Film > Il gobbo di Notre Dame
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Autore: Angelica Cicatrice    09/07/2020    1 recensioni
Roxanne è sempre vissuta nella sua valle in miniatura, lontana da ogni pericolo e minaccia del mondo esterno. Il suo sogno è quello di poter conoscere ciò che si cela oltre la siepe di arbusti. Una vicenda terribile la porterà ad affrontare una grande impresa, ma da sola è così difficile e pericoloso. Per fortuna, o quasi, si ritroverà in una tribù di fauni selvaggi, e il loro capo Clopin Trouillefou, la aiuterà nella missione; trovare e fermare una mostruosa creatura che sta seminando il caos in tutto il territorio. Se amate la mitologia greca allora adorerete questo crossover tra i personaggi del gobbo di Notre Dame e le trame di intriganti leggende, con tanto di creature fantastiche.
Genere: Dark, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clopin, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over, Lemon | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                         La principessa di ferro

L’oscurità era così fitta che neanche il più piccolo raggio lunare riusciva a illuminare i sentieri tortuosi del bosco incantato. Il silenzio fu rotto dal suono di passi frettolosi, che man mano si facevano sempre più veloci…e una serie di respiri affannosi riempivano l’aria circostante. In mezzo alla nebbia Roxanne si faceva largo, correndo a perdifiato con una maschera di terrore dipinta in faccia. Qualche volta si voltava per guardarsi alle spalle, come se qualcuno, o qualcosa, la stesse inseguendo. A piedi nudi, con la veste color lilla che le svolazzava leggera e sinuosa, la fanciulla arrivò nei pressi di una barriera fatta di fogliame. Appena riuscì a superarla, si ritrovò in uno spazio ampio, e a qualche metro più avanti sorgeva una tenda color porpora. Senza ulteriori indugi, si intrufolò in quel piccolo rifugio fatto di veli e paletti. Qui dentro sono al sicuro, si ripeteva all’infinito, accucciata in un angolo stringendosi a se stessa. Sembrava che in quel posto regnasse la calma assoluta. La ragazza fece un respiro profondo e i lineamenti del suo viso si distesero. Forse quella “cosa” se ne era andata. Ma proprio quando il suo cuore stava riscoprendo un attimo di tregua, qualcosa lo fece accelerare di botto; un’ombra si era materializzata proprio dietro ai veli della tenda. Era alta, massiccia, sembrava descrivere la sagoma di un uomo possente e robusto. Ma c’era qualcosa che rendeva quella sagoma così insolita, e che fece tremare Roxanne; una testa ornata di corna. Un fauno? A quel pensiero, la ragazza si rannicchiò e cercò perfino di trattenere il respiro. Aveva così paura che per istinto serrò gli occhi e attese. A un certo punto, al suo orecchio arrivò uno strano suono. Un bisbiglio alquanto sinistro. Allora tornò a rivolgere lo sguardo davanti a sé, aspettandosi di rivedere l’inquietante ombra. Ma quest’ultima era sparita. Roxanne non sapeva più se stesse perdendo la percezione della realtà. Chi sei? Cosa vuoi da me? Chiedeva nel pensiero, ormai scossa da mille emozioni contrastanti. Ma la risposta tardava e l’ansia continuava a crescere. Poi, un nuovo suono la fece sobbalzare. Un belato, chiaro e distinto. Il calore dell’alito sulla pelle le fece girare di scatto la testa, e infine lo vide. La testa di una capra, nera come il carbone, incorniciata dal vello grigio e le corna ondulate che spuntavano ai lati. Gli occhi dell’animale, che le erano a pochi centimetri di distanza, si spalancarono; brillando come gemme dorate fissavano immobili la giovane sventurata. Non era affatto un fauno, ma quella “semplice” capra suscitava comunque una fastidiosa inquietudine. Roxanne avrebbe voluto scattare in piedi, fuggire il più lontano possibile, gridare fino a perdere la voce. Ma non ci riusciva. Per qualche strano e misterioso motivo le era impossibile muovere un solo muscolo. Era come…pietrificata. Poi accadde. La capra sbuffò minacciosa, emise un belato e mentre Roxanne capì cosa stava per accadere, fu troppo tardi. La bocca della bestia, un lupo travestito da agnello, si spalancò pronta a divorare la fanciulla, soffocando le sue grida di puro terrore. La bestia della pietra l’aveva catturata e mangiata in un sol boccone…

Pv Roxanne

- Nooooo! –
- Sorellona! Svegliati, sorellona! -.
Il buio che mi aveva trascinato pochi secondi prima si squarciò e finalmente vidi colori e forme ben distinte. Sulla mia guancia avvertì il musino umido di Morò, il mio piccolo cerbiatto. Appena incrociai i suoi occhioni neri e profondi rimasi imbambolata per un momento. Temetti per un attimo che quella belva avesse preso le sembianze del cucciolo, per ingannarmi, e che avrebbe di lì a poco spalancato nuovamente le fauci per divorarmi viva. Ma quando mi alzai dal giaciglio di cuscini per riprendere fiato, compresi che era stato tutto un sogno. Un terribile incubo, niente di più.
- Sorellona, stai bene? – fece la voce tenera e mansueta del cerbiatto. Mi girai verso di lui mentre mi passavo un braccio sulla fronte per asciugarmi dal sudore. Il piccolo Morò, il mio animaletto prezioso era accoccolato sui cuscini, con la zampa fasciata. Quel dettaglio mi fece tornare lucida e ricordai tutto. Eravamo in una tenda, nell’accampamento dei fauni, nel cuore del bosco incantato. Strano però, come quella realtà non mi diede la completa sicurezza, come ogni volta che ti risvegli, sollevato di essere sano e salvo. Avevo la sensazione che quell’incubo mi volesse mettere in guardia di un pericolo imminente. E non era la prima volta che mi capitava un cosa del genere.  
- Stai tranquillo, Morò, ho solo fatto un brutto sogno – spiegai al cerbiatto, sforzandomi di sorridere. Non volevo farlo preoccupare ulteriormente, dato che la situazione era già abbastanza complicata.
- Sarà perché non ho dormito bene stanotte. Tu come hai dormito? – gli chiesi cercando di sviare l’attenzione su di me e sull’incubo che avevo avuto. Non potevo raccontarglielo, lo avrei solo spaventato.
- Abbastanza bene – mi rispose – ma se ci sono riuscito è solo perché ero molto stanco-.                                                                Morò non aveva tutti i torti. In fondo il nostro viaggio si era rivelato più faticoso di quanto ci aspettassimo. Per non parlare dell’incontro inatteso con la tribù dei fauni. Troppe emozioni in così poco tempo. Ma nonostante tutto, volevo cercare di mostrarmi serena e tranquilla.
- Beh, in effetti, quando sono tornata qui, eri già addormentato come un sasso – dissi con aria ironica, accarezzandolo sulla testa e donandogli un bacio vicino all’orecchio. Morò mi rispose con una leccatina sulla guancia e sorrisi per poi tornare subito a fargli le coccole. Finalmente un momento spensierato solo nostro. Non ricordavo nemmeno più l’ultima volta che avevamo passato un momento felice. Ma purtroppo, ben presto entrambi tornammo alla realtà, esattamente quando il cerbiatto mi rivolse una domanda.  
- Sorellona, a questo punto, credi davvero che riusciremo ad arrivare al tempio delle ninfe? -.
Dopo un secondo di esitazione, allungai un sorriso e risposi con sicurezza:
- Non temere, ce la faremo. Inoltre, ho un piano -.
Nei minuti che seguirono gli spiegai brevemente, e con voce molto bassa, del patto stipulato la notte passata con Klopin. Il cerbiatto era rimasto esterrefatto, per poi drizzare le orecchie e spalancando gli occhioni neri. Anche in quelle circostanze appariva così adorabile.
- Ma, sorellona, hai raccontato una bugia! – fece Morò alzando di netto la voce. Con l’indice della mano gli feci segno di fare silenzio mentre lanciavo occhiate in giro, per poi ricordarmi che nessun’altro a parte me poteva sentire la sua voce. Che schiocca! Dovevo rilassarmi altrimenti mi sarei fatta prendere dall’ansia e dal nervosismo.
- Lo so - gli risposi infine - Ma tutti sono convinti che io sia una ninfa, e per questo Klopin ci ha promesso l’assoluta protezione. Dobbiamo approfittarne, perché è l’unico modo che abbiamo per superare la selva -.     
- E possiamo fidarci della sua parola? – mi chiese il cerbiatto, non tanto convinto della questione. Era una domanda che mi ero posta anche io.
- Non abbiamo altra scelta. Non dico che dobbiamo fidarci, ma per il momento non possiamo fare altrimenti. Comunque sia, staremo attenti alle loro mosse, fingeremo una disinvolta convivenza, e quando ci porteranno al limite del bosco saremo liberi di andare al tempio delle ninfe. E allora porteremo a termine la nostra missione -.
- E poi torneremo finalmente a casa – aggiunse lui, con tono dolce. Negli occhioni marcati dalle ciglia del cerbiatto intravidi un bagliore colmo di speranza, un luccichio che rendeva quelle onici tonde due specchi d’acqua malinconici, qualcosa ridestato da una snervante nostalgia. Senza dire altro, mi limitai ad abbracciarlo per il collo, strofinandogli il pelo con le mani per dargli conforto, e anche io sentì gli occhi riempirsi di lacrime. No, non potevo permettermi di piangere, dovevo essere forte per lui. E per me. Nonostante la paura e i sogni terribili che mi tormentavano, mi ero promessa che in presenza di Morò non avrei dato mai segni di cedimento. Poi, dopo aver sciolto l’abbraccio, Morò fece ruotare le orecchie e annusò l’aria.
- Qualcuno sta per farci visita – mi avvisò a bassa voce. Infatti, in meno di cinque secondi, i veli della tenda si aprirono e fecero il loro ingresso la capretta Djali e la bella ragazza dall’armatura di ferro.  

PV Esme

- Buongiorno -.
Appena entrai nella tenda vidi che la giovane ninfa era sveglia. Accanto a lei un piccolo e mansueto cerbiatto se ne stava rannicchiato sui cuscini. Doveva essere il suo animale di compagnia. La fanciulla fece un cenno col capo e timidamente mi rispose.
- Buongiorno, Esme -.
Nel frattempo la piccola Djali si era già accucciata vicino al cerbiatto, porgendogli con il muso un raspo d’uva bianca. Era la prima volta che vedevo la nostra “principessa” dividere con garbo la sua colazione con qualcun altro e che non fosse un suo simile. Djali, per via della sua giovane età, era sempre stata così timida con gli estranei.
- A quanto pare qualcuno ha già fatto amicizia – dissi mentre guardavo piacevolmente stupita quella scena. La ninfa dei boschi sorrise e le sue gote si accesero di rosso. Era molto graziosa. Non mi stupiva il fatto che in poco tempo era diventata l’argomento preferito tra le chiacchiere della tribù. 
- Come sta il tuo animaletto? – le chiesi mentre mi avvicinavo di qualche passo. I miei occhi si posarono sulla zampa fasciata del cerbiatto e non potei non sentirmi un po’ in colpa per la disavventura che avevano vissuto. Se ci fossi stata io a dare disposizioni a quella banda di caproni non sarebbe successo nulla.
- Va meglio, grazie – mi rispose lei, mentre era intenta nell’intrecciare i lunghi capelli scuri – Ma temo che non riesca ancora a reggersi sulle zampe – aggiunse infine con aria dispiaciuta.
- E’ comprensibile – dissi, mentre osservavo il cucciolo accettare i grappoli d’uva, mangiandoli avidamente. A quel punto pensai bene che anche la ninfa avesse bisogno di mettere qualcosa sotto i denti. Così le porsi una mano e la invitai a seguirmi fuori dalla tenda.
- Vieni con me -.
Era una mattinata piuttosto grigia, ma qualche raggio di sole lottava per farsi spazio tra le nuvole soffocanti. Poco serviva, ahimè. Infatti anche se fosse stata una giornata d’estate, non sarebbe cambiato nulla in quello spazio nascosto dalle fronde degli alberi, spesse come tettoie. Comunque, mentre Roxanne mi seguiva ubbidiente, ebbi l’impressione che non fosse completamente a suo agio. Dovevo ammettere che era una ninfa molto attraente, ma particolare… insomma, una tipetta poco loquace. Di solito le ninfe dei boschi erano di spirito e molto propense alla parola. Probabilmente era solo molto timida. Mentre la conducevo verso una tenda color indaco, dove conservavamo le nostre provviste, pensai a cosa dire per spezzare il silenzio.
- Come si chiama il tuo cerbiatto? – le chiesi, giusto poco dopo aver recuperato una cesta piena di frutta. Mele e pere. Era una vera fortuna che avessimo abbastanza cibo da sfamare perfino una tribù di centauri.  
- Morò – mi rispose semplicemente, poi scelse una mela rossa. Io afferrai una ciotola di legno.
- E’ molto carino. Lo hai cresciuto tu? -.
- Sì. E’ sempre stato con me – disse, mentre si affrettava nel seguirmi verso un recinto. Appena arrivammo, aprì la staccionata e mi avvicinai al gruppo di capre che mi aspettavano. Le poche che ci erano rimaste. Subito mi misi all’opera e dopo aver munto una di loro, porsi la ciotola piena alla ninfa.
- Tieni, devi avere molta sete – le dissi con voce amichevole. Roxanne accettò la ciotola e mi ringraziò. Appena assaggiò il contenuto, sul suo volto si dipinse un’espressione compiaciuta e sorpresa.   
- Ma è buonissimo! – esclamò e subito dopo svuotò tutta la ciotola. Sorrisi soddisfatta e notai con piacere che la mia idea di offrirle del buon latte di capra era servito a qualcosa. Mi sembrava più rilassata.
- Non ho mai assaggiato niente di così fresco. Insomma, è diverso dal latte delle pecore -.
- Pecore? – le feci eco mentre corrugavo le sopracciglia. Roxanne mi guardò con titubanza, come se non sapesse più cosa dirmi. In quell’istante mi venne in mente ciò che lo stesso Klopin mi aveva svelato la notte precedente. In sostanza, la ninfa dei boschi si era allontanata dalla casa paterna, esattamente dopo aver scoperto che l’uomo era rimasto colpito dalla maledizione della pietra. Riflettendoci bene, realizzai che suo padre doveva essere un pastore, questo spiegava quindi le pecore che lei stessa aveva nominato poco fa. Era ovvio che Roxanne avesse passato una brutta esperienza, e che provasse timore nel parlarmene. In fondo rimanevo pur sempre un’estranea e lei si trovava in un luogo sconosciuto, lontana dai suoi affetti  
- Roxanne, stai tranquilla – cominciai a dirle, con pazienza e calma – ricordati che adesso sei al sicuro. Qui nessuno ti farà del male -.
La ninfa alzò lo sguardò e con un mesto sorriso annuì. Eh no, non mi convinceva affatto quella reazione.
- Ascolta, capisco come ti senta in questo momento. Inoltre, Klopin mi ha già raccontato tutto, quindi non c’è bisogno che ti sforzi – le spiegai strizzando un occhio. Immediatamente la sua espressione mutò di colpo.
- Ehm…Cosa ti ha detto esattamente? – mi chiese, alquanto imbarazzata. Non capì il motivo di tale reazione, ma la trovai dolcemente divertente.
- Beh, della tua brutta esperienza ovviamente – risposi senza mezzi termini. E proprio nel momento in cui ebbi la sensazione che si fosse rilassata, (che poi, chissà quale insolita risposta si aspettasse) aggiunsi:
- E che in vita tua non hai mai avuto a che fare con i fauni -.
Nel vedere i bei occhi di Roxanne, verdi con le pagliuzze dorate, che si spalancavano mentre un lieve rossore si espanse sulla faccia, mi fece sorridere. Fui impulsiva e le presi una mano.
- Su, vieni con me – le dissi, per poi trascinandola via dal recinto delle capre.
- E-Esme! Aspetta, dove stiamo andando? – mi chiese lei, incapace di liberarsi dalla mia presa.
- Ti faccio vedere il resto del rifugio – affermai convinta – così conoscerai agli altri membri della tribù -.
Come avevo sospettato, la ninfa cominciò a obiettare su quella decisione. Forse la stavo mettendo in difficoltà, dato il suo carattere così riservato e timido, ma in realtà era per il suo bene. Roxanne avrebbe passato parecchio tempo con noi, in quella tribù composta maggiormente da uomini per metà bestie. Se non si fosse adattata subito nel modo giusto in quella comunità, non avrebbe resistito più di un altro minuto. Qualcuno doveva aiutarla ad affrontare quell’ostacolo e “socializzare”.
- Esme…aspetta un attimo…ti prego – faceva la ninfa, questa volta cercando con più fermezza di ribellarsi. Prima di proseguire, decisi di concedere una tregua alla mia ospite e mi fermai.
- Ascoltami bene, piccola ninfa – le dissi appena mi voltai verso di lei – lo so bene che hai ricevuto un benvenuto, diciamo non tanto ortodosso. Ma proprio per questo motivo devi affrontare la questione -.
A quelle parole, Roxanne rimase ammutolita, attenta a ciò che le stavo dicendo. Finalmente avevo la sua completa attenzione e quindi continuai col mio monologo.
- Comprendo che tutto ciò che stai vivendo sia nuovo per te. Ma siccome dovrai continuare il viaggio insieme a noi, insieme ai fauni, è meglio che tu sappia come comportarti per evitare disagi e situazioni poco gradevoli. Sei una ninfa, vero, ma proprio per questo devi farti rispettare -.
Roxanne rimase a bocca aperta, poi si ricompose e notai che era più calma, e pronta a farsi guidare da me. All’improvviso udimmo una voce maschile proprio alle nostre spalle:
- Ehilà, Esme! Sei bellissima stamattina -.
Era Geo, il solito caprone che ogni mattina usava quel complimento per salutarmi. Non che avessi qualcosa contro i complimenti, ma a volte esagerava e sapeva essere fastidioso. Avesse avuto un po’ più di fantasia, per lo meno. Ma grazie a lui mi venne in mente una bella idea.
- Su, seguimi. Ti mostrerò cosa fare – sussurrai alla ninfa – Non temere, qualsiasi cosa accada nessuno di loro ti toccherà. Se si permettono dovranno vedersela con me -.
Dopo averla rassicurata, Roxanne mi seguì senza alcun indugio. Intanto, le ancelle andavano e venivano per sbrigare le faccende, mentre gli “uomini” erano occupati a svolgere i loro compiti. Io e la mia ospite stavamo camminando lente in mezzo al rifugio, e accadde ciò che mi aspettavo. Come mosche attratte dal miele, alcuni fauni si avvicinarono, fermandosi a pochi centimetri da noi, ammirandoci e contemplando le nostre figure. Oh, per Ares, quanto potevano essere ridicoli!
- Buongiorno, Esme – mi salutò ammaliato un fauno con la pelliccia grigia e le corna nere.
- ‘Giorno Kiros. Non perdere tempo, vai a raccogliere la legna – gli ordinai con tono fermo e deciso.
- Splendida mattina, Esme. Anche tu sei splendida, come sempre – fece un secondo fauno, che cercò di avvicinarsi di più. Roxanne, giustamente intimorita, si fece più stretta a me.
- Risparmia le tue moine per le capre, Petro. Sbrigati a fare il tuo dovere – lo rimproverai, schioccando le dita davanti alla faccia per farlo ridestare dal suo patetico torpore. Intanto continuavo la mia passeggiata con Roxanne, donandole qualche occhiata d’intesa. E Infine arrivò Nestor, il mio ammiratore instancabile.
- Oh, Esme, eccoti finalmente. Sai, stanotte ti ho sognata, mia focosa amazzone -.
Con una mano gli afferrai quella faccia da ebete e lo spinsi indietro, per togliermi di dosso il suo alito.
- Chiudi quella boccaccia! Se ti becco a bere di nuovo a prima mattina, ti toserò quel culo da caprone. L’inverno senza pelliccia non è una cosa piacevole, sappilo – lo avvisai a voce alta e tonante.  
Con quella reazione anche il resto dei fauni si allontanò, capendo al volo che oramai ero di pessimo umore. Per loro non conveniva darmi altre ragioni per farmi arrabbiare. Salutai con piacere alcune ancelle, e dopo aver mostrato alla mia nuova amica tutto l’accampamento, ci ritrovammo davanti alla mia tenda personale.
- Visto? Se dimostri che non hai paura e di avere il pugno di ferro, impareranno presto anche loro – cominciai a dirle – Fagli capire che hai il pieno diritto di passare davanti a loro, senza che prendano le tue grazie come un invito e a trattarti col rispetto che meriti -.

Pv Roxanne

La bella guerriera mi donò un radioso sorriso per incoraggiarmi. Se qualche momento prima i dubbi mi avevano resa diffidente, specialmente per i suoi modi impulsivi, dovetti ricredermi. Esme, dalla prima volta che mi aveva rivolto la parola, era stata gentile con me, più di chiunque altro. Inoltre, dopo quella dimostrazione di controllo sui fauni, arrivai alla conclusione che fosse una donna molto in gamba, non solo bella. Aveva capito quale fosse il mio timore più grande in quella situazione e aveva agito solo e soltanto per aiutarmi. Dietro a quell’armatura di ferro si celava un animo forte e altruista. Forse sbagliavo a fidarmi, ma non potevo fare a meno di pensare che Esme fosse un modello da seguire. Feci un profondo respiro e tornai a rilassarmi. Ero rimasta tesa per tutto il tempo durante la nostra passeggiata.
- Grazie - le dissi semplicemente, sentendomi leggera e meno nervosa. Lei annuì, fiera come una guerriera vittoriosa.
- Figurati, mia cara. Comunque, oltre a tutto quello che ti ho detto, sappi che i nostri fauni non sono cattivi, sono solo un tantino impulsivi, e quando vedono una femmina non capiscono più nulla – specificò la giovane donna. Quelle ultime parole mi fecero tornare alla mente Klopin. Anche lui mi aveva detto una cosa del genere. Pensando allo stravagante capo fauno, mi accorsi che da quella mattina non si era ancora fatto vedere. Stavo quasi per chiedere ad Esme dove fosse finito, ma rinunciai subito. Non volevo che la ragazza si facesse strane idee. Ma una domanda mi uscì spontanea dalle labbra.
- Senti, Esme, posso chiederti una cosa? Ciò che hai fatto…ecco… è stato Klopin a chiedertelo? -.
Sinceramente non riuscivo a spiegarmi il motivo reale di quella domanda. Forse perché volevo capire davvero che tipo fosse Klopin. Era diventato il mio chiodo fisso.
- Assolutamente no – mi rispose lei, scuotendo la testa – è stata una mia iniziativa. Sai, penso che sia stato semplice solidarietà femminile. Tra donzelle bisogna darsi una mano -.
Nonostante quella rivelazione mi fece molto piacere, una parte di me era delusa. Perché mai mi sentivo in quel modo? Feci un cenno col capo e provai a scacciare via quei pensieri. Mi sentivo così stupida.
- A proposito di Klopin, c’è una cosa che devi sapere – riprese la parola Esme – Mi raccomando però, lui non deve sapere che te l’ho detto. E’ un tipo orgoglioso e si infurierebbe a morte -.
Senza temporeggiare promisi alla guerriera che sarebbe stato un nostro segreto, ed ero in ansia di sapere di cosa si trattasse. Mi sentivo quasi euforica. Esme mi mise un po’ sulle spine poi finalmente vuotò il sacco.
- Sai, in verità lui ha fatto molto di più per te – incominciò – Il vero motivo per cui ti ha invitata nella sua tenda ieri sera va oltre a quello che si potrebbe pensare. L’ha fatto per proteggerti. Vedi, secondo una regola della nostra tribù, quando il capo fauno invita una fanciulla nella sua tenda personale, diventa in seduta stante una sua protetta. Questo vuol dire che nessuno può permettersi di toccarti -.
In quel preciso istante tutto ciò che avevo pensato di quel luogo e di Klopin si stava annebbiando. Tutte le mie certezze e i miei dubbi si stavano sfaldando come bocche di leone smosse dal vento in primavera.
- Dici sul serio, Esme? – fu la mia domanda, ancora incredula a ciò che avevo da poco saputo.
- Certamente. E se hai ancora dubbi potrai chiederlo al diretto interessato, appena si riprenderà dalla sbronza notturna, ovvio – mi rispose lei, ridendo sotto ai baffi – Ammetto che ha molti difetti, ma Klopin è il miglior capo fauno che esista nei paraggi. E sia chiaro, non lo dico solo perché è mio fratello -.
- Cosa?! Klopin è tuo fratello?! – esplosi appena ricevetti quella bomba di novità. Chi l’avrebbe mai detto!
- Eh sì, per fortuna e sfortuna -.
Per tutti gli dei dell’Olimpo. E pensare che avevo dato per scontato che la bella guerriera e il fauno fossero amanti. Meno male che mi ero tenuta per me tutto, mi ero risparmiata una figuraccia colossale. Peccato però, era andata in fumo una buona carta da giocare per ricattare quel fauno malandrino. Si era fatto parecchio tardi ed Esme mi incitò a tornare alla mia tenda. Dovevamo prepararci per partire e non potevamo perdere altri minuti preziosi. Finalmente, pensai. Così salutai la guerriera e mi diressi verso la tenda. Non vedevo l’ora di mettermi in cammino. E magari avrei avuto modo di parlare anche con Klopin. A quel punto un pensiero mi fulmino la mente: e se provassi ad andare a trovarlo nella sua tenda?

Il tempo trascorse velocemente e tutto era ormai pronto per l’imminente viaggio. Le tende vennero smantellate e i recinti svuotati dal bestiame. Al suono di un corno tutti i fauni si riunirono, ognuno col proprio modesto bagaglio o per lo meno un piccolo fagotto che contenesse il minimo indispensabile. Klopin, il capo fauno, si era appena svegliato e finalmente si presentò ai suoi sottoposti che lo attendevano.
- Per la barba di Plutone, che dormita! – disse, ancora assonnato mentre traballava sugli zoccoli – Bene, siamo pronti per partire? -.
Solo allora il fauno si rese conto che c’era qualcosa fuori posto. Un silenzio imbarazzante regnava in mezzo all’accampamento e i fauni si scambiavano occhiate confuse. Nessuno di loro osò aprire bocca.
- Beh, cosa succede? – chiese il fauno dalla mantella violacea. All’improvviso, sua sorella Esme lo raggiunse correndo. Aveva un’espressione agitata e confusa sul bel volto ambrato.
- Klopin…è terribile! – esclamò facendosi largo tra la folla – Roxanne…la ninfa…è scomparsa! -            

Angolo dell'autrice
Rieccomi gente, dopo parecchio tempo di assenza ( e mi rendo conto di ciò, e mi dispiace ). Comunque meglio tardi che mai, e spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Questa volta ho voluto dare più spazio alla nostra Esmeralda in versione amazzone ( vi piace come personaggio? io la trovo fighissima <3 ). Di certo vi starete chiedendo che fine abbia fatto la " ninfa" Roxanne. Beh se volete saperlo non perdetevi il prossimo capitolo, ne vedremo delle belle ^^ <3 
 
   
 
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