Storie originali > Storico
Segui la storia  |       
Autore: Star_Rover    12/07/2020    7 recensioni
Fronte Occidentale, 1917.
La guerra di logoramento ha consumato l’animo e lo spirito di molti ufficiali valorosi e coraggiosi.
Dopo anni di sacrifici e sofferenze anche il tenente Richard Green è ormai stanco e disilluso, ma nonostante tutto è ancora determinato a fare il suo dovere.
Inaspettatamente l’ufficiale ritrova speranza salvando la vita di un giovane soldato, con il quale instaura un profondo legame.
Al fronte però il conflitto prosegue inesorabilmente, trascinando chiunque nel suo vortice di morte e distruzione.
Genere: Angst, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
XXI. L’ultima speranza


Il tenente Foley fu costretto ad interrompere la marcia, gli uomini erano ormai esausti. Avevano sostenuto il passo per ore, avanzando nel mezzo della bufera.
William consultò la mappa, la meta non era troppo distante, ma ciò significava anche che si stavano avvicinando al nemico. Di certo non avrebbero potuto affrontare uno scontro in quelle condizioni.
«Ci accamperemo qui per qualche ora, approfittatene per riposare. Ripartiremo prima dell’alba, non sappiamo che cosa ci sarà ad attenderci sulla strada di Flesquieres, quindi dovremo essere pronti ad affrontare qualsiasi pericolo»
I suoi sottoposti annuirono in silenzio.
«Le vite dei nostri compagni dipendono da noi, sapete bene qual è il nostro dovere» aggiunse Foley per ricordare a tutti il reale motivo per cui stavano portando avanti quella rischiosa missione.
I soldati scavarono buche nella neve e nel terreno ghiacciato per trovare un riparo per la notte.
William tornò verso il sentiero in compagnia di un esploratore.
«Signore, lei crede davvero di poter salvare quegli uomini?» chiese il soldato.
L’ufficiale prese un profondo respiro: «purtroppo non posso avere alcuna certezza, ma lo spero dal profondo del mio cuore»
«La sua decisione è davvero ammirevole» commentò l’altro con sincerità.
«Stiamo per andare incontro al nemico, di certo non è una mossa prudente»
«Abbiamo un buon motivo per rischiare le nostre vite, si tratta di una missione di salvataggio»
«Non sappiamo che cosa potrebbe attenderci a Flesquieres»
«In ogni caso noi saremo pronti a combattere»
«Qualsiasi cosa accadrà sarà mia la responsabilità»
L’esploratore notò l’espressione preoccupata del suo superiore, poteva ben comprendere i suoi dubbi e le sue incertezze.
«Io mi fido di lei» ammise guardando il tenente negli occhi.
«Spero di non tradire la tua buona fede nei miei confronti»
«Nessuno potrebbe accusarla per quello che ha fatto»
Foley rifletté su quelle parole, temeva che il suo coinvolgimento personale a riguardo di quella faccenda potesse compromettere il suo arbitrio, ma ormai era troppo tardi per avere ripensamenti.
 
William proseguì da solo per raggiungere il successivo posto di guardia, la sua visuale era limitata all’area davanti a lui illuminata dalla torcia. Il silenzio della foresta era suggestivo e inquietante. L’ufficiale tentò di ignorare le ombre che sembravano muoversi alle sue spalle, consapevole che era la sua mente ad ingannarlo.
Ad un tratto notò due figure correre verso di lui, le sentinelle giunsero ansimando.
«Signor tenente, abbiamo sentito dei rumori nel bosco…»
«Che genere di rumori?»
«Abbiamo riconosciuto dei passi e delle voci, ma erano troppe confuse per poter riconoscere in che lingua stessero parlando»
Foley impugnò il fucile: «forza, venite con me. Dobbiamo scoprire di che si tratta»
I due soldati si scambiarono un’occhiata perplessa, di certo avventurarsi nel bosco di notte con il rischio di incontrare il nemico non era affatto una scelta ragionevole.
«Provengono dalla strada di Flesquieres, se sono tedeschi probabilmente appartengono a un distaccamento in avanscoperta» disse William con un sussurro.
«Ciò significherebbe che stanno organizzando un contrattacco»
«Per come stanno le cose questa è un’eventualità alquanto improbabile, oppure la situazione è decisamente peggiore di quanto avessimo considerato»
I tre inglesi si appostarono tra gli alberi a lato del sentiero. William poggiò la schiena contro un grosso tronco nodoso. Strinse l’arma tra le mani, il suo sguardo rimase fisso davanti a sé, i battiti rallentarono mentre il suo respiro si fece quasi impercettibile.
Pian piano nella nebbia comparvero alcune ombre, una piccola colonna di soldati stava avanzando faticosamente nella neve. Riconoscendo le divise britanniche Foley uscì allo scoperto, il timore iniziale si tramutò in curiosità. Il tenente si sorprese nel trovare una ventina di soldati, stremati dal freddo e dalla fatica.
A lui si avvicinò un sottufficiale che si presentò come il sergente Redmond.
«Grazie a Dio vi abbiamo trovato…abbiamo bisogno di aiuto per soccorrere i feriti»
Foley ordinò ai due soldati di correre all’accampamento per chiamare il dottore e alcuni uomini per fornire assistenza, poi rivolse al sergente uno sguardo inquisitorio.
«Provenite da Flesquieres?»
L’uomo provò una certa soggezione nell’osservare le sue iridi smeraldo così intense e penetranti.
«Avevamo l’ordine di occupare il villaggio, ma siamo caduti in un’imboscata»
«Dunque questi uomini appartengono al plotone del tenente Green?»
Egli annuì.
«Immagino che lui non sia con voi…»
Il sottufficiale negò tristemente: «no signore, il tenente mi ha ordinato di portare al sicuro i feriti, ma lui è rimasto a combattere insieme ai nostri commilitoni»
Foley tentò di non esternare la propria preoccupazione, senza aggiungere altro sorpassò il sergente per valutare lo stato di quei soldati. William ebbe prova che quegli uomini dovessero aver combattuto in condizioni terribili, sembravano appena tornati dalla bocca dell’Inferno, molti di loro erano gravemente feriti, ustionati e mutilati.
L’ufficiale si chinò su una barella sulla quale era disteso un soldato completamente avvolto da bende e coperte insanguinate. Al suo fianco era rannicchiato uno dei portatori, il quale gli rivolse uno sguardo implorante.
«Signore, la prego…il mio compagno è in gravi condizioni, ha bisogno dell’aiuto di un medico»
William tentò di rassicurarlo: «il dottore arriverà presto»
Egli tornò ad osservare il volto orribilmente deturpato di quell’uomo.
«Che cosa gli è successo?» chiese con titubanza.
«Stavamo cercando un passaggio sicuro attraverso il villaggio quando il mio commilitone è stato coinvolto in un’esplosione»
Il tenente abbassò tristemente lo sguardo.
«È stata colpa mia, non avrei dovuto lasciarlo andare…sapevo che era pericoloso…»
«Non dovresti sentirti responsabile» concluse Foley prima di allontanarsi.  
 
Hugh, rimasto solo, tentò di trattenere i singhiozzi. Aveva fatto il possibile per salvare il suo compagno, anche quando il dottor Jones gli aveva rivelato le sue tristi condizioni non si era rassegnato. Aveva trasportato la sua barella per tutto il tragitto, senza mai chiedere il cambio. Ormai nulla aveva più importanza, doveva solo portare il soldato Dawber al sicuro.
Era ancora perso in questi pensieri quando finalmente si presentò a lui un ufficiale medico accompagnato dal suo assistente. Immediatamente i due si occuparono di controllare le condizioni del ferito.
Hugh si affrettò ad informare la coppia di soccorritori: «il dottor Jones ha detto che deve essere operato al più presto»
«Il vostro medico non è venuto con voi?»
Hugh negò: «ha voluto restare a Flesquieres, i nostri compagni hanno ancora bisogno di lui»
«Senza dubbio è un uomo ammirevole»
Il soldato era della stessa opinione, ma ben presto tornò a preoccuparsi per il suo commilitone.
«La prego, mi dica che può fare qualcosa per salvarlo!»
L’espressione afflitta del dottore non fu affatto rassicurante.
«Mi dispiace, ma non può essere operato in queste condizioni»
«Ci sarà pure qualcosa che possiamo fare!» gridò il giovane ormai al limite dell’esasperazione.
«L’ospedale più vicino è ad Havrincourt, possiamo trasferire i feriti più gravi, ma…»
Hugh guardò quell’uomo negli occhi: «avanti, mi dica la verità»
Il medico esitò prima di rispondere: «non voglio illuderti, il tuo amico non ha molte possibilità di sopravvivere»
In altre circostanze Hugh avrebbe ribattuto sottolineando il fatto che il soldato Dawber non fosse suo amico, non si erano mai considerati in quel modo, il loro rapporto era diverso, non erano mai stati troppo intimi. Ad unirli però era qualcosa di anche più profondo, avevano combattuto insieme numerose battaglie, restando uno a fianco dell’altro, proteggendosi a vicenda senza mai richiedere nulla in cambio. Per un buon soldato l’istinto di aiutare un compagno in difficoltà era qualcosa di innato. Forse era a questo che si riferivano i suoi superiori quando parlavano di cameratismo, quella parola tanto elogiata spesso appariva priva di significato, ma nel dolore e nella sofferenza riacquisiva in pieno tutto il suo valore.
Hugh tentò di farsi coraggio.
«Io…devo provare a salvarlo» affermò con decisione.
Il medico si commosse nel sentire quelle parole: «mi occuperò di sistemare le fasciature e di somministrargli un po’ di morfina per il dolore…di più non posso fare»
 
Dopo un’attesa che gli parve interminabile Hugh ebbe la possibilità di ricongiungersi con il ferito.
Prontamente saltò sull’ambulanza e si accovacciò accanto alla barella su cui era disteso il soldato Dawber. L’analgesico stava iniziando ad avere effetto, il ferito aveva smesso di lamentarsi, finalmente poteva riposare.
Il suo compagno sistemò premurosamente la coperta per proteggerlo dal freddo.
Hugh osservò con apprensione e rammarico il suo commilitone, metà del suo volto era coperto dalle bende, per un istante rivide il suo viso orribilmente deturpato. Inevitabilmente nella sua mente riaffiorarono vecchi ricordi, quelle memorie lo riportarono al suo primo incontro con il soldato Dawber.
In realtà era stata la sua fama a precederlo, Hugh aveva sentito numerose storie su di lui prima di conoscerlo di persona. La più nota tra i soldati del reggimento era anche la più macabra, si diceva che Dawber avesse sparato a sangue freddo ad alcuni prigionieri durante la battaglia della Somme. L’unico che avrebbe potuto confermare o smentire quella versione dei fatti era il tenente Green, ma le poche volte in cui qualche spudorato curioso aveva tentato di chiedere informazioni all’ufficiale aveva ottenuto solamente severi rimproveri.
Hugh non aveva dato troppa importanza a quella faccenda dopo aver conosciuto il soldato Dawber. L’aveva sempre considerato un buon compagno, era un uomo freddo e risoluto, ma questo non faceva di lui un mostro. Se veramente aveva ucciso in modo così spietato quei prigionieri di certo doveva esserci stato un valido motivo.
Era strano, in tutto quel tempo non avevano mai approfondito il loro rapporto, eppure c’erano state occasioni in cui si erano confidati l’uno con l’altro. In quel momento ripensò alla prima volta in cui Dawber si era mostrato gentile e comprensivo nei suoi confronti.
 
Hugh si era arruolato nell’esercito quasi un anno dopo l’inizio del conflitto. Aveva deciso di fare il suo dovere per la Patria, scegliendo di combattere per proteggere la sua Nazione e la sua famiglia.
Si era sposato da pochi mesi, era partito per la guerra lasciando la sua giovane moglie senza alcuna promessa, non aveva voluto illuderla a riguardo del proprio destino. Con la prima lettera ricevuta al fronte aveva appreso che sarebbe diventato padre.
Quella notte l’aveva trascorsa condividendo il turno di guardia con il soldato Dawber. Era così agitato e nervoso che nemmeno il suo burbero compagno aveva potuto ignorarlo. Così per la prima volta aveva mostrato interesse nei suoi confronti.
«Che succede? Qualcosa non va?» aveva domandato con una certa discrezione.
In quel momento Hugh aveva sentito il bisogno di confidarsi.
«Io…oggi ho ricevuto una lettera»
«Cattive notizie?»
«No, affatto. Mi ha scritto mia moglie e…a quanto pare presto diventerò padre»
Dawber era rimasto impassibile: «è questo a preoccuparti?»
«Non potrei essere più felice all’idea di avere una famiglia, ma allo stesso tempo ho paura di non poter tornare, di non vedere mai mio figlio e di non poterlo stringere tra le mie braccia»
«Allora dovrai fare il possibile per restare vivo»
«Non posso negare la realtà, sono consapevole di ciò che attende un soldato in battaglia»
«Hai una valida ragione per combattere, dovrebbe essere una tua forza e non una tua debolezza»
Hugh aveva trovato conforto in quelle parole, nonostante tutto il suo compagno gli stava donando ancora speranza.
«Sai, ti ho visto l’altro giorno mentre ti prendevi cura di quella recluta impaurita, sono certo che sarai un ottimo padre»
«Lo pensi davvero?»
Egli aveva annuito: «in questo momento però dovresti pensare solo ad essere un buon soldato»
 
Quella era stata una delle poche conversazioni che avevano avuto nel corso di quegli anni. Sul campo di battaglia non avevano mai avuto modo di approfondire quel legame, il loro era sempre rimasto un rapporto tra commilitoni, fondato sulla lealtà e sul rispetto reciproco.
Solamente in altre rare circostanze Hugh si era confidato con lui, ogni volta che parlava della sua famiglia Dawber lo ascoltava in silenzio, la sua espressione sempre seria e severa sembrava rasserenarsi, il suo sguardo impenetrabile diventava triste e malinconico.
In una di quelle occasioni era venuto a conoscenza del suo misterioso passato.
 
I due soldati si erano ritrovati soli davanti alle braci, Hugh era rimasto a lungo in silenzio ad osservare l’aria assorta del suo compagno. 
«Posso farti una domanda?» aveva azzardato.
Sorprendentemente Dawber aveva annuito.
«In tutto questo tempo non ti ho mai visto scrivere o ricevere lettere…so che non sono affari miei, ma…davvero non hai nessuno in Inghilterra?»
Egli aveva scosso le spalle: «non ho nessuno che attende di ricevere mie notizie»
«Non mi hai mai detto nulla sul tuo passato»
«È davvero così importante per te?»
«Tu sai praticamente tutto di me. Io invece come posso fidarmi di te senza conoscerti?»
Il suo commilitone aveva riflettuto qualche istante.
«D’accordo, se ritieni che sia necessario per essere leale nei miei confronti allora ti racconterò la mia storia»
Hugh aveva sussultato per quella risposta inaspettata: «non intendo obbligarti se non vuoi»
«Io mi fido di te»
L’altro si era sentito onorato da quelle parole.
«Dunque, per iniziare Dawber non è il mio vero cognome»
Hugh aveva mostrato curiosità e interesse.
«Da bambino sono cresciuto in orfanotrofio, allora mi chiamavano solamente Jack. A dodici anni sono scappato e ho iniziato a vivere per strada. Ero bravo a cacciarmi nei guai, il mio soprannome acquisì presto un significato denigratorio, tutti dicevano che avrei fatto la stessa fine di Jack the Lad [*]»
«Devi aver affrontato un periodo davvero difficile»
«Già, ma ho imparato a cavarmela da solo. A quindici anni ho lasciato la città e ho trovato lavoro come bracciante in una fattoria. Il signor Dawber si è preso cura di me e mi ha accolto nella sua famiglia come un figlio»
«È per questo che hai preso il suo cognome?»
«No…l’ho cambiato quando mi sono sposato»
Hugh si era sorpreso per quella rivelazione.
«Mi sono innamorato della figlia del signor Dawber nel primo istante in cui l’ho vista. Ero soltanto un ragazzino, ma già ero certo che lei sarebbe stata l’unica donna della mia vita»
Il suo commilitone aveva sogghignato: «devo ammetterlo, non ti credevo così romantico»
«È passato molto tempo. Per anni abbiamo nascosto la nostra relazione, ma quando mi sentii pronto raccontai la verità al signor Dawber e gli chiesi la mano della figlia. Dovetti impegnarmi molto per convincerlo, alla fine egli accettò. Io non ero affatto un buon partito, ma avevo dimostrato di essere pronto a cambiare vita e a prendermi le mie responsabilità»
«Quella ragazza doveva essere davvero speciale per riuscire a conquistare un cuore di pietra come il tuo»
«Stavamo bene insieme, abbiamo avuto due splendidi bambini, per un po’ ci siamo illusi di poter diventare una bella famiglia felice»
«Poi che è successo?»
«Nonostante i miei sforzi eravamo sempre senza soldi, eravamo costretti a compiere enormi sacrifici e quasi vivevamo di stenti. Non potevo permettere che i miei figli patissero la fame. Così alla fine ho ceduto e sono tornato alle vecchie abitudini…in fondo gli altri avevano ragione, non sono mai stato altro che un criminale. Ho capito di aver toccato il fondo quando mi hanno arrestato. Avevo deluso le persone più importanti della mia vita, per questo ho deciso di sparire»
«Che cosa significa?»
«Ho fallito come marito e come padre, ero convinto che non avrei potuto rimediare ai miei errori. Mia moglie e i miei figli meritavano di meglio. In prigione mi hanno offerto di scontare la mia pena nell’esercito, così ho accettato, da allora non sono più tornato»
«Davvero non hai più fatto ritorno a casa?»
«Ho sempre provveduto alla mia famiglia, ma ho scelto di non avvicinarmi più a loro. Non l’ho fatto per sfuggire alle mie responsabilità, soffro ogni giorno per la loro mancanza, ma non avrei potuto restare»
«Non pensi mai che loro abbiano bisogno di te?»
Dawber aveva negato: «ho già causato troppo dolore alle persone che amo»
«Non dovresti essere così duro con te stesso»
«Ho già avuto la mia seconda occasione, non mi ritengo più degno di perdono»
Hugh era rimasto profondamente colpito da quella storia.
«Mi dispiace, io…non sapevo nulla di tutto ciò»
Il suo compagno aveva sorriso tristemente: «quando mi parli della tua famiglia penso a come sarebbero potute andare le cose se non avessi rovinato tutto…»
«Forse non è troppo tardi»
Dawber aveva scosso la testa: «adesso sai perché non temo questa guerra, ormai non ho più nulla da perdere»
 
Quella era stata l’unica volta in cui Dawber si era esposto sul suo passato, non avevano più affrontato quell’argomento. Da quel momento però Hugh si era sentito più vicino al suo compagno, riuscendo anche a comprendere i motivi della sua ricercata solitudine e di quell’atteggiamento spesso freddo e distaccato.
Avrebbe desiderato fare qualcosa per lui, non riteneva giusto che egli continuasse ad espiare i suoi peccati.
Hugh tornò alla realtà stringendo la mano del compagno ferito, era certo che Dawber avesse mentito, in realtà era ancora legato alla sua famiglia, ogni decisione che aveva preso a partire dal suo abbandono era stata determinata dall’amore per sua moglie e i suoi figli. Era convinto che anche in quella situazione così drammatica egli stesse cercando conforto nelle sue memorie.
Hugh volle credere in tutto questo perché era consapevole che per lui il ricordo delle persone amate restava l’unico appiglio alla vita, era davvero la sua ultima speranza.

 
Il tenente Foley rinunciò ad una parte dei suoi uomini perché questi potessero occuparsi dei feriti. Mentre i suoi commilitoni tentarono di riposare in quel poco tempo rimanente l’ufficiale cercò di apprendere il più possibile su ciò che era accaduto a Flesquieres.
Redmond raccontò tutto senza tralasciare alcun particolare.
«Il tenente Green non è uno sprovveduto, non ha commesso alcun errore»
«Lo so, conosco molto bene Richard»
Il sottufficiale rimase sorpreso per la confidenza dimostrata da quell’ufficiale nei confronti del suo comandante.
«Dunque saprà già che Green non sarebbe mai disposto ad abbandonare i suoi uomini in difficoltà»
«Probabilmente sono in arrivo rinforzi dalla Linea Hindenburg, entro ventiquattro ore questa zona sarà invasa da truppe tedesche fresche e riposate»
«Come pensa di poter conquistare il villaggio in queste condizioni?»
«Nemmeno io sono uno sprovveduto sergente. Il tenente Green non potrà resistere a lungo, ma con il supporto dei miei uomini potremmo tentare di difendere l’avamposto fino all’arrivo delle divisioni scozzesi»
Redmond approvò il piano del suo superiore, quella era davvero l’ultima speranza. Il sottufficiale notò l’espressione crucciata sul volto di Foley.
«Mi deve scusare per l’impertinenza, ma lei sembra davvero preoccupato per il tenente Green» azzardò.
William mantenne lo sguardo fisso sulla carta topografica: «come le ho già detto conosco personalmente Richard e intendo fare tutto il possibile per salvarlo»
Redmond poté comprendere la sua apprensione: «allora entrambi abbiamo lo stesso obiettivo»
«La sua lealtà nei confronti del tenente è lodevole»
«Per qualsiasi cosa può fare affidamento su di me»
Foley studiò attentamente la mappa del villaggio: «allora può iniziare subito, ho bisogno di lei per pianificare l’attacco»
Redmond non esitò a fornire al tenente qualsiasi informazione utile, era disposto a tentare qualsiasi cosa pur di salvare Green e i suoi commilitoni.
 
***

Finn cedette alla stanchezza, si addormentò rannicchiandosi contro la parete, abbracciato al suo fucile. Appena richiuse gli occhi davanti a sé rivide il corpo inerme del tedesco, immaginò di ritrovarsi di fronte al cadavere, con l’arma che tremava tra le sue mani. Il ragazzo poteva percepire le medesime sensazioni, il freddo penetrava attraverso i vestiti e le esplosioni echeggiavano in lontananza.
Intorno a lui tutto era avvolto da un’intensa nebbia, tutto ciò che poteva vedere era la neve sporca di sangue. Ricordava ogni particolare di quel volto pallido, la cui espressione era ancora contratta dal terrore. Lo sguardo del tedesco era rivolto verso l’alto, quegli occhi vitrei e privi di essenza vitale sembravano fissarlo, scrutando dentro la sua anima, ormai non più innocente.
Non mi hai lasciato altra scelta, ho dovuto sparare…questa è la guerra.
Quelle parole svanirono nel vento, tutto ciò che rimase fu quel corpo, quel volto, quell’uomo che aveva smesso di vivere a causa sua.
 
Finn si risvegliò sussultando, a stento trattenne un grido di terrore. Aveva il respiro affannato e la fronte madida di sudore, il cuore batteva freneticamente nel suo petto.
«Coogan, calmati…va tutto bene»
Il ragazzo si rassicurò riconoscendo la voce del caporale. Guardandosi intorno nella penombra riconobbe anche gli altri due compagni, uno era di guardia vicino alla finestra, mentre l’altro era rimasto accanto alla porta.
Quest’ultimo si rivolse a Speller: «spero che lei abbia in mente qualcosa, non possiamo continuare a nasconderci come topi!»
«Al momento l’unica alternativa è quella di consegnarci al nemico» rispose amaramente.
«Non dobbiamo perdere la speranza, i nostri compagni sanno che siamo in pericolo e faranno di tutto per aiutarci» si intromise Finn. 
«E se invece decidessero di abbandonarci qui?» replicò il soldato.
«Il tenente Green non potrebbe mai permetterlo, giusto caporale?»
Speller rimase in silenzio.
Finn notò l’espressione afflitta sul volto del suo superiore.
«Non mi dica che anche lei ha perso fiducia nel nostro comandante!»
«Mi dispiace ragazzo, ma il tenente deve pensare al bene dell’intero plotone, e per come stanno le cose per i nostri commilitoni l’unica possibilità di salvezza è la ritirata»
«No, lei si sbaglia! Sono certo che Green stia già cercando il modo per giungere in nostro soccorso» insistette il giovane stringendo i pugni per la rabbia. In quel momento si sentì tradito dai suoi stessi compagni.
Speller gli rivolse uno sguardo triste e disilluso, ancora una volta si stupì per l’ingenuità di quel ragazzo, e provò compassione nel constatare che egli fosse veramente disposto a tutto pur di difendere il tenente.
«So che per te quell’uomo è come un eroe, ma devi valutare la realtà. A volte un ufficiale è costretto a compiere scelte difficili, e se necessario deve anche accettare l’eventualità di sacrificare i suoi uomini»
Finn avvertì un groppo in gola e gli occhi lucidi. Alla fine realizzò che i suoi commilitoni non avrebbero mai potuto comprendere le sue ragioni, la sua non era cieca fede nei confronti del tenente Green. Lui conosceva Richard meglio di chiunque altro e sapeva che l’uomo che amava non avrebbe mai tradito i propri ideali.
 
 
 
 

 
[*] Soprannome di Jack Sheppard, noto ladro londinese vissuto agli inizi del XVIII secolo. Fu condannato a morte per impiccagione all’età di ventidue anni. La sua figura, spesso idealizzata, è stata rappresentata in diverse opere artistiche e letterarie. 
   
 
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: Star_Rover