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Autore: LaCittaVecchia    13/07/2020    8 recensioni
Queste righe sono un piccolo omaggio a chi, insieme ad Oscar ed Andrè, è morto in quei tragici giorni.. perchè trovo confortante l'idea che nulla vada perduto, in particolare le sofferenze degli ultimi. Scrivo di due personaggi minori che propriamente non appartengono alla storia, ma sono nati dalla penna di una scrittrice. Attenzione, la non conoscenza dell'originale può penalizzare, per cui i lettori che non vogliono sorprese saltino direttamente al riferimento a piè pagina per decidere se intraprendere la lettura. Dimenticavo che per capire parecchi passaggi sarebbe molto consigliato leggere prima la mia precedente "D'Amore, di Morte e di Altre Sciocchezze".
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Soldati della guardia metropolitana di Parigi
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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GIGLI DI FRANCIA
"ma se capirai, se li cercherai
fino in fondo
se non sono gigli son pur sempre figli
vittime di questo mondo."
 - La città vecchia (1965) - F. de Andrè
  

Giungemmo per la costa di traverso
ove le genti già per forza morte
cantavan 'Miserere' a verso a verso.
Una parola in tutte era e un modo, 
sì che parea tra esse ogne concordia.
Mentr’io andava, li occhi miei fur presi
si che da mio cammino mi arrestai.
"Perchè l'animo tuo tanto s'impiglia?"
disse ‘l maestro "che l’andare allenti?".
Dissi "Chi son quei due ch'nsieme stanno?
coll'altri cantan ma come sol uom van
tanto che mi pare ch'ei stien marciando"
Ed elli a me "D'amendue avrai giusta
risposta a tuo disio qual che tu scelga. 
Ma non s'allenti l'andar tuo ver color
che saldi troverai d'esser legati 
in obbedienza a quel soldan che parmi
che tu cerchi ne lo zeffiro del ciel
ch'or noi cinge d'attorno sereno e puro".
Che potea io ridir se non "Io vegno"?
Dissilo alquanto del color compreso
che fa l'uom di perdon talvolta degno.
Colà noi giunti l'un di maraviglia
vide ombra che di me retro stava 
e volsi a suo compagno schietto e roco
"Voltaire, ch'io sia dannato s'el non vive!"
Con un poco d'interdetto il mio maestro
disse "Il corpo di costui è vera carne.
Piaccia a voi anime gentil raccontar
di vostra vita, sì ch'el di voi di là
novelle porti ai vostri cari, che con
buon prieghi s'accorciasse la salita".
"Son Romanov soldan e non pur a me
com'anco al compagno che tu vedi 
violenza danno fè sì tanto ché  
ha ella tratto seco nel malanno.
Gentil certo non fummo e come vita
con noi fu, così noi la ricambiammo.
Come insegna il vento move, così noi
al ben e al mal ugual c'accompagnammo
ch'el discerner è dura cosa per chi
vive in lume di budella di Paris.
Tal fu nostra mala condotta finchè
pria nemici poscia d'armi compagni
ci fu dato d'incontrar due anime 
d'un sigillo unite ch'io mai non vidi
in tant'altre persone d'un sì bello,
Natura il fece e poi roppe lo stampo".
Allor compresi ch'el diceva di quei
ch'incontrammo nell'infernal ambascia
a guardia di quel fior che par rifulga
là ove v'è spenta ogne veduta.
"Con Lor c'accompagnammo per seguitar
più giusta vita, ma con forza andammo
che per ugual forza Morte ci colse.
El già per barattare ha l'occhio aguzzo
e con Lei per Lor con nostre vite
facemmo tosto nostro ultimo mercato.
Quando nostra carne ricadde sola
alcun ci fu a lacrimar mancanza.
Quinci sanz'aiuto di nostre colpe
porteremo quel peso che si sgrava
ad ogne passo fatto in quest'ascesa.
Et lo farem marciando in memoria
di color di cui in ogne momento
cielo et mare par che ci favellan.
A lor grati per quegl'insegnamenti
e quell'amor ch'or noi si sta tra i giusti."
Così parlò et poi ripreser canto
mentr'io stupito chiesi alla mia guida
"Savio maestro, dentro ad un dubbio scoppio
s’io non me ne spiego. Ei pur conservan
affetto per anime infernal ch'io più
non intendo per cosa certa legge
ch'a noi Caton dipinse sulla piaggia."
"Amabil figlio, più dirti non saprei,
forse più cose in cielo e terra mise
alto fattore, ch'ogne filosofia
puote suo pieno disegno dispiegar.
Vuolsi così colà dove si puote 
ciò che si vuole, e più non dimandare."
Cos'io ristetti, grato a quell'anime
per quella goccia di splendor ch'io vidi
pur nel fondo di quell'orrenda ghiaccia 
e che potestà divina non sciolse.
Vuolsemi infin cercando tra quella
felice moltitudine quel passo
con cui ripresi lesto mio cammino.

Riferimenti: I protagonisti di questo racconto appartengono a "Paris" di Capo Rouge, che ringrazio per avermi permesso di scriverne qui. Buona lettura se vorrete.

Nota: questo scritto nasce dalla sintonia che ho trovato leggendo "Paris" con il mondo degli ultimi delle canzoni di De Andrè. Ma e' anche stato una corsa contro il tempo per cui con calma mi riservo di rivedere probabili errori. 
   
 
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