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Autore: MissOphelia    10/07/2020    0 recensioni
Questa è una raccolta su alcuni personaggi della storia Omnia Mutantur.
Si tratta di capitoli in cui raccontiamo momenti della loro storia, precedenti, contemporanei o successivi alla narrazione principale. Se non avete ancora letto Omnia Mutantur, correte sul nostro profilo!
Genere: Fantasy, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Weasley, Fred Weasley Jr, Nuova generazione di streghe e maghi, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
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ADELINE

«Helen»
Adeline mormorò il nome della sua migliore amica, strofinandosi gli occhi e sollevando lentamente la testa dal cuscino. Cercò di mettere a fuoco l'ambiente circostante, costatando immediatamente che quella non fosse affatto la sua stanza. Volse lo sguardo verso il letto accanto al suo: era vuoto e sfatto. Fece mente locale, ricordando che il giorno precedente si fosse recata dalla Clark per trascorrere insieme le ultime settimane di Agosto prima dell'inizio del nuovo anno. Si alzò velocemente dal letto, dandosi una leggera sistemata ai capelli, dirigendosi poi verso il bagno. Dal piano terra provenivano degli schiamazzi; immaginò che fosse proprio Helen, forse con suo fratello.
"JACOB!"
I suoi occhi s'illuminarono al pensiero, mentre il suo cervello sembró non aver ancora concepito il fatto di trovarsi nella stessa casa con la sua secolare cotta. L'infatuazione per quel ragazzo era ormai nota a tutti, forse anche allo stesso soggetto in questione. Non forse, sicuramente. 
Purtroppo Adeline era così: genuina, cristallina. Non riusciva a nascondere i propri sentimenti, non poteva evitare che le guance divenissero rosse come due pomodori ogni volta lo incrociasse, o che lui le rivolgesse il saluto, oppure un semplice sorriso. Un semplice sorriso. Quando le labbra di lui si piegavano in quella smorfia era impossibile restare concentrata; sentiva gli ingranaggi del suo cervello bloccarsi, e qualche rotella slittare fuori posto; un giorno o l'altro il fumo le sarebbe uscito dalle orecchie, senza che fosse necessaria una Pozione Peperita mal preparata. Chiunque la osservasse dall'esterno avrebbe potuto giurare che Adeline fosse sotto l'effetto dell'Amortentia. 
La prima volta che si era resa conto di guardare Jacob Clark con occhi diversi era stata molto tempo prima: lei ed Helen dovevano aver avuto circa otto anni e solevano giocare insieme ai gemelli nel giardino di casa Weasley, mentre Jacob e Charlie erano soliti passare il loro tempo insieme, parlando, appassionatamente, delle nuove creature magiche che avevano occasione di studiare ad Hogwarts. 
Quel giorno i gemelli, come loro solito, avevano deciso di indire una gara, che consisteva nell'arrampicarsi sugli alberi quanto più velocemente possibile. Helen, Fred e George erano arrivati in cima, chi prima, chi dopo, mentre lei, dopo aver scalato alcuni centimetri, era caduta al suolo, slogandosi una caviglia. Aveva preso a piangere per il dolore, notando che una persona le si fosse avvicinata repentinamente: Jacob. 
Aveva cercato di asciugarsi le lacrime, per evitare di apparire debole, mentre lui le si faceva vicino.
«Ferma» le aveva detto, con un tono rassicurante, appoggiando la propria bacchetta a livello della caviglia stessa. «Ho imparato delle magie curative a scuola» aveva riso.
«Ti farà un po' male».
Ricordava ancora, a distanza di tanto tempo, il dolore che avesse provato; dolore che sembrava essersi alleviato alla vista di questo ragazzo, con i capelli castani un po' disordinati, che le sorrideva premurosamente.
«Sei stata proprio coraggiosa, potrebbero smistarti in Grifondoro» le aveva confessato, mentre le porgeva una mano per rimettersi in piedi. Adeline non avrebbe mai dimenticato la dolcezza e la prontezza con cui l'aveva soccorsa quel giorno.
Stava fissando, sorridendo come un'ebete, lo specchio posto proprio sopra il lavabo. 
Scosse la testa, cercando di tornare alla realtà, sciacquandosi il viso con il getto freddo.

Scese velocemente le scale che la condussero al piano terra. Sentiva le risate, di Helen e Jacob, colmare lo spazio circostante. Il suono della voce di lui le fece accelerare il battito, arrivando a sentire il cuore quasi fuori dal petto, sfuggito alla gabbia toracica. Prima di entrare in cucina, fece un grosso sospiro, cercando di calmarsi; non poteva fare la figura della ragazzina in preda agli sbalzi ormonali, era quasi una donna, ormai, una futura Auror. 
Entró e li vide intenti a gettarsi farina addosso, quella che, secondo Adeline, sarebbe dovuta servire a preparare i pancake. Ridevano animatamente, quasi non si accorsero della sua presenza, fino a quando lei non urló un: «BUONGIORNO» , sovrastando i loro schiamazzi. 
«Buongiorno Dell, hai dormito bene?» domandó Helen, andandole incontro. Annuí, sorridendo all'amica tutta sporca di farina, cercando di mantenerla a distanza, quando lei si appropinquó, provando ad abbracciarla. I suoi occhi si posarono poi sul primogenito Clark, intento a ripulirsi, passandosi una mano sulla maglia e sui pantaloncini. 
Lui non incrociò lo sguardo della mora; Adeline avrebbe osato dire che fosse imbarazzato. Improvvisamente la guardó, incurvando leggermente le labbra. Sentí il cuore nuovamente sfuggirle dal petto.
«Non dirlo a papá ok? Ci aiuterai a scampare ad un Avada Kedavra, Dell?» le chiese Jacob, ridendo.
Adeline sentì un fuoco ardere a livello delle sue guance.
«C-certo, saró una tomba!»
Lui le strizzó un occhio e a lei Adeline per poco non venne un mancamento. Quanto avrebbe voluto svegliarsi il giorno dopo senza quei sentimenti.

Nonostante quel giorno fosse stato particolarmente stancante, Adeline non riusciva a chiudere occhio. Aveva lo sguardo fisso al soffitto della camera di Helen, passando in rassegna tutti i bei momenti trascorsi con i suoi migliori amici durante quella stessa giornata. Si erano recati a Diagon Alley per acquistare nuovi gadget in vista della finale di Coppa del Mondo di Quidditch, che si sarebbe tenuta di lí a poco. 
Faceva davvero caldo quella notte, le lenzuola sembravano appiccicose, oltretutto sentendo la gola secca, necessitó di un bicchiere d'acqua fresca. 
Scese cautamente dal letto, aprendo la porta lentamente, cercando di non far rumore per non svegliare Helen, nonostante sapesse che neanche un'esplosione l'avrebbe destata dal sonno. Passó davanti alla porta della stanza di Jacob e si fermó a fissarla per qualche secondo, poi si avvicinó in punta di piedi. Appoggió un orecchio sulla stessa, cercando di captare un qualsiasi suono che provenisse dall'interno. Nulla. Sembrava fosse vuota. Si allontanó, iniziando a scendere le scale, fino al soggiorno, accostandosi al tavolo, dove il signor Clark era solito lasciare una bottiglia d'acqua. 
Bevve un bicchiere, poi, proprio mentre ne stava portando un altro alla bocca, vide una figura sollevarsi dal divano. 
Trattenne il respiro, impaurita. Era buio nella stanza; ad illuminarla solo la fievole luce della luna che si ergeva, piena, nel cielo privo di nuvole. Avrebbe voluto brandire la bacchetta, ma ricordò di non averla con sè. Il cuore iniziò a battere incessantemente e non sembrò essere incline a rallentare, neanche quando il soggetto si fu avvicinato, rivelando la propria identità.
«Jacob...» sussurró con voce rotta dalla paura, portando una mano al petto.
«Scusami Adeline -  sorrise - Ti ho spaventata? Perdonami, non volevo, solo che non riesco a dormire» riveló lui, improvvisamente, versandosi un bicchiere d'acqua a sua volta.
Adeline non riuscì a proferire parola, soprattutto rendendosi conto che il ragazzo fosse a petto nudo. Aveva distolto lo sguardo dalle linee dei suoi perfetti muscoli da domatore di draghi, sentendo l'imbarazzo non azzardarsi a diminuire. Era sicura che le guance le fossero divenute, ancora una volta, dello stesso colore dei capelli dei Weasley. 
«Anche io» ribattè lei. «Anche io non riesco a dormire» puntualizzó.
Stava sudando, e il motivo non era l'afa asfissiante di quella notte d'Agosto.
«Sono sceso di sotto per cambiare aria, poi ho provato a guardare le stelle dalla finestra» inizió il ragazzo, sorseggiando altra acqua poco dopo. «I babbani dicono che questa sia la notte delle stelle cadenti, ma io non ho visto nulla» ammise, un po' deluso.
«Forse non hai osservato attentamente» azzardó Adeline, incrociando lo sguardo di lui. Ne riusciva a riconoscere i contorni del viso, nonostante fosse completamente scuro, per le tante volte in cui era rimasta a fissarlo.
I suoi occhi brillavano nel buio, e lui parve sorridere. 
«T-ti va una partita a scacchi?» 
Non seppe come le fosse venuta in mente un'idea così poco originale, ma le serviva un modo per interrompere quel silenzio.
«A quest'ora?» chiese lui, divertito.
«Dicono che giocare a scacchi, di notte, stimoli la mente» rispose lei, fingendosi sicura di cosa stesse dicendo. In realtà non lo era affatto.
«E chi lo dice?» domandó il ragazzo, stuzzicandola.
«Helen» mentí lei.
«Ah si certo, immagino allora» rise Jacob, forse troppo forte.
«E anche la professoressa McGrannit» aggiunse lei, controbattendo poi: «H-Helen mi ha detto di averti battuto nove volte, un giorno...Temi la sconfitta?»
«Che sorella ingrata a rivelare queste cose» si lamentó lui con una certa ilarità. «Bene, giochiamo allora! Ma questa volta, mia cara Dell, saró davvero spietato».
Adeline rivolse nuovamente lo sguardo al ragazzo, stupita e contemporaneamente divertita. Non si aspettava avrebbe accettato per davvero.

 

   
 
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