facessi una qualche pazzia.”
“Non so di che parli.”
“Ti dà fastidio che Courtney sia sempre lontana e non sarebbe male se tu ammettessi che così non puoi continuare a vivere. Fossi in te, mi guarderei intorno, anche se non credo che tu abbia bisogno dei miei consigli…primo eliminato del torneo.”
“Esatto…secondo eliminato.” Replicò, facendolo sghignazzare.
Così come si erano messi d’accordo, salirono le scale e aprirono la porta dell’appartamento, adottando una faccia da funerale.
I loro amici gli andarono subito incontro, ma nel vederli in quello stato si erano come paralizzati.
“Com’è andata?” Domandò Mike.
“Insomma…” Borbottò Duncan.
“C’era un sacco di gente forte e abbiamo fatto del nostro meglio.”
“Avete perso?” Chiese Dawn, mentre abbassavano il capo demoralizzati.
“Cazzo quei giudici non capiscono nulla.” Brontolò Gwen, avvicinandosi al punk e appoggiandogli il braccio intorno alle spalle.
“Chef ha deciso di chiudere il locale…non si aspettava che facessimo una così pessima figura.” Ringhiò Duncan, facendo annuire il collega.
“Si può sapere come vi siete classificati?” Domandò Zoey.
“Siamo stati molto sfortunati.”
“Sfortunati?” Chiese la dark, guardando lo sguardo vitreo del punk.
“Sfortunati perché se foste stati presenti, avreste visto la nostra vittoria!” Urlò Scott, scoppiando con l’amico in una fragorosa risata ed estraendo gli assegni che avevano ricevuto.
“Che bastardi!” Commentò Mike, mimando un pugno verso la spalla sinistra di Duncan.
“Dovevate vedere le vostre facce.”
“Taci Duncan.”
“Eravate uno spasso, Zoey.” Ghignò il rosso, avviandosi verso il frigo e prendendo una bottiglia di Champagne.
Con quello che avevano passato, era giusto festeggiare per quell’inaspettata vittoria.
 
Duncan appena ricevuto il calice si sedette comodamente sul divano, venendo raggiunto ben presto anche da Gwen che si ritrovò abbracciata dal dark.
Nel sentire quel contatto si girò verso il punk che la fissò divertito.
“Ricordi Gwen? Mi avevi fatto una promessa.” Bisbigliò Duncan, mentre gli altri continuavano a brindare e a discutere.
“Io…”
“Mi avevi detto che se avessi ottenuto una buona posizione poi avresti fatto qualcosa di carino per me.”
“Perché ricordi tutto quello che viene  a tuo vantaggio?”
“Non mi hai fatto finire.” Brontolò, accarezzandole la schiena.
“Ma…”
“Mi piacerebbe uscire con te, ma questa sera ambisco a qualcosa in più.”
“Per buona posizione intendevo il primo posto.”
“Che crudeltà.” Commentò il punk che nel sentire quelle parole si era convinto di aver perso per la seconda volta in quella giornata.
La sua vita era sempre fatta così.
Quando arrivava ad un passo dal traguardo ecco che si accorgeva di qualche furbastro che l’aveva preceduto, oppure qualcuno lo squalificava e gli toglieva quella medaglia d’oro per cui si era tanto sbattuto nella mini-maratona dei 14 anni.
Con la scuola non era mai stato un primo vincente, nemmeno con gli sport era stato un chissà quale orgoglio, dato che veniva definito l’eterno secondo che si distrae a un passo dal successo, e con il lavoro era assai chiaro di non poter pretendere troppo. Dopotutto l’esperienza di Scott era più che lampante e non poteva colmare quei due anni di differenza come se niente fosse.
Gwen, però, doveva rappresentare la sua redenzione. Aveva sbagliato, non aveva mai centrato il suo vero obiettivo, ma quella ragazza che aveva fatto breccia nel suo cuore, che l’aveva trasformato da punk con pessime compagnie a punk dall’aspetto rude con il cuore d’oro sperava potesse alzargli il braccio per mostrare al mondo che anche un marcio può occupare il posto centrale del podio.
Per l’ennesima volta si era sbagliato e la rabbia provata per qualche fugace secondo, lasciò il posto alla delusione.
“Se non hai vinto, io non ti devo nulla.” Affermò divertita.
“Credevo non fossi interessata al denaro.” Si scaldò il punk, appoggiando i piedi sopra il tavolino colmo di riviste.
“Non l’ho mai detto.”
“Allora perché non vuoi uscire con me?”
“Perché meriti un premio migliore.” Sentenziò, fissandolo negli occhi.
“Quale?”
“Questo.” Borbottò, tirandolo a sé, mentre gli altri osservavano la scena con curiosità.
Scott nel vedere l’amico fraterno felice, preferì ignorarli, lasciandogli un momento d’intimità che si perse non appena furono costretti a tornare a casa.
 
Chiusa la porta e rimasti soli, Scott si accasciò sul divano con Dawn che aveva cacciato i suoi volumi sul pavimento. Nel spostare la sua attenzione sui vari elementi di quella casa, lei si era resa conto d’avere il suo sguardo addosso.
Scott, infatti, studiava le sue curve e la riempiva di complimenti abbastanza inconsueti. Tra il dialogo, le fatiche della giornata e il consiglio di Duncan si era autoconvinto che forse la sua relazione con Courtney non procedeva poi così bene. Nelle ultime settimane era uscito solo una volta in sua compagnia e anche in quel caso erano stati interrotti da un gruppo di giornalisti e di fan esagitati.
Nel vederla firmare autografi e scattare fotografie, lui se l’era svignata, lasciandola con un palmo di naso. I giornali riportarono nella settimana seguente la possibile crisi che li aveva colpiti e per una volta il giovane barman si ritrovò ad assentire su quella tormenta che li aveva presi di mira.
Perché avrebbe dovuto negare? Era vero che le cose con la sua cantante non procedevano bene. Per un verso erano i suoi impegni a pesargli, per un altro era il probabile flirt con un attore di Hollywood, per un altro giornale scandalistico era Trent il motivo per cui le cose non andavano bene.
Fin dal ritorno di Courtney, se non prima, aveva notato diversi particolari. Le gigantografie che la ritraevano uscire dalla stanza d’albergo del compagno di band in tarda serata, i suoi vestiti molto corti e alquanto piccanti, i sorrisi che si scambiavano quando si facevano fotografare insieme erano cose che Scott non riusciva a tollerare. Quella collaborazione di solo lavoro si era fatta molto più forte e se aggiungiamo che l’ultima storia seria di Trent risaliva a quasi due anni prima, ecco che i dubbi di Scott diventavano certezze.
Si sentiva preso in giro dalla sua ragazza, anche se lei aveva sempre negato il tutto, tirando fuori i discorsi di fotomontaggi, dichiarazioni riportate in modo sbagliato e altre balle che avrebbero potuto fregare qualche bambino delle elementari.
Scott non si era mai bevuto una sola parola di quelle frottole. E in quei momenti di appannamento era propenso solo a dimenticarsi di tutti quei problemi. Infatti, una volta rimasto solo con Dawn e dopo essersi riposato per qualche istante, si attaccò a lei e la fissò con desiderio.
Erano partiti dal punzecchiarsi senza sosta, per poi avventurarsi in una serie di carezze sempre più intime. Scott era passato dal sfiorare il suo viso, alla schiena e, quindi, ai fianchi per poi abbandonare i suoi intenti e fiondarsi sulle sue labbra. I primi baci furono abbastanza casti con entrambi che attingevano da quella fonte insperata di gioia.
Dopo alcuni minuti, senza preavviso, la prese in braccio e la portò nella sua stanza per travolgerla con la passione che provava. Adagiata sul letto, riprese a baciarla, facendola fremere. Dawn che, fino a quella sera era arrivata ancora illibata, si lasciò travolgere dal desiderio di volere Scott solo per sé.
Era solo per lui che aveva aspettato.
Durante le chiacchiere con alcune colleghe all’Università era venuta a sapere di non essersi persa nulla. Le più esperte affermavano che gli uomini erano tutti dei maiali e che se fossero potute tornare indietro, avrebbero regalato la loro verginità solo a qualcuno di veramente degno.
I bambini con cui si erano intrattenute, le avevano gettate via, rafforzando l’idea che tutto fosse stato un enorme sbaglio. Se perfino Beverly era rimasto con un palmo di naso, un motivo doveva pur esserci. Non aveva rinunciato al desiderio di diventare donna, ma voleva che quell’evoluzione fosse destinata a una persona in particolare.
Solo per lui era rimasta inflessibile e aveva resistito per tutto il tempo. Aveva aspettato a lungo. Aveva perfino denigrato uno dei più fighi del suo corso. Aveva rifiutato i tentativi disperati di Beverly, scontrandosi con le sue minacce se non avesse rispettato i suoi tempi.
Lei sentiva a pelle che farlo con lui o con chiunque altro della sua Università sarebbe stato solo un contentino. Ambiva ad altro e non voleva cedere la sua verginità al primo tizio che faceva grandinare dollari dal cielo o che aveva la reputazione dello sciupafemmine.
Il suo bene più prezioso doveva andare a vantaggio dell’uomo che amava e poco le importava che Scott non sapesse di quell’ansia. Non le importava di restare zitella e vergine a vita: lei voleva farsi toccare solo dal coinquilino.
E anche se era impegnato con quella cantante, a Dawn ciò non importava. Le bastava attingere alla fonte della felicità e affacciarsi al Paradiso anche solo una volta, per sapere d’aver vissuto al massimo e di non avere nulla di cui pentirsi.
Scott sarebbe sempre stato l’unico uomo della sua vita: sia che le cose volgessero per il meglio, sia che continuassero su quei binari infelici. Dawn lo tirò a sé e prese l’iniziativa, subendo poco dopo l’onda della passione del coinquilino.
Leggermente alticci per l’alcool che avevano consumato, si ritrovarono dopo un po’ stanchi, estasiati, nudi sul letto e felici di quel fuoco che li aveva animati. Era stato intenso, magnifico e avevano goduto a lungo di quell’amore che li aveva riempiti all’improvviso. Appoggiata la testa sul cuscino, Scott si ritrovò con il capo di Dawn sul suo petto, per poi stringerla a sé, richiudendo gli occhi e ripensando a quella meravigliosa serata.







Angolo autore:

Buonasera cari lettori.
Mi scuso per l'orario e forse ci saranno anche alcuni errorini, dato che l'ho riletto di fretta, ma spero che vi piaccia.

Ryuk: E come sempre ci piace rovinare tutto.

E mandare tutto in vacca.
Ma che ve lo dico a fare: questo sarà solo l'inizio dei problemi.
Immaginatevi una risata malvagia qualsiasi ed ecco la mia uscita di scena almeno per questo capitolo.
A presto!


P.S Per la scena "intima" potrei pensare di cambiare il "colore" della serie...anche perchè è la prima volta che descrivo una cosa simile. Voi cosa ne dite?
Anche perchè mi darebbe fastidio dover cambiare solo per un capitolo. Lascio a voi la sentenza
   
 
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