1
THE
LIGHT AND THE STORM
Poco
prima della caduta di Snowing
Castle.
Nymeria.
Regno di Mehlinus. Nord.
-
Cos’è questa, madre? - domandò Regina a
Cora, quando lei le porse il fodero in
pelle nera.
-
È la spada di tuo padre, Regina. – Sua madre
sedette vicino a lei,
sorridendole.
-
Perché la stai dando a me?
-
Perché da adesso in avanti sarà tua. Tuo padre
avrebbe voluto così.
Henry.
Suo padre. Il Re del Nord.
Regina
era una ragazzina che poco sapeva di spade e di battaglie, sebbene
nella sua
camera da letto vi fosse un enorme arazzo che rappresentava la
fondatrice della
capitale di Mehlinus, la principessa guerriera Nymeria, impegnata in
una
battaglia contro il popolo barbaro che, un tempo, aveva occupato il
Nord,
saccheggiando e seminando il terrore. Cose successe un migliaio di anni
prima.
A Regina quell’arazzo piaceva. Una parte di lei avrebbe
voluto essere come
quella straordinaria regina che aveva salvato la sua terra. La
straordinaria
regina con i lunghissimi capelli neri come carbone e gli occhi di
ghiaccio che
falciava i nemici con la sua spada. Qualcuno diceva che
quell’arma era magica,
che risucchiava le anime delle sue vittime non appena la lama le
trafiggeva.
Però
Regina non aveva mai posseduto una spada prima d’ora. Le cose
che le piacevano
di più erano cavalcare, passeggiare nel verde che circondava
la capitale del
regno, in mezzo agli alberi di mele rosse. Cavalcare, soprattutto. Quando era in sella a un
cavallo e galoppava,
con i capelli al vento, si sentiva felice e libera.
-
Non so, madre. Non so se...
-
Cosa non sai, Regina?
Regina
alzò lo sguardo, rendendosi conto che il sorriso era
scomparso dal volto di
Cora. Ora la madre la guardava severamente. La sua bocca aveva preso
una piega
dura.
-
Madre, io non la so usare...
-
Imparerai.
Accarezzò
brevemente il fodero. Sembrava nuovo. - Non sapevo che... che mio padre
avesse
una spada simile.
-
Non la portava sempre. È una spada molto antica.
È la spada che Henry ha
usato... nel duello contro il Re del Sud.
-
L’uomo che l’ha ucciso... – Regina sapeva
poco anche degli altri regni, perché
non era mai uscita dal suo. Sapeva poco delle Terre
dell’Ovest in mano ai lord.
Sapeva poco del regno di Elohim, a est del mondo conosciuto. Sapeva ben
poco di
Anatlon, il regno del sud, dove viveva l’uomo che, secondo
Cora, aveva
assassinato Henry.
-
David, sì. Un giorno, quando saprai combattere, potrai
vendicare la morte di
tuo padre uccidendo il Re del Sud con questa spada. - Cora le porse la
spada
nera e Regina la prese, estraendola dal fodero per osservarla.
Era
bellissima, brillava colpita dalla luce dei lumi accesi nella sua
stanza.
-
È meravigliosa, madre.
-
È tua. Conservala gelosamente. Non permettere mai a nessuno
di impugnarla al
posto tuo. Sei tu l’unica persona che può tenere
al proprio fianco quest’arma.
-
Sì, va bene, madre.
Stringendo
l’impugnatura, Regina si sentì improvvisamente
più sicura che mai di ciò che
Cora le aveva detto: David, il duello, suo padre ucciso a tradimento
dal Re del
Sud solo perché quest’ultimo non era riuscito ad
accettare di aver perso. Era
tutto più chiaro. In lei si fece largo, per la prima volta,
un sentimento
intenso, bruciante, che era la rabbia ed era il desiderio di vendetta.
Un
sentimento che, sulle prime, la spaventò molto.
Perché era un sentimento
terribile. La costrinse a chiudere gli occhi a lungo, ad impugnare
più
saldamente l’elsa della spada.
David...
Era
tutta colpa sua.
-
Tuo padre era un cavaliere molto valoroso, Regina. – La voce
di Cora era calma,
ma aveva una nota di severità che agghiacciava Regina. - Ed
era leale. Al
contrario di quel... Re del Sud.
-
Sì, mio padre non avrebbe mai colpito un uomo alle spalle.
-
No, tesoro. Mai.
-
Hai chiamato la spada Stormbringer? – domandò il
consigliere Tremotino alla
giovane Regina, che accarezzava il fodero della sua arma, sorridendo.
Un
sorriso puro. Un sorriso candido. Portava i lunghi capelli scuri e
ondulati
raccolti in una morbida treccia, la giacchetta azzurra, il foulard
bianco
intorno al collo e i pantaloni da cavallerizza.
-
Sì. Perché significa Tempestosa. È un
nome forte, non trovate anche Voi?
-
Oh, sì.
La
Tempestosa. La Portatrice della Tempesta,
pensò il consigliere, divertito.
-
Ed io sono nata in una notte di burrasca, non è vero?
-
Ma certo che sì. È un buon nome. Un nome davvero
forte. Perché diventerai molto
forte, cara. Potresti diventare... molto potente. – Tremotino
avvicinò il viso
al suo, scrutandola attentamente. - Ora è necessario
imparare, Regina.
-
Sì. Voglio essere valorosa come mio padre.
-
Forse conosco l’uomo che può fare al caso tuo.
-
Chi è?
-
Si chiama Daniel. È bravo con le armi. Vedrai,
può essere anche un buon
insegnante. Gli parlerò oggi stesso. – Il
consigliere di sua madre appoggiò la
punta dell’indice contro il mento. Il suo sorriso era
vagamente inquietante e
non solo per via dei denti marci.
Tremotino
era il consigliere di Cora da quando era salita al trono,
così come sarebbe
stato il suo, di consigliere, una volta diventata regina. Ed era anche
uno
degli esseri più sconcertanti che il regno di Mehlinus
avesse mai visto. Gli
stavano tutti alla larga, eccetto la sovrana. Anche Regina avrebbe
voluto
stargli alla larga, ma in fin dei conti Tremotino non le aveva mai
mancato di
rispetto. La trattava con cordialità. Solo, lei si domandava
da quale oscuro
angolo di Mehlinus fosse sbucato. Si domandava perché la sua
pelle
assomigliasse a quella di un rettile, perché avesse
quell’aspetto così poco
umano. La pelle era squamosa e verdognola, i lineamenti erano affilati,
gli
occhi spiritati avevano pupille minuscole quanto la capocchia di uno
spillo. Non
aveva armi con sé. Poche volte lo aveva visto impugnare
un’arma, eppure emanava
un potere oscuro e affascinante.
-
Perché questo... Daniel dovrebbe aiutarmi? –
chiese Regina.
-
Perché siete l’erede al trono, che domande!
-
Ah, certo...
-
E perché mi deve un favore. Anni fa ho aiutato la sua
famiglia. Sai, erano in
un periodo difficile, molti debiti. Ho dato loro una mano a liberarsi
dei
creditori.
Regina
non voleva sapere che cosa intendesse Tremotino per ‘dare una
mano’. – Quando
potrò conoscerlo?
-
Domani. Presentati a mezzogiorno nel cortiletto davanti ai magazzini
delle armi.
Ti aspetterà là, mia cara.
Il
castello della sovrana del Nord era nero come la notte e sovrastava la
città di
Nymeria in tutta la sua imponenza. Anche di giorno sembrava che i
pallidi raggi
del sole, che ogni tanto facevano capolino tra le nuvole grigie, non
fossero
molto propensi a toccare le mura scure e altissime e ciò
faceva apparire il
castello come un luogo tetro e avvolto dalle ombre.
Regina
fece come le aveva detto Tremotino. Si presentò nel
cortiletto interno del
castello, uno spazio circolare sul quale si affacciavano il granaio e
il
magazzino riservato alle armi.
Sua
madre non le chiese niente ma, del resto, Cora le chiedeva raramente
che cosa
facesse o come stesse. Era troppo impegnata con le questioni inerenti a
Mehlinus.
Da quando era morto Henry, poi, aveva ancora più da fare del
solito.
-
Buongiorno, principessa. Vi aspettavo prima. – disse un uomo,
in piedi al
centro del cortile, di spalle.
-
Prima? No, Tremotino mi ha detto... a mezzogiorno.
-
Gli avevo chiesto di farvi venire qui prima di mezzogiorno. Ma
d’accordo. Non
importa.
-
Siete il maestro d’armi, vero?
-
Potete anche evitare la forma di cortesia. Chiamatemi pure Daniel.
-
Allora tu chiamami Regina.
Daniel
si voltò. Era un giovane di bell’aspetto, o almeno
Regina pensava fosse bello.
Alto, con gli occhi azzurri e i capelli corti e scuri. Nelle mani
teneva due
spade di legno. Indossava una giacca marrone sbottonata sopra la
camicia di
lino bianco, un vecchio mantello blu agganciato alla base del collo con
una
spilla a forma di melo, il simbolo della famiglia reale, i pantaloni in
pelle
nera e gli stivali di cuoio. – Voi siete la principessa.
-
Ma...
-
Come dicevo... il mio nome è Daniel, maestro
d’armi, principessa. Lieto di
conoscervi.
Regina
deglutì. Daniel alzò gli occhi, sorrise e, senza
alcun preavviso, le lanciò una
delle spade di legno. Regina cercò di afferrarla, ma si
mosse troppo tardi e la
spada cadde a terra, rimbalzando.
-
Domani, forse, ci riuscirete. Ora raccoglietela, vi prego.
-
Vorrei usare la mia spada. – L’aveva portata con
sé e gliela mostrò.
-
Una bella spada. Ma non potete usarla, oggi. Non siete nemmeno capace
di prendere
al volo una spada di legno.
Regina
si sentì punta nel vivo. - Ma è la spada di mio
padre...
-
Lo so. E ho molto rispetto per Vostro padre. – Lo sguardo di
Daniel le sfuggì
per qualche istante. Poi scosse il capo. – Ma dovete prima
imparare ad
impugnare l’arma e... anche a prenderla quando ve la
lanciano.
Regina
non replicò. Si tolse la cintura con la spada e
posò Stombringer su una panca
di pietra, contro il muro. Il maestro d’armi si
levò il mantello.
-
Raccoglietela – tornò a dire Daniel, gentilmente,
indicandole la spada di
legno.
Regina
la prese. Era molto pesante, quindi la sostenne con due mani.
-
No, principessa. Non è così che si impugna. Non
servono tutte e due le mani.
-
É pesante.
-
Certo, è fatta apposta perché possiate diventare
più forte. Anche Stormbringer
è pesante. – Daniel fece ruotare la sua spada,
prima vicino al corpo e poi
sopra la testa. Dopodiché la lanciò e la riprese
al volo. Tutto con una sola
mano. – Una mano è sufficiente.
Regina
la impugnò con una sola mano.
-
La Vostra postura è errata. Ruotate il corpo verso destra.
-
C’è qualcosa che va bene, in me? –
domandò, stizzita.
-
Sono sicuro di sì. Ma ruotate il corpo verso destra.
Regina
ruotò. Daniel le toccò il mento con la lama di
legno perché sollevasse un po’
la testa.
Il
maestro d’armi sorrise di nuovo. – Sì,
non male. Siete piccola, ma questo va
bene. Restringe il bersaglio.
Sollevate la spada, per favore.
Forse
è anche troppo piccola, stava
pensando Daniel. Troppo giovane ed
innocente per impugnare una spada come Stormbringer. Troppo piccola per
un
destino così grande.
Regina
eseguì.
-
La presa sull’elsa deve essere delicata, principessa.
-
Ma potrebbe cadermi...
-
Non cadrà. Vedete la spada come il prolungamento del
braccio. Certo non
permettereste al Vostro braccio di cadere.
-
No, direi di no.
-
Bene. Allora adesso impugnate bene la Vostra spada. Direi che possiamo
cominciare. Vi sentite pronta?
Regina
decise che quel giovane le piaceva. Le infondeva sicurezza; era
gentile. Le
piaceva il suo sorriso. – Sì, lo sono.
-
Cercate di colpirmi.
Non
si aspettava una richiesta del genere. Pensava che le avrebbe mostrato
alcune
mosse. Che le avrebbe detto come fare.
-
Cosa aspettate? – Daniel piegò leggermente le
ginocchia, puntandole contro la
lama della spada.
Regina
si mosse il più rapidamente possibile. Menò un
paio di colpi obliqui verso
Daniel, che li parò facilmente, per poi scartare di lato,
quando Regina tentò
un affondo.
Daniel
le sorrise di nuovo. Puntò la lama contro di lei. Quando si
muoveva sembrava
davvero che stesse danzando. Erano movimenti agili, fluidi e armonici.
Regina
lo attaccò ancora. Le lame legnose cozzarono. Daniel non
ebbe difficoltà a
parare ogni suo tentativo.
-
Siete già stanca? – domandò, quando la
vide appoggiare le mani alle ginocchia.
-
No. – Regina tentò un fendente.
Daniel
lo parò e poi la colpì al ventre con la punta
della lama. – Siete morta.
Regina
aggrottò la fronte. Provò un nuovo affondo. Il
maestro d’armi lo parò e le
restituì il colpo. La lama la raggiunse al petto.
-
Mi dispiace. Vi ho uccisa di nuovo. – ripeté il
maestro d’armi.
Sembrava
che nessun colpo lo spaventasse o lo preoccupasse. Mentre si batteva,
continuava
a sorridere. Qualche volta, addirittura, ridacchiava, molto divertito.
Non era
mai stanco. Sul suo viso non c’era traccia di sudore, mentre
su quello di
Regina cominciarono ad intravedersi presto i segni della stanchezza.
Daniel
la colpì ancora alle gambe e al ventre. – Oh,
sì. Temo che siate decisamente
morta.
-
Vi prendete gioco di me?
-
Niente affatto. Non potrei mai. Vi sto solo insegnando a combattere.
Tremotino,
venuto a vedere come andava la prima lezione, si appoggiò ad
una colonna e
osservò. Anche lui era divertito. Regina aveva una gran
voglia di imparare.
Quella ragazzina testarda e un po’ ingenua sarebbe potuta
diventare un’ottima
combattente. Una regina che la gente avrebbe temuto.
E
quando conoscerà la magia, sarà
ancora più potente, oh sì. Sto facendo un bel
lavoro. Bisogna solo avere
pazienza.
***
Poco
dopo la caduta di Snowing
Castle.
Foresta
di Rhun. Regno di Elohim.
Est.
-
Ora ti mostrerò come si impugna una spada, Emma. Sei pronta?
- domandò Gawain,
estraendo la sua spada lunga dal fodero appeso alla cintura. Aveva la
lama più
larga rispetto a quella della spada di suo padre.
Erano
passate solo poche settimane dalla caduta di Snowing Castle. Le persone
che
erano riuscite a fuggire stavano ancora cercando un rifugio nelle terre
di Artù
oppure a ovest. Non tutti erano disposti ad accogliere i profughi. Il
re era
stato molto generoso da quel punto di vista, ma sfortunatamente certi
lord
dell’ovest non erano come lui.
Il
signore di Camelot aveva deciso di nascondere Emma nella foresta e di
farla
proteggere ogni giorno da uno dei suoi uomini. Vedere i cavalieri
entrare e
uscire da Camelot era una cosa normale, poiché
Artù aveva spesso bisogno di
mandare messaggeri negli altri regni, soprattutto nelle Terre
dell’Ovest, a
Deep Valley, dove viveva sua zia Morgause, signora del Lothian, ma non
solo. Aveva
amici e alleati con i quali si teneva sempre in contatto. Doveva
risolvere
scaramucce nei villaggi vicini, difendere gli ospiti diretti a Camelot
dai
banditi.
Emma
aveva insistito a lungo perché gli allenamenti cominciassero
al più presto.
Aveva già visto suo padre combattere, alcune volte, durante
le giostre
soprattutto, quindi alcune cose le conosceva già. Ma era
ansiosa di diventare
brava con la spada. Di diventare più forte. Un vero
cavaliere. E aveva anche
bisogno di distogliere la mente da ciò che era accaduto alla
sua città e ai
suoi genitori. Aveva bisogno di non pensare all’odore del
fumo, al calore del
fuoco che aveva divorato il castello, allo sguardo pieno di dolore di
David, a
sua madre, alle urla della sua gente, al soldato in armatura nera con
il melo
impresso sul petto che la minacciava con l’ascia. Le sue
notti erano già piene
di incubi. Di giorno voleva la spada. Voleva combattere.
E
avrebbe anche voluto rivedere il bel giovane che l’aveva
portata in salvo e che
era sempre stato un amico dei suoi genitori. Graham. L’uomo
cresciuto dai lupi.
-
Sì... - Emma aveva la propria spada davanti a sé.
La liberò dal fodero. Era
pesante per lei e per un momento barcollò, sconvolta dal suo
peso. Poi raddrizzò
le spalle.
Gawain
si tolse il guanto scuro. La mano destra strinse
l’impugnatura. - Devi tenere l’elsa
senza stringere. Così.
Emma
strinse un po’ l’elsa della sua arma. La
sollevò. Si sforzò di mantenere il
braccio fermo.
-
Bene. Metti il dito indice nell’anello formato
dall’incasso e dall’archetto. -
Le mostrò incasso ed archetto, perché potesse
capire meglio. Emma eseguì,
dapprima con qualche difficoltà, ma poi corresse la
posizione delle dita. -
Tienila senza esporre il gomito, mi raccomando.
-
Non sembra difficile.
-
No, non lo è. Ma tu sembri anche molto dotata con la spada,
Emma. Adesso... in
guardia. – Gawain si posizionò con una gamba
avanti, il ginocchio leggermente
piegato e l’altra più indietro. Era ben
bilanciato.
Emma
alzò la spada, puntandola contro il cavaliere, che le aveva
fornito cotta di
maglia e piastre, nonché un piccolo scudo, perché
potesse proteggersi.
-
Sarebbe stato meglio usare delle spade di legno. –
osservò Gawain.
-
Non mi interessano le spade di legno.
-
Potresti farti male.
-
Fa parte dell’addestramento di un cavaliere, no?
-
É vero. Ma Artù mi ha detto di proteggerti. Se
dovessi farti male...
-
Parlate così perché sono una fanciulla?
Gawain
sorrise. – Fanciulla... fanciullo... per me non fa
differenza. E un giorno
sarai anche cavaliere. Io lo dico per te. Sei ancora inesperta.
-
Farò del mio meglio per imparare in fretta.
-
Non c’è bisogno di avere fretta.
Emma
sferrò un colpo contro la spada di Gawain. Lui glielo
restituì e, non appena le
spade cozzarono, Emma perse la sua, che cadde sull’erba. La
guardò, furiosa.
-
Raccoglila. È pesante, lo so. Ma se ti allenerai ogni
giorno, presto il suo
peso non sarà più così importante.
Emma
raccolse la spada.
-
Proviamo un fendente. È un colpo dato dall’alto
verso il basso. Con una mano
oppure con entrambe.
Emma
strinse l’impugnatura. Sollevò la spada con
entrambe le mani e abbatté la lama
su quella di Gawain. Il colpo riverberò nel suo braccio.
Emma barcollò in
avanti.
Colpisce
più forte di quanto
pensassi, pensò
il cavaliere, stupito.
-
Molto bene. – disse Gawain. – Hai perso
l’equilibrio perché non eri ben
piantata con i piedi. Ma sono sorpreso dalla tua forza.
Emma
alzò gli occhi verdazzurri su di lui. Gawain, oltre ad
essere un uomo paziente
e un buon insegnante, non la faceva sentire una bambina. La trattava
come un’allieva
adulta. E a lei piaceva, questo. Non tutti si comportavano
così. Quello grande
e grosso, Agravain, il fratello di Gawain, la osservava sempre con
occhio
critico e scettico. L’aveva sentito mentre diceva a re
Artù che non pensava
fosse giusto che una bambina di neppure dieci anni usasse una spada e
pensasse
di diventare cavaliere.
-
Tu a nove anni cosa facevi, Agravain? – l’aveva
rimbeccato Artù, severamente.
-
Beh, Sire, io...
-
Avevi una spada. Tuo padre, Lot, già ti aveva affidato ad un
maestro d’armi. Lo
so, sei stato tu a raccontarmelo.
-
Questo è vero, Sire, ma qui stiamo parlando di una
fanciulla. É una bambina
e...
-
La tua preoccupazione è anche la mia. Ma diamo una
possibilità ad Emma. Diamole
la possibilità di dimostrare quanto vale. Perché
vale molto, ne sono convinto.
Agravain
aveva borbottato qualcosa e poi se n’era andato.
-
Si chiama Narsil. - disse Emma a Gawain.
-
La tua spada?
-
Sì.
-
Narsil è un bel nome. È un nome forte. Nar,
fuoco. E Thil, la Luce
Bianca. La
lingua degli elfi è... una lingua potente. - Gawain,
primogenito di Lord Lot
del Lothian e di Morgause, la zia del re, era anche un uomo del quale
ci si
poteva fidare a prima vista; aveva il naso un po’ lungo e
appuntito, le
sopracciglia folte, i capelli scuri che gli arrivavano alle spalle e i
suoi
lineamenti non erano niente di eccezionale, ma aveva un sorriso
luminoso e
guardava la gente con sincero interesse.
-
E la Vostra spada come si chiama, sir Gawain?
-
Si chiama Gramr.
Emma
esitò un istante. - Perché l’avete
chiamata così?
-
Quando ero piccolo mio padre soleva narrarmi una leggenda, che mi
piaceva
molto: parlava di un coraggioso cavaliere che possedeva una spada
magica, con
la quale ha ucciso un drago che infestava le sue terre e causava morte
e
distruzione...
-
E la spada di quel cavaliere si chiamava così?
-
Gramr, sì.
- Raccontatemi questa storia, sir Gawain – Emma sedette sul prato. – Ho proprio voglia di sentirla.
________________
NOTA: Dopo il prologo e questo primo capitolo, ci tenevo ad aggiungere alcune cose: questa storia si considera come storia a 4 mani. E' vero che sono stata io a scriverla interamente, ma lo spunto iniziale (che è la sigla di un cartone animato degli anni '80 incentrato proprio su Artù e i Cavalieri della Tavola Rotonda) e anche varie idee che sono state poi sviluppate nella storia appartengono ad un mio amico, fan di Once. Abbiamo progettato questa storia prima che Once introducesse i personaggi arturiani, di conseguenza Artù, Ginevra, eccetera, sono diversi sia fisicamente che caratterialmente da quelli che ci ha presentato Once, come avrete già capito.
Vi
ringrazio per essere qui a leggere, comunque. Spero rimaniate fino alla
fine :)