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Autore: Elsie Haru    11/07/2020    0 recensioni
In un mondo lontano, 8 regni governano sul Grande Continente che popola il mondo di Lèsin Rove. La vita scorre serena e pacifica sul pianeta e da secoli ormai non vi sono più guerre tra i Regni e tra le razze che vivono in armonia e rispetto gli uni degli altri,ma un'ombra incombe sul futuro di Lèsin Rove. Qualcuno o qualcosa stà minacciando il futuro di Lèsin Rove e i Regni non saranno pronti ad affrontarlo,troppo adagiati sulla loro serenità e cullati dalla pace che regna potrebbero soccombere con facilità difronte ad un'attacco imprevisto. Riusciranno ad armarsi e prepararsi in tempo,prima che l'ombra li raggiunga?
Gli Eredi di Lèsin Rove è il primo di una serie di Racconti tratti da un'ambientazione da me creata e nata la bellezza di più di 20 anni fà. Il racconto Legends da me già proposto nonostante sia ambientato in un mondo differente si ricongiungerà poi nel tempo a questo che è il filone principale della narrazione.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Anno 524

 

Leine Birmangh di Rusgar -18 anni

Ederik Birmangh di Rusgar -16 anni

Orion Ready di StarlightSky -19 anni

Prudence Ready di StarlightSky -16 anni

Alyssa Ready di StarlightSky -12 anni

Tristan Vinnian di Ictar -17 anni

Kieran Vinnian di Ictar -16 anni

Wainwrit Vinnian di Ictar -14 anni

Quinn Theeros di Nedstar -16 anni

Iona Theeros di Nedstar -13 anni

Vivien Lorcain di Pargaskor -17 anni

Nami Myron di Lobor

Hayleen Myron di Lobor

Scarlet Leigh di Alturius -14 anni

Rhiannon Fraystor di Avatar -15 anni

Kyrsen Fraystor di Avatar -15 anni

 

Regno di Rusgar – Stagione dei Soli

 

La Regina Marien di Rusgar uscì dalla sua stanza scortata dalle sue dame di compagnia. Quell’ultima settimana era stata molto pesante per lei e con l’avanzare dell’età il riposo pomeridiano diveniva sempre più lungo. Ricevere tanti Principi per il compleanno di Ederik richiedeva molto impegno e organizzazione. Con un sospiro la Regina pensò che sinceramente non vedeva l’ora che finisse,non era più così giovane da amare certe feste in grande stile. Quella sera si sarebbe tenuto il gran banchetto e l’indomani, lentamente e con ordinata successione le corti dei vari Regni avrebbero dovuto abbandonare Rusgar nell’ordine prestabilito, ma lei già sapeva che il caos alla fine avrebbe regnato sovrano facendola ammattire e correre per tutto il castello per altri tre giorni.

“Avreste dovuto riposare ancora Maestà, siete davvero molto pallida.”

Marien si volse verso la contessa di Reville con sorriso stanco.

“I miei ospiti necessitano della mia presenza, mi sono allontanata troppo anzi.”

Mentre la contessa le ribadiva che si stancava davvero troppo per la sua salute alquanto cagionevole, Marien per poco non andò a scontrarsi con Ederik, che appena svoltato l’angolo dinanzi a loro stava correndo come una furia a testa bassa.

“Attenzione!” la contessa lo ammonì appena in tempo e il figlio scarmigliato e sporco dalla testa ai piedi si bloccò all’istante evitando per poco di urtarle .

“Ederik che modi sono questi?”

Leggermente spaventata perché non si era aspettata una simile irruzione, la madre lo redarguì con voce un po’ severa portandosi una mano al cuore. Ederik a capo chino omaggiò le signore, ma tenne lo sguardo fisso a terra cercando di controllare il battito impazzito del cuore e il respiro ansante.

“I miei omaggi Madre. Buon pomeriggio Dame. Mi scuso per la mia condotta, ma andavo di fretta.”

Marien alzò un sopraciglio sospettosa. Qualcosa nel suo tono tirato e nel suo evitare i loro sguardi la insospettì subito. Suo figlio non era tipo da trascurarsi a quel modo il giorno della sua festa e lei lo conosceva abbastanza da capire che qualcosa non andava.

“Signore per cortesia precedetemi nella sala del tè e avvertite Miss Land che può iniziare a servire tra dieci minuti, le altre dame posso attendere.”

Le donne annuirono e inchinandosi si allontanarono. Ederik irrigidì leggermente le spalle.

“Tesoro, guardami.”

Lui mantenne lo sguardo fisso sulle sue scarpe, sapeva già che se l’avesse guardata, se avesse alzato gli occhi sul suo volto dolce e amorevole lei avrebbe capito subito cos’era accaduto.

“Non è dal mio adorato ed educato figlio correre per i corridoi del palazzo, coperto di fango, con le mani, che hai cercato di nascondermi, escoriate e i pantaloni strappati, invece di essere in giardino a festeggiare il suo compleanno. Cosa è accaduto Ederik?”

Il Principe continuò a tacere e lei gli si avvicinò maggiormente, poi con delicatezza gli poggiò una mano sotto in mento per sollevargli il viso. Ederik cercò di opporgli un ultima resistenza poi cedette ben consapevole che non lo avrebbe lasciato andare finché non le avesse parlato, così la guardò cercando di mascherare ciò che provava.

“Nulla che non si possa sistemare con un cambio d’abito e una ripulita madre.” cercò di sorriderle, ma lei non gli credette nemmeno per un attimo.

“Cosa ti ha spinto a fare a pugni in una giornata così lieta per te? Non sei un ragazzo rissoso e sicuramente non hai dato il buon esempio se sei stato veduto.”

Il lampo di tristezza e collera che gli oltrepassò lo sguardo le fecero capire il problema e Marien sospirò dispiaciuta.

“Leine. Nevvero?” Ederik distolse gli occhi.

“Perché vi siete scontrati oggi? Non potreste lasciare i vostri dissapori in disparte almeno per una giornata?”

“Non dovete preoccuparvi madre non è successo nulla di grave.”

“Però lo dici senza guardarmi negli occhi Ederik e ormai conosco abbastanza bene i vostri litigi da poter dire con assoluta certezza che non nascono mai per nulla e non finiscono mai in modo leggero.”

Questa volta la guardò non potendo più tenersi dentro il peso che lo opprimeva.

“Ha voluto battersi, voleva deridermi e mettermi in ridicolo. Ancora! Proprio oggi! Non sopporta che la gente mi ascolti e mi rispetti anche se non parlo di combattimenti o armi. Mi considera ancora il ragazzino spaurito e inerme di qualche anno fa.”

Ederik strinse i pugni cercando di placare la rabbia con grossi respiri.

“Ma lei non c’era il giorno in cui ho assistito alla tragedia che ha colpito Dustin sull’isola. Lei non può capire cosa ho provato quando abbiamo rischiato di perdere Chantal! Sono cambiato madre!”

Si sbatté la mano aperta sul petto.

“Non sarò un ragazzo votato alle armi e al comando, ma non sono più uno spaurito vigliacco e sono stanco dei suoi sberleffi. Allora l’ho affrontata e battuta, nonostante lei abbia usato scorrettamente il suo potere, ma…”

Ederik s’interruppe non volendo proseguire. Non amava la sorella come un tempo quando l’ammirava e stimava, ma non l’avrebbe messa nei guai. Marien però sapeva quello che lui taceva o almeno lo immaginava dall’espressione ferita di lui.

“Non volendo accettare la sconfitta ti ha di nuovo sottolineato che lei è stata scelta dal Dio Seth mentre tu da nessuno.”

Quelle parole se pur veritiere furono ancora più amare sentite da lei. Ederik barcollò leggermente e non fu in grado di negare. La Regina sospirò amareggiata toccandosi la fronte in un gesto di sconforto.

“Io non vado poi così fiera che mia figlia possieda il favore del Dio del Caos, Ederik.”

Stupito dalla sua rivelazione Ederik sgranò gli occhi.

“Leine è sempre stata inquieta e indomabile, ma da quando è stata scelta non è più la stessa. Credo che tua sorella non riesca a gestire bene il suo potere e questo la porti ad agire con maggiore egoismo e cattiveria.”

Marien si accorse di aver parlato più del dovuto. Aveva espresso un pensiero che da tempo la preoccupava, ma non avrebbe dovuto farlo dinnanzi ad Ederik. Sorridendogli scosse piano il capo come per alleggerire quel cupo presentimento.

“Tua sorella ti vuole bene e credo che a modo suo lei cerchi di spronarti a fare del tuo meglio perché percepisce il tuo malcontento per questa situazione. So che il suo non è il comportamento più…diciamo, adeguato o giusto, ma devi cercare di sopportare.”

Non volendo chiedere spiegazione delle parole della madre sulla sorella e il Dio Seth, avendo colto il suo disagio dopo averle espresse, lui cercò di assecondarla.

“Lo faccio madre, ma a volte ho l’impressione che Leine si vergogni di me.”

“No.”la sua risposta fu immediata.

“No, non lo devi pensare Ederik. Tu vali tantissimo e lei lo sa, è che cerca solo di aiutarti, sbagliando atteggiamento forse, ma non agisce certo in mala fede. Ne sono convinta.”

Lui no,non lo era per nulla ma non voleva impensierire ulteriormente la madre. Rifiutandosi però nel contempo di accettare in modo ipocrita una versione dei fatti a cui lui non credeva per nulla, decise solo di congedarsi rasserenandola.

“Vi prometto che farò del mio meglio perché cose così spiacevoli non accadano più. Andrò d’accordo con Leine e voi non angustiatevi ne per me, ne per lei. È davvero in gamba e con il duro allenamento a cui si sottoporrà nel suo nuovo viaggio tornerà di nuovo la nostra Leine più controllata e serena.”

Marien annuì, ma il suo viso non era ancora perfettamente sereno e mentre la baciava, prima di allontanarsi, Ederik pregò affinché davvero il potere del Caos non prendesse il sopravvento su Leine.

 

Vivien si soffermò davanti ad uno degli specchi antichi dell’anticamera per rimirare la sua figura. L’abito che aveva scelto non era particolarmente sofisticato, ma la sfumatura verde s’intonava perfettamente con la sua capigliatura color mogano e la sua pelle leggermente abbronzata. Dandosi un’ultima aggiustatina al cerchio che le tratteneva i capelli tirò un lungo sospiro e si apprestò verso il giardino in cerca degli amici. Era un bel po’ che non vedeva alcuni di loro, chissà se Fraiser l’avrebbe trovata cambiata? Con un sorriso emozionato stampato sul viso arrossato fece capolino dall’immenso terrazzo. Individuò all’istante Quinn di Nedstar il fratello minore di Fraiser, perché nonostante i colori del suo aspetto fossero totalmente diversi, come movenze e lineamenti i due si assomigliavano molto.

Quinn sedeva sull’erba in una posa allungata e rilassata e intonava versi poetici all’indirizzo di una splendida giovane seduta sul bordo della fontana che rideva in modo molto grazioso del ragazzo ai suoi piedi. Vivien li avvicinò lentamente per non disturbarli, ma quando la ragazza alzò il parasole per gettare la folta chioma rossa alle sue spalle alzando il viso al sole il suo stupore prese il posto dell’esitazione.

«Scarlet, per gli Dei, sei fiorita come una rosa nella stagione della Rinascita.»

L’interpellata rivolse l’attenzione verso di lei mentre Quinn ruotava su sé stesso per vedere chi avesse interrotto la sua poesia.

«Vivien!»

Calda ed esuberante come sempre Scarlet lasciò cadere il parasole e la raggiunse abbracciandola. Non prima di aver calpestato Quinn cercando di scavalcarlo, resa goffa dal vestito da pomeriggio ingombrante. Vivien rise di gusto ricambiando il suo abbraccio e lanciando un’occhiata compassionevole ma ridente, all’indirizzo del Principe che reggendosi la mano contusa si stava alzando.

«Hai ragione sai, queste curve malefiche tendono ad ingigantirsi ad ogni stagione e mio padre vuole proibirmi di vestirmi da ragazzo persino quando vago nei boschi! Non se ne può più.»

Sconsolata Scarlet si guardò il seno abbondante e Vivien invidiando per un attimo il suo fisico ben modellato le tirò un ricciolo.

«E ha ben ragione. Sei una tentazione bambolina, chissà se ai tuoi cavalieri sono già spuntati i capelli bianchi?»

Scarlet scoppiò di nuovo a ridere indicando un gruppo di ragazze che circondavano i suoi quattro cavalieri.

«Io direi di no, ma sono dell’idea invece che in quanto a conquiste rivaleggiamo come con le armi.»

Vivien annuì mentre Quinn tossicchiava per attirare la loro attenzione.

«Ricordati Scarlet che la tua prima conquista rimango sempre io, dubito che qualcun altro ti abbia ammirata e corteggiata prima di me. Avevi due settimane quando ci siamo conosciuti.»

Scarlet alzò gli occhi al cielo in un puro gesto di compatimento, ma a Vivien non sfuggì il fatto che era arrossita.

«E tu ne avevi appena due Quinn molto precoce come dongiovanni non ti pare?»

Vivien si allungò e gli offrì la guancia da baciare.

«Non è mai presto quando si parla di sirene incantatrici come Scarlet.» Quinn le scoccò un sonoro bacio ammiccandole.

«Sei incorreggibile Poeta, ma a proposito di dongiovanni…»

Vivien si guardò attorno.

«Dov’è tuo fratello?»

Quinn si massaggiò la mano dolorante.

«Non è riuscito a venire, questioni urgenti lo richiedevano a nord.»

«Oh!» Vivien cercò di mascherare il suo disappunto, ma dentro di sé sentì scemare tutta l’allegria e l’aspettativa per quella festa.

«Però mi ha accompagnato la piccola Iona, ho dovuto faticare mille camice, ma alla fine sono riuscito a convincere nostra madre a farla venire. Iona? Vieni a vedere chi c’è?»

Quinn ignorò di aver spento, come l’acqua del Dio Gilen, che gli aveva dato i poteri un anno addietro, il fuoco interiore di Vivien e si volse a richiamare la sorella. L’appena tredicenne Principessa di Nedstar che si era allontanata non appena Quinn era riuscito ad intercettare Scarlet, li raggiunse. Vivien dimenticò per un attimo il suo rammarico quando Iona, le mani congiunte davanti a sé e lo sguardo basso li raggiunse salutandola con un breve inchino.

Aggrottando la fronte non poté fare a meno di notare quanto corrispondessero al vero le dicerie sentite. Iona era completamente soggiogata dal rigido protocollo reale della madre la Regina Iona di Nedstar che non riuscendo a controllare i figli maschi come voleva sfogava sulla giovane figlia i suoi malumori.

Iona era cresciuta dimessa e controllata, ma la lieve postura delle spalle incurvate erano il chiaro segno che quella facciata era solo un peso da sopportare. La giovane non poteva essere così diversa dai fratelli da essere per davvero così docile e arrendevole.

Accortasi in ritardo che Iona le aveva posto una domanda, Vivien si schiarì la mente per visualizzare che cosa le avesse chiesto, ma con suo rammarico si accorse di non averla ascoltata fatto.

«Scusami Iona, hai detto?»

«Mi chiedevo come stesse vostra sorella la piccola Eriana e i Principi Trent e Gaynohr?»

«Oh stanno benissimo grazie. I ragazzi si stanno addestrando nella speranza di poter l'anno prossimo entrare a far parte dei giovani allenati da Orion per diventare Cavalieri del Sacro Onore e la piccola Eriana ha appena compiuto sei anni. Quell'angioletto è un raggio di sole per noi è così allegra e tranquilla.»

Vivien mentre parlava notò un leggero sussulto in Iona ma fu talmente lieve che pensò di essersi sbagliata.

«Quando si dice che si parla di una persona e appare. Guardate chi c'è la! E dire che diceva di non poter presenziare!» proclamò Scarlet a gran voce.

Quinn seguì lo sguardo ammirato e ridente di Scarlet e scorse Orion che scendeva le gradinate del palazzo puntando proprio verso di loro. Dal canto suo Vivien vide distintamente Iona farsi un fascio di nervi e alzare timidamente lo sguardo. Seguendo il suo esempio anche lei si volse verso il nuovo venuto.

Orion ormai era diventato un uomo e che uomo!

Vestito immancabilmente di nero, elegante ma con moderazione, l'amico solcava il giardino con sicurezza catturando al suo passaggio una scia di sguardi . Quelli rapiti delle donne e quelli ammirati e un po' invidiosi dei ragazzi.

«Cavoli e io che pensavo che fossi cambiata tu Scarlet.»

Per nulla soggiogata da cotanto splendore, Vivien si volse verso Scarlet che le rispose con un commento piccante suo Orion, nel momento stesso in cui Iona riabbassava gli occhi cercando di mascherare ciò che provava, ma Vivien era una donna e conosceva bene quello sguardo. Iona aveva guardato Orion con un'intensità e un'emozione selvaggia e in quell'attimo si era eretta in tutta la sua statura per poi tornare la creatura dimessa e posata che doveva essere, non appena lui si era avvicinato.

Vivien sorrise fra sé e sé, dopotutto non si era sbagliata. Iona era come suoi fratelli, passionale, istintiva e ribelle. C'erano ancora speranze per lei per ribellarsi alla madre. Si ripromise di parlarne più tardi con Quinn.

 

«Oh andiamo Alyssa metti giù quella spada prima che qualcuno si faccia male!»

Arion il fratellino minore di Ederik cercò di trattenere l'amica per un braccio, ma Alyssa lo scaraventò via e brandendo la sua spada fece un passo verso Wainwrit di Ictar. Il ragazzo più grande di lei di due anni non si mosse continuando a fissarla con malcelato rancore.

«Lasciami Arion, gli farò rimpiangere ciò che ha detto con le buone o con le cattive. Non ho paura di un fattucchiere da strapazzo come lui.»

Un po' schiarendosi la gola per attirare la sua attenzione, un po' ringhiando per l'offesa generale alla sua specie magica, Willard ammonì Alyssa senza nessun risultato e incrociò le braccia sul petto con fare arreso.

«Fai qualcosa Willard!»

Arion, ancora per terra dopo che lei lo aveva spintonato, lo fulminò con lo sguardo e Willard scosse il capo con forza, sgranando gli occhi come se fosse impazzito.

«Io? Fermare lei? … neanche morto.»

Willard conosceva Alyssa da quando era nata e sapeva per esperienza che nemmeno con armato di frusta in un posto deserto senza nessun pubblico l'avrebbe fermata, figuriamoci a mani nude in un parco pieno di gente importante che assisteva alla scena. Se uno come lui avesse anche solo osato dirle qualcosa o intervenire, lei lo avrebbe scuoiato vivo.

«Quello che ho detto è quello che penso. Tuo padre dovrebbe incatenarti nella torre e lasciarti lì a marcire finché non avrai capito come si vive. Sei viziata, prepotente e arrogante. Ma lui è troppo impegnato a divertirsi e a godersi le sue ricchezze per accorgersi che in seno alla sua famiglia cresce una simile serpe. Se il popolo di Telnar si rendesse conto di come viene regnato scoppierebbe una rivoluzione.»

Willard gemette a quelle parole. Anche se sapeva che gran parte di esse erano veritiere detestava profondamente quel giovane, che in quanto ad arroganza e cattiveria poteva rivaleggiare con il maestro in carica di tale ruoli. Alyssa non gli avrebbe fatto passare liscia quegli insulti e lui si augurò che qualcuno tra la folla che si stava riunendo si decidesse ad avvertire qualcuno di più influente di lui. Willard non poteva farlo, doveva rimanere li non poteva muoversi. Nel caso in cui le cose si fossero messe davvero male sarebbe dovuto intervenire per il bene della festa già semi disastrosa di Ederik.

«Come osi parlare così di mio padre il Re di Telnar! Chiederai scusa supplicandomi quando avrò finito con te.»

Rossa in volto dall'ira Alyssa si avvicinò maggiormente e Wainwrit infilò una mano in tasca. Willard strinse la mascella, se Alyssa lo avesse attaccato il Principe di Ictar le avrebbe scagliato contro un incantesimo e allora sì che sarebbero stati guai.

«Wainwrit che cosa stai facendo?»

Ansante Kieran si fece largo tra la gente riunita e raggiunse i due. Willard chiuse gli occhi gemendo. Di male in peggio. I Principi di Ictar non erano famosi per il loro amore fraterno.

«Fatti gli affari tuoi Kieran.»

Astioso e bellicoso Wainwrit socchiuse gli occhi fino a farli divenire due fessure nere.

«Alyssa ti prego.»

Kieran alzò una mano verso la ragazzina che lo ignorò mentre le sue dita ora stringevano convulsamente l'elsa della spada. Ormai era fuori di testa e niente e nessuno l'avrebbe dissuasa dall'attaccare quel damerino arrogante, questa volta Wainwrit aveva toccato il fondo. Non trovando aiuto in Alyssa,Kieran tornò a rivolgersi al fratello.

«Wainwrit non costringermi a…»

«Che cosa?»

Come un serpente pericoloso il fratello fece un passo nella sua direzione di scatto. Kieran non lo aveva mai visto così. Doveva essere accaduto qualcosa di grave. Sapeva che Wainwrit non amava mischiarsi con gli altri nobili, ma arrivare ad attaccare a quel modo Alyssa.

«Cosa farai Kieran? Non temo te e la tua stupida e insulsa magia bianca. Sarai anche ad un livello superiore al mio, ma non ti temo fratello tu…»

Non lo aveva visto nemmeno arrivare, quando lo vide era troppo tardi. Tristan fu su di lui in un attimo e lo colpì violentemente con uno schiaffo che gli fece girare la testa. Il silenzio cade pesante come un macigno.

«Parli a vanvera come sempre. Insulti cose di cui nemmeno comprendi la ragione o la grandezza. Il tuo elemento non ti dà nessun diritto di offendere la sacralità di un altro. Come Principe se non come mago, devi portare rispetto per i tuoi pari, per ciò che non puoi comprendere e per i Regni che governano Lésin Rove. E ora chiedi scusa a Lady Alyssa, al Re Odion per aver mancato di rispetto alla sua ospitalità e al Principe Orion che veste le veci del padre oggi su Rusgar.»

Alyssa sobbalzò a quelle parole e in quel momento vide Orion accanto a Willard. Fissava i due fratelli di Ictar ma a pelle, lei poteva sentire tutta la sua disapprovazione avvinghiarglisi addosso.

Wainwrit incapace di contenere le violente emozioni che lo devastavano, tornò a volgere il capo volto dal colpo con calma . Tristan lo sovrastava di parecchie spanne e in quel momento si stava godendo come un pazzo quell'affronto inflittogli e il suo momento di gloria.

Lo odiò… Lo odiò talmente tanto che ogni altro sentimento, ogni altro pensiero scomparì dalla sua mente . Kieran affranto da ciò che era successo e dalla nuova ferita insanabile apertasi fra i suoi fratelli lo vide alzare lo sguardo su Tristan.

«No.» rispose secco e senza aggiungere altro corse via.

«Wainwrit!!»

Tristan fece per seguirlo, ma il richiamo di Orion lo fermò.

«Aspetta Tristan, chiariamo la questione prima.»

Alyssa si irrigidì a quelle parole, la sua mente si era sbollita ora e troppo tardi si era accorta di avere una buona parte di colpa per ciò che era accaduto.

«Willard com'è cominciata?»

Orion non la guardò e il fatto che non avesse chiesto a lei la ferì e colpì profondamente. Willard guardò a lei tacendo. Era ingiusto il comportamento di Orion. C'era troppa gente che assisteva alla scena, voleva punirla lo sapeva, ma così la stava umiliando.

«È inutile ora discutere su di chi è la colpa.»

La voce di Knich Valerè irruppe tra i presenti. Il Principe dei Mistici avanzò al centro del cerchio mettendosi davanti ad Alyssa.

«Ciò che è stato detto o fatto non sarà cancellato da delle scuse forzate da coloro che si sono affrontati. Sono sicuro comunque che Re Odion non vorrà sicuramente tenere conto di un litigio tra teste calde e di parole dettate dall'ira del momento e non credo lo farà nemmeno Re Ferran.»

Orion suo malgrado annuì.

«Mi chiedo e spero solo…»

Il suo sguardo si posò su Alyssa e quando i suoi occhi si allacciarono ai suoi lei si sentì mancare come se dentro di sé si fosse aperta una voragine.

«… che entrambi sarete in grado di assumervi le vostre colpe e di cercare, anche se non riuscirete magari a dimenticare, di sanare questo vostro litigio. Mi auguro che saprete superalo prendendolo per quello che è e cioè un fraintendimento affrontato in malo modo da due personalità forti e orgogliose.» Alyssa accennò un assenso.

«Chiederò scusa a Wainwrit e al Re.»

Knich allora la guardò e le sorrise lievemente.

«Sono sicuro che lo farete e che sarete consapevole del vostro sbaglio e sincera.»

Lei annui di nuovo poi non aspettò l'intervento di nessun altro. Fece un breve inchino,era scossa e non ne capiva il perché, senza attendere oltre Alyssa si girò e si allontanò a passo fermo e deciso.

 

Hayleen Principessa elfica del regno di Lobor assistette alla scena con il cuore stretto in gola.

Non le piacevano le liti, tanto meno quelle fra fratelli o tra loro amici. Quella doveva essere un'occasione allegra e festosa, ma man mano che si susseguivano i giorni e le ore, l'esuberante contentezza di ritrovarsi tutti assieme si stava trasformando in palpabile e forzata convivenza tesa. Non avrebbe dovuto essere così, loro erano tutti amici e ciò che sentiva dentro e vedeva fuori non le piaceva.

Perché quell'antagonismo? Quell'astio, quei forzati atteggiamenti.

Scosse i riccioli neri per schiarirsi le idee e Nami al suo fianco le prese la mano.

«Qualcosa non va Hayleen?» la giovane si volse verso la sorella.

«No Nami, nulla.»

«Andiamo allora non sta bene attardarsi qui.»

Hayleen si guardò attorno. La gente si stava disperdendo tra mormorii sommessi e visi pieni di disapprovazione. Una figura solitaria che si allontanava nel giardino dietro al castello attirò la sua attenzione.

«Vai avanti ti raggiungo.»

Nami seguì il suo sguardo e non lasciò la sua mano.

«Tristan è cambiato Hayleen e devo ammettere purtroppo che non è un miglioramento il suo. Le voci sulle oscure trame di Ictar diventano sempre più insistenti e comincio a credere che ci sia del vero. Non è saggio che tu lo frequenti ancora.»

«Nami?!»

Stupita e irritata Hayleen staccò la mano dalla sua. Sapeva che non le diceva quelle parole con cattiveria, ma solo perché era preoccupata ma non le piacque comunque sentirle dire ciò.

«Non sono l'unica qui a fidarmi dei Principi di Ictar e non mi allontanerò da loro solo perché alla gente piace sparlare. Io so quanto essa può divenire crudele e cattiva a volte.»

Nami sentì una fitta al cuore per lei. Sapeva che Hayleen soffriva per il fatto che molti parlavano di lei e del suo aspetto. Diversa da tutti gli altri elfi, alta, di corporatura statuaria e occhi verdi con folti capelli neri, la sorella usciva da tutti i dettami classici degli elfi di Lobor e per questo fin dalla nascita era stata additata come una Drifia. Le Drifie, creature mitologiche abitanti di Dàrin Rove erano nate dal connubio tra un elfo e una ghaele, essere semidivino dai poteri straordinari e dalle magiche doti di cura e arte. Una leggenda del loro popolo raccontava che ogni mille anni una Drifia nascesse sul Lésin Rove ed essa era portatrice o di grandi sventure o di grandi cambiamenti. Il Re Nathaniel loro padre aveva sempre negato simili assonanze con la sua amata figlia, ma la gente guardava alla sorella con reverenza e timore e ben spesso veniva evitata.

Non che la gente non l'amasse, ma molti di loro non riuscivano ad ignorare il richiamo della leggenda e Hayleen soffriva molto chiudendosi in sé stessa. Nami aveva da tempo notato che la sorella nascondeva i suoi doni come Cavaliere della Dea Shany e i suoi poteri stupefacenti di druido per non alimentare le chiacchiere su di lei e quello non era un bene.

«Hayleen tesoro, tu non sei come Tristan.»

Gli occhi grandi e cupi della sorella si sgranarono maggiormente.

«Vorrei che non fosse così, ma forse siamo più simili di quanto tu pensi.»

 

Orion si poggiò alla balaustra di marmo guardando l'orizzonte. Lensar e Sahen stavano calando dietro i monti Siring bagnando la terra di luce dorata.

Rusgar era chiamato il Regno del Sole e in quel momento mentre Sahen bagnava le sue terre con i suoi raggi dorati sembrava davvero un luogo splendente come la luce dei soli. Eppure lo splendore di quel tramonto non gli scaldò l'animo. Era lì da appena un'ora ed era già stato richiamato dai suoi doveri. Non sarebbe dovuto presenziare a quel compleanno, ma suo padre doveva consegnare una missiva al Re Odion e gli era sembrato giusto farlo di persona visto il lieto evento.

Il fatto di poter così tenere d'occhio Prudence e riaccompagnare le sorelle a casa era stato poi un incentivo maggiore che lo aveva spinto a partire. Ederik era scomparso da diverse ore e Rhiannon gli aveva detto che dopo un litigio con Leine era fuggito.

Non era giusto, non avrebbero dovuto continuare a prenderlo di mira, ma le abitudini erano dure a morire e nonostante fosse cresciuto e maturato molto Ederik si sentiva dentro di sé ancora un bersaglio troppo facile e fragile per la sferzante e pungente Leine e il suo seguito. Ederik si sarebbe sempre sentito a disagio nel suo ruolo come lui oggi tra quella folla.

Orion si sporse dal parapetto e affacciandosi sul giardino sottostante. Anche lui era sfuggito alla massa perché tra i tanti gli unici due con cui si trovava a suo agio in quei tempi non erano presenti. Dustin ormai si era trasferito sull'isola di Moran e Xavier era dovuto intervenire in un villaggio di confine che era stato nuovamente attaccato da forze sconosciute.

Cosa stava accadendo a Lésin Rove? Possibile che la sventura a cui aveva accennato l'Imperatore Tibos fosse reale e si stesse abbattendo su di loro? Nell'aria negli ultimi anni aleggiava un'atmosfera sempre più tetra anche se le giornate erano soleggiate e le persone allegre. Dentro di lui però albergava la stessa inquietudine che gli procurava l'avvento di un temporale devastante, quando nuvole nere, minacciose e veloci si addensavano sopra la terra oscurandola e soffocandola con le loro pesanti promesse di tempesta.

Se ciò era vero però, qualcosa non gli era chiaro. Perché i Re non si riunivano per far fronte ai piccoli e grandi problemi che ogni giorno si moltiplicavano? Perché i Principi non rispondevano come dovuto al dovere verso il loro mondo che erano stati chiamati ad assolvere anni prima, ma si limitavano a qualche sporadico allenamento e missioni a volte tardive e infruttuose?

Doveva fare qualcosa per trovare delle risposte e agire prima possibile perché se un'infausta minaccia si fosse abbattuta sul Lésin Rove ora il mondo non sarebbe stato pronto a sventarla.

La figura silenziosa di Knich Valerè si affiancò alla sua. Il Cavaliere si affacciò come lui sul giardino scrutando la vita allegra che lo popolava. A detta di Kryan, persona in cui lui faceva un forte affidamento, Knich era il cavaliere più giusto e in gamba che lui conoscesse e la sua stima per il Principe dei Mistici andava sopra ad ogni altra cosa per lui. Forse Knich avrebbe potuto aiutarlo?

Seguendo il suo sguardo, concentrato su qualcosa, s’avvide che fissava Alyssa messa in castigo da Prudence. La sorellina sedeva per terra a ridosso di un albero con un grosso libro fra le mani, l'inseparabile amico Arion steso accanto a lei.

«Vi devo le mie scuse Principe Orion per essere intervenuto poco fa a quel modo, avrei dovuto mantenere il mio ruolo di sorvegliante e non intromettermi in cose che non mi riguardano.»

Orion vide Alyssa chiudere il libro di scatto e sbirciare attorno a sé per trovare una via di fuga e nonostante tutto non riuscì a trattenere un sorriso.

«Il giorno in cui un povero ma brav'uomo deciderà di sollevarmi dal fardello del tenere a bada quella selvatica creatura brinderò alla mia libertà e alla sua salute. Non temete Knich non avete fatto nulla di cui scusarvi.»

Alyssa sgattaiolò dietro l'albero mentre Prudence che stava iniziando un nuovo gioco con Rhiannon e Kyrsen non si accorse della sua fuga. Knich scosse il capo sogghignando.

«Mentite Principe, quel giorno desidererete infilzarlo con la spada perché vi porterà via una parte importante della vostra vita. Amate tutte le vostre sorelle, ma lei è speciale e se tanta gente non lo sapesse si sarebbe già presa tante sculacciate da rimanerne segnata a vita.»

Orion scoppiò a ridere di gusto.

«Per gli Dei avete ragione Knich.» entrambi lasciarono passare l'ilarità momentanea restando a guardare la fuga di Alyssa.

«Sapete dove potrei trovare Ederik?»

Orion lo interrogò e Knich scosse il capo.

«Potrebbe essere ovunque e non è bene che se ne stia nascosto.»

Il Principe di Telnar si incupì.

«No, non è bene. Inoltre necessito di parlargli. Ci sono troppi cupi pensieri che mi affollano la mente. Ho bisogno di riunire i Principi più adulti e trattare argomenti molto delicati.» lo sbirciò di sottecchi e lo vide irrigidirsi nonostante mantenesse un'espressione serena.

«Avete bisogno di aiuto Orion? Sapete di poter contare sempre su Kryan per questo.»

Orion annuì.

«Lo so, ma voi siete il Principe dei Mistici e godete di una posizione che vi permette di controllare e gestire molte più cose e di maggior rilievo.»

Knich increspò leggermente le labbra in una piccola smorfia.

«Non è esattamente così, ma parlatemi dei vostri pensieri.»

Orion tornò a fissare l'orizzonte ormai i soli stavano calando del tutto e presto sarebbe scesa la notte.

«Non ho bisogno di dirvi che questi attacchi stanno diventando sempre più molesti e preoccupanti. Prima i minotauri, gli avoral e i troll, ora creature ibride, ombre che attaccano e scompaiono.»

Knich si limitò ad annuire.

«Ma ciò che mi preoccupa è l'indifferenza che vi è a corte… in tutte le corti. La gente… il popolo, è insoddisfatto, malcontento, le voci su un complotto proveniente dai meandri di Ictar sempre più pressante. Inoltre questa storia dei Cavalieri degli Dei sta creando grosse faide e problemi.»

Il silenzio di Knich si protrasse per diversi minuti finché lui non si staccò dalla balconata e lo guardò. Il Principe dei Mistici si prese ancora qualche secondo poi gli rispose.

«I Cavalieri Mistici si stanno occupando degli attacch, presto arriveremo al problema e quando avrò delle certezze vi prometto che sarete fra i primi che saranno avvertiti degli sviluppi. Per quanto riguarda il resto…»

Impassibilmente Knich non mostrò nessuna emozione, ma a Orion parve di percepire una frustrazione intensa provenire da lui poi si volse.

«Voi siete un ragazzo davvero in gamba Orion, ma la vostra forza e la vostra intelligenza non possono bastare a risolvere e a capire cosa sta accadendo e io non posso fare nulla per voi. Mi auguro solo che presto l'animo dei Cavalieri degli Dei si riscuota e dentro di loro si risvegli la consapevolezza di quello che comporta la loro nomina e di ciò che potrebbe spettar loro in futuro. Da parte mia proverò a spronare i miei Cavalieri ad aiutare i giovani Principi a capire che è tempo di abbandonare i giochi e gli agi e di iniziare a pensare e agie come i paladini che devono diventare. Non dubito che voi farete lo stesso.»

«Lo farò fin da ora. È tempo che Ederik esca dalla sua tana e affronti i suoi doveri di erede al trono. Rusgar potrebbe aver bisogno di un nuovo Re che sappia governarla con polso, coraggio e onore e Ederik deve essere pronto per quel momento.»

«Ben detto.»

Knich gli allungò una mano e Orion la strinse con vigore.

«Andiamo a stanare il fuggitivo.»

 

Hayleen lo trovò in un gazebo molto nascosto. Sedeva su una sedia intrecciata i gomiti appoggiati alle ginocchia, le mani penzoloni e il corpo reclinato in avanti. Quando la udì entrare alzò il capo di scatto.

«Ah, sei tu!»

Hayleen entrò con passo leggero e si sedette swulla panca in angolo davanti a lui.

«Mora e occhi verdi anch'io, ma non sono la tua Kyrsen.»

Tristan socchiuse gli occhi, Hayleen era solita canzonarlo sulla sua vecchia infatuazione per la Principessa di Avatar.

«Se sei venuta per infastidirmi puoi tornartene dov'eri.» lei scosse il capo.

«No, scusami.»

Tristan distolse lo sguardo dal suo volto sereno e sorridente, gli faceva male maltrattarla, Hayleen non se lo meritava.

«… e poi non è la mia Kyrsen.»

«Bella certo, ma vive in un mondo tutto suo quella affabile streghetta.» rispose lei e Tristan alzò le sopracciglia come per dire " sì certo ", ma non replicò.

Ogni tanto lui e Hayleen si scrivevano e tempo addietro lui le aveva confidato di essersi invaghito della Principessa di Avatar, ma la giovane non lo aveva mai considerato. Il silenzio calò fra di loro ma a Hayleen non pesò.

«Non dovresti allontanarti da loro, dai l'impressione di avere qualcosa da nascondere o di cui vergognarti.» La reazione di Tristan fu immediata.

«Io non ho nulla di cui vergognarmi.»

«Lo so, ma fa male comunque.»

Le sue parole serene in risposta alle sue rabbiose ebbero l'effetto di bloccargli in gola ogni replica. Hayleen assunse un'espressione mesta.

«Vorrei che la gente non mi vedesse come una sfortuna o una cosa rara e preziosa da ammirare a distanza. Vorrei poter essere me stessa, fare quello che voglio e esprimere liberamente il mio potere. Tu sei come me Tristan.» quando lui non rispose continuò.

«Obbligato a essere ciò che non sei. Odi quelli che ti stanno attorno perché credi che loro siano liberi, credi che loro si ritengano migliori. Odi i tuoi fratelli perché possono fare quello che vogliono della loro vita. Forse hai ragione, ma tutto questo rancore non ti porterà a vivere diversamente.»

Tristan avrebbe voluto dirle che si sbagliava che la forza del suo odio lo stava portando al momento in cui avrebbe visto la sua gloria e la sua rivincita, ma non poteva.

«Io non sono come te Hayleen.»

Arrendendosi all'evidenza lei annuì.

«Già, credo tu abbia ragione.» lui fissò la porta con ostinazione.

Dentro di lui combatteva l'eterna lotta tra il giusto e lo sbagliato. Era lì per una ragione quel giorno. Il suo Maestro gli aveva dato un incarico da svolgere e lui avrebbe potuto farsi aiutare da Hayleen. Inconsapevolmente lei lo avrebbe fatto, gli avrebbe fornito le giuste informazioni che cercava, ma detestava l'idea di servirsi di lei.

Un fruscio gli fece intuire che si era alzata.

«Non m'importa cosa dicono o pensano gli altri Tristan Vinnian, tu sei mio amico e se avrai bisogno di me ci sarò sempre.»

Quando la stoffa del suo vestito gli sfiorò la punta delle scarpe il suo profumo gli colpì le narici. Sapeva di bosco e di fiori selvatici, Tristan chiuse gli occhi.

«Ricordatelo, io non sarò mai come loro. Cercami se hai bisogno, per qualsiasi cosa.»

Hayleen gli baciò il capo poi si allontanò triste. Aveva sempre pensato che un giorno lui si sarebbe aperto tanto da farsi aiutare ma forse quel dì non sarebbe mai arrivato. Rimasto solo lui assaporò fino all’ultimo momento il suo odore e il suo tocco, grato a quella creatura così pura e dolce per quell'amicizia incondizionata che gli aveva sempre donato.

«Il mio dono per te sarà il mio distacco. Rimani al sicuro nella tua foresta Hayleen perché lontano da lì rischiereste di rimanere troppo coinvolta e io non potrò aiutarti più.»

«Parli da solo?»

Tristan trasalì alzandosi di scatto. Si era fatta sera e i contorni del nuovo venuto rimanevano nell'ombra al di fuori del gazebo. Tristan uscì dal suo rifugio e si avvicinò alla creatura tenebrosa ma bellissima. Dopo il primo momento di smarrimento l'aveva riconosciuta. Lei se ne stava lì, tranquilla e rilassata.

I suoi capelli raccolti in un'elaborata acconciatura cadevano in morbidi riccioli a sfiorarle il collo inclinato da un lato in una posa di attesa. Il vestito blu come la notte si mescolava perdendosi tra le ombre come se invece di camuffarsi in esse volesse assorbirle. Il suo sguardo ebbe come sempre il potere di accenderlo, nemmeno l'infatuazione per Kyrsen avrebbe mai potuto farlo sentire così caldo ed eccitato.

«Sei venuta.»

Darkness si mosse per raggiungerlo muovendosi con passo felino, aggraziata e pericolosa come una pantera. La ragazzina pelle e ossa che aveva conosciuto anni addietro era sparita quando crescendo lei era divenuta una creatura sicura e fiera, consapevole della sua bellezza selvaggia e oscura.

Molti a Stoyan la vedevano ancora come l'oggetto soggiogato di Stethiel, la sua schiava pronta a servirlo e a fare tutto quello che lui chiedeva, ma Tristan sapeva che Darkness non era solo quello. Oh lei amava il suo protettore e lo serviva instancabilmente e con devozione, ma in lei c'era qualcosa che nessuno a parte lui aveva ancora scoperto.

«Certo che sono venuta, avevi bisogno di me.»

La sua voce leggermente roca cancellò le ultime tracce di turbamento che ancora provava per ciò che era accaduto nel pomeriggio e per ciò che era venuto a fare alla festa.

«Io non ho bisogno di nessuno.»

Abbassò il capo per guardarla negli occhi mentre lei alzava il suo verso di lui.

Darkness alzò una mano e gliela posò sulla nuca poi intrecciò le dita nei suoi capelli lunghi afferrandoli.

«Certo, ma adesso sono qui e tu non mi hai ancora salutato come si conviene.»

Tristan non se lo fece ripetere due volte e stringendola in un abbraccio mozzafiato la baciò con passione.

 

Ederik puntò il suo attrezzo verso il cielo e spense la torcia che illuminava il piazzale dove si trovava in cima alla torre ovest del castello.

Quella notte come tante prima di essa si preparava a studiare le lune e le stelle che popolavano il firmamento. La prima che sarebbe apparsa quella sera era Minara, la verde, che con il suo splendore evanescente avrebbe bagnato la terra di un'aurea mistica e quasi palpabile. Dopo di lei si sarebbe alzata Lemengatis, la bianca, e il suo candore avrebbe oscurato quello più tenue di Minara.

Loca, Sira, Vifa, Yila e Rani sarebbero comparse solo a tarda notte e l'aurea viola prodotta dal loro potere sarebbe stato l'unico indizio visibile dalla loro oscura presenza in cielo. Nonostante tutto però le cinque lune nere erano importanti per la vita e l'evoluzione di Lésin Rove quanto le altre due.

Come ogni sera della Stagione dei Soli lui si sarebbe goduto lo spettacolo del firmamento studiando e annotando ogni cambiamento e nuova scoperta, nulla sarebbe stato diverso, perché avrebbe dovuto esserlo?

Con un grosso sospiro Ederik si fece cadere sulla comoda poltrona che aveva trasportato sul tetto. Forse perché quattrocento invitati si sarebbero presi gioco di lui e suo padre si sarebbe infuriato da morire?

«Tanto lo farebbero comunque.»

Anche se lui si fosse presentato alla festa la gente avrebbe sussurrato al suo passaggio e suo padre si sarebbe arrabbiato per il litigio avuto con Leine.

«Trovato! Ah se non ci fossi io!»

La figura di Alyssa sbucata sopra la sua testa immersa nei pensieri lo fece sobbalzare violentemente mentre il cuore gli saltava in gola.

«Ederik Birmangh scendi immediatamente da questo tetto e fila alla tua festa.»

Con cipiglio severo e battagliero Alyssa si piazzò dinanzi a lui a gambe leggermente divaricate con le mani puntate sui fianchi. Ancora sotto shock per lo spavento e arrabbiato Ederik si alzò facendola arretrare.

«Sparisci Ally.»

Alyssa si afferrò il mento con le dita pensierosa.

«Accidenti Ederik cosa non capisci della frase fila alla tua festa? Devo cambiare tono? Solitamente con me funziona.»

Ederik fece una smorfia incredula facendo schioccare la lingua contro la guancia.

«Ok.»

Alyssa alzò le braccia ammettendo l'eresia appena detta.

«Con me non funzionerebbe, ma con tanti altri sì.»

«Ti prego Lyssa non darmi il tormento.» voltandole le spalle si avvicinò al parapetto.

«Scendi Eddy gli invitati sono tutti presenti ormai.» era ancora seria, ma il tono autoritario di prima era scomparso.

«Non mi importa.»

«Dovrebbe.» lei lo reguardì severa.

«Ti capisco Ederik, ma per gli Dei adesso smettila di piangerti addosso e presentati di sotto.»

Ederik scosse il capo.

«Con tutto il rispetto, ma non puoi capire.»

«Cosa fai scherzi?»

Alyssa gli fu accanto in due falcate e lo strattonò facendolo voltare.

«Ogni giorno mi alzo e so che non verrà mai l'alba in cui vedrò un Dio elargirmi dei suoi favori e dentro di me muore un pezzettino ogni volta.»

«Non essere sciocca, tu sei ancora piccola.»

Lei diniegò.

«No e sai che non è così. Ormai quasi tutti gli Dei hanno fatto la loro scelta e io non avrò mai i requisiti adatti per diventare un Cavaliere degli Dei. La gente crede che io non lo sappia, ma lo so e nonostante questa consapevolezza oggi avrei ucciso Wainwrit per avermi sbattuto in faccia i miei difetti e il fatto che non sarò mai degna di un onore così grande.»

«Cosa dici?»

Ederik aggrottò la fronte e lei annuì decisa.

«Sì oggi nel tuo giardino ho fatto scoppiare un pandemonio e tu non c'eri a fermarmi.»

«Ridicolo, non ci sarei mai riuscito.»

Scosse il capo sorridendo, ma lei lo fulminò con lo sguardo.

«Esatto, ma avresti dovuto essere lì a provarci.»

Non sapendo cosa ribattere Ederik si allontanò e si sedette sulla poltrona.

«Smettila di fuggire dai tuoi doveri Eddy.» lui continuò a diniegare.

«Non concluderai nulla comportandoti così. Combattili, combatti contro tutto e tutti, ma non nasconderti.»

Ederik prese a fissare il firmamento.

«La vita non è fatta solo di combattimenti Lyssa.»

«Ma allora sei sordo!»

Alyssa fu su di lui come una furia afferrandolo per il bavero della camicia ben sapendo che non l’avrebbe mai sollevato.

«Non parlo di combattimenti, ma della forza che è in te, di quella forza che a volte riesci a far uscire e che ti rende valoroso e capace. Unisci quella forza alla tua intelligenza e diventerai migliore di qualsiasi Cavaliere degli Dei, non hai bisogno di quel titolo Ederik, tu sei il Principe di Rusgar!»

Lentamente lui gli allentò le dita della mano staccandola dalla sua camicia, allontanandola poi da sé.

«Continui a non capire...»le disse mesto.

«Lo credi davvero?»

Alyssa lo derise.

«Tu ti nascondi e sfuggi ai tuoi obblighi perché speri che la gente non ti consideri degno di divenire Re di Rusgar. Soffri perché nessun Dio ti ha scelto ma sopporti con stoicismo e dentro di te, nel tuo profondo, ne sei felice, perché se rimarrai un buono a nulla tuo padre potrebbe decidere di scegliere Leine o Arion come nuovo regnante e tu saresti libero di sposare Prudence.»

Sulle prime lui boccheggiò per come un pesce alle sue parole poi divenne rosso fuoco e si alzò di scatto nervoso.

« Come lo hai capito?» le chiese sconvolto.

«Vantaggi e svantaggi di essere il piccolo cucciolo di una famiglia influente e numerosa mio caro, sono a volte invisibile, ma tanto attenta.»

Ederik si allontanò di qualche passo furioso.

«Alyssa cavati subito dalla faccia quell'espressione soddisfatta e compiaciuta, non sono cose che ti riguardano e di cui dovresti parlare.»

«Il mondo lo sa Ederik e non è zittendo me che lo nasconderai.»

Lui si portò le mani nei capelli cominciando a camminare nervosamente attorno alla poltrona.

«Diventa l'uomo che potresti essere, fallo per lei e per il popolo di Rusgar che non si merita un simile comportamento da parte tua.»

«Alyssa!»

Disperato Ederik si fermò aprendo le braccia.

«Non posso, se sarò Re la perderò.»

«Non puoi dirlo, non puoi denigrare te stesso e metterti alla berlina per questa ragione Eddy, Prudence ti amerà lo stesso e lotterà con te, ma non lo farà da sola.»

Ederik prese a scuotere il capo tristemente e riprese a camminare agitato.

«Lei non mi ama e non rischierà mai di farlo sapendo a cosa andiamo incontro, ma io voglio avere una speranza e la manterrò viva così. Però detesto questa cosa, Xavier e Nami sono fidanzati da anni ormai e tutto va bene, perché io non posso permettermi il lusso di amare chi voglio?»

Alyssa storse il naso.

«Non a tutti fa felice questa cosa di Xavier e Nami, ma sorvoliamo.» lo intercettò nel suo impazzito andirivieni e gli poggiò le mani sul torace.

«Eddy, Eddy, Eddy ascoltami.» puntando i piedi lei riuscì a bloccarlo e a farsi guardare. «Non maledire il tuo lignaggio privilegiato perché potrebbe esserti favorevole un giorno.»

Il suo discorso fece braccia nella sua disperazione incuriosendolo.

«Spiegati.»

Ormai fuori di testa era disposto a qualsiasi cosa per uscire da quel labirinto.

«Tu sei il Principe di Rusgar e un giorno ne sarai Re, fra i tanti uno dei più influenti. Diventa anche il più giusto, il più valoroso, il più fidato e onorevole. Fai in modo di essere più in alto, più in alto di tutti e quel giorno potrai essere a un passo dai tuoi sogni perché quando ti incoroneranno Re sarai talmente tanto in gamba che la tua parola sarà sacra, sarà presa come giusta e fidata. Quel giorno Ederik perorerai il tuo amore all'Imperatore Tibos e ai Re e loro, tuoi amici e compagni di vita, sapranno che il tuo unico interesse è solo la nostra dolce Prudence e non il potere. Sono convinta che loro sorrideranno mentre daranno il loro consenso alle nozze,perchè lo faranno e lei ti amerà Eddy, ti amerà tantissimo.»

Gli occhi gli si offuscarono mentre il suo cuore si colmava di una speranza che non aveva mai sentito così viva e concreta.

«È questo che ti spinge Lyssa?»

«Ogni giorno della mia vita. Me ne infischio di quello che dice la gente, io sarò grande e amata e la gente parlerà di me in tutte le ere a venire.»

Ederik annuì non aveva nessun dubbio ora della veridicità delle sue parole profetiche.

«Vi voglio bene Lyssa, a te e a tutta la tua famiglia, non voglio fare nulla che potrebbe nuocervi.»

Alyssa lo abbracciò.

«Non lo farai, fidati di me.»

 

Plaudendo mentalmente la giovane e sorprendente Alyssa, Knich scese le scale di fretta.

Non voleva farsi trovare a origliare ma era rimasto talmente esterrefatto dalla scaltrezza e perspicacia di quella bambina che si era accorto tardi che Ederik si era deciso a scendere. Per fortuna il Principe doveva riporre le sue cose prima di farlo o lo avrebbero trovato dietro la porta ad ascoltarli.

Knich sorrise nonostante mille problemi gli occupassero la mente e solo uno era appena stato risolto. Alyssa Ready era un portento e lui sperò con tutto il cuore di essere ancora vivo e presente il giorno in cui donna, avrebbe raggiunto il suo obiettivo di grandezza perché ne era sicuro, ce l'avrebbe fatta.

«Knich? Avete trovato Ederik?»

A metà delle scale incontrò il Principe di Telnar.

«Sì, ma non sono stato io il primo.»

Orion lo interrogò con lo sguardo.

«Vostra sorella lo ha convinto a scendere e credo anche ad abbandonare la sua vita trascurata.»

«Prudence? Era sola con lui? Dannazione!»

Il Principe fece per superarlo cupo e salire le scale, ma Knich lo bloccò sbarrandogli il passo.

«Valerè, vi prego.»

Orion lo affrontò risoluto, ma lui lo rincuorò.

«Alyssa non Prudence. È lei l'artefice del miracolo, ma venite scendiamo prima che ci vedano.»

Troppo stupito il giovane si fece scortare per un gomito giù per le scale.

«Alyssa avete detto?»

Knich si adombrò.

«Non mi credete Ready?»

Orion non si risentì per il modo poco rispettoso con cui gli si rivolse, ma si affrettò a scusarsi.

«Certo che vi credo ne sono solo rimasto stupito.»

Raggiunsero il corridoio e le voci di Ederik e Alyssa gli giunsero dall'alto.

«Grazie di tutto comunque Knich, scenderò nel salone ora.»

Orion si inchinò lievemente e si allontanò, ma Knich decise di fermarlo.

«Orion.»

«Sì?»

Knich soppesò bene le sue parole mentre questi si girava.

«Dovreste… no…» si schiarì le idee e ricominciò. «Le vostre sorelle sono davvero speciali Principe, ho avuto modo di osservarle crescere di persona e attraverso i racconti di Kryan e credo che voi siate fiero di loro.»

Knich lasciò le sue parole in sospeso e Orion non deluse la sua aspettativa.

«Lo sono.»

«È per questo che credo dovreste accordare loro la vostra fiducia. Prudence è schiva e riservata, ma giudiziosa e intelligente non credo farebbe mai qualcosa che andrebbe contro il bene della sua famiglia.»

Orion valutò le sue parole mentre le voci sopra di loro si avvicinavano.

«L'amore porta ad azioni sconsiderate. È un sentimento che porta, se forte e sincero, a dimenticare ciò che è giusto o sbagliato. Odion e Alyandra ne sono stati la mia prova. Cerco solo di proteggerli.»

«Vero…» Knich annuì. «ma se fosse amore forte e sincero Orion nemmeno voi riuscireste a fermarlo, vi chiedo solo di fare attenzione, una pressione sbagliata potrebbe essere più dannosa che utile.»

«Ci penserò. Grazie per i vostri consigli.»

Orion si allontanò. Knich era davvero un ottimo mentore, ma lui non capiva ciò che voleva dire vivere con quella spada sospesa sopra la testa, lui adorava Prudence e stimava Ederik e purtroppo anche contro il suo volere avrebbe dovuto stroncare subito quel sentimento o presto sarebbe stato troppo tardi.

 

Ederik si volse per un attimo verso il grande specchio che ricopriva la parete in cima allo scalone principale del castello. Rimirò la sua immagine riflessa con occhio critico poi annuì soddisfatto.

L'abito scuro da cerimonia gli donava un aspetto sicuro e maturo evidenziando il suo fisico tonico e risaltando il verde dei suoi occhi. Lo specchio rimandò a lui la sua immagine e Ederik vide riflessa in essa la nuova tenace certezza e sicurezza che ora sentiva dentro.

Quella sera i suoi amici avrebbero conosciuto un nuovo Ederik e la sua faticosa campagna contro lo scetticismo e il disprezzo sarebbe iniziata dal momento stesso in cui avrebbe varcato le porte del salone. Li avrebbe conquistati tutti!

Sistemandosi meglio il bavero della giacca raddrizzò le spalle. L'indomani sarebbe partito per un addestramento faticoso così come aveva deciso Leine e avrebbe portato con sé solo i suoi amici più fidati, coloro che lo avrebbero poi seguito nella sua ascesa al trono.

I Principi di Lésin Rove avrebbero imparato molto presto ad amarlo e rispettarlo e non avrebbe fallito nella sua impresa per niente al mondo.

Ederik si volse verso lo sfarzo dell'ingresso del suo castello, Solaire e scosse con vigore il capo. Quell'immagine di ricchezza e solida sicurezza non sarebbe più stata per lui una fuga, quel luogo non sarebbe più stato un comodo e facile nascondiglio, si sarebbe conquistato amore e gloria su tutta Lésin Rove così che il mondo intero avrebbe imparato a fidarsi di lui, a contare sul suo appoggio e a rispettarlo.

«Ederik…»

Al suono di quella voce incerta a lui tanto cara il suo sguardo corse al corridoio.

La figura longilinea di Prudence apparve ai piedi dello scalone. I lunghi capelli biondi erano sciolti sulle esili spalle e il suo viso sereno e luminoso reso ancora più brillante dalla sopravveste azzurra. Nonostante la sua espressione incerta lei gli sorrise dolcemente.

«Ti aspettavo.»

Ederik si beò della sua immagine guardandola rapito.

La sua voce, era fuoco fuso che gli colmava le vene di forza, la sua figura armoniosa, determinazione che accrebbe le sue risoluzioni per il futuro, il suo viso, amore che gli strinse il cuore in una morsa ferrea. Da quel dì avrebbe lottato contro il mondo perché lei potesse diventare sua.

Prudence inclinò il capo in attesa di una sua reazione e il suo movimento lo riscosse dall'incanto.

«Se non fossi venuto? Come facevi a sapere che sarei sceso dopo quello che hai visto oggi?»

Il viso di Ederik si indurì mentre il ricordo di lei sconvolta mentre lui correva dentro al castello lo ferì profondamente.

«Penserai che sono uno sciocco, il mio comportamento è stato imperdonabile.»

Il sorriso che le fece fu amaro.

«Che brutta immagine di me che ti ho mostrato, mi considererai un buono a nulla.»

La risata argentina di lei lo colse alla sprovvista. Non aveva potuto vedere i suoi occhi ridenti perché aveva abbassato lo sguardo colmo di vergogna e non si era certo aspettato un simile sfoggio di ilarità. La guardò, ma in lei non vide derisione ma solo bonaria compassione.

«Ederik, dovrò aggiungere la presunzione ai tuoi difetti, non lo avrei mai pensato.» lui aggrottò la fronte perplesso.

«Presunzione?»

«Sì.» Prudence divenne seria. «Presunzione di sapere cosa penso di te. Tu non sai cosa penso o non ti saresti stupito di trovarmi qui ad aspettarti.»

Involontariamente Ederik arretrò di un passo colpito dalle sue parole serie.

«Non è il momento questo per aprirti il mio cuore e dirti quello che penso di te Eddie.»

Il suo cuore mancò un battito mentre Prudence lo fissava dritto negli occhi.

«Ma voglio dirti una cosa sola. Nasconditi dal mondo perché ti fa paura o indifferenza. Fuggi ai tuoi doveri e agli scherni perché non vuoi la responsabilità del regno e non ti piace combattere, ma non farlo per me.»

Ederik fece per replicare ma lei lo zittì.

«Ti ho visto oggi, hai lottato finché non ti sei accorto della mia presenza poi ti sei arreso. Non è giusto questo, io non lo voglio.»

Le sue mani si strinsero l'un l'altra con forza.

«Quello che provo per te non cambierebbe se tu fossi un codardo, un poveretto, un Re o un Cavaliere, ma non mi piace vederti soffocare la tua natura che vuole essere qualcosa di più per amor mio. Non lo accetto e mi allontanerò da te se continuerai a comportarti così.»

«Non lo farò.» questa volta la interruppe risoluto facendo un passo nella sua direzione. «Qualcuno a te molto caro mi ha fatto vedere le cose nella giusta prospettiva, evidenziando il mio errore e indirizzandomi verso una strada che non aveva valutato. Da oggi in poi non dovrai più vergognarti di me, ti darò la mia parola che sarò migliore.»

«Io non mi sono mai vergognata di te!»

Con gli occhi lucidi per l'emozione Prudence fece un passo verso le scale.

«Sarai al mio fianco Prudence?»

Quelle parole dette di getto gli mozzarono il respiro in gola mentre il suo viso diveniva scarlatto per l'imbarazzo. Prudence si illuminò di un sorriso radioso.

«Io sarò sempre al tuo fianco.» alzò una mano verso di lui. «Perché ti avrei aspettato qui se non lo fossi. Andiamo mio Principe, facciamo vedere al mondo di che pasta siamo fatti.»

Il cuore di Ederik prese a battere furiosamente e in un baleno fu dinnanzi a lei scendendo le scale di corsa. Le prese la mano con delicatezza e se la portò alle labbra.

«Riuscirò a conquistare il popolo e la fiducia dei Re, Prudence e allora potrò conquistare il tuo cuore e il diritto di averti e sarai orgogliosa di me.»

Ubriaca di felicità Prudence scosse piano il capo.

«Che testone che sei Eddie. Io sono già orgogliosa di te e il mio cuore è già tuo.»

 

Al loro ingresso nella sala il silenzio calò su tutti i presenti.

Ederik strinse forte la mano di Prudence posata sul suo braccio e alzò il capo fiero. Leine sedeva accanto alla loro madre sui troni reali e quando i loro occhi s'incontrarono a lui parve di cogliere un guizzo di sorpresa nei suoi. Poi ella sorrise annuendo con il capo in un gesto di piena approvazione.

Ederik mosse un passo all'interno del salone e fece per dirigersi verso i genitori quando una voce ruppe il mormorio della sala che era andato crescendo, dopo il primo attimo di imbarazzante silenzio.

«Auguri infiniti al nostro Principe, gloria e onore al futuro Re di Rusgar.»

Ederik seguì gli sguardi increduli dei presenti e giunse al latore di quei sinceri e accorati auguri. Willard in piedi sulla panca svettava sulla folla riunita con un calice in mano. Moran che tentava di tirarlo giù s'avvide dell'attenzione generale e con finta indifferenza mollò la presa sulla sua tunica e iniziò a battere le mani.

A quel suono tutti seguirono il suo esempio e la sala intera scoppiò in un fragoroso applauso accompagnato da un coro unanime di auguri. Ederik sarebbe scoppiato a ridere di gusto se la situazione lo avesse permesso, ma mantenendo con riserbo il contegno sorrise solo ringraziando con il capo tutti presenti. Quando scrutò il viso di Prudence lo vide rilassato e aperto in un gioioso sorriso.

«Auguri Ederik.»

La voce soave di Scarlet lo distolse dall'incanto dagli occhi della sua amata.

La Principessa di Alturius lo avvicinò e sporgendosi a baciargli le guance gli consegnò un enorme mazzo di rose rosse.

«Sono felice che tu sia qui Ederik. Ci dispiace molto per quello che è successo oggi non accadrà più te lo prometto.»

Ederik accettò il suo dono commosso.

«Grazie Scarlet, anch'io sono felice di essere qui e anch'io ti prometto una cosa…» lei inclinò il capo di lato in attesa. «… io non permetterò più che accada. Da oggi in poi chiunque potrà sempre contare sulla protezione dei membri del casato reale di Rusgar e il nostro valore non verrà mai più messo in dubbio. Saremo...sarò il pilastro forte su cui tutti potranno sempre appoggiarsi e contare e non una trave malconcia della cui sicurezza dubitare.»

«E così sarà.»

Scarlett annuì poi scoppiò a ridere.

«Permettetemi di unirmi a voi ragazzi.»

Prese Ederik per l'altro braccio e sorridendo a Prudence si avviò trascinandoseli dietro verso il punto in cui erano riuniti tutti gli altri Principi.

 

Rhiannon si appoggiò alla colonna alle sue spalle contenta.

Aveva temuto, come tutti del resto, che Ederik non si sarebbe fatto vivo quella sera, scatenando una reazione di malcontento e sfiducia sui presenti di cui avrebbe poi risentito l'intero regno di Rusgar.

Lésin Rove ruotava già da un po' di tempo immerso in una fitta nebbia di cupa incertezza e un piccolo cedimento nella solida muraglia di forza e potere di uno dei Regni più influenti avrebbe potuto far piombare il loro mondo ancora più nel caos. Chissà se Ederik si era accorto di quello che avrebbe potuto causare la sua scenata di quel giorno se non fosse finita nel migliore dei modi.

Tradendo la sua inquietudine Rhiannon si avvolse un ricciolo biondo attorno al dito indice della mano.

Lei sapeva cose di cui avrebbe voluto verificare la veridicità assieme agli altri Cavaliere degli Dei, ma un velo di insicurezza opprimente la frenava dal chiedere consiglio agli altri.

Nonostante la magia fosse ben accolta sul Lésin Rove, le streghe con poteri particolari come lei e Kyrsen non erano viste di buon occhio e spesso aveva parlato delle sue visioni davanti a visi increduli e annoiati.

I Principi le avrebbero creduto se lei avesse raccontato delle strane visioni che la tormentavano? L'avrebbero ascoltata e capita se gli avesse interrogati ponendogli quelle domande che da tempo la tenevano sveglia la notte? Le stelle le parlavano. Nelle sue consultazioni astrologiche loro mormoravano di fatti strani e oscuri che accadevano sul Lésin Rove, ma quando tornava nel piano terreno attorno a lei tutto sembrava tranquillo e normale e allora si chiedeva a cosa dovesse credere.

Come fare a capire senza destare sospetti, senza essere additata come visionaria o addirittura rivoluzionaria?

Riportò l'attenzione su Ederik che in quel momento si accingeva presso i fratelli di Ictar e nell'istante in cui con malcelato discontento Wainwrit, sotto l'occhio vigile di Tristan, si inginocchiava dinanzi al Principe di Rusgar, accadde!

L'aria si fece improvvisamente irrespirabile e Rhiannon si sentì soffocare, si staccò dalla colonna muovendo qualche passo e portandosi una mano alla gola mentre la vista le si offuscava.

Nessun suono di aiuto riuscì ad uscire dalle sue labbra e un attimo dopo non era già più lì.

Immobile, inebetita, la giovane divenne nuovamente spettatrice involontaria di un futuro lontano, di un mondo che non conosceva come reale. I volti attorno a lei mutarono, ma questa volta la scena rimase nel luogo in cui lei si trovava poco prima, su Rusgar nel palazzo reale.

Ederik e Prudence erano la e inchinato ai loro piedi Wainwrit chiedeva clemenza... al Re!

Rhiannon sbarrò gli occhi.

Ederik era Re, ma come così chiaramente sapeva che quei giovani uomini e donne attorno a lei erano i suoi amici, così come visivamente faticava a riconoscere in quei volti gli amici di un tempo.

Qualcosa era cambiato… Lésin Rove era cambiato e i protagonisti della storia della vita che le scorreva dinanzi avevano qualcosa di diverso e inquietante. Una giovane donna dai corti capelli neri con una bellissima tiara di diamanti le si fece vicina con volto preoccupato.

«Ritorna in te Rhiannon.»

Con uno scatto la giovane si rizzò a sedere respirando a pieni polmoni.

Alyssa in ginocchio al suo fianco le stringeva una mano mentre Kilian Nysseswar,cavaliere di Scarlet, le circondava le spalle con un braccio. Diverse persone avevano fatto cerchio attorno a lei che evidentemente era svenuta.

«Rhiannon sei di nuovo in te meno male.»

Alle parole di Alyssa lei corrugò la fronte confusa alla ricerca di un ricordo, di un collegamento che ora le sfuggiva mentre il tono di ella e le sue parole facevano riapparire per un attimo il volto della donna che si frappose al suo.

Possibile che fosse stata l’Alyssa del futuro? Eppure era così diversa!

«Rhiannon vi sentite meglio?»

L'ultimo barlume della visione se ne andò al suono delle parole di Kilian e il brusio della gente attorno a lei che parlottava la colpì infastidendola. L'avevano sentita parlare mentre era incosciente? Cosa aveva detto?

«Lasciatemi, sto bene!»

Allontanò il ragazzo rabbiosa e si appoggiò ad Alyssa per rialzarsi.

«Kilian ti ha afferrata prima che tu battessi la testa. Cosa ti è accaduto?»

Ancora confusa lei non rispose. Ancora una volta Lésin Rove era mutato sotto i suoi occhi, nella sua mente. Ancora una volta visi sconosciuti prendevano le sembianze dei Principi dei Regni. Doveva parlare con qualcuno o sarebbe impazzita.

«Alyssa, dov'è tuo fratello?»

«Orion?»

Stupita dalla sua domanda lei ci mise un attimo a registrarla, ma quando lo fece le indicò l'altro lato della sala.

«Laggiù, ma… Rhiannon.»

Kilian fece per riafferrarla quando la vide barcollare di nuovo, ma con un'occhiata glaciale lei lo allontanò.

«Sto bene. Grazie per prima, ma ora devo raggiungere Orion.»

Cadaverica e tremante scansò di malagrazia la gente dinnanzi a lei e si allontanò. Alyssa rimase a fissarla incredula poi guardò Kilian e fece spallucce.

«Che vuoi dire, quella tipa è davvero stramba.»

Alyssa lo lasciò solo e Kilian seguitò a seguire la figura bionda che si faceva largo tra la folla serrando i pugni. Avrebbe fatto meglio a girarle alla larga d'ora in poi, Rhiannon Fraystor era ben al di sopra di uno come lui e non lo avrebbe mai degnato di alcuna attenzione.

«Sei un uomo fortunato Orion di Telnar.»

 

   
 
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