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Autore: SHUN DI ANDROMEDA    13/07/2020    1 recensioni
[Angst/HurtComfort/FamilyFluff][PostHades]
Versione riveduta e corretta, divisa opportunamente in capitoli, della mia fic con lo stesso nome.
Quando non si sa se le cose miglioreranno o meno, quando un certo numero di segreti sono talmente dolorosi da rischiare di distruggere una famiglia ancora prima che questa possa muovere i primi passi...
Quando la Guerra Santa porta ferite molto più profonde di quelle fisiche.
Genere: Drammatico, Fluff, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Pegasus Seiya
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Nei Giardini Che Nessuno Sa'
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CAPITOLO 19

SENZA LASCIARE INDIETRO NESSUNO

Quando finalmente ritornò la calma, Saori si ritrovò seduta sul letto con la testa di Seiya, assopitosi, in grembo, e ne accarezzava distrattamente i capelli mentre gli altri discutevano a bassa voce del testamento che avevano appena finito di leggere ed erano passati a decifrare altri documenti che Saori aveva portato con sé.

"Una cosa è certa." gemette Nachi mentre consultava con espressione esasperata un dizionario che aveva chiesto in prestito a Jean: "Nessuno di noi sarebbe in grado di gestire tutto questo, non da soli perlomeno." concluse mentre decifrava righe e righe di difficili espressioni economiche, tracce per la gestione della Fondazione alla morte di Mitsumasa Kido, "Ojo-… Saori, come hai fatto a non impazzire? È troppo per una persona sola."

Lei sorrise gentile: "Ovviamente non ho fatto tutto da sola. Tuttavia, essendo mia l'ultima parola, ho dovuto studiare molto." ammise.

"Ti fa quasi rimpiangere gli anni dell'addestramento." borbottò Ichi, seduto sul tappeto con la schiena contro il letto: "Sono riuscito a leggere soltanto la metà di questi kanji, gli altri sono impossibili! Mai visti in vita mia!"

"Questo perché non sai leggere, dì la verità."

"Ah, perché tu li hai riconosciuti tutti, vero, Hyoga?"

"Ma io sono in parte russo, tu sei giapponese purosangue."

"Buoni, bambini." Geki alzò la testa dal plico di fogli che stava leggendo con aria divertita: "Che svegliate il pargolo."

"Chi, Seiya? Non lo tirano giù dal letto manco le cannonate." Jabu si sporse verso Shiryu di fronte a lui per chiedergli come si leggesse un carattere: "Anche se tra un po' dovremmo svegliarlo, in effetti… In fondo, abbiamo dormito tutto il pomeriggio e dovrebbe mangiare qualcosa e prendere le medicine. E anche Ikki." disse quest'ultimo prima di rispondere al fratello.

Saori annuì: "Credo che Makishima-sensei abbia chiesto a Satsuki-san di passare con la cena per tutti, l'ho sentito anche dire che ha una sorpresa per noi."

L'attenzione generale si concentrò sulla ragazza: "Che tipo di sorpresa?" chiese Ban, sinceramente curioso.

"Non ne ho idea, non sono rimasta ad origliare, non sarebbe stato… consono. Ma ormai è quasi ora del giro di visite, quindi penso che ce lo comunicherà personalmente."

 In quel momento, all'improvviso, qualcuno bussò alla porta e simultaneamente le teste di tutti i presenti meno Seiya si voltarono verso di essa: "Avanti." disse Saori.

La prima cosa che videro fu il carrello, e solo dopo Satsuki che lo spingeva, seguita dalla familiare sagoma del dottor Makishima, il quale li salutò con un sorriso caldo: "Buonasera ragazzi, avete passato un buon pomeriggio, spero."

Con un cenno del capo, la giovane tycoon salutò il medico: "Quando sono arrivata, stavano dormendo. E non hanno pranzato."

"Mi è stato riferito. Ed è per questo che ho richiesto una consegna speciale. E ho anche un regalo di compleanno per Seiya, benchè un po' in ritardo." disse l'uomo con una busta in mano.

Intanto che Satsuki distribuiva le ciotole di ramen fumanti - "Regalo di Mitsuki-san della caffetteria", aveva detto l'infermiera con un sorriso – Saori si chinò su Seiya per scuoterlo e svegliarlo: "Seiya? È ora di cena." sussurrò all'orecchio del coetaneo, "E Makishima-sensei ha un regalo per te."

Infastidito, sulle prime Seiya si limitò a grugnire e a ignorare i richiami, ma Saori insistette e ben presto il ragazzo fu costretto a sollevare una palpebra e a osservarla insonnolito: "Sono sveglio… Sono sveglio…" borbottò lui prima di mettersi seduto con un po' di aiuto.

"Ben svegliato, Kido-kun, dormito bene?" chiese il medico con aria gentile.

"Come un sasso… E ho fame. Cosa c'è per cena?" Seiya annusò l'aria come un cucciolo affamato.

"Ramen, Mitsuki-san li ha fatti per voi." Satsuki passò a Seiya la sua ciotola e un paio di bacchette usa-e-getta sopra un vassoio: "Attento, che sono caldi."

Bilanciando sulle ginocchia il vassoio e la ciotola piena di brodo, il Saint di Pegasus attese che anche Saori ricevesse la propria porzione, dopodichè osservò con curiosità la busta che il dottore aveva in mano e che gli stava porgendo: "Buon compleanno in ritardo, Kido-kun. Puoi aprirla, se vuoi."

Il foglio all'interno era bianco e piegato su sé stesso ma, quando venne dispiegato, la prima cosa che il ragazzo vide fu il logo della Fondazione e della Clinica, poi un fitto muro di kanji ma quello che davvero attirò la sua attenzione fu il titolo del documento che aveva tra le mani.

Dimissione.

Per un attimo, a Seiya mancò il respiro mentre la sua mente registrava la parola ma non la concepiva del tutto.

Saori sbirciò il foglio e sul suo viso apparve un'espressione sorpresa, che incuriosì ulteriormente gli altri fratelli presenti: "Che succede?" chiese Shiryu, in procinto di alzarsi in piedi e verificare di persona; Seiya però, nonostante le orecchie che gli fischiavano e le lacrime che, traditrici, si affollavano ai suoi occhi, alzò la testa con un sorriso dipinto sul volto.

"Sono stato dimesso…" annunciò con un filo di voce.

Una bomba sarebbe stata meno rumorosa.

In un istante, la stanza si riempì di grida, voci esultanti che si coprivano l'un l'altra e lacrime, questa volta di gioia e sollievo, che nessuno si preoccupava di nascondere davvero.

"Quando?!" chiese subito Jabu.

"Domani… Da domani posso tornare a casa…"

"Bisognerà avvertire Seika-neesan."

"Ci penserò io quando chiamerò Tatsumi, Ichi."

"Vorrei chiamarla io per dirglielo, Saori…"

"Dopo cena, Kido-kun, Satsuki-kun ti accompagnerà alla reception così potrai telefonarle e darle la bella notizia di persona. E ovviamente, anche Kido Ikki-kun potrà tornare a casa con voi, a patto che per un po' eviti di litigare con qualcuno di più grosso e cattivo di lui. Facciamo… Per i prossimi dieci anni, d'accordo?"

Shun si sporse per abbracciare il fratello maggiore seduto accanto a lui, incurante della ciotola ormai vuota, che cadde a terra con un tonfo.

Mentre Satsuki, con espressione commossa, fermava Jabu con una mano per impedirgli di chinarsi ad aiutarla, Shun strinse con tutte le sue forze Ikki, in un abbraccio di cui entrambi sapevano di aver bisogno ma che avevano troppo a lungo rimandato.

In una piacevole tranquillità, rotta di quando in quando dai singhiozzi di Shun e dalle risate basse e nervose degli altri – Makishima-sensei si era congedato subito per proseguire il proprio giro di visite serale -, Shiryu aiutò Seiya a non rovesciarsi addosso il brodo intanto che finiva di mangiare mentre Geki e Ban, con la collaborazione di Jabu e Nachi, si erano attivati per sistemare vestiti, libri, disegni e quant'altro avesse preso residenza in quella stanza negli ultimi ormai otto mesi.

Otto mesi.

Incredibile come il tempo fosse passato rapido, nella noia di giorni tutti uguali in attesa di un qualsivoglia cenno di vita da parte di Seiya – Jabu, ripensando a quanto avevano passato, non riuscì a non lanciare uno sguardo di sfuggita all'indirizzo del fratello minore, avvolto in un pigiama ancora troppo grande per lui -, incredibile la mole di segreti e rivelazioni di cui erano stati messi al corrente.

In otto mesi, avevano toccato con mano la più profonda disperazione e la gioia più grande.

Avevano rischiato di perdere un fratello ma ne avevano guadagnati altri.

Avevano una sorella, due se si contava anche Seika-san.

Avevano una famiglia.

Potevano ancora vivere una vita piena.

Tuttavia, un'ombra rabbuiò i pensieri di Jabu, il quale – dopo essersi assicurato silenziosamente che Seiya stesse bene e che stesse mangiando senza alcuna preoccupazione – rivolse un'occhiata preoccupata prima a Shiryu e poi a Hyoga.

Unicorn non era un ragazzo stupido, anzi, e in quei lunghi mesi di convivenza - prima quasi forzata e poi piacevole nella sua familiarità – aveva osservato con attenzione i ragazzi più grandi e non aveva avuto difficoltà a riconoscerne, nei volti, il rammarico e il dolore.

Dolore per la sorte di Seiya, certo, ma anche dolore per qualcosa di più profondo e non era difficile immaginare di cosa si trattasse: sapeva quanto Dragoon e Cygnus… quanto i suoi fratelli fossero legati ai loro Maestri, forse le persone più simili a una figura paterna che avessero mai conosciuto.

Nella loro vita come comandanti dei soldati semplici del Santuario, Jabu e gli altri avevano sentito numerose storie sui Gold Saints e tutti erano concordi su una cosa: quando si trattava dei loro allievi, Camus e Dohko potevano smuovere mari e monti per loro.

Diamine, Camus aveva anche deciso di congelare per l'eternità il suo allievo allo scopo di proteggerlo dalla morte di una guerra intestina tra Guerrieri di Athena!

Seppur con un briciolo di invidia, Jabu aveva ammirato quel sacrificio e aveva provato sincero dispiacere quando aveva saputo che Camus di Aquarius era perito per mano di Hyoga stesso.

E quando Saori, all'indomani del loro ritorno in Giappone dopo aver affrontato Hades in terra e nell'Elisio, aveva raccontato ai Bronze rimasti in Grecia quanto era accaduto nel Regno d'Oltretomba, Jabu era rimasto di sasso.

Dohko, Camus, perfino Death Mask e Aphrodite, di cui aveva soltanto sentito parlare, e Aldebaran…

Tutti i Gold Saint erano morti, sacrificatisi per permettere a Seiya e agli altri di avanzare.

Non osava immaginare il dolore di Shiryu e Hyoga nel rendersi conto di aver perso quelli che per loro erano come dei padri.

Ed era felice che i suoi fratelli fossero tornati, che Athena avesse fatto del suo meglio per riportarglieli e permettergli di poter avere un rapporto con loro; tuttavia, non nascondeva che avrebbe voluto di più, anche solo per poter vedere Shiryu e Hyoga sorridere davvero e non vederli con quel peso sullo spirito.

"Ehi, bell'addormentato. Hai intenzione di mettere via quel paio di calzini puzzolenti e venire qui oppure preferisci che ti lasciamo solo con loro? "

Il tono scherzoso di Ichi e la sua mano sulla propria spalla riscossero Jabu dai suoi pensieri all'improvviso, facendolo sobbalzare per lo stupore; voltatosi di scatto, Unicorn vide l'espressione perplessa del fratello maggiore con la mano a mezz'aria: "Hai visto un fantasma? Sei pallido come un morto." disse Hydra con tono interrogativo.

La stanza era silenziosa e fu in quel momento che Jabu si accorse che mancava metà di loro: "Seiya è andato a telefonare a Seika-san e gli altri l'hanno seguito." disse Saori, seduta sul letto sfatto mentre Geki, accanto a lei, faceva cenno a Jabu di raggiungerli, "Dobbiamo parlare di una cosa importante e per il momento non voglio che nessun altro ci senta."

Curioso, Unicorn seguì Ichi e si sedette accanto a lui: "C'è un ultimo segreto di cui vi devo mettere al corrente, e per la prima volta non so davvero come dirvi una cosa del genere senza turbarvi." ammise Saori con lo sguardo tenuto basso.

"Dobbiamo preoccuparci?" chiese Nachi: "È stata una giornata pesante e se è successo qualcosa di grave…"

"No, no, anzi. Si tratta di una bella notizia. Non c'è altro modo per dirvelo se non così, ragazzi. Sono vivi."

Nella stanza cadde il silenzio, un silenzio perplesso e pieno di domande.

"Cosa vuol dire che 'Sono vivi'?" chiese Ban dubbioso.

Jabu annuì, non capiva cosa intendesse Saori con quelle parole criptiche.

Ichi, tuttavia, era sbiancato e, rizzatosi in piedi, guardò Saori con gli occhi sbarrati: "S-Stai parlando… Stai parlando dei Gold Saint?"

Saori, con la malinconia sul viso, annuì, senza dire nulla.

Il cuore di Unicorn ebbe un tuffo mentre le lacrime gli invadevano gli occhi e scattò in piedi imitando Ichi: "È-È vero? Tutti? S-Saori, Hyoga e Shiryu… Hyoga e Shiryu devono saperlo!"

Con una carezza del proprio Cosmo Divino, Athena calmò il coetaneo sconvolto che tremava davanti a lei: "Jabu, respira e ascoltami, per favore. È importante che ascoltiate tutti perché ho bisogno del vostro aiuto."

La ragazza gli tese la mano e lui, seppur goffamente, gliela strinse e si lasciò condurre fino al letto, dove venne fatto sedere intanto che Athena continuava a tenere la sua mano stretta nella propria; inspirò profondamente e raccolse le idee prima di rimettersi a parlare, conscia dell'attenzione dei presenti su di sé: "Quando eravate già partiti dalla Grecia per tornare qui in Giappone con Seiya, ho approfittato della confusione che regnava al Santuario per ritirarmi nel naos. Sapevo che, se mi fossi confidata con qualcuno, mi avrebbero fermata.".

Athena si prese un attimo per prendere fiato e osservò le espressioni sbalordite dei suoi ragazzi, consapevole che quello che stava per rivelare li avrebbe sconvolti ancora di più.

"Ho esploso il Cosmo, ho pensato che… che se fossi riuscita a riportarne indietro anche solo uno…"

Ban sgranò gli occhi e la interruppe: "Così presto?! Saori, avevate appena finito di combattere Hades, eri appena stata liberata dal'Urna, avresti potuto non sopravvivere!".

Lei annuì: "Dovevo fare qualcosa. Avevo portato a casa Seiya ma anche loro meritavano una possibilità di vivere."

Goffamente, Jabu le poggiò una mano sul braccio: «Q-Quanti sono tornati? Saori, ho visto Hyoga fingere che andasse tutto bene, e così Shiryu, ma erano davvero legati ai loro maestri." mormorò lui.

"Lo so, ed è stato difficile non dire nulla. Ma non sapevo se sarebbero riusciti a riprendersi. Ho pregato, ho pregato le vie del Cosmo ogni notte e ogni giorno, ho influsso in loro ogni stilla di energia che avevo… No, non avreste potuto aiutarmi," li prevenne lei mentre Geki apriva la bocca per esternare il proprio disappunto: "Se ci fosse stata anche le minima possibilità, ve l'avrei chiesto. Ma perfino con il Cosmo Divino mi sono trovata in difficoltà, ho consumato gran parte di esso e solo da pochissimo sono riuscita a recuperare quel tanto di energia bastante per poterlo richiamare. Sto bene, ragazzi, di questo non dovete preoccuparvi. E lo stesso vale i Gold Saint, li ho riportati indietro tutti e mi è stato comunicato da poco che si sono svegliati tutti, anche Aiolos, l'ultimo che mancava."

"Come possiamo aiutarti?" chiese Geki con espressione decisa.

"Saori sorrise stanca prima di guardare l'orologio che portava al polso, nascosto sotto la manica del tailleur: "È il momento che questa famiglia riceva una bella sorpresa. Prima di venire qui dall'ufficio, ho chiamato l'aeroporto privato della Fondazione e ho fatto preparare il jet. Se partiamo entro un'ora, possiamo arrivare ad Atene in nottata e in un paio di giorni essere di ritorno. Pensavo di chiedere a chi se la sentiva di viaggiare di venire con noi in Giappone e trascorrere un po' di tempo alla villa."

"Vorresti che venissimo tutti per accompagnarti?" chiese Ichi.

Saori scosse la testa: "All'inizio sì, ma non avevo messo in conto che Makishima-sensei avrebbe potuto dimettere Seiya così presto. Se partissimo tutti all'improvviso, potrebbero avere dei sospetti e perciò addio sorpresa."

"Se uno di noi partisse con te non ci sarebbero problemi, ti abbiamo aiutata spesso con faccende della Fondazione e nessuno sospetterebbe nulla. La scelta migliore sarebbe Jabu, ma…"

"Io vorrei restare qui con Seiya…" ammise Unicorn.

Athena alzò la mano per posarla sulla spalla di Jabu: "Lo immaginavo, per questo non te l'ho chiesto subito. Ed è bello vedere che vuoi stargli vicino, visti anche i vostri trascorsi." sorrise lei.

 Imbarazzato, Jabu distolse lo sguardo: "In passato le cose erano diverse."

"Allora Nachi."

Ban indicò il fratello che osservava pensieroso fuori dalla finestra: "Dopo Jabu, è quello che ti ha accompagnata più spesso e nessuno farà troppe domande."

"Noi resteremo qui e terremo il fortino. Faremo in modo che Seiya sia ancora intero al vostro ritorno. E anche la Villa." intervenne Ichi.

"Vi ringrazio, ragazzi." disse lei sollevata prima di tirare fuori dalla tasca un telefono cellulare: "Chiamo Tatsumi e gli chiedo di preparare una borsa al volo per entrambi e di farla portare all'aeroporto, saremo pronti a partire entro un'ora."

"Dove devi andare, Saori?"

Seduto sulla carrozzina spinta da Shun, Seiya fece capolino dalla porta con espressione dubbiosa; anche Shiryu alle loro spalle sembrava perplesso e così Hyoga e Shun. Ikki non sembrava esprimere alcun sentimento ma i suoi occhi parlavano per lui.

"C'è stato un piccolo contrattempo con alcuni partner commerciali in Europa e Tatsumi non riesce a risolvere il problema per me, quindi devo partire per la Francia questa notte stessa. Nachi è stato così gentile da accettare di accompagnarmi."

Mentre Geki si faceva avanti per aiutare Seiya a rimettersi a letto, quest'ultimo osservava Saori con attenzione; infine spostò il proprio sguardo su Jabu con un sospiro: "Non sei tu che di solito la accompagni?"

Con una scrollata di spalle, Jabu si mise le mani in tasca e gli rivolse un sogghigno: "Non stavolta, preferisco restare qui e infastidirti il più possibile.".

"Lo so che domani verrai dimesso, e mi dispiace non esserci per questo momento così importante." Saori si sedette sul materasso e guardò Seiya negli occhi: "Ma abbiamo i nostri doveri. Io devo andare e risolvere questo problema e tu hai il dovere di andare a casa e riposarti per velocizzare la tua guarigione definitiva. Non volevi andare in campeggio in primavera?"

"Mi sembra così strano lasciare questo posto…" ammise Pegasus con un filo di voce: "È stata la mia casa per così tanto tempo che non riesco a credere di uscire di qui."

Shiryu, accanto al letto, lo abbracciò stringendolo con un braccio: "Verremo a trovare Meiko-san e gli altri, però la tua casa è un'altra, lo sai, otouto."

"Sì, lo so. È che dopo tutti questi mesi… dopo tutti questi anni, mi sembra così incredibile l'idea di tornare alla Villa e di trovarci qualcuno ad aspettarmi. È una novità per me."

Sinceramente incerto su cosa rispondere, Shiryu si prese qualche istante per riflettere sulle parole del fratello, un altro tassello che andava ad aggiungere domande al già ricco mosaico di dubbi e incertezze che avrebbero dovuto affrontare in futuro.

"Non avrai tempo per stare a rimuginarci su." intervenne Hyoga: "Hai sentito Seika e Miho, i bambini verranno a trovarti presto e ti aspetta un lungo periodo di convalescenza pacifica, vedrai che ti ci abituerai in fretta.".

"E poi, ricorda che ti ronzeremo intorno come mosche, non avrai un attimo di respiro con Jabu in circolazione." sogghignò Ichi guadagnandosi una gomitata nel costato da parte dell'interessato.

Intanto che Saori parlava al telefono in un angolo della stanza per lasciare istruzioni sia sul trasporto verso l'aeroporto sia sull'orario in cui Tatsumi sarebbe dovuto passare a prendere i ragazzi il giorno dopo, Shun aveva coinvolto Ikki nella raccolta dei vestiti rimasti in giro mentre Geki ripiegava le coperte ormai non più necessarie. In pochi minuti, la stanza era tornata ad essere in ordine e tutto era stato impacchettato e preparato per la dimissione.

Quando Athena chiuse la comunicazione, trovò Nachi ad aspettarla sulla porta: "Satsuki-san ha detto che è arrivata una macchina per noi." disse Wolf con già indosso il cappotto, "Dobbiamo andare."

Lei annuì prima di spostarsi di nuovo accanto al letto e abbracciare Seiya: "Torneremo presto, non ti accorgerai neppure della nostra assenza."

Tra le braccia della sua Dea… di sua sorella, Seiya sospirò e ricambiò la stretta: "Fate attenzione, ricordatevi che abbiamo un campeggio ad Hakone in programma."

"Non avevamo detto che Hakone era da vecchietti?"

"Tu l'avevi detto, Ichi, non io. Ad Hakone ci sono i bagni termali."

"Per qaundo saremo tornati, mi aspetto che abbiate fatto una lista di posti da visitare da vedere insieme. Ora dobbiamo davvero andare, ragazzi." Saori si alzò in piedi e scansionò con lo sguardo la stanza: "Ci vediamo tra un paio di giorni.".

"Vi aspetteremo a casa."

§§§

Quando atterrarono all'aeroporto privato Kido-Solo vicino ad Atene - dopo aver fatto scalo a Doha, in Qatar – era tarda notte; soffiava un vento freddo, anche se non gelido come a Tokyo, e una macchina li aspettava sulla pista di atterraggio con un uomo, senza alcun dubbio europeo, in piedi accanto al mezzo.

Lui li salutò con un cenno del capo e un goffo inchino quando furono scesi dalla scaletta e si affrettò a farli salire a bordo prima di ricevere dalle mani dell'assistente di volo le borse da viaggio dei due passeggeri.

Doveva aver già ricevuto le sue istruzioni perché non chiese loro niente e partì subito dopo aver caricato a bordo i loro bagagli; rintronato per il lungo viaggio in aereo, Nachi fissava fuori dal finestrino con espressione stralunata e senza capire bene la strada che stavano percorrendo.

Saori, seduta accanto a lui, si stringeva nel pesante cappotto che copriva il lungo vestito bianco nella quale si era cambiata durante il volo, immersa nei propri pensieri.

Quando infine l'automezzo si fermò in una piana sassosa e apparentemente deserta, l'autista si voltò verso di loro con espressione interrogativa, come a chiedere se fossero sicuri del luogo indicatogli.

Athena gli rivolse un cenno del capo e un sorriso prima di scendere dall'auto, seguita da Nachi.

Nella notte illuminata dalla luce della luna piena, il Saint di Wolf poteva distinguere la familiare sagoma in lontananza delle montagne che circondavano il Santuario e un groppo in gola per poco non gli impedì di respirare mentre il Cosmo Divino di Athena sembrava trarre forza dalla vicinanza della Terra Santa.

"Mi hanno detto di venirvi a prendere domattina in questo esatto punto." l'uomo si era rivolto a loro in un giapponese un po' stentato: "Ne siete certi?"

Saori, con in mano il proprio scettro che Nachi le aveva tirato fuori dal bagagliaio, annuì: "Ci vediamo qui domani mattina, quasi sicuramente avremo degli ospiti." aveva risposto lei in greco.

Sorpreso, l'uomo rispose in fretta – questa volta in greco - che sì, si sarebbe trovato lì fin dalle prime ore del mattino e che li avrebbe aspettati e poi, dopo aver augurato loro buona notte, salì di nuovo in macchina prima di allontanarsi a fari accesi nella notte.

Con lo scettro stretto in pugno che emanava una debole luce dorata, la quale sembrava pulsare all'unisono con il suo respiro, Saori tese la mano libera verso Nachi e afferrò quella del ragazzo più grande prima di avviarsi sul sentiero sabbioso e costellato di rocce.

Insieme, i due ragazzi camminarono nella notte, in silenzio: non c'era bisogno di parlare, sapevano benissimo dove andare e come muoversi, come se un richiamo atavico li stesse attirando; e se Saori gli sembrava più alta, più regale, più… divina, Nachi non disse nulla, contento di seguirne le orme mentre la voce delle stelle premeva perché rispondesse all'unico imperativo che aveva sempre mosso lui e i suoi fratelli anche quando erano stati fin troppo immaturi per ascoltarlo con pienezza.

Proteggere Athena.

Difenderla.

Esserne lo scudo.

A un certo punto della marcia, tuttavia, Saori si fermò e, alla luce della luna e del Cosmo divino, Nachi la vide sorridere prima di pronunciare un'unica parola: "Eccolo."

Wolf ebbe appena il tempo di puntare lo sguardo nella stessa direzione prima di vedere la notte letteralmente aprirsi davanti ai loro occhi e, dalla stessa, uscire una figura con un lungo mantello sulle spalle, dai lunghi capelli color dell'erba di primavera che ondeggiavano al vento.

I penetranti occhi viola dell'uomo erano sereni e pieni di vita, ben diversi da quelli che ricordava dall'ultima volta che li aveva visti.

"Athena, è così bello vederla." disse l'uomo, chinando il capo in segno di rispetto.

"Lo stesso vale per me, Shion. E sono lieta di vederti finalmente in piedi."

"Tutto grazie a lei. E questo ragazzo deve essere uno dei suoi Bronze, esatto? Ricordo di averlo già incontrato…"

Quasi soverchiato dall'emozione, Nachi abbassò la testa: "Esatto, Nachi del Lupo, nobile Shion. Ci siamo incontrati, in passato… Ero comandante dei soldati durante l'ultima…"

"L'ultima invasione. Sì, ora ricordo. Sono sicuro di non aver torto un capello a voi giovani comandanti, ma i miei ricordi sono ancora un po' confusi, perciò mi scuso per qualsiasi danno io possa avervi arrecato." Shion si inginocchiò davanti ad Athena e a Nachi a capo chino.

"No, no! Stiamo bene, Nobile Shion." Il ragazzo agitò le mani per sottolineare le proprie parole: "Le uniche ferite di quei giorni sono quelle che abbiamo subito per mano di Thanatos quando abbiamo cercato di proteggere Seika-neesan."

All'espressione interrogativa di Shion, intervenne Saori: "Seika-san è la sorella maggiore di Seiya, è stata trovata da Marin che viveva nel villaggio di Rodorio. Thanatos ha cercato di ucciderla per colpire Seiya e i ragazzi l'hanno protetta, con l'aiuto di Marin e Shaina."

Alla menzione del Saint di Pegasus, Nachi vide Shion rabbuiarsi per un attimo: "A tal proposito, mia Dea…"

Nachi ebbe per un istante l'impressione che la temperatura attorno a loro si fosse abbassata.

"Cosa vuoi dirmi?" Saori si inginocchiò a propria volta e allungò le mani per stringere quelle di Shion.

"Vi siamo grati per averci riportati in vita, mia Dea, io e i miei compagni non abbiamo nulla da recriminare. Ma abbiamo riflettuto a lungo e ci chiedevamo se non fosse stata una scelta azzardata."

"Cosa intendi?"

"Noi riponiamo in voi una fede totale e non dubitabile, ma la nostra vita… Abbiamo avuto fin troppe possibilità, io e Dohko, abbiamo vissuto a lungo e avremmo sacrificato mille volte i nostri spiriti se ciò avesse potuto riportare indietro almeno uno dei ragazzi…"

Nachi trasalì, consapevole del momento delicatissimo che stavano per vivere.

"Io vi chiedo perdono Shion. Vi chiedo perdono con tutta me stessa per non avervi detto nulla subito, per avervi tenuto all'oscuro di tutto."

Il guerriero dinanzi a lei strabuzzò gli occhi ma non riuscì a dire nulla.

"Devo parlare urgentemente con tutti. Sono nel Tempio?"

"Siamo ancora tutti nella Prima Infermeria… Sebbene io sia stato il primo a svegliarmi in estate, gli altri hanno cominciato a riprendersi soltato il mese scorso e Aphrodite e Death Mask ancora non possono alzarsi da letto senza aiuto."

"Ma possono parlare?"

"il vostro arrivo non può che portare conforto. Venite, vi accompagno io."

Nachi venne fatto avvicinare ai due ancora a terra e, in un lampo di luce violetta, la notte sparì e venne sostituita dalle pareti cosparse di torce della Tredicesima Casa.

Incerto, il ragazzo mosse un passo in avanti e sentì la dura pietra sotto i propri piedi.

"Non hai mai viaggiato così, figliolo?" Shion aveva slacciato il mantello e se l'era drappeggiato su un braccio, mostrando la tunica bianca che indossava sotto di esso, con i ricami che Nachi ricordava fossero le insegne del Gran Sacerdote di Athena.

Wolf scosse la testa.

"Ti lascia un po' confuso le prime volte, sii paziente. Seguitemi, da questa parte."

Il ragazzo aveva vaghi ricordi del posto perché non era un posto che frequentava abitualmente anche quando era comandante dei soldati e perciò seguì docilmente Saori e Shion, i quali sembravano sapere perfettamente dove andare.

Passarono attraverso corridoi pattugliati da soldati – qualcuno lo riconobbe e lo salutò con rispetto – fino a che non si fermarono davanti a una porta nell'ala est dell'edificio, enorme benchè non ai livelli della sala del Trono da cui poi si accedeva al naos.

La stessa era sorvegliata da altre due guardie, le quali si affrettarono a cedere il passo nel riconoscere i due ospiti del Gran Sacerdote.

Una volta aperta la porta, la stanza che si trovarono davanti era illuminata da lanterne e lampade cosparse un po' ovunque per terra e sulle pareti, a circondare i numerosi letti che riempivano l'ambiente.

L'infermeria era tranquilla ma Nachi si sentì ugualmente nervoso nel riconoscere i volti segnati dei guerrieri lì ricoverati, cupi e pieni di rammarico.

Nessuno di loro sembrò essersi accorto della porta che si apriva, tranne uno.

Mu, quello più vicino, aveva alzato la testa non appena la porta si era aperta e rivolse loro uno sguardo sorpreso che si tramutò subito in un debole sorriso mentre cercava di mettersi seduto.

In un attimo, Saori gli fu accanto, cingendogli i fianchi con le braccia per aiutarlo.

"Athena… Siamo felici di vederla…" mormorò lui con le lacrime agli occhi.

Le sue parole si propagarono per la stanza con rapidità di una freccia, quei compagni che in passato si erano puntati i coltelli alla gola ora si aiutavano vicendevolmente ad alzarsi: Nachi riconobbe Aiolos che si sporgeva dal proprio letto per aiutare Saga, vide Aldebaran che teneva in piedi Aiolia, Shura che cercava di mettere seduti Death Mask e Aphrodite…

"Athena, quando siete arrivata?" chiese subito Sagittarius con aria esausta.

"Proprio adesso. Non c'è alcun bisogno di preoccuparsi, la vostra salute ha la priorità Siamo venuti fin qui per potervi parlare, ora che finalmente siete sulla via della guarigione. E soprattutto," Saori esaminò con aria addolorata i guerrieri lì riuniti che si facevano forza vicendevolmente per stare in piedi o quantomeno coscienti: "Per chiedervi scusa di avervi ingannati, di avervi tenuti all'oscuro di alcune informazioni importanti.".

I presenti sembravano scossi ma restarono in silenzio.

"In questi lunghi mesi di convalescenza, vi ho ingannati. Non me ne vogliare, sono mortificata per la sofferenza che senza dubbio dovete aver provato ma le motivazioni erano soltanto dettate dalla preoccupazione per le vostre condizioni. Temevo che, se vi foste stato rivelato, al risveglio, quanto sto per dirvi, vi sareste agitati e avreste messo in gioco la vostra salute per poterli rivedere. E questo non potevo permetterlo, volevo che steste bene e che poteste rivedervi in salute. Allo stesso modo, non ho detto nulla a chi di dovere perché fino all'ultimo non sapevo se foste sopravvissuti tutti, nonostante i miei sforzi. E non volevo addolorare nessuno.".

Un'espressione di spasmodica attesa apparve sui visi di alcuni presenti, a Saori si strinse il cuore nel riconoscere la speranza sui visi di Camus e Dohko.

Jabu aveva ragione.

«Athena, forse abbiamo compreso ma confermate i nostri sospetti, ve ne preghiamo."

"I ragazzi sono vivi. Sono vivi e sulla via della guarigione. C'è voluto del tempo ma non si sono lasciati vincere dalla morte. Anche Seiya è vivo e sta bene."

Il brusio si fece più forte.

Nachi sussultò.

Poi Saori chinò il capo: "Sono mortificata e vi domando perdono."

"Quando possiamo vederli?"

Camus era pallido ma determinato mentre si avvicinava ad Athena: "Mia Dea, vorrei partire per poter incontrare Hyoga."

La ragazza sorrise e annuì, sollevata: "Siamo venuti fin qui apposta per vedere chi fosse in grado di viaggiare e, se lo desidera, accompagnarlo fino in Giappone. Ovviamente, quando anche Seiya potrà viaggiare, torneremo in visita."

"Se le cose stanno così, allora credo che sia meglio lasciare che i Maestri siano i primi a partire. E anche Aiolos." disse Shion pensieroso, voltandosi verso Sagittarius: "Sappiamo che vorresti finalmente poter incontrare il tuo successore e non c'è occasione migliore di questa."

"Bisogna far chiamare anche Marin." intervenne Aiolia con gli occhi lucidi.

"La farò cercare in modo che per domattina ci attenda qui fuori." Shion non perse tempo e si lanciò subito nell'organizzazione.

E mentre voci e lacrime si mischiavano alle risate e al sollievo che sembrava illuminare la stanza, Nachi si appoggiò alla parete più vicina e chiuse gli occhi per un attimo.

La guerra era davvero finita.

   
 
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