Cappello di Paglia
Capitolo 9
Il Potere di Nico Robin
Erano già passati diversi giorni dallo scontro
avvenuto col samurai. Zoro non si era ancora ripreso, ma giaceva ancora a letto,
un po' perché realmente non si reggeva in piedi, un po' perché il misterioso
capitano sembrava essersi preso veramente a cuore la sua salute. In quei giorni
passati ad ammirare il soffitto in legno della nave su cui si trovava aveva
avuto tempo per pensare chi fosse il suo benefattore, ma non era riuscito ad
individuarlo: portava sempre la maschera ed era sempre avvolto in un grande
mantello nero. Impossibile dire con certezza di chi si trattasse.
Inoltre aveva avuto tempo anche per pensare a lei, a Kuina, a quello che gli
aveva detto in punto di morte. Alla nuova promessa che avevano fatto. Si rese
conto di essere stato uno stupido a comportarsi in quel modo: avrebbe dovuto
aiutare Nami, non farsi trascinare dagli eventi come invece aveva fatto.
Il samurai lo aveva battuto. Non era poi la fine del mondo. Si ripromise dentro
di sé, Zoro, che non avrebbe più cercato lo scontro con lui. Che avrebbe
continuato il suo viaggio con Rufy e che un giorno lo avrebbe rivisto. Per
allora sarebbe migliorato. Non aveva dubbi al riguardo. Batterlo era una
questione di principio, ma alla luce della nuova promessa aveva compreso che non
importava il quando, purché lo facesse. Più o meno era lo stesso compromesso a
cui era giunto dopo essere stato sconfitto da Mihawk... e se aveva accettato di
battersi nuovamente con Mihawk, lo spadaccino più bravo del mondo, perché
avrebbe dovuto rifiutare di battersi nuovamente contro quel samurai?
La luce del sole illuminava costantemente, quasi sempre, la stanza dove era
stato sistemato. Non era tanto grande, anzi era piuttosto piccola, ma aveva una
finestra che si poteva aprire e un letto comodo, persino un tavolino per
mangiare. Osservò le sue tre spade, appese al muro, come se fossero state un
trofeo: non sapeva in che modo ma il capitano doveva averne intuita
l'importanza.
Sentiva un moto di gratitudine verso questo misterioso capitano, sentiva che
doveva fare qualcosa. Finché se ne stava steso su quel letto sarebbe stato solo
un peso morto per la nave su cui si trovava.
Decise di parlare proprio di questo col capitano, quel pomeriggio, quando, come
tutti i pomeriggi, si recò a trovarlo.
- Come stai oggi, Zoro? - aveva sempre un tono gentile. Purtroppo la maschera storpiava l'acustica vocale, quindi non era possibile riconoscerlo nemmeno dalla voce.
- Molto meglio, grazie. - annuì Zoro. - Mi sento così migliorato che credo di potermi alzare. -.
Il capitano sorrise. - Attento a non tirare troppo la corda, finirai per rifarti male di nuovo. -.
Zoro scosse la testa. - No. - aveva una voce
sicura. - Sono stato uno sciocco, lo ammetto. Ma adesso ho capito fin dove posso
arrivare. Qualcuno... mi ha insegnato a riconoscere i miei limiti. -.
"Come tu hai fatto con lei" gli disse una voce interiore. Ma lui la
mise subito a tacere.
- Ad ogni modo voglio dimostrarvi la mia riconoscenza per il trattamento che sto
ricevendo. Vorrei dare una mano, qui sulla nave, almeno finché non sarò in
grado di tornare dai miei amici. -.
Il capitano annuì. - Ammirevole. - commentò.
- Devo ammettere che mi aspettavo una tua proposta del genere, sapevo che era
solo questione di giorni. Ebbene, la mia risposta è affermativa. -.
Zoro non poteva vederlo, ma suppose che il capitano stesse sorridendo.
- In fondo chi sono io per obbligare un giovane come te a stare fisso su un
letto? Riconosco che sia piuttosto deprimente. -.
Lo spadaccino scrutò il capitano, cercando di riuscire a vederlo in volto,
tuttavia senza riuscirci. Allora si limitò a sorridere: avrebbe aiutato il suo
salvatore misterioso.
..........**********..........
Domenica pomeriggio, arrivò prima di
quello che Sanji si aspettava. Quei giorni gli erano scivolati addosso. Sapevano
che Zoro era vivo, questo era vero, ma non sapevano dove fosse. Non erano sicuri
del suo stato di salute.
Inutile dire che tutti si erano concentrati molto di più sul lavoro: sulla nave
infatti si sentiva la mancanza dello spadaccino, nessuno ci passava volentieri del tempo
sopra. Usop aveva proposto addirittura di cambiarla, ma Rufy non aveva voluto
sentir ragioni: la Going Merry non si toccava.
- E' la nave con cui abbiamo cominciato la
nostra avventura tutti insieme. - insisteva Usop. - Inoltre è pittosto
malconcia, la tenevamo soprattutto per i ricordi che ci legavano a lei. Ma
adesso che Zoro non c'è più... -.
- Adesso che Zoro non c'è più la dobbiamo tenere in sua memoria. - lo
interrompeva puntualmente Rufy. - Io e lui avevamo un sogno, e volevamo
portarlo a termine su questa nave. Ed è quello che faremo entrambi, quando Zoro
tornerà. -.
Il capitano era l'unico della ciurma ad essere certo del ritorno di
Zoro, e ogni giorno guardava in direzione della città in attesa di vederlo
comparire tra la folla che riempiva le strade.
Gli altri non prendevano parte a quelle
discussioni riguardanti la nave. Chopper era ancora troppo colpito per la
violenza che aveva subito Zoro, Sanji e Nico Robin avevano altri pensieri per la
testa, quanto a Nami concordava con Usop sul fatto che Going Merry fosse
piuttosto malconcia, ma tutto su quella nave le ricordava Zoro e lei voleva che
il ricordo di lui si mantenesse vivido nella sua mente, almeno per il momento.
La realtà era che nessuno, tranne Rufy, credeva davvero di rivedere lo
spadaccino. Non si era fatto vedere fino a quel momento, erano giorni che non
avevano più sue notizie e non sapevano nelle mani di chi era capitato. Troppe
incognite per sperare bene.
Quella domenica mattina Nami si trovava proprio
sulla nave: il suo turno nel negozio era pomeridiano. Il pensare al suo lavoro la
fece stare bene per qualche momento: teneva veramente molto a quel lavoro e si
stava affezionando a Dewenport. Il suo principale infatti stava mostrando un
certo legame con lei, che non passava inosservato nemmeno ai colleghi: i più
maliziosi avevano cominciato a mettere in circolazione la voce di una presunta
relazione fra i due e Nami era stata colta da un attacco di risa convulse quando
una sua collega le chiese se per caso Dewenport avesse un fratello da
presentarle.
A favor dei
maldicenti c'è però da dire che né lei né Dewenport facevano qualcosa per
smentire le voci, anzi Nami si era accorta che da quando giravano quelle
maldicenze lui la chiamava più spesso nel suo ufficio, per offrirle un caffé e finivano
sempre per parlare di Arlong. Dewenport l'aveva conosciuto prima che si mettesse
in testa di fondare l'impero degli uomini pesce, e aveva un sacco di avventure
da raccontare a Nami, che lo ascoltava sempre con attenzione.
La cerità era che voleva trovare il punto debole di Arlong, sperava di riuscire
a comprendere quale fosse dai racconti di Dewenport.
Stava proprio pensando a questo, quando vide che Sanji stava per scendere dalla
nave.
- Ehy, Sanji! - esclamò.
Sanji si voltò a guardarla. Non avevano più
parlato da soli dalla notte dell'incendio. Sorrise, felice che lei gli
rivolgesse la parola. - Dimmi, Nami adorata! -.
Lei era sopresa. Era incredibile che quel ragazzo la trattasse come l'aveva
sempre trattata, dopo gli achiaffi che gli aveva dato, dopo quello che si erano
detti. Sanji era sempre lì, sempre pronto ad obbedire ad ogni suo ordine,
sempre con i cuori negli occhi, com'era sempre stato. Ricacciò indietro quei pensieri.
- Dove stai andando? - gli domandò.
- A lavoro. - rispose lui.
- Il tuo ristorante è aperto anche di domenica? -.
- Sì. - rispose Sanji. Poi esitò per qualche momento. - A dire la verità oggi sono impegnato anche nel pomeriggio. -.
Nami annuì. Anche quel giorno Sanji non ci
sarebbe stato. Non sapeva fino a che punto le avesse detto la verità, aveva
come la sensazione che ci fosse qualcos'altro sotto, ma pensò solamente che
avesse bisogno di passare un po' di tempo da solo.
Quella che invece quel giorno aveva deciso di non dargli tregua era Nico Robin,
che non tardò a raggiungerli. Per un istante Nami credette che fosse andata lì
per dire qualcosa a lei, invece scoprì che era venuta per Sanji.
- Ti accompagno a lavoro. - si offrì.
E mentre Sanji annuiva, la rossa invece la
guardò sospettosa. Da quando Sanji aveva bisogno di qualcuno che lo
accompagnasse a lavoro? Nico Robin sembrò intuire quei pensieri di Nami perché
si affrettò a giustificare la risposta. - Oggi la scuola è chiusa e pensavo di
andare a fare un po' di spesa. La strada per il mercato passa dal ristorante di
Sanji. - era incredibile quanto sapesse essere convincente.
Infatti a quelle parole Nami scosse indietro la testa e le porse un fogliettino.
- Molto bene. Avevo stillato una lista delle cose che mi occorrono, se puoi
comprarle per favore. -.
Nico Robin prese il foglio, annuendo. Quindi tutti e due scesero dalla Going
Merry.
Sanji si fumava beatamente una sigaretta camminando con le mani in tasca, mentre
Nico Robin lo seguiva.
Aspettarono di essere fuori dalla visulae di Nami per poi cominciare a parlare.
- E' oggi vero? - domandò Nico Robin.
- Sì. - rispose Sanji.
- Siete sicuri del vostro piano? -.
- Io devo solamente fare da esca. - rispose lui. - Penso di riuscire a
cavarmela. -.
- Da esca? Sarai seguito Sanji. Non dovrai farti vedere. -.
- Tranquilla Nico Robin. Nessuno potrà in alcun modo collegarmi al furto. -.
- Ci saranno le telecamere che ti riprenderanno. -.
- Sì, è vero. Ci saranno le telecamere, ma indosserò una maschera che mi
coprirà interamente il volto e indosserò gli abiti di Lupin. -.
- Come si svolge il piano? -.
- Lupin ha visto che in bagno non ci sono
telecamere di alcun tipo. Io entrerò in biblioteca: andrò dritto in bagno e farò
entrare Lupin da una porta laterale. Dopodiché lui farà da diversivo nel
condotto dell'aria, attraverso un microfono io lo terrò aggiornato sugli
spostamenti della polizia. Quindi, appena lui sarà arrivato vicino alla stanza
sarò proprio io a dare l'allarme alla polizia. Lì finisce il mio compito. Devo
solamente uscire, prendere la macchina e aspettare Lupin senza farmi vedere. -.
Nico Robin annuì. Non era del tutto convinta.
Detto come glielo aveva spiegato Sanji sembrava un piano semplice ed efficace ma
dubitava che tutto sarebbe andato liscio come speravano.
Una cosa che aveva imparato era infatti che qualche intoppo si incontrava sempre.
In quel momento decise che lei in qualche modo sarebbe intervenuta, valutando lo
stato delle cose al momento del furto.
..........**********..........
All'Hotel Crystal tutto procedeva normalmente
come al solito.
Quella mattina l'unica cosa che dovevano fare era concentrarsi e non pensare a
nient'altro che non fosse la riuscita del colpo. Così, mentre Jigen e Goemon
erano chissà dove dediti ai loro affari e Lupin era in giro con Minouche, Sanji
si ritrovò per l'ennesima volta a far compagnia in piscina a Fujiko.
Come al solito sembrava che a lei andasse tutto bene. Anche quel giorno nuotava
come se non avesse preoccupazione alcuna. Sanji invece aveva un brutto
presentimento, non riusciva ad essere tranquillo.
Fujiko si era accorta di quel suo stato d'animo, quindi si avvicinò a bordo
piscina.
- Sanji. - lo chiamò. - Vedi di darti una
calmata. Se continui ad essere così preoccupato non riuscirai a rubare nemmeno
una caramella ad un bambino. -.
Lui scosse la testa. - E' che ho una brutta sensazione. - rispose.
Lei scoppiò a ridere. - E chi non ce l'ha prima di un furto? Solo Lupin credo,
ma perché lui si diverte terribilmente a rubare e a travestirsi. Credo che si
diverta anche ad essere inseguito da Zenigata. -.
- Tu non sei in ansia? -.
- Per niente. Un po' è la forza dell'abitudine, un po' perché il mio interesse
che quel libro sia rubato supera di gran lunga la mia paura di essere catturata.
Non posso permettermi errori, non posso permettermi assolutamente di non portare
a termine il furto. Questo mi basta per star certa che andrà tutto bene. -.
Sanji sospirò. - Hai ragione. Mi preoccupo troppo. - concluse.
- Tuffati. - gli suggerì lei. - Ti assicuro che rilassa molto. -.
Lui decise di accettare. Indossò il costume che si era portato dietro, nello
spogliatoio, quindi uscì e corse verso la piscina tuffandosi e facendo un sacco
di schizzi.
Fujiko rise nuovamente. - Guarda sembravi una fontana. -.
Sanji rise insieme a lei.
- Mi hai tutta schizzata! - faceva la finta offesa.
Lui non smise di ridere. Era riuscita a fargli tornare il buon umore.
In quella settimana aveva pensato molto a lei e al suo carattere contrastante.
No, in effetti lei era molto coerente con se stessa: tendeva sempre a fare il
suo e riusciva a manovrare gli altri a suo piacimento esclusivamente per il suo
comodo.
Era agli occhi degli altri che assumeva un carattere contrastante: la
donna bella e simpatica si alternava alla donna bella e priva di scrupoli.
Sanji
non poteva fare a meno di chiedersi come in realtà fosse, fino a che punto il
suo comportamento era dettato dalla convenienza e/o dalla necessità e fino a
che punto invece era sincera. Cominciava a pensare che quel suo riconoscere di
essere opportunista corrispondesse al suo essere sincera. Ma poteva lei essere
solo opportunista? Non aveva altri sentimenti dentro si sé?
E poi c'era stato il bacio. Lui l'aveva respinta. Non era mai successo che lui
respingesse una donna del genere. Non aveva fatto il cascamorto con lei. Per
chi? Per Nami. Aveva avuto un debole per Bibi, per Nico Robin, persino per
Carmen, la cuoca che lo aveva sfidato. Inutile dire che in bellezza Fujiko le
superava tutte, eppure lui l'aveva respinta. Per Nami.
E quando le aveva detto la verità, Nami lo aveva sorpreso. Lei sapeva che
l'amava. Allora lei non lo amava, ne doveva dedurre questo. Oppure che si stava
prendendo una "pausa di riflessione" prima ancora di cominciare?
Era passata solamente una settimana ma per Sanji sembrava essere passata una
vita intera.
Il resto della mattina trascorse con un ripasso
generale del piano. In realtà lo avevano ripetuto tante e tante di quelle volte
che quasi se lo sognavano anche di notte.
Era Jigen che teneva a questi continui ripassi: non si fidava del novellino.
- Rilassati Jigen. Non stai mica andando a morire. - commentò Lupin alla quinta
ripetizione quella mattina. Aveva lasciato Minouche in camera sua e le aveva
detto di non uscire per quel giorno
Jigen emise un mugolio, che poteva essere di assenso o dissenso, a seconda
dell'interpretazione che uno preferiva dargli.
Goemon non era con loro, aveva preferito ritirarsi a meditare. Meditava sempre
prima di un colpo, per gli altri ormai era diventata cosa normale. Sanji
approvava: concentrarsi sarebbe stata la cosa migliore da fare, altro che
inutili ossessivi ripassi.
E finalmente il pomeriggio giunse.
Lupin e Sanji si diressero alla biblioteca. Era domenica, il giorno di chiusura.
Lupin parcheggiò la macchina abbastanza vicino perché io l prendessi ma anche
abbastanza lontano per non farsi vedere dalla polizia.
- Ora devi entrare. - gli ricordò Lupin,
mentre prendeva dei petardi. - Con questi dovrei riuscire a causare abbastanza
putiferio da permetterti di entrare dal retro. Sei proprio sicuro di riuscire a
sfondare la parete con un calcio.
Sanji buttò a terra la sigaretta e la spense con un piede, sorrise. - I miei
calci sono capaci di rompere il cemento. -.
Lupin lo sapeva, era già stato informato di
questo particolare. - Sincronizziamo gli orologi. -.
Così mentre Lupin si dirigeva lontano dal retro, Sanji prese proprio quella
direzione.
Avevano pensato che quell'ingresso sarebbe stato migliore perché era su una
strada in cui di norma non c'era nessuno, nemmeno la domenica, e quel giorno fu
esattamente lo stesso.
Sanji gettò uno sguardo all'orologio. Mancava poco. Doveva buttare giù la
parete esattamente allo scoppio dei petardi, che avrebbero quindi coperto il
rumore della caduta del muro.
E poi vide che l'ora X era giunta. Esplose il primo petardo e lui velocissimo,
sferrò uno dei suoi micidiali calci alla parete, che venne giù al primo colpo.
Meglio di quello che avevano previsto.
Mentre Lupin dall'altro lato, continuava a far esplodere petardi Sanji entrò
dentro la biblioteca, indisturbato. Camminava tranquillamente, con le mani in
tasca, facendo attenzione ad ogni passo. Se avesse corso avrebbe fatto
sicuramente più rimore e lui non doveva dare nell'occhio.
I petardi ormai avevano finito di scoppiare. Strano, ne era esploso almeno uno
in meno, li aveva contati in mano a Lupin. Si doveva dare una mossa. Accelerò
il passo, ma non corse.
Aveva sentito le porte principali aprirsi. Qualcuno era entrato.
Le telecamere lo stavano riprendendo. Sapeva che qualcuno lo stava tenendo
d'occhio. E quel qualcuno doveva aver comunicato la sua posizione a quelli che
erano entrati.
Ma lui sapeva di essere più veloce e più vicino al bagno di quanto lo fossero
loro.
Quindi entrò e chiuse a chiave la porta. Non aveva le chiavi per aprire
quella che dava all'esterno, quindi di nuovo sferrò un calcio e di nuovo la
sfondò.
Lupin era davanti a lui, sorridendo.
- Davvero notevole quello che hai fatto al muro. -.
- Oh, solita routine. - minimizzò Sanji. - Adesso tocca a te. Buona fortuna nel condotto dell'aria. -.
- Grazie. - lo ringraziò Lupin.
Sanji uscì, e si sbrigò a togliersi la maschera e a cambiarsi d'abito. Tutto sommato il suo compito si era rivelato piuttosto semplice: aveva dovuto solamente sfondare un muro. Si diresse verso la macchina, pronto a prenderla e a portarsi davanti alla biblioteca.
Lupin stava strisciando per il condotto
dell'aria. Sentiva sotto di lui la polizia muoversi. Era possibile che nessuno
pensasse al condotto dell'aria?
- Lupin? - si sentì chiamare nella ricetrasmittente. Era Sanji.
- Qui Lupin. Dimmi. -.
- Stanno uscendo in massa dalla biblioteca, si stanno dirigendo alle macchine. - lo informò Sanji. - Sono riuscito a capire che pensano che tu abbia già scoperto il piano e che sia già uscito diretto alla scuola dei samurai. -.
- Cosa? Ma non possono andare lì, c'è Fujiko... -.
- Lo so. - lo interruppe Sanji. - Dentro l'edificio dove ti trovi c'è ancora l'ispettore Zenigata. Tu pensa a trattenere lui. Io penso a sistemare i poliziotti prima che partano. -.
Detto questo chiuse la comunicazione. Qualcosa
nel tono della voce di Sanji fece credere a Lupin che il ragazzo avesse un'idea
poco piacevole per quelli della polizia.
"Bah... mi faccio prendere da Zazà se quello è un cuoco normale"
pensò Lupin tra sé e sé.
Giusto, Zazà, era su di lui che si doveva concentrare. Come poteva fare per
attirare la sua attenzione? Non c'era altra soluzione che uscire dal condotto
dell'aria. Aprì la prima graticola che trovò e saltò di sotto, quindi cercò
una telecamera e fece sfoggio di uno dei suoi migliori sorrisi.
- Ciao Zazà! Come vedi sono dentro la
biblioteca e sto per fartela ancora una volta. Se mi vedi prova a prendermi
paparino. - e concluse quel suo sintetico discorso con una linguaccia.
Sapeva che così facendo avrebbe mandato su tutte le furie l'ispettore.
Infatti poco dopo sentì rimbombare le sue ormai famose e monotone parole. -
STAVOLTA NON MI SCAPPI LUPIN! -.
Lupin aspettava che l'ispettore lo raggiungesse per poi dare inizio ad un
inseguimento molto lungo, in modo da tenerlo occupato.
- Sanji. - chiamò dalla ricetrasmittente. - Tra un quarto d'ora uscirò, fatti
trovare davanti alla biblioteca con la macchina. -.
- Non ci sono problemi. - rispose il biondo dall'altra parte. - Ah, qui ho già sistemato quelli della polizia. Se hai bisogno di rinforzi chiamami. -.
Fu lui a chiudere la conversazione.
Dopo pochi istanti Zazà comparve alla porta con le sue immancabili manette. -
Lupin! - esclamò. - Ti dichiaro in arresto! -.
- Oh, ma quanta fretta che hai paparino. - cominciò Lupin. - Non vuoi fare una bella corsettina che tempra i muscoli? -.
- Vieni qua furfante! - gli lanciò contro le
manette, ma il ladro fu più veloce e cominciò a correre. L'inarrestabile
ispettore però gli stava alle calcagna. Lupin dovette ammettere che si era
velocizzato col passare del tempo.
Si passò veloce una mano tra i capelli, mentre correva, cercando di ignorare
tutte le grida che il suo ispettore gli lanciava contro.
Poi la porta davanti a lui si riempì di
poliziotti che gli puntarono addosso fucili e pistole. Lupin fu costretto ad un
brusco rallentamento. E prima che se ne accorgesse si ritrovò con le manette
alle mani.
- Finalmente ti ho preso Lupin! - esaltò Zenigata, mentre lo sorpassava
cercando di trascinarlo verso le forze dell'ordine.
Lupin sembrò quasi esserci rimasto male. - Ma allora stavolta fai sul serio. Ma come? Nonostante la nostra lunga e duratura amicizia... -.
- Noi non siamo amici! Io sono un rappresentante della giustizia e tu sei solo un ladruncolo di seconda categoria! - gli urlò contro Zenigata. Lo mandava in bestia il fatto che pur avendolo preso Lupin continuasse a prenderlo in giro.
Lupin sorrise. - Non era per quello. Intendevo
dopo tutto il tempo che mi insegui e che ci conosciamo non mi conosci ancora
abbastanza bene da sapere che io ho più di due mani? Ma come? Io ho anche i
guanti color carne. -.
E velocissimamente, senza aggiungere una sola parola, Lupin si sfilò i guanti e
ricominciò a correre invertendo il senso di percorrenza.
Zenigata quasi urlò dalla rabbia. Dopo aver
fatto un paio di saltelli alternati sul posto per sfogarsi urlò un
"INSEGUITELOOOO!" e si lanciò per primo nuovamente dietro il ladro
che tanto lo faceva dannare.
Non lo spoortava più. Che gli aveva fatto di male per meritarsi quel
trattamento? Perché non gli voleva mai dare la soddisfazione di farsi catturare
da lui almeno per una volta? Non riusciva proprio a comprenderlo.
Lupin invece era soddisfatto. Lo aveva
stuzzicato talmente tanto che Zenigata era completamente concentrato su di lui.
Non si rendeva nemmeno conto che Lupin prendeva direzioni a caso, che non faceva
nulla per raggiungere la stanza dove si trovava il libro prima del
trasferimento.
Ma in fondo, era quello che Lupin voleva, distrarre Zenigata.
Ancora una volta trovò la strada sbarrata. Era una stanza senza uscite a
parte quella da cui era entrato.
Non poteva uscire. L'ispettore lo aveva già raggiunto e dietro di lui si
stavano rimettendo in posizione tutti i poliziotti. Cercò il condotto
dell'aria, ma non c'erano appigli per raggiungerlo. Era in trappola... ma aveva
ancora due o tre assi nella manica che gli avrebbero permesso di fuggire.
Quindi tornò a sorridere esibendo una faccia da schiaffi, mentre sul volto di Zenigata si dipinse quell'espressione tipica di chi uno schiaffo gliel'avrebbe tirato proprio volentieri.
- Arrenditi Lupin, sei in trappola! -.
- Ti sbagli. - gli disse Lupin. - Tu mi vedi in trappola... - mise una mano dentro una giacca.
- FERMO! - esclamò un uomo di quelli con il fucile. - Non muovere un muscolo o spariamo. -.
Lupin fermò la mano appena fuori dalla giacca e continuò come se non fosse mai stato interrotto. - E adesso invece non mi vedi più. -.
Aprì la mano e fece cadere per terra qualcosa
che emise un gran fumo. Fumogeni.
Come era prevedibile, nessuno lo vedeva più, quindi Lupin avrebbe avuto tutto il tempo di scappare.
Si allontanò dalla sala e guardò l'orologio. Mancavano cinque minuti allo
scadere del tempo dato a Sanji. In cinque minuti doveva inventarsi qualcosa, ma
cosa?
Era stanco di farsi inseguire, voleva rendere la cosa un po' più emozionante,
voleva usare qualche trucchetto dei suoi. Aveva un po' di tempo per organizzarsi
prima che quelli della polizia lo raggiungessero. Poi gli venne un'idea, avrebbe
fatto venire un bell'infarto all'ispettore. Si arrampicò velocemente sopra una
scaffalatura e vi si distese sopra in modo da tenere sotto controllo l'entrata.
Poco dopo lo raggiunse la polizia, preceduta da Zenigata.
- Ehy Zazà! - lo chiamò a gran voce. - Sono quassù! - sembrava divertirsi. -
Vieni a prendermi! -.
- Lupin! - Zenigata era sobbalzato. - Ma che ti salta in mente di arrampicarti fin là? Scendi subito. -.
- Ma per favore. Non dirmi che sei troppo vecchio per arrampicarti fin quassù. - lo sfidò Lupin, sempre con quel sorrisetto fastidioso stampato in fronte.
Zenigata non resistette a quell'ultima
fecciatina. - TE LO FACCIO VEDERE IO CHI E' VECCHIO, LUPIN! - si tolse il suo
inseparabile impermeabile giallo, rimanendo in camica e furioso si arrampicò
fino in cima allo scaffale.
Ma Lupin fu più rapido a saltare su uno scaffale lì accanto.
Cominciò dunque l'inseguimento sugli scaffali, sulle mensole, su qualsiasi
mobile permettesse loro di avere atteggiamenti da scimmia.
A rendere più
divertente la cosa, furono gli idioti del corpo di polizia, che cominciarono a
far fuoco sui mobili su cui c'era Lupin, cercando di colpire lui e
infischiandosene del fatto che potevano colpire il loro capo.
Proprio per questo Zenigata si mise a urlare contro di loro parole poco carine.
Si scansò appena in tempo per evitare un proiettile, che si andò a conficcare
proprio dove un attimo prima c'era lui.
- MA SEI USCITO DI SENNO? - urlò rivolto a chi aveva sparato. - POTEVI UCCIDERMI! -.
Ma la scarica di proiettili non terminava.
Lupin aveva un bel da farsi per non essere colpito.
Era in cima ad una scaffalatura vicino alla finestra, avrebbe potuto uscire da
lì. Fece per saltare, ma si sentì afferrare per il piede e rimase con la testa
incastrata fra il muro e la scaffalatura. L'unico petardo che gli era rimasto
gli scivolò di tasca, senza che nessuno se ne accorgesse.
Zenigata aveva preso Lupin di nuovo, mentre qualcuno, intuendo le sue intenzioni
di saltare dalla finestra, aveva
cominciato a sparare contro la finestra. I vetri esplosero andando a colpire i
poliziotti stessi. Mentre erano colpiti sparavano all'impazzata, senza vedere.
Uno dei proiettili colpì proprio il petardo che era caduto a Lupin.
Nessuno fece in tempo a rendersi conto
dell'accaduto.
Ci fu un esplosione, i libri saltarono, i mobili si frantumarono, la finestra
cessò di esistere e Lupin e Zenigata vennero scaraventati fuori dalla forza
dell'esplosione.
Appena la vide Sanji non esitò un secondo e si
diresse verso il luogo dove era avvenuta.
Lupin stava riemergendo dai detriti quando arrivò. Sanji prese velocemente la
curva in modo che la portiera di Lupin si aprisse da sola, così lui avrebbe
perso meno tempo.
Quando Zazà riemerse, ormai Lupin era andato via. E dietro di lui, il luogo che
doveva proteggere era andato quasi distrutto. Avrebbe passato dei guai molto
seri. Quella volta Lupin non l'avrebbe passata liscia.
Lupin e Sanji ripassarono velocemente davanti
alla biblioteca e lo spettacolo che si presentò davanti agli occhi di Lupin lo
fece restare a bocca aperta: i poliziotti erano tutti stesi per terra svenuti,
senza dar segno di vita. Non erano morti, ma sarebbero stati incoscienti per un
po'. Visto che c'era Sanji aveva deciso di mettere fuori gioco anche le auto,
che al momento quindi avevano la carrozzeria rotta, avrebbero avuto un gran bel
vantaggio.
- Ma come hai fatto? - domandò Lupin, indicando le macchine e gli uomini.
- E' stato semplice. - rispose Sanji, mentre si allontanava cercando di non prendere in pieno i passanti. - E' bastato qualche calcio ben assestato. - spiegò.
Lupin ne rimaneva sempre più stupito. - Come hai potuto rompere le macchine con un semplice calcio? -.
- Vedi Lupin, per un cuoco le mani sono preziose e non vanno assolutamente rovinate. E' per questo che fin da piccolo ho preferito utilizzare le gambe per imparare a difendermi all'occorrenza. - spiegò Sanji. - E adesso mi ritrovo ad avere una forza non indifferente quando tiro calci. Riesco a rompere la maggior parte dei materiali a volte con un solo calcio. -.
Per qualche motivo la spiegazione non fu
sufficiente per il ladro, che era fermamente convinto che Sanji fosse più di un
semplice cuoco. Non sapevano dove abitasse, non sapevano perché abitava con
altre persone e qual'era la sua relazione con Nico Robin e lo spadaccino dai
capelli verdi.
Non sapevano nulla di lui. Forse quello era il momento giusto per fargli qualche
domanda.
- Come mai hai accettato di aiutarci solamente se fossi stato irriconoscibile? - cominciò l'interrogatorio.
- E' come vi ho detto. - rispose Sanji. - Se mi prendono ci andranno di mezzo altre persone e non voglio che paghino per una mia colpa. -.
- Capisco. - in realtà Lupin non capiva. Per
quale motivo avrebbero dovuto andarci di mezzo altre persone? Zenigata non era
certo il tipo da fare ricatti del tipo "o ti consegni oppure prendiamo un
tuo caro".
Forse perché se lo avessero visto avrebbero potuto rintracciarlo in qualche
modo e scoprire qualcosa che non doveva assolutamente essere scoperto. Che il
giovane cuoco accanto a lui nascondesse qualcosa?
Lupin ne era quasi certo. Come era certo che avrebbe fatto di tutto per scoprire
cosa.
- E come mai porti sempre quel ciuffo davanti agli occhi? Fujiko mi ha detto che non lo fai per seguire una moda. -.
- E' una storia personale. - Sanji rispose in modo secco e brusco a quella domanda.
Aveva avuto forse un tono anche troppo
aggressivo.
Era evidente che molti ricordi erano legati a quel taglio di capelli. Era
evidente che molti di quei ricordi erano dolorosi.
L'aria era diventata tesa, quindi Lupin decise di rilassarla un po'. Sorrise. - Ah, gli verrà un colpo a Zazà quando vedrà tutte le sue macchine ridotte in quello stato. -.
- Già. - rispose Sanji. - Senza contare che il fatto che loro siano appiedati ci dà un certo vantaggio. -.
Non sembrava che Sanji ce l'avesse con Lupin. Infatti poco dopo riprese a parlare. - Spero che non ci siano intoppi adesso. Però se ce ne dovessero essere... lascia che me ne occupi io. -.
Lupin rimase un po' stupito da quella richiesta. - Rischierai di essere preso. -.
- Io non credo proprio. - rispose Sanji, accennando un sorriso carico di velata minaccia. - Ho visto il livello a cui sono i nostri nemici. Smidollati. - commentò. - Ho combattuto contro avversari più forti e più spietati di loro e sono ancora qui. Tu occupati del furto, ladro, e lascia che io mi occupi del lato violento della cosa. La sola cosa che mi importa è che non mi vedano in volto. -.
Era la cosa migliore da fare, Sanji lo sapeva.
Le due cose più importanti per lui erano la riuscita del furto e il non farsi
riconoscere. La riuscita del furto perché doveva aiutare Nami a recuperare i
suoi averi. Il non farsi riconoscere perché non voleva che la polizia arrivasse
a Nami e agli altri.
Sapeva che anche se una parte del piano era filata liscia l'altra parte poteva
andare storta. O comunque avrebbero potuto sorgere degli imprevisti e in quel
caso era essenziale che Lupin portasse a termine il furto. Aveva capito che come
ladro era eccezionale. Gli sembrava però che tirasse troppo la corda con i
nemici che si divertisse troppo (fu costretto a dare ragione a Fujiko
sull'argomento) e questo poteva dargli un certo svantaggio.
"E' peggio di Rufy" pensò tra sé e sé "Se perde tempo a
divertirsi con i poliziotti corre più rischi di essere preso e io non posso
concedermi questo lusso. Sì, lasciare che sia io ad occuparmi della polizia in
caso di bisogno è la cosa migliore".
I tre erano arrivati a piedi davanti alla
scuola di samurai.
Come avevano previsto c'era la polizia che pattugliava la scuola. Stranamente
era aperta, il che significava che i poliziotti erano anche dentro.
Fortunatamente Zenigata non c'era, per Goemon sarebbe stato tutto molto più
semplice.
Il samurai, senza fare una piega, si avviò
verso la scuola.
Prima che potesse entrare un grosso poliziotto gli si parò davanti.
- Fermo! - gli intimò. - Non si può entrare. Chi sei? -.
Goemon alzò lo sguardo verso il gigante
barbuto che gli stava di fronte. - Io sono un maestro di questa scuola. -
rispose, tagliando l'uomo a fette con gli occhi. - Ieri ho scordato la mia spada
in palestra e sono venuto a riprenderla. -.
Era vero. L'aveva lasciata apposta per rendere tutto più credibile.
Lo faceva sentire nudo il fatto di non avere con sé un'arma per difendersi ma
l'avrebbe ripresa subito.
- Mi dispiace. - l'uomo non accennò a lasciare libera l'entrata. - Di qua non si passa. -.
- Mi stia a sentire... - Goemon stava cominciando a scaldarsi.
- Va tutto bene. - gli arrivò alle orecchie una voce femminile, sentì una mano che si posava sulla spalla. Nico Robin era dietro di lui. - Posso confermare io. Insegna davvero in questa scuola e ho personalmente verificato che la sua spada si trova effettivamente in palestra. Se non sbaglio l'ispettore vi ha ordinato di fare come desiderava il direttore della scuola e lui, dovendosi assentare, ha delegato me. - la sua voce era tranquilla, ma il suo sguardo non ammetteva repliche. - Vieni Goemon. Dobbiamo riprendere la tua spada. -.
Così entrarono, indisturbati.
Goemon guardò la donna in nero accanto a sé. Lei lo aveva informato riguardo
le condizioni di salute del giovane spadaccino, ma a prte quello non avevano mai
avuto grandi conversazioni. Entrambi silenziosi, i loro rapporti si erano
raffreddati ancora di più dopo quella notte. Gli sembrava strano che adesso
volesse aiutarlo a compiere quel furto.
- Non lo faccio per te. - disse lei, mentre apriva la porta della palestra, come se avesse intuito i pensieri di Goemon. - Lo faccio per Sanji e per Nami. -.
Goemon annuì. Lo aveva sospettato.
- Come farai a far entrare i tuoi complici? - domandò lei.
- Dovevo farli entrare dal retro. -.
- Non funzionerà. - rispose lei. - Hanno posizionato i poliziotti a tutti gli ingressi. -.
- Jigen è un ottimo tiratore. -.
- Non siate frettolosi. Una sparatoria può far accorrere tante persone, potete tu e Jigen sistemarle tutte? E poi, io sono con te, mi prenderanno come tua complice e io non voglio avere quest'accusa sulla mia fedina penale. - mentre Nico Robin parlava aveva duplicato occhi e orecchie fuori dalla stanza, senza che Goemon se ne accorgesse, in modo da essere certa che nessuno stesse ascoltando la loro conversazione.
- Il piano... -.
- Lo stato delle cose - lo interruppe lei, con tono tranquillo ma risoluto. - impone un cambiamento del piano. Non essere sciocco e non avere fretta nel giudicare la situazione, samurai. -.
Goemon sbuffò sonoramente. Con tutte le volte che avevano ripassato il piano adesso quella donna doveva rovinare tutto e fare di testa propria. - Io ho bisogno dei miei complici! -.
- Ti ho già detto che non voglio essere messa nel mezzo. - Nico Robin sorrise. - Se proprio necessiti dei tuoi complici adesso tu uscirai con la tua spada e andrai sul retro. Vi darò entrare io senza che nessuno si accorga della vostra presenza. E le telecamere non vi riprenderanno. -.
Goemon la guardò stupito. - E come farai? -.
Lei sorrise. - Fidati. -.
E senza aggiungere altro, Nico Robin uscì, seguita da lui.
Il samurai uscì dall'edificio e tornò dagli
altri che lo stavano aspettando sul retro nascosti dietro a delle macchine. Si
stavano appunto lamentando su quanto tempo stesse impiegando Goemon per aprire
la porta e quasi lo aggredirono, se non fossero stati bloccati dalla sorpresa
per esserselo visti arrivare all'improvviso davanti.
A Jigen cadde addirittura la sigaretta di bocca.
- Ma... ma tu... tu dovresti essere dentro. -.
- Che ci fai qui, Goemon? - Fujiko aveva l'espressione di un serpente che sta per attaccare.
Jigen si sbatté una mano sulla fronte. - Ecco, lo sapevo, non abbiamo ripassato abbastanza il piano. -.
- Piantala, Jigen! - sbottò Fujiko, sottovoce. - Insomma, vuoi dirci quello che è successo o no? -.
Goemon li guardò entrambi. Non sapeva come spiegarsi. - Lo stato delle cose... - cominciò, incerto. -... impone un cambiamento del piano. -.
Jigen spalancò gli occhi e quasi gli tirò un pugno a quell'affermazione. - Il piano andava benissimo così come lo avevamo studiato! Mi dici come possiamo sperare di entrare adesso? -.
- Ha detto che ci farà entrare lei. - rispose Goemon. - Ha detto che nessuno se ne accorgerà. -.
- Lei chi? - domandò Fujiko.
- Nico Robin. -.
Non dovettero aspettare molto. Con la scusa di
fare un giro di controllo Nico Robin era arrivata alla porta sul retro. Nessuno
controllava il corridoio, solo le stanze erano pattugliate.
Ma quello a lei non interessava.
Lo spettacolo che si presentò davanti agli
occhi dei tre ladri fu particolare e ne furono quasi spaventati.
Fujiko si portò una mano alla bocca, Jigen aveva spalancato gli occhi per la
seconda volta in pochi minuti e Goemon aveva stampata in faccia un'espressione
di sorpresa indimenticabile.
Delle mani erano comparse dal nulla, mani di donna che si erano andate a posare
sugli occhi di tutti i poliziotti e poi erano comparse anche braccia e gambe che
li stavano sistemando per le feste. Tutti e tre li riconobbero erano le braccia
e le gambe della donna vestita di nero, Nico Robin.
Poi, quando tutti i poliziotti furono a terra, Nico Robin aprì la porta.
Stava sorridendo. - Entrate pure. - aspettò che si fossero ripresi dalla
sorpresa, aspettando che entrassero. Quindi chiuse la porta e diede loro
ulteriori spiegazioni. - Io devo tornare davanti per il mio giro di ronda. -
indicò però delle mani che coprivano delle telecamere. - Seguite le mani,
copriranno le telecamere e una vi dirà quando entrare nella stanza successiva e
quando aspettare. Buona fortuna. -.
Non aggiunse altro, non diede alcun tipo di
spiegazione. Semplicemente sparì per il corridoio, misteriosa come era sempre
stata.
Fujiko fu la prima a riprendersi per la sorpresa. - Ma... ma come ha fatto? -.
- Non lo so. - rispose Jigen. - Ma è meglio muoversi e fare come ha detto. -.
Così seguirono quelle mani che sputavano dalle
pareti che dicevano loro cosa fare e li coprivano.
Arrivarono finalmente alla stanza dove era custodito il libro, Goemon ormai
sapeva a menadito com'era fatta e dove si trovava.
- Entriamo. - disse.
- No. - lo fermò Jigen. - La mano ci sta dicendo di aspettare. -.
Goemon si guardò intorno. - Potrebbero vederci stando qui. Siamo nel corridoio principale. -.
- Stai tranquillo. - cercò di rassicurarlo Fujiko. - Ecco, guarda la mano ci sta facendo cenno di entrare. -.
Entrarono. Era una stanza piccola, con le
pareti bianchissime, appena imbiancate probabilmente. Era piena di poliziotti
stesi per terra. Il libro si trovava in una teca infrangibile.
Jigen caricò la sua pistola, ma Fujiko posò la sua mano su quella di lui. -
Rischi di far rumore. - poi si voltò verso il samurai. - E' tutta tua. -.
Goemon sfoderò la spada e velocemente tagliò la teca con precisione e
silenziosità assoluta. Fujiko aprì la borsa che si era portata dietro, prese
il libro e lo ficcò dentro senza tanti complimenti.
Era incredibile quanto tutto fosse filato liscio.
Per uscire usarono lo stesso metodo utilizzato all'entrata e in poco tempo
furono fuori.
Si guardarono increduli. Era stato il furto
più semplice effettuato nella loro storia di ladri.
E lo dovevano a quella strana donna che avevano conosciuto da poco e che aveva
la straordinaria campacità di moltiplicare le parti del suo corpo.
Guardarono i corpi dei poliziotti ancora a terra.
Una donna che oltre a quella capacità aveva una forza fisica non indifferente.
In realtà anche se non avevano incontrati
intoppi di alcun genere il tempo era trascorso: ci era voluto un po' per
riuscire a parare tutte le telecamere e per aspettare il via libera della mano
di Nico Robin. Inoltre spesso erano stati costretti a nascondersi per il
passaggio di poliziotti. Era stato un piano sicuro ma lungo, forse più lungo
del previsto, dal momento che Lupin e Sanji erano già lì e si stavano
domandando se era il caso di intervenire oppure no.
Quando videro i tre arrivare, con Fujiko che mostrava loro la borsa, tirarono
entrambi un sospiro di sollievo e sorrisero nella loro direzione.
I tre aprirono le porte della macchina ed entrarono dentro.
- Non crederete mai a quello che è successo. - esordì Fujiko, prima ancora che qualcuno le avesse chiesto qualcosa. - La segretaria, la tua amica Sanji, ci ha aiutati. -.
Sanji si voltò leggermente verso i sedili posteriori. - Nico Robin vi ha aiutati? - sembrava sorpreso. - Rischia di perdere il posto. -.
- In realtà più che lei ci hanno aiutato i suoi arti. - precisò Jigen. - Non so come faccia, ma fa comparire qualsiasi parte del corpo ovunque. -.
Lupin scoppiò a ridere a quelle parole. - Oh, mai dai, Jigen, non dire stupidaggini. -.
- Già. - confermò Sanji, che si era sforzato di ridere insieme a Lupin. - Che cosa assolutamente assurda. Conosco Nico Robin come una sorella e vi assicuro che non può aver fatto nulla del genere. -.
- Sappiamo quello che abbiamo visto. - fu la
fredda risposta di Goemon.
Fujiko spiegò loro come si era svolto il furto. Sanji per poco non andò fuori
strada per la sorpresa.
Ma che saltava in mente a Nico Robin? Voleva che scoprissero l'esistenza dei
frutti del diavolo? Voleva che capissero che erano dei pirati? Stava cercando di
nasconderlo a tutti i costi, non voleva che dubitassero della sua lealtà.
Avevano studiato un piano, un buon piano, le aveva detto tutto, perché si era
intromessa?
Da una parte le era grato, ma dall'altra non tollerava quella mancanza di
fiducia nei suoi confronti.
- Ehm... Sanji... stai stritolando il volante.
- gli fece notare Lupin.
Sanji allentò la presa all'istante. - Scusami. Stavo solo pensando
all'assurdità di quello che è successo. Nico Robin non è capace di fare una
cosa simile. Nessuno al mondo lo è. -.
Lupin annuì. Eppure dentro di sé non era
molto convinto. Si era ricordato di quando aveva incontrato Nico Robin per la
prima volta. Era successa una cosa strana, la porta, prima chiusa, era stata
aperta. Aveva detto di averla aperta lei, ma non si era mossa. Dubitava inoltre
che i suoi tre amici avessero avuto una visione collettiva.
Era sempre più propenso a pensare che il biondo cuoco accanto a lui gli stesse
nascondendo qualcosa.
Goemon ripensava alla freddezza di Nico Robin.
Al suo modo di essere gentile, eppure di avere quello sguardo che non prometteva
nulla di buono. Li aveva aiutati per Sanji e per quella ragazza per cui anche
lui agiva.
Era calcolatrice, sapeva che non avrebbe rischiato di perdere il lavoro agendo
nel modo in cui ha agito. Eppure era sicuro di quello che aveva visto, era
sicuro che lei avesse qualche potere particolare. Davvero Sanji non ne era al
corrente? O stava solo mentendo? E se sì, perché avrebbe dovuto mentire?
"Bene bene" pensava Fujiko "A quanto sembra dall'espressione di Lupin, si direbbe pensieroso, e penso proprio di sapere perché. Dubita del cuoco. Ottimo." sorrise tra sé. "Questa diffidenza potrebbe tornarmi utile prima o poi".
..........**********..........
- Ma sì, signora, glielo
assicuro, con quest'abito addosso è veramente divina. - Nami stava cercando di
vendere un costosissimo capo della stagione ormai passata. Una cosa che avrebbe
fruttato così tanti soldi non poteva certo stare a marcire in magazzino.
In realtà non stava per niente bene addosso alla signora troppo magra che aveva
davanti.
Quell'abito era stato studiato per esaltare le forme, forme che alla signora in
questione mancavano. Nami quindi doveva usare la sua adulazione per compensare
quello che lo specchio mostrava duramente.
Era quasi riuscita a convincerla.
Era sicura che avrebbe preso quell'abito.
La notizia che Nami stava per vendere quel prezioso capo fece il giro del
negozio e tutti i commessi tenevano le dita incrociate per la riuscita
dell'affare.
I più curiosi andavano addirittura a vedere la situazione.
Tra questi curiosi c'era Rufy, che appena vide la signora con addosso quel vestito verde spalancò la bocca e la indicò. - Nami, scusa, con questo vestito cosa dovrebbe sembrare, un baccello ammuffito? - domandò.
I commessi spalancarono gli occhi, cercando intorno a loro oggetti da tirargli addosso.
- MA COSA DICI, RUFY!! - esclamò furiosa, strabuzzando gli occhi. Poi tornò gentilmente a rivolgersi alla signora, facendo ripetuti inchini in segno di scusa. - Lo scusi signora, non sa quello che dice, oggi ha un po' di febbre. -.
Il danno però ormai era stato fatto e i tentativi di Nami che continuava a dire quanto fosse avvenente con quel vestito e quanti cuori avrebbe fatto cadere ai suoi piedi. La signora si guardava allo specchio con sguardo critico, non più compiaciuto come prima.
- Il ragazzo ha ragione. - concluse, sbattendo la porta del camerino in faccia a Nami, in modo da potersi cambiare. Quindi uscì e restituì il vestito alla rossa. - Con questo abito sembro un baccello ammuffito e non ho alcuna intenzione di comprare né questo né nessun altro abito in questo negozio dove adulate i poveri clienti pur di spillare qualche quattrino. Lo sconsiglierò a tutte le mie amiche. Arrivederci! - uscì, indignata, ergendosi in tutta la sua maestosa bruttezza.
Nami era rimasta senza parole.
Quella scenata... davanti a tutti i suoi migliori clienti!
Se avessero potuto i commessi avrebbero picchiato Rufy. Nami invece non si
trattenne e gli tirò un pugno sulla guancia. - MA NON POTEVI STARTENE ZITTO!?
-.
Rufy si massaggiò innocentemente la guancia su cui aveva ricevuto il colpo. - Ma che ho fatto? Ho detto solamente la verità. -.
Nel frattempo sentiva che le
clienti che avevano assistito alla scena e che erano già state servite da Nami
si stavano chiedendo vicendevolmente se anche con i loro vestiti stessero male e
se fossero cadute anche loro nella trappola adulatrice della ragazza.
Se avesse potuto Nami sarebbe sprofondata volentieri.
Sentì dei passi rimbombare dietro
di lei.
Si voltò.
Dewenport stava sfoggiando uno dei suoi più affascinanti sorrisi.
- Non c'è motivo di preoccuparsi signore. - la sua voce era dolce e gentile, e
tutto intorno a lui si placò. - Nami con quella cliente si è comportata nel
modo più giusto e cortese possibile. Quella cliente non aveva affatto un
gentile aspetto, comunque nessuno dei nostri abiti le sarebbe andato bene. E'
una boutique per donne di classe questa e tutte voi sapete di esserlo. Per voi
ci sarà sempre un abito pronto a valorizzarvi e il compito dei nostri commessi
è aiutarvi a cercare quello giusto. Per una cliente che fa certe sceneggiate
non esiste un abito giusto e la nostra Nami non può fare l'impossibile. Fatevi
guidare dai nostri commessi e non costringeteli ad adularvi. Se voi non li
costringerete loro non lo faranno ma vi aiuteranno nella ricerca dell'abito che
vi farà sembrare delle rose in un campo di margherite. -.
E senza aggiungere una parola
girò e se ne andò, tornando nel suo ufficio.
Nami lo avrebbe baciato. Ancora lui che la toglieva da una situazione
imbarazzante, sempre lui che risolveva i guai che Rufy combinava. Doveva andare
a ringraziarlo.
Prima però si voltò verso il ragazzo dal cappello di paglia. - Con te faccio i
conti dopo. -.
Bussò alla porta dell'ufficio e
attese il via libera.
- Avanti. - la voce di Dewenport l'invitò ad entrare.
- Io... volevo ringraziarti. - gli disse lei.
Lui sorrise. - Prego. -.
Poi scoppiò a ridere. - Erano anni che non avevo commessi sfacciati come Rufy.
"Sembra un baccello ammuffito".- continuò a ridere e la sua risata
contagiò anche Nami, che non sapeva più fermarsi.
Quando gli comparvero le lacrime agli occhi Dewenport capì che fosse arrivato
il momento di darsi un contegno e smise di ridere, a Nami ci volle ancora
qualche minuto per riprendersi.
- Siediti. - le indicò la sedia davanti alla scrivania sulla quale Nami si era seduta un sacco di volte quella settimana. - In realtà speravo che tu mi seguissi qui. - cominciò lui.
Nami si stupì. - Come mai? -.
Lui sospirò. - Vedi Nami... tu sei la persona a cui ultimamente mi sono affezionato più di tutte le altre. Abbiamo molte cose in comune io e te. A cominciare da un'ombra nel passato che continua a inseguirci. -.
Arlong. Ancora una volta lui.
- Il fatto è, Nami, che non sempre il passato si chiude e rimane dov'è. A volte il passato ritorna. -.
Nami stava cominciando a
spaventarsi. - Che significa? -.
Temeva che stesse per tradirla. Che stesse per consegnarla ad Arlong.
Ormai le parole del suo principale erano un sussurro. - Significa che ti devo raccontare una storia. In modo che tu capisca come mai da domani io dovrò sparire, lasciando il negozio. -.
Nami rimase senza parole. - Lasciare il negozio... ma... perché...? -.
Dewenport guardò fuori dalla finestra.
- Perché Arlong mi sta cercando. -.
L'angolo della Matrix
Siamo alle solite. Sono in
ritardo.
Mi dispiace immensamente... devo ammettere stavolta che essendo stata chiusa in
casa causa febbre/mal di gola incessante ne avrei avuto di tempo per scrivere.
Invece ho trascorso il mio tempo riguardandomi tutte le puntate di One Piece
dalla prima fino all'inizio della saga di Alabasta.
Quindi stavolta non ho scuse, sono in ritardo e basta.
Ho cercato di farmi perdonare con
questo capitolo, cercando di farlo di una lunghezza accettabile. Mettendo da
parte il rapporto Nami/Dewenport che analizzerò nel prossimo capitolo, vorrei
focalizzarmi sul furto narrato.
Lo so che per i miei standard si è svolto in modo molto semplice, ma
l'intervento di Nico Robin mi serviva per dare una svolta alla storia... è
vero, potevo metterlo solo all'inizio, evitando la faccenda delle telecamere, ma
ho pensato che era talmente scontato comportarsi in quel modo che farli agire in
un modo diverso sarebbe stata un'inutile forzatura.
Comunque prometto che la prossima volta ci metterò dentro meno furbizia e più
azione (sana, vecchia, cara azione xD).
Ah, ecco, non fate i pignoli. So
perfettamente che alcune delle cose che scrivo non sono possibili, ma è una
storia, non è che poi qualcuno deve prendere spunto e farle davvero queste
cose, quindi hanno tutto il diritto di essere campate per aria, ok?
E perdonate se c'è qualche errore di battitura, mi capita spesso di non vederli
(e dire che porto anche gli occhiali T.T).
Piccolo appunto sul personaggio di Fujiko, dal momento che molti di voi l'hanno citata nella loro recensione (anche su mia richiesta, visto che anche nello scorso intervento le avevo concesso uno spazio), quindi cercherò di farne una panoramica rispondendo a tutti qui: Fujiko ha un cuore, ovvio. Tutti hanno un cuore. E' che Fujiko è calcolatrice prima di tutto e non è assolutamente innamorata di Sanji. In questo momento della storia il suo unico obbiettivo è il furto. Consiglio di leggere la recensione di Slits sul capitolo 8: ha inquadrato la mia Fujiko veramente bene. Lo so che forse è un po' estremizzata, ma la storia non è ancora finita.
E adesso ringrazio e do un bacio
a tutti coloro che hanno aggiunto la loro storia tra le seguite (w!), tra le
preferite (ww!!) e un grazie anche a quelli che perdono qualche minuto a leggere
la storia pur non facendo sentire la loro voce.
Una standing ovation a coloro che, al contrario, non solo leggono ma mi
lasciano anche una recensione!!
-
Nicoranus83: ammettilo. Anche tu hai qualche potere eccezionale!! Sei sempre velocissima a recensire, nemmeno avessi un dispositivo da spionaggio che ti avverte ogni volta aggiorno xD
Sono contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto più degli altri e di essere riuscita ad emozionarti (è una delle cose più gratificanti, emozionare). Forse è stato perché io tenevo a quel capitolo più degli altri e si è sentito. Spero sia così. E spero anche che questo capitolo ti sia piaciuto, anche se decisamente meno sentimentale dell'altro. Bacione!! -
Crybaby: colpita e affondata. L'ho scritto io... eh, la vecchiaia, che ci vuoi fare? ^^
No, è che in realtà la mia intenzione era quello di farvi rimanere nel dubbio, del tipo "respira, ma poco, chissà se ce la fa" e non del tipo "respira, è vivo e resterà vivo"... mi sa che non ci sono riuscita molto bene. E va beh, mea culpa.
Per Fujiko leggi sopra i ringraziamenti dove c'è il suo nome in grassetto.
Per quello che riguarda il capitano... e va bene, qualcuno di voi ci ha preso. E' che rovinerei la sorpresa a dirvelo qui nello spazio ringraziamenti chi è, non credi anche tu? In realtà credo che se ci pensi su un minuto ci arriveresti. Ha fatto una buona azione a mandare quel biglietto alla ciurma di Cappello di Paglia no? Quindi significa che ci è affezionato... trai tu le tue conclusioni ;)
Grazie per l'augurio, le vacanza sono state s-p-e-t-t-a-c-o-l-a-r-i!!
Spero che ti sia piaciuto questo capitolo. Bacione!! -
Slits: che gioia vedere le tue recensioni lungherrime!! xD
No, no, non ti inabissare, se no poi le recensioni più lunghe del capitolo chi me le lascia??? Il tuo nome non è affatto sgraziato (e per curiosità, come mai hai scelto proprio Slits?) e non ho alcuna attenzione di mandarti lettere minatorie con bombe atomiche a casa. Stai tranquilla dunque, sei al sicuro (almeno finché continuerai a fare recensioni lunghe...).
Complimenti per come sei riuscita a capire il personaggio di Fujiko. Io stessa non sarei riuscita ad esplicarlo meglio (infatti ti ho citata sopra, non so se hai notato ^^).
Sono contenta che le reazioni ti siano piaciute!! *-* Avevo dei dubbi anche su quelle, ma mi hai rincuorata. Mi ha fatto un immenso piacere il sapere che te li sei vista passare davanti, che ti sembrava di averli lì, che sentivi la loro voce in camera... è una soddisfazione per chi scrive leggere queste cose nelle recensioni. Davvero secondo te alla fine del manga moriranno tutti? Io credo che One Piece mandi un messaggio positivo ed educativo sul raggiungimento dei propri sogni e sulla fatica che si fa per compierli... se finissero tutti giustiziati non ci sarebbe un messaggio né positivo né educativo. Comunque io dico che o raggiungono i propri sogni oppure a questo punto preferisco vederli giustiziati nel tentativo di raggiungerli.
Quanto ai tuoi dubbi abbi pazienza e vedrai che tutto si chiarirà ;). Bacione!! -
Levsky: cosa farà Nami quando saprà di Arlong lo scoprirai nella prossima puntata. xD
Sono felicissima che ti sia piaciuto l'incontro tra Zoro e Kuina *-* non puoi nemmeno immaginare quanto ci tenessi a quell'incontro.
Sono scoppiata a ridere quando ho letto la tua semplice motivazione: "Zoro è Zoro". E' vero, hai perfettamente ragione. Alla fine credo che sia il vero motivo per cui non l'ho fatto morire. Perché Zoro è quasi più di un personaggio, è un ideale. E gli ideali non muoiono.
Ah, una cosa: ti ho chiarito un po' le idee riguardo al capitano con questo capitolo?
Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto. Bacione!! -
myki: esatto, è colpa tua. Per punizione quando torni dalle vacanze vieni tutti i giorni a casa mia e ci guardiamo One Piece xD Per quello che riguarda il capitano brancolate tutti nel buio allo stesso modo, con la sola differenza che tu, non conoscendo i personaggi non provi nemmeno a immaginare chi sia, gli altri si impegnano per capire la sua identità.
Sono contenta che ti piaccia il personaggio di Goemon. Faccio molta attenzione quando scrivo di lui, perché me lo immagino molto riflessivo... fargli sostenere un dialogo per me è cosa molto impegnativa, basta una parola in più per farlo uscire dal personaggio.
Di Fujiko ne abbiamo già parlato ma comunque leggi sopra i ringraziamenti, dove c'è la scritta in neretto.
Ero sicura che ti sarebbe piaciuto il finale... non so per quale motivo ma mi sembrava abbastanza da te. E ti svelerò una cosa... la sfida che mi ero posta con lo scorso capitolo era quello di impressionarti con l'inizio. Volevo fare un inizio che ti colpisse. Perché era una parte molto importante per me l'incontro tra Zoro e Kuina, perché un po' mi rivedevo in Zoro, fedele alle vecchie promesse, attaccato al passato al punto di sacrificare il presente. Sapevo che se fossi riuscita ad impressionare una come te che in queste cose emotivo-riflessive ci sguazza avrei fatto un buon lavoro. Mi riempie d'orgoglio sapere che ti ho un po' commossa... credo che sia la prima volta che succede, o sbaglio? Hai centrato in pieno la metafora, l'ho fatto tornare piccolo fisicamente proprio per quel motivo... mi ha fatto sorridere la definizione che gli hai dato "meccanismo da cartone giapponese". Non ci avevo pensato, eppure in effetti mentre scrivevo mi vedevo le immagini in testa come se fossero di un cartone xD
Ho molto apprezzato questa recensione come anche tutte le altre che hai scritto ^^. Bacione!!
Con la speranza di un più celere aggiornamento,
un abbraccio a tutti,
@matrix@