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Autore: SHUN DI ANDROMEDA    26/07/2020    1 recensioni
[Angst/HurtComfort/FamilyFluff][PostHades]
Versione riveduta e corretta, divisa opportunamente in capitoli, della mia fic con lo stesso nome.
Quando non si sa se le cose miglioreranno o meno, quando un certo numero di segreti sono talmente dolorosi da rischiare di distruggere una famiglia ancora prima che questa possa muovere i primi passi...
Quando la Guerra Santa porta ferite molto più profonde di quelle fisiche.
Genere: Drammatico, Fluff, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Pegasus Seiya
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Nei Giardini Che Nessuno Sa'
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CAPITOLO 20

Συνερχομαι - Sunerkhomai

Quando Spiro Theodorakis si fermò nello stesso punto in cui aveva lasciato i suoi ospiti la notte prima, era ancora buio e – nonostante le poche ore di sonno e il thermos di caffè semi-svuotato sulla strada dall'aeroporto a lì – scese dall'elegante SUV intenzionato ad aspettarli anche per tutto il giorno.

Pur lavorando per una delle sussidiarie della Fondazione Graude in Europa da più di quindici anni, Spiro non aveva mai incontrato la giovanissima presidentessa prima della notte precedente, e con lei il suo accompagnatore; aveva invece più volte accompagnato in città per affari e poi alla sua residenza privata a Capo Sunio l'altro proprietario dell'aeroporto privato Kido-Solo, quel Julian Solo presidente unico della Solo Shipping International e il suo assistente.

Non era un uomo curioso, Spiro Theodorakis, ma qualche curiosità l'aveva anche lui, soprattutto vista la giovane età della tycoon: come poteva aver raggiunto un simile ruolo?

E anche il suo accompagnatore non doveva essere tanto più grande.

Con aria pensierosa, l'uomo si guardò intorno mentre il cielo cominciava lentamente a schiarirsi: dove diavolo potevano aver passato la notte? Non c'era nessuna costruzione lì attorno, men che meno un qualsivoglia centro abitato o paesino dimenticato da Dio.

E perché avevano chiesto di essere lasciati proprio in quel punto?

Troppe domande a cui non sapeva dare risposta.

Con un sospiro, si appoggiò al cofano del mezzo e tirò fuori dalla tasca una piccola agendina e una penna, iniziando quindi a segnarsi alcuni appuntamenti e cose da fare.

Passò così un'ora in silenzio, quando sentì dei passi avvicinarsi e, alzato lo sguardo, vide una debole luminescenza a breve distanza mentre una buffa sensazione di calore lo avvolgeva come un tenero abbraccio.

Sorpreso e incuriosito, egli richiuse il libretto e ripose la penna in tasca, per poi puntare lo sguardo verso di essa; fu ancora più sorpreso nel vedere che quella che si stava avvicinando altri non era che Saori Kido, accompagnata dal ragazzo con cui era arrivata e seguita da un gruppetto di persone – Spiro ne contò cinque, di cui una con una maschera sul viso -.

Quando infine il gruppo lo raggiunse, Saori Kido – con lo stesso bastone dorato che le aveva visto in mano poche ore prima - gli rivolse un sorriso gentile e un inchino prima di parlargli in greco: "Buongiorno." disse lei.

Spiro ricambiò il saluto e, abbassando lo sguardo, si voltò per aprire loro la portiera: "Prego." rispose.

Lei fu la prima a salire a bordo, seguita poi da tutti gli altri; l'ultimo a salire fu un ragazzo, dai corti capelli castani e dallo sguardo caldo come il sole e sereno.

Questi gli rivolse un sorriso e poi, con voce profonda, un ringraziamento prima di unirsi ai suoi compagni.

"Ci riporti all'aeroporto, per favore." disse Saori non appena Spiro si fu accomodato al posto di guida: "Per quando potrà essere pronto il jet per tornare in Giappone?" chiese poi.

"Il pilota è in stand-by dal vostro arrivo, posso chiamare in modo che al nostro arrivo siate pronti a partire. In nottata dovreste arrivare a destinazione." rispose l'uomo dopo aver avviato il motore.

"Perfetto. Abbiamo molta fretta di tornare a casa."

"Non si preoccupi, signorina, non ci vorrà molto."

§§§

 Il mattino della dimissione di Seiya arrivò fin troppo presto e il ragazzo si ritrovò seduto sul letto, in abiti civili per la prima volta in mesi, ad attendere che Makishima-sensei tornasse con i documenti della sua dimissione.

Dimissione.

Quasi non riusciva a crederci.

Dopo tutti quei lunghi mesi, avrebbe finamente visto il mondo esterno e avrebbe ricominciato a vivere, vivere davvero.

Non poteva negarlo, era emozionato oltre ogni dire, e se avesse potuto avrebbe anche versato qualche lacrima; ma non voleva che – vedendolo – gli altri si turbassero o spaventassero.

Ne avevano passate troppe in quei mesi per fargli anche quello.

Si limitò perciò a sorridere stanco a Jabu, in piedi accanto alla porta, che scambiava due parole con Seika, stretta nel suo solito scialle che Satsuki-san le aveva restituito pulito e ricucito dopo la sua scorribanda ad Arakawa.

I due sembravano tranquilli e, nel vederli così, anche un po' della tensione che permeava i muscoli di Seiya si attenuò un po'.

Improvvisamente, si udì qualcuno bussare alla porta e, quando questa si aprì, comparvero sia Makishima-sensei che Shiryu.

In mano al fratello maggiore, Seiya vide dei fogli e si sentì il cuore in gola.

"Buongiorno, Kido-kun." salutò il medico con un cenno del capo: "Ho accompagnato tuo fratello così da scambiare due parole con te prima di lasciarti finalmente libero. Pensi di avere voglia di parlare un po' con me prima di andare a casa?"

Incerto su cosa rispondere, il tredicenne si scambiò un'occhiata ansiosa prima con Seika, poi con Jabu e infine con Shiryu, i quali annuirono tutti e tre con un sorriso rassicurante: "Ti aspettiamo fuori, fratellino." disse la ragazza prima di prendere per mano gli altri due, "Andiamo a vedere se Ichi-kun e gli altri sono riusciti a trovare l'uscita."

Dopodichè, sparirono nel corridoio.

Nela stanza improvvisamente soffocante, rimasero soltanto Seiya e il dottore, il quale si avvicinò al letto per sedersi sulla poltrona lì accanto, la stessa che Shiryu aveva occupato per tante notti di veglia.

Al ragazzino mancò il respiro per un attimo.

"Stai tranquillo, figliolo. Non voglio darti brutte notizie di alcun tipo, solo parlarti un attimo. Lo faccio sempre con i pazienti che restano insieme a noi così a lungo e tu sei stati praticamente un caso unico nella storia di questa clinica, al di là del fatto che tu sia figlio di Mitsumasa Kido."

Seiya sgranò gli occhi ed ebbe un moto di panico, che lo portò ad afferrare un lembo del lenzuolo.

Ancora non era abituato, non del tutto.

"Sì, ragazzo mio, so chi siete ma non preoccuparti, non voglio metterti in difficoltà o in imbarazzo, queste cose sono molto delicate ed è giusto che tu e la tua famiglia abbiate tempo per rifletterci su e decidere come meglio muovervi. No, non sono qui per questo, voglio solo ringraziarti e augurarti ogni bene."

"R-Ringraziarmi?" chiese lui con voce roca.

"Sì, ringraziarti. Ringraziarti per aver combattuto ed essere sopravvissuto."

Nella stanza cadde il silenzio.

Makishima si tolse gli occhiali e, con un lembo del camice, prese a pulirne le lenti mentre gli occhi neri erano puntati su Seiya: "Vedi, quando sei arrivato qui, disperavo di riuscire a salvarti. Ho contattato neurologi, neurochirurghi, cardiochirughi, tutti gli specialisti possibili. La Fondazione, e soprattutto Kido-ojou-sama, non ha badato a spese e io per primo non mi sono certamente risparmiato; ciononostante, quando sei arrivato le tue condizioni erano talmente disperate che temevo non riuscissi a riprenderti. E ora, ora stai per essere dimesso. Per un medico, non c'è gioia più grande, figliolo."

Seiya deglutì con difficoltà ma non disse nulla.

"Ed è per questo che voglio ringraziarti, Kido Seiya-kun. Per essere sopravvissuto e per aver dato un po' di speranza a un vecchio medico che ne ha viste tante nella sua vita."

Con gli occhi pieni di lacrime, l'uomo rimise gli occhiali al proprio posto e poi allungò una mano verso il ragazzino: "Qui avrai sempre un posto nel cuore di tutti, figliolo, e se avrai bisogno non esiteremo ad aiutarti, ma mi aspetto che tu viva felice e sereno da oggi in poi.".

Seiya strinse forte la mano, poi si gettò tra le braccia dell'uomo e si aggrappò alle sue spalle, singhiozzando contro il suo petto; con gentilezza, Makishima-sensei ricambiò l'abbraccio del Saint di Pegasus mentre questi – tra i singhiozzi e i lamenti – mormorava parole di ringraziamento e una promessa solenne, quella di vivere al pieno delle sue forze e di godere di ogni istante futuro che gli era stato concesso.

Lo doveva anche a tutti quelli che non erano più con loro.

E un pensiero non potè non andare a quei Gold Saint a cui era riuscito soltanto a dire un mesto addio davanti al Muro del Pianto.

Avrebbe vissuto anche per loro.

Lo promise sullo spirito del padre.

§§§

Era notte inoltrata quando il jet atterrò in Giappone e Saori, con i Gold Saint e Marin, scesero dalla scaletta sferzata dal vento gelido di fine Dicembre.

Tatsumi li aspettava sulla pista di atterraggio insieme a due macchine e a un altro autista; e mentre la hostess del volo si affrettava a far scaricare lo scarno bagaglio dei viaggiatori, Tatsumi salutò Saori con un inchino: "Bentornata, ojou-sama.".

Senza tuttavia curarsi di accogliere Nachi e gli ospiti, l'uomo si concentrò invece sul far salire Saori sulla macchina, sorprendendo la ragazza la quale ebbe appena il tempo di rivolgere uno sguardo dispiaciuto ai compagni di viaggio al di là del finestrino prima che l'automobile partisse sgomando leggermente.

Nachi riuscì a sorriderle rassicurante prima di accompagnare i Saint compagni all'altra macchina in attesa, accanto alla quale l'autista stava ritto sul posto.

"Scusate Tatsumi-san, Nachi-bocchan." l'uomo chinò il capo in segno di rispetto: "Kido-ojousama si era raccomandata che veniate trattati al pari suo, ma Tatsumi-san non riesce ancora ad accettarlo. Non prendetevela troppo, per favore."

Per tutta risposta, Nachi scrollò la testa_ "È sempre stato così, ma non ho intenzione di dargli la soddisfazione di arrabbiarmi o rimanerci male. Andiamo a casa, per favore. Vorrei vedere Seiya."

Egli annuì e aprì la portiera per farli salire.

L'auto di Saori era già sparita.

"Nachi."

Wolf si voltò e incrociò lo sguardo torvo di Dohko.

Libra gli poggiò una mano sulla spalla: "Ragazzo, tutto bene?"

Il quindicenne annuì stanco: "Sì… È una lunga storia e non cambierà certo ora."; Libra annì e, dal finestrino, spuntò la capigliatura ribelle di Milo, che lo guardò con aria irritata prima di chiedere se ci fosse qualcosa che potevano fare.

"Grazie, ma no. Non penso che acetterà mai il fatto che anche noi facciamo parte di questa famiglia e, come ho detto prima, non voglio dargli soddisfazione. Andiamo, ora. Gli altri ci aspettano a casa.".

Milo fece spazio a Nachi perché si accomodasse accanto a lui mentre Dohko si era posizionato sul sedile del passeggero accanto all'autista.

Quando il mezzo partì, nell'abitacolo regnava il silenzio, silenzio che perdurò per tutta la durata del viaggio di ritorno e anche quando varcarono il cancello della villa.

L'atmosfera, fino a quel momento pesante per la maleducazione dimostrata da Tatsumi nei confronti di Nachi, si alleggerì quando videro Athena aspettarli nel cortile, da sola.

Aiolos fu il primo a scendere e a portarsi al fianco della sua Dea, poi Marin, Camus, Dohko, Milo e infine il Saint di Wolf.

"Mi dispiace, Nachi." disse subito Saori non appena il fratello li raggiunse: "Non c'era bisogno di due macchine, potevamo viaggiare tutti insieme sulla stessa automobile, o almeno avresti potuto viaggiare con me. Non capisco proprio cosa sia preso a Tatsumi." mentre parlava, la ragazza aveva un'espressione ferita e delusa, "Gli parlerò più tardi.".

"Non preoccuparti, Saori," rispose invece Wolf con un cenno del capo: "Non è importante."

"Invece sì. Mi ero raccomandata che veniste trattati come vengo trattata io, anche se i documenti ufficiali ancora non sono stati completati. È andato contro un mio preciso ordine, e contro anche il volere di vostro padre, non è qualcosa su cui posso soprassedere.".

"Saori… Sai com'è fatto…"

"Non mi importa se, quando eravamo bambini, gli era permesso picchiarvi perché nessuno vigilava abbastanza, questo non deve più accadere, né in mia presenza e neppure quando non ci sono. Siamo una famiglia e prendersela con voi, o trattarvi in maniera non consona, è come farlo a me. Fine del discorso."

Nel cortile cadde il silenzio e, se Nachi era leggermente imbarazzato, Dohko e Milo erano soddisfatti.

Poi, Saori battè piano in terra con la punta dello scettro, il quale emanò una debole luce dorata, prima di sorridere: "Ora andiamo, Ichi ci aspetta in ingresso."

Dopo aver preso per mano il fratello, Saori fece strada e, una volta varcato il portone principale, si ritrovarono nell'atrio illuminato, dove li attendeva effettivamente Hydra; questi, vedendoli, sorrise sollevato prima di andar loro incontro: "Finalmente siete qui!" esclamò il ragazzo, "Akiko-san ci ha fatto avere il messaggio dopo pranzo così abbiamo avuto il tempo di organizzarci. Siamo tutti in biblioteca, anche Seiya.”.

“E Shiryu non ha protestato?” chiese Nachi.

“Ci ha provato, in realtà, ma Jabu ha tirato fuori dei manga da non so dove e stavano leggendo. Hyoga poi ha convinto Shiryu a fare una partita a scacchi.”

Intanto che Hydra spiegava, il gruppo si spostava verso la biblioteca, parlando a bassa voce; quando però giunsero dinanzi alla porta, i Gold Saint praticamente si paralizzarono e l’atmosfera si fece all’improvviso pesante e ansiogena.

Ichi sorrise rassicurante prima di bussare: “Ragazzi, guardate un po’ chi ho trovato fuori in cortile.” disse prima di aprire la porta.

Dopo aver spinto indietro i Gold Saint e Marin di modo che restassero temporaneamente invisibili alla vista nel corridoio semi-buio, Nachi e Saori fecero un passo in avanti e vennero affiancati da Ban e Geki, i quali sembravano aspettarli dietro la porta.

Nella stanza illuminata da alcuni abat-jour e dal fuoco nel caminetto, i ragazzi – perlopiù in pigiama – erano intenti a leggere, come nel caso di Seiya e Jabu semisdraiati su un divano, oppure a giocare a scacchi o ancora a dormire - Shun sonnecchiava con la testa sulle ginocchia di Ikki, mentre quest’ultimo sfogliava vecchi quotidiani che pescava da una pila traballante posizionata sul tavolo di fronte al secondo divano che occupava con il fratello -.

Un altro tavolino era occupato da tazze vuote da cui ancora si sentiva provenire un buon odore di cioccolata calda.

Seiya fu il primo ad alzare la testa e, chiuso il fumetto, lo agitò con la mano in segno di saluto: “Quando siete tornati?!” chiese subito con gli occhi che brillavano; Saori cercò di non guardare come il pigiama fosse troppo largo per il Saint di Pegasus e si sforzò di ricambiarne il sorriso mentre muoveva un altro passo nella stanza, “Un’oretta fa, Seiya.” rispose Nachi mentre si levava il cappotto per abbandonarlo su una poltrona lì vicino, “Non è stato difficile sistemare le cose e siamo potuti ripartire in fretta.”.

“Siete stanchi?” domandò Jabu.

“Non eccessivamente, abbiamo dormito un po’ in volo.” fu la replica di Saori: “E abbiamo anche una sorpresa per voi.” aggiunse lei; ignorando le espressioni sorprese di Hyoga e Seiya, la ragazza batté con la punta dello scettro sul tappeto, “Alcuni amici hanno saputo delle vostre condizioni e hanno insistito per venirvi a trovare. Sono venuti con noi.”

Svegliatosi nel frattempo anche Shun, mentre Ikki si era alzato, cinque paia d’occhi fissarono Saori con curiosità: “Saori, non siamo nelle condizioni di accettare ospiti. Siamo praticamente tutti in pigiama.” fece notare Hyoga con aria torva.

“Non credo sia la cosa che più li preoccupi.” Intervenne Nachi mentre si spostava di lato per lasciare libera la porta: “In effetti, credo che alcuni di loro vi abbiano visti in condizioni peggiori, e in vesti peggiori, peraltro. Sei anni di addestramento sono tanti.”

Saori andò a mettersi accanto a Nachi mentre Geki e Ban facevano cenno a qualcuno nel corridoio di entrare.

Athena temette seriamente che i suoi ragazzi crollassero svenuti per l’emozione nel riconoscere i Saint usciti dal buio e, per un attimo, si pentì della sua idea per lo shock che aveva dato a Shiryu e Hyoga, i quali non si erano mossi, con le pedine a mezz’aria e l’aria smarrita e confusa, quasi sconvolta.

Ma la cosa durò pochi istanti poiché, subito dopo, sia Camus che Dohko avevano annullato la distanza tra loro e gli allievi, per poi abbracciarli subito dopo, ignorando il fatto che fossero ancora seduti e quasi buttandoli a terra per l’impeto.

“Abbiamo fatto un lungo viaggio, siate riconoscenti.” ghignò divertito, e forse leggermente commosso, Wolf mentre incrociava le braccia.

Ancora troppo sconvolti per rispondere, o anche solo per parlare, Cygnus e Dragon ricambiarono meccanicamente l’abbraccio, qualcosa si sciolse nel profondo del loro cuore e, l’istante dopo, si ritrovarono in lacrime a singhiozzare rumorosamente contro la spalla dei propri maestri. Un attimo dopo, Milo si era unito all’abbraccio di Camus e Hyoga, stringendoli a sé come se fossero stati il tesoro più prezioso della sua vita.

Erano lacrime irrefrenabili le loro, potenti, che bruciavano gli occhi ma cauterizzavano quelle ferite dell’anima che, senza che se ne fossero mai accorti, non avevano smesso di sanguinare neppure per un attimo in quei lunghi mesi.

E mentre Marin si sedeva accanto a Seiya e gli cingeva le spalle con il braccio, lasciando che il ragazzino affondasse il viso sul suo petto, Jabu si alzò dal divano e raggiunse i fratelli in piedi – Ikki e Shun si erano già spostati per non disturbare: “Credo di non averli mai visti così.” disse Hydra a bassa voce, “Se non si riprendono più, chi lo spiega a Seika?”

 

NOTE: Il titolo è in greco e significa "Riunirsi".

Questo è ufficialmente il penultimo capitolo di questa long.

Il prossimo sarà l’epilogo. 

   
 
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