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Autore: Emmastory    10/07/2020    4 recensioni
Muovendosi lentamente, anche ad Eltaria il tempo ha continuato a scorrere, dettando legge nella selva, al villaggio e nelle vite dei suoi abitanti. Il freddo inverno ha fatto visita a sua volta, e solo pochi giorni dopo un lieto evento che cambierà le loro vite per sempre, in modi che solo il futuro potrà rivelare, la giovane fata Kaleia e Christopher, suo amato protettore, si preparano ad affrontare mano nella mano il resto della loro esistenza insieme, costellata per loro fortuna di visi amici in una comunità fiorente. Ad ogni modo, luci e ombre si impegnano in una lotta costante, mentre eventi inaspettati attendono un'occasione, sperando di poter dar vita, voce e volto al vero e proprio rovescio di una sempre aurea medaglia. Si può riscrivere il proprio destino? Cosa accadrà? Addentratevi di nuovo nella foresta, camminate assieme ai protagonisti e seguiteli in un nuovo viaggio fatto di novità, cambiamenti, e coraggiose scelte.
(Seguito di: Luce e ombra: Il Giardino segreto di Eltaria
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Luce e ombra'
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Luce-e-ombra-IV-mod
 
 
 
Capitolo VII 
 
Parole non dette e messaggi nascosti 
 
Era successo. Non riuscivo ancora a crederci, eppure era successo. Avevo aspettato, addirittura pregato perché accadesse, e finalmente, eccola. Appena fuori da casa mia, nella piazza principale della bella Eltaria, ancora seduta nella carrozza creata grazie alla magia della mia amica ninfa, mia sorella. Sky, la mia unica confidente nei nostri tempi di giovani pixie, quando la vita con Eliza, la donna che ormai consideravamo nostra madre anche se adottiva, e nonostante il sangue non ci legasse, sembrava un sogno. Finalmente le notti passate in bianco a pensare e a preoccuparmi per lei avevano acquistato un senso, le mie preghiere erano state ascoltate e i miei sforzi ripagati. Non proferendo parola, fui vicina a strofinarmi gli occhi per l’incredulità, ritrovandomi costretta a farlo quando una singola lacrima minacciò di rotolarmi lungo la guancia e rigarmi il volto, e poi, sempre senza fiato, la vidi. Era tranquilla, silenziosa, avrei perfino osato dire felice, e nonostante fosse troppo lontana perché potessi affermarlo in sicurezza, sorrideva. Dopo mesi trascorsi fra le lacrime, quella figlia dell’aria sorrideva davvero, per la prima volta in tutto quel tempo il suo sorriso raggiungeva anche gli occhi, e a riprova della sua calma, che avrei definito mostruosa ma non per questo tale da spaventarmi, anche il vento che spirava aveva taciuto. “Sky!” chiamai, contentissima. “Kaleia! Grazie al cielo, stai ancora bene!” replicò lei, rispondendo a quella sorta di richiamo e voltandosi subito a guardarmi negli occhi. “Come?” azzardai, confusa. Alle mie parole, nessuna risposta, salvo una sua corsa a perdifiato verso di me, che culminò con un abbraccio al quale non osai sottrarmi. “Stai ancora bene, per fortuna, stai ancora bene.” Ripeté poco dopo, parlando più con sé stessa che con me. Da allora in poi, di nuovo quiete, e chiudendoci entrambe nel silenzio, quel contatto ci tenne unite per lunghi, lunghissimi secondi. Ancora in piedi e al mio fianco, Christopher non osò interferire. Era preoccupato, quella notizia doveva averlo sconvolto proprio come aveva fatto con me, e lo sapevo bene, ma allo stesso tempo, anche e in special modo in quel frangente, lui non faceva che rispettare i miei spazi. Non mi sarei mai stancata di ripeterlo, ma se la realtà nascosta dietro ai miei sentimenti mi aveva insegnato qualcosa, quella era che l’amore era davvero ovunque, perfino negli astri che non avevo fatto altro che guardare nell’attesa di vedere nascere i miei bambini, o dati il momento e la situazione, in quel contatto profondo e c‘era da dirlo, fraterno. “Cosa? Sky, mi spiace, ma non capisco. Spiegati.” La pregai, più confusa di prima. La conoscevo, sapevo che eravamo state lontane per lungo tempo, un tempo che ormai avevo perfino smesso di quantificare, ma colta alla sprovvista, attesi di ricevere lumi. “Non ti ricordi? È stata colpa mia! Qui come a Primedia il vento ha soffiato per giorni, se non addirittura mesi, mi dispiace così tanto!” improvvise e piene di tristezza, le sue parole mi colpirono come una freccia scagliata verso un bersaglio da un abile arciere, e all’improvviso, ricordai. Il dolore derivante dalla rottura con Noah era stato frutto di un malinteso, ed era vero, ma ciò non toglieva che fosse comunque tale, e crescendo fino a diventare incalcolabile, aveva finito per sfogarsi in quel modo. Triste e addolorata, Sky non cercava che una valvola di sfogo in quei momenti, un modo come un altro per calmarsi o perlomeno provarci, staccare la spina e dimenticare. Era quella la ragione per cui si era come barricata nella sua stanza, e sempre quello il motivo per cui il mio sogno quella notte era stato chiaro. La camera in cui dormiva era un vero sfacelo, nostra madre aveva bisogno d’aiuto, e in pena per entrambe, non avevo certo esitato. Ci erano voluti più tentativi, forse addirittura troppi, e dopo un’iniziale ma comprensibile resistenza, ce l’aveva fatta. Solo ora riconosceva il suo errore, ricordava quanto i boschi avessero sofferto insieme a lei, e pentita, si scusava. Con la natura stessa certo, ma prima con me, come fata e sorella. Fermandomi a pensare, rimembrai a mia volta quei tempi e tutto il malessere della selva, le grida di dolore degli alberi, le cui fronde venivano mosse costantemente e senza la gentile grazia che era solita accarezzare foglie e fili d’erba. “Sky...” sussurrai al suo indirizzo, tenendo la voce bassa così che solo lei potesse udirmi. “Sta tranquilla, non è niente, sta tranquilla. È tutto passato, e in più è come hai detto, sto bene, adesso.” Lievi e vere al tempo stesso, parole che pronunciai con calma, rubando il mestiere di mio marito con gli occhi e sperando che riuscisse a calmarsi. Paziente, attesi che il suo respiro tornasse a farsi più regolare, e non aggiungendo altro, l‘abbracciai ancora. Rimasto in disparte fino a quel momento, Christopher si unì a quella forte stretta, mentre, muto e immobile, Cosmo restava a guardarci. “Perché siete tristi?” sembrò azzardare con un lieve uggiolio, ignaro di tutto. In breve, il tempo riprese a scorrere, e quando finalmente ci staccammo, gli concessi una sola occhiata, sospirando stancamente. Trattenendo a stento una piccola risata, alzai gli occhi al cielo, poi parlai. “Beata innocenza, cucciolo, beata innocenza.” Contrariamente al discorso fatto a Sky, questo era stato più semplice, e osavo nel dirlo, comprensibile per il mio amico Arylu, che a sei mesi credeva ancora che ogni cosa a questo mondo fosse un giocattolo, a volte perfino la sua stessa coda. Confuso, il cagnetto piegò la testa di lato, e non sapendo cosa pensare, la scosse. In un solo istante, un insetto attirò la sua attenzione saltellando nell’erba fino a trovare un posto caldo e sicuro nel suo pelo, e riuscendo a notarlo ancora prima di lui, ridacchiai di nuovo. Irritato, prese a grattarsi muovendo freneticamente una zampa posteriore, e in quel mentre, una sorta di piccola tempesta si agitò attorno a lui. “Che sta facendo?” azzardò Sky, incuriosita mentre asciugava con un fazzoletto le poche lacrime appena versate. “Si gratta, non vedi?” intervenne Christopher, divertito quanto lei. “Questo lo so, genio, parlavo di ciò che ha intorno.” Precisò poco dopo lei, tutt’altro che impressionata da quella che voleva essere una battuta. “Va bene, sorellona, ti presento Cosmo. Il nostro globo di neve personale.” Spiegai, tranquilla e divertita, nonché ancora sorridente per il suo buffo modo di fare. “Globo... aspetta, cosa?” non potè evitare d chiedere mia sorella, ora improvvisamente nervosa oltre che senza parole. “L’abbiamo trovato nel bosco circa quattro mesi fa. Il suo pelo non ha soltanto un bel colore, ma siete anche simili.” Continuai, sempre sfoggiando un debole sorriso nel prenderla in giro. Essere cattiva era l’ultimo dei miei desideri, ma dovevo ammettere che a volte prenderla in giro era davvero troppo divertente, e in più la consideravo una sorta di rivincita contro le finte angherie che per mano sua subivo da bambina. Mai nulla di troppo serio, solo farmi sparire giocattoli, pupazzi o libri e tirarmi i capelli, ma nonostante tutto, inclusa la rabbia che provavo e le lacrime che versavo nel confessare tutto ad Eliza, o come diceva Sky, a fare la spia, momenti d’infanzia che non sarebbero tornati indietro né avrei mai dimenticato, custodendoli gelosamente come preziosi tesori. “Avete gli stessi poteri. Tu controlli il vento, lui il freddo e il ghiaccio, è così difficile da capire?” in quel momento fu Christopher a parlare, già stanco del nostro battibeccare e deciso ad alleggerire di nuovo l’atmosfera fattasi pesante. “No, e ti ringrazio della spiegazione, custode.” Si limitò a rispondergli Sky, stringendo i denti per evitare di esagerare e dire qualcosa di cui pesto si sarebbe pentita. “E a proposito, cos’altro mi sono persa mentre non ero qui?” azzardò poco dopo, spinta dalla curiosità. “Moltissime cose, cara. Su, vieni e ti mostreremo tutto.” Ancora una volta, Christopher riprese la parola, e offrendo a mia sorella una mano amica, sperai che accettasse. Già lontana, Aster era sparita dalla nostra vista subito dopo averla accompagnata qui ad Eltaria, ma in totale onestà avrei preferito che fosse rimasta. Per quanto ne sapevo, le sue sorelle attendevano il suo ritorno alla grotta con impazienza, e malgrado non ne conoscessi il motivo, preferii non indagare. Lenta, mi incamminai verso casa con Christopher al seguito, mentre Cosmo, ora distratto da qualcos’altro, forse una timida farfalla, un pauroso uccellino, o chi poteva dirlo, forse un altro insetto, ci arrancava accanto. Divertendomi alle sue spalle, mi voltai per richiamarlo, e deciso, il cucciolo drizzò subito le orecchie, accelerando il passo. In breve, varcammo tutti e quattro la soglia di casa, e muta come un pesce, Sky non fece che guardarsi intorno. “Però, bel posto.” Commentò soltanto, positivamente impressionata. “Ti ringrazio. Pensa, prenderla è stato un vero affare. Se non fosse stato per Aster, chissà dove vivremmo, ora.” Raccontai, sorridendo a quel ricordo, unito alla grandissima gentilezza della nostra amica ninfa. “Intendi la donna pianta?” chiese lei, non riuscendo ancora a dare un nome al suo volto. “Esatto, anche se credo preferisca il termine ninfa, Sky.” Corresse gentilmente Christopher, fermandosi per un attimo accanto a lei prima di riprendere a camminare. “Buono a sapersi, Chris. Almeno ora so di cosa si tratta, oltre che di chi.” Replicò in fretta lei, grata di quella sorta di consiglio. “Nient’altro? Soltanto un salotto, una cucina e... basta?” tentò dopo una pausa di silenzio, ancora spaesata dal nuovo ambiente. “No, ma solo perché non hai visto la nostra stanza.” Mi affrettai a risponderle, sentendo il cuore perdere un battito. Stando ai mei ricordi, i bambini erano ancora un mistero per lei, così, emozionata come una bambina, le afferrai un polso. “Vieni, devi vedere una cosa.” Dichiarai, decisa. “Una sola, amore? Perché non entrambe?” intervenne allora Christopher, quasi leggendomi nel pensiero. “Hai ragione!” gli risposi, alzando la voce di alcune ottave e non badando al tono che utilizzai nel parlare. Annuendo lentamente, parlai con me stessa, e attraversato il corridoio, aprii la porta. “Non noti nulla?” le chiesi, scostandomi perché potesse entrare a sua volta. Stanca di aspettare, andai dritta al punto, e senza dire altro, aspettai e sperai che capisse. Di lì a poco, il silenzio cadde attorno a noi, e dopo quella che ad entrambi parve un’eternità, Sky riprese la parola. “No, eccetto forse... le lampade accanto al letto?” provò, incerta e dubbiosa al riguardo. Non sapendo cosa dire, seguii il suo sguardo, e scambiandomi con Christopher una rapida occhiata d’intesa, per poco non scoppiai a ridere. “Sky, se... se ti dicessi che non sono lampade?” azzardai, immensamente divertita. “Direi che avete un certo gusto nell’arredamento, piantina.” Rispose lei, dando voce a uno scherzo tinto di sarcasmo. “D’accordo, figlia dell’aria, perché non ti avvicini?” replicai, fingendo rabbia realmente non provata e ridacchiando sotto baffi immaginari. Stringendosi nelle spalle, Sky si limitò ad annuire, e fatti pochi passi, rimase a bocca aperta. “Capito, adesso, regina dei venti?” azzardò Christopher, stando al mio gioco e divertendosi a sua volta. “Un momento, volete dire che...” balbettò, confusa come non mai. “Esatto, Sky. Questi sono i tuoi nipoti, Darius e Delia.” Risposi, sorridendo dolcemente e avvicinandomi piano ai loro piccoli nidi. Nel farlo, sfiorai le catenine d’oro che le tenevano chiuse, e in un istante, entrambi parvero animarsi. Felici, mi svolazzarono intorno come le adorabili lucciole a cui assomigliavano, e sorridendo ancora, lasciai che Delia, la più grande, mi si posasse appena sulla mano. Muovendomi lentamente, la sollevai perché Sky potesse vederla meglio, ed emozionata come e più di prima, ripresi la parola. “Saluta la zia, tesoro.” Dissi appena, nella speranza che la minuscola pixie potesse sentirmi. Fu questione di soli attimi, e ingenua e tenera come al solito, Delia iniziò ad agitarsi e a brillare di una luce tutta sua, che ancora aveva il colore del mio elemento. Poco dopo, anche Darius apparve curioso, e imitando la sorellina, si agitò come lei, brillando a sua volta. “Anche tu, campione. Visto chi c’è? Zia Sky.” Gli sussurrò Christopher, orgoglioso. A quella scena, per poco non piansi, mentre mia sorella, stoica e silenziosa, si limitava a osservarli senza fare commenti. “Tutto qui? Nove mesi per dar vita a una pallina?” appena qualche secondo dopo, eccolo, il suo personale punto di vista di fronte al quale risi di tutto cuore. “Sky, avanti! Sono due, li hai visti benissimo! E poi non saranno piccoli così per sempre, sai?” non potei non risponderle, difendendo con quelle parole i due bimbi che da poco avevo messo al mondo. “Lo spero per loro, signora dei boschi. In fondo a tutti tocca crescere, prima o poi.” Sincera eppure fredda come il suo carattere, un’osservazione piena di verità, che ascoltai senza interrompere e annuendo con convinzione. Ad essere sincera non sapevo se parlasse in generale, se si riferisse ai suoi trascorsi dopo la scomparsa dalle nostre vite dei nostri veri genitori o si stesse rifacendo al passato di entrambe, ma qualcosa mi portava ad avvalorare di più la seconda delle tre ipotesi. Non osando biasimarla, mi ridussi al silenzio, e all’improvviso, il canto di un uccello mi riportò alla realtà. Voltandomi, scrutai il cielo nel guardarlo volare, e solo allora, capii che al mattino si era sostituito il pomeriggio. In altri termini, non mancava molto all’imbrunire, e invitando Sky a restare anche per cena, tornai con lei e Christopher in salotto, così che una normale conversazione la distraesse da pensieri tanto cupi. Sempre in silenzio, lei ci seguì senza obiettare, e poco prima che potesse sedersi, qualcosa attirò la mia attenzione. Scura e all’apparenza informe, una palla di pelo acciambellata su uno dei cuscini del divano, che mi assicurai di allontanare con un gesto della mano. “Willow, scendi subito.” Le dissi, seria. “Tranquilla, Kia, non è un fastidio, anzi.” Rispose Sky, tutt’altro che impressionata dalla presenza della gatta al suo fianco. “Meglio, se così fosse basterebbe dirlo.” La rassicurai, tranquilla. Calma come al solito, Willow non si mosse di un millimetro, e del tutto rilassata, riempì il silenzio con una composizione tutta sua, fatta di fusa e miagolii sommessi. “Nessun problema, Kia, davvero.” Insistette, stirando le labbra in un debole sorriso e regalandole anche qualche carezza. Spinto dalla curiosità, anche Cosmo le si avvicinò, e fatti pochi passi, si sedette sul tappeto. “Ciao, io sono Cosmo, e tu?” parve volerle dire, presentandosi. Fermandosi a guardarlo, Sky non disse nulla, e tornando ad accarezzare la gatta, sentì le sue unghie affondarle dolcemente nel grembo. “Ti vedo, cosetto.” Disse poi, riferendosi al nostro caro Arylu. Tranquillo, il diretto interessato agitò la coda, e silenzioso, quasi le sorrise, tirando lentamente fuori la lingua colorata “Carino, vero? È anche obbediente.” Commentai, orgogliosa di lui e dei progressi nella sua educazione. “Ti credo, sorellina.” Rispose appena, ancora completamente concentrata sulla gatta. Interdetta, non aggiunsi altro, e dando un altro sguardo all’orologio appeso al muro dopo una lunga pausa di silenzio e riflessione su come rompere nuovamente il ghiaccio, scoprii che era arrivata l’ora di cenare. Ignorando così una strana sensazione di freddo, forse causa dei suoi poteri o di quel silenzio così innaturale, preparai da mangiare per tutto, restando per quella sera sul semplice e optando per della normalissima carne. In breve, consumammo il pasto senza parlare né discutere, e prima che potessi proporre una qualunque distrazione, come un gioco di carte recentemente insegnatomi da Chris, vidi Sky irrigidirsi e sbiancare fino a diventare pallida come un cencio. Preoccupata, mi avvicinai per aiutarla, ma sfuggendo dal mio sguardo, sicura che quest’ultimo non potesse inseguirla, di colpo sembrò diventare un’altra persona. Volendo dare il suo contributo, Cosmo tornò da lei, ricevendo però un secco rifiuto. “Sta lontano da me, cagnetto pulcioso.” Gli intimò, stizzita. Spaventato, il nostro Arylu indietreggiò guaendo, e zampettando in fretta verso la sua cuccia, si nascose al suo interno, tremando come una foglia. “Sky, va tutto bene?” non potei evitare di chiedere, già in pena per lei. “S-Sì, Kia, scusa, ho solo... solo bisogno di dormire.” Rispose a fatica, come scossa da qualcosa che ancora non capivo. Memore dei suoi problemi, ripensai al trambusto causato nella sua vita dalla sola presenza di Eden in quella di Noah, e aiutandola ad alzarsi, la sentii tremare. “Vieni, ti porto alla camera degli ospiti, tranquilla.” Mi limitai a dirle, ormai sicura che altre parole sarebbero state superflue. Annuendo, lei si lasciò guidare, e giunta a destinazione, si sdraiò sul letto con ancora indosso la sua veste. “Non la togli?” chiesi, stranita. “No, ma appoggeresti questo lì?” rispose, per poi togliersi qualcosa dai capelli e indicarmi la piccola scrivania che avevo accanto. Con un solo cenno del capo, esaudii quella richiesta, e poco prima di andare, lo riconobbi. L’avevo già notato in precedenza, certo, ma se prima mi era sembrato soltanto un comune fermaglio, ora capivo che era un fiore, il mio fiore. Lo stesso che le avevo mandato come messaggio di speranza in una notte ormai lontana, e che con mia grande sorpresa, lei aveva raccolto e tenuto. Sorridendole, lo posai dove mi aveva chiesto, e poco prima di andare e lasciarla riposare, scorsi velocemente qualcosa sulla coperta. Seppur curiosa e stranita al tempo stesso, rinunciai ad indagare, certa che avesse bisogno dei suoi spazi oltre che di una buona notte di sonno. Richiudendo lentamente la porta, la salutai prima di andarmene, e incrociando Chris nel corridoio, mi unii a lui nell’andare a dormire. La giornata era stata lunga, e non potevo certo negarlo, ma nonostante le mille emozioni che provavo, tutte diverse e a tratti contrastanti, potevo dirmi felice di essermi finalmente ricongiunta a mia sorella, scivolando tranquillamente nel sonno e nella grigia incoscienza anche mentre qualcosa di molto simile a un sesto senso mi diceva che fra lei e qualcuno di importante ma ora assente ci fossero tante parole non dette e messaggi nascosti.  




Salve a tutti voi, miei lettori. Ebbene sì, dopo una lunga assenza, eccomi tornata con un nuovo capitolo di questa storia, spero capiate che i motivi erano come sempre del tutto indipendenti da me. Comunque sia, come al solito Kaleia fa da voce narrante, ma in questo settimo capitolo la protagonista è Sky, finalmente tornata sulla scena. Quest'aggiornamento avrebbe dovuto essere pomeridiano ed è risultato serale, ma spero non importi, e che ad ogni modo, ora che la trama sembra farsi più fitta, l'intera storia continui a coinvolgervi. Grazie a tutti del vostro supporto, e al prossimo capitolo,


Emmastory :)
   
 
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