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Autore: Layla    15/07/2020    0 recensioni
Questa fiction inizia alla fine dell'ultimo capitolo pubblicato del manga.
Cosa è successo a Nana? Come mai se ne è andata?
Come ha raggiunto Londra.
E Hachi? Hachi cerca di vivere la sua vita senza di lei, imprigionata nella sua vita di casalinga con due figlie, ma innamorata di un altro uomo. Il suo scopo è trovare Nana.
Quando troverà Nana troverà il coraggio di cambiare la sua vita?
Shin, da parte sua, troverà finalmente l'amore in qualcuno di inaspettato...
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nana Komatsui, Nana Osaki, Nobuo Terashima, Reira Serizawa
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo diciannovesimo

 

Sai Nana, penso spesso al mio ventunesimo compleanno. Mi ricordo l’appartamento
buio e poi le luci degli accendini che mi mostravano i volti delle persone che
amavo, mancava solo Nobu eppure lo sentivo vicino.
Credo che quella sia stata l’ultima volta in cui io sono stata davvero felice.

 

Il 30 novembre era arrivato, avevo trascorso tutta la giornata cucinando la cena e la torta per il mio compleanno. Compivo ventidue anni e me ne sentivo addosso sessanta.
Takumi si era occupato dei bambini, lanciandomi ogni tanto occhiate di traverso, chiaramente per lui stavo perdendo tempo oppure, peggio ancora, ne sottraevo a lui. Non mi importava.
Alle sei e mezza chiamai un taxi e infilai dentro il cibo e me stessa, per l’occasione mi ero messa un abito di Nana: rosso e pieno di rouches.
Sapevo che era quello che indossava il giorno in cui Ren se ne era andato, era un abito bello ma pregno di dolore. Era adatto a festeggiare un compleanno quanto mai sgradito, il primo senza Nana.
Sapevo che sarebbero venuti tutti, questa volta anche Nobu, e che Shin avrebbe persino portato una ragazza, non vedevo l’ora di conoscerla.
La città scorreva sotto i miei occhi indifferenti, quando ero appena arrivata a Tokyo mi stupivo di tutto, adesso non mi importava di nulla. Le luci, la gente, le insegne, niente mi scuoteva davvero, pensavo ossessivamente a una notte di neve in cui il destino di due ragazze dallo stesso nome e della stessa età si era intrecciato.
Il taxi imboccò la strada che costeggiava il fiume Tama e il mio cuore saltò un battito, mi sporsi per vedere meglio il vecchio palazzo in stile occidentale, un palazzo che sembrava incongruo in Tokyo visto che sembrava arrivare dritto da certi quartieri di New York.
Qualche minuto dopo il taxi si fermò, io scesi e tirai fuori il cibo e la torta, dall’ombra vicino all’entrata emerse Yasu e prese quello che io non riuscivo. Pagai il taxi e noi due rimanemmo da soli, lui mi sorrise.
“Buon compleanno, Hachi.”
“Grazie, Yasu.
Come stai?”
“Bene. Forza, portiamo questa roba di sopra.”
“Sì. Sei già salito?”
“Sì, l’appartamento sembra aspettarci. A proposito, bel vestito.”
Ridacchiai.
“Lo hai riconosciuto, vero? È quello che Nana indossava quando ha salutato Ren.”
“Sì, l’ho riconosciuto.”
“Il forno a microonde c’è?”
“Sì, c’è.”
Io annuii, alcune cose andavano riscaldate, ecco perché ne avevo comprato uno e lo avevo portato all’appartamento. Finalmente arrivammo alla porta del 707, appoggiai il cibo in terra e frugai nella borsa, trovai le chiavi e aprii la porta. Io e Yasu entrammo e deponemmo le borse sul tavolo costruito da Nana, il lontano ricordo del battere di un martello fece capolino, ma io lo cacciai via, non sarei sopravvissuta se avessi permesso ai ricordi di prendere il sopravvento.
Infilai nel forno quello che doveva essere scaldato, finii per utilizzare anche quello tradizionale, Yasu sedeva al tavolo e fumava tranquillo.
“Miu arriverà?”
“Sì, più tardi. La sua carriera sembra stia andando bene, la chiamano  più spesso.”
“Ottimo, sono felice per lei. E la vostra storia?”
“Va bene. Sono felice con lei, entrambi diamo molta importanza al lavoro quindi non litighiamo per il tempo che ci dedichiamo.”
“Questa è una bella cosa.”
Pensai a Takumi, ma soppressi anche quel pensiero, non ci fu tempo per parlare ancora perché suonò il campanello. Corsi al citofono e risposi.
“Sì?”
“Sono Nobu.”
“Sali, io e Yasu siamo qui.”
Il cuore mi batteva forte, come l’avrei trovato dopo questi mesi?
Il tempo che ci mise per salire le scale mi sembrò eterno, ma finalmente la porta si aprì: aveva i capelli un po’ più lunghi, il suo colore naturale – un bel castano – faceva capolino e i suoi vestiti erano ancora tendenti al punk, ma meno estremi. Ci guardammo per un attimo che parve infinito, poi lo abbracciai stretta e lui ricambiò, seppellendo il volto tra i miei capelli.
“Mi sei mancata.”
Sussurrò a voce bassissima.
“Anche tu e non sai quanto.”
Risposi io.
Ci sciogliemmo dall’abbraccio e lui andò a salutare Yasu, io rimasi ancora un attimo alla porta per assaporare meglio quei pochi istanti in cui eravamo stati vicini. Erano dolce miele comparati all’amaro degli ultimi mesi e calore rispetto al freddo che emanava mio marito.
Avevo fatto la scelta sbagliata tanti mesi prima e lo sapevo, ma non potevo correggere il tiro senza far soffrire degli innocenti.
Tornai in cucina e mi gingillai con i piatti per la cena, giusto per avere qualcosa da fare, per non venire sommersa dai ricordi. L’appartamento 707 era diventato un tempio al dolore, al tempo passato e alle scelte giuste che non erano state fatte. Se fossi rimasta con Nobu, nel giardino di Nana, lei se ne sarebbe andata lo stesso?
Dopo Nobu arrivarono Jun e Kyosuke, poi Miu e Misato, l’unico che mancava ancora all’appello era  Shin, stavo per chiamarlo quando la porta si aprii. Mi paralizzai,  accanto a lui c’era una ragazza che somigliava così tantoNana da farmi pensare che si fosse presentato con un fantasma. Mi faceva male il cuore, avevo gli occhi spalancati e dovevo essere sbiancata.
La ragazza parlò.
“Sono Misato Uehara, la sorellastra di Nana, piacere di conoscerti, Hachi.”
Disse con voce incerta, anche quel soprannome detto da lei faceva male.
“Io… Io sono Nana Komatsu, ma mi chiamano tutti Hachi.”
Balbettai.
“Tutto bene?”
Mi chiese premurosa lei.
“Sì, va tutto bene, è solo che… Tu somigli molto a Nana e per un momento ho pensato che lei fosse tornata, scusami.”
“È tutto okay, lo so che le somiglio, non ti devi preoccupare.”
“Forza, entrate.”
Entrarono e si sedettero intorno al tavolo, avevo portato un tavolo da casa il giorno prima in modo da avere più spazio, l’altro poteva ospitare al massimo sette persone. Iniziai a servire le pietanza e le chiacchiere seguirono naturalmente. Junko e Kyosuke stavano frequentando con successo l’università e una galleria si era interessata ai loro lavori, ero molto felice per loro, al contrario di me avevano talento per l’arte.
Yasu stava andando alla grande allo studio dove era stato assunto e Miu riceveva sempre più ruoli, non le chiesi del suo problema di autolesionismo, ma notai che non portava più un polsino: forse aveva smesso.
Nobu disse che stava familiarizzando con la pensione Terashima, ma che i suoi genitori non sarebbero andati in pensione tanto presto così stava pensando di aprire una sala musica per i ragazzi del paese, molti avevano preso ispirazione dai Blast o dai Trapnest. Era felice, ma un’ombra era sempre presente nel suo sguardo. In quanto a Misato Tsuzuki continuava a lavorare alla Shikai Corporation, si occupava della carriera di Shin e non c’era nessun ragazzo all’orizzonte per lei.
Guardai curiosa Shin, cosa avrebbe detto? Cosa mi avrebbe raccontato di sé stesso e di Misato?
“Shin, tu ti sei portato una ragazza e non ci dici niente?
È un piacere  rivederti, Misato.”
Guardai Nobu incuriosita.
“La conosci?”
“Sono passato una volta al ristorante di suo padre quando cercavo Nana, abbiam parlato un po’.”
“Ah, capisco.”
Aveva senso, ci aveva detto che sarebbe andato a Okayama.
“È un piacere anche per me. Ho conosciuto Shin al lavoro, io sono una stagista alla Shikai Corporation per via di un accordo con il mio liceo. Devo dire che il primo incontro non è andato benissimo.”
“Che ha combinato Shin?”
Nobu stava ghignando, Shin sembrava imbarazzato.
“Stavano parlando in un bar e mi ha detto che per una certa somma sarei potuta andare a letto con lui, ovviamente l’ho piantato lì dopo avergli dato del maniaco.”
Nobu gli diede un leggero scappellotto sulla nuca.
“Ma la smetti con ‘sta cosa? Sembri davvero un maniaco.”
“Nobu ha ragione, Shin. Dovresti smetterla.
Dopo si è comportato bene?”
Domandai apprensiva a Misato.
“Sì, è stato bravo.”
“State insieme?”
“Non ufficialmente.”
“Shin, sbrigati. Una bella ragazza come lei te la fregano facilmente, lo sai che somigli tantissimo a Nana?”
“Lo so, me lo dicono in tanti.”
Il suo tono era incerto.
“Tutto bene?”
“Sì, solo che ogni tanto mi chiedo se la gente mi parli perché somiglio a mia sorella o perché è me che apprezzano.”
Io rimasi in silenzio, non sapevo bene cosa risponderle.
“Sembri una ragazza simpatica, coraggiosa per essere tornata da Shin dopo che lui si era presentato in quel modo.”
“Forse sono solo pazza, ma sono felice di esserlo, perché lui mi ha cambiato la vita.
In meglio.”
Sorrise timida e io sorrisi a mia volta, in quel momento non mi importava che somigliasse a Nana, vedevo solo una ragazza innamorata e ne ero felice. Shin si meritava qualcuno di speciale, non solo storie incasinate, il pensiero di Reira mi fece venire voglia di strozzarla: rovinava la vita di chiunque la conoscesse.
“Ottimo, allora andrai d’accordo con noi. Siamo tutti pazzi qui.”
Ridemmo tutti e riprendemmo a cenare.
Finito Misato mi aiutò a lavare i piatti e mi chiese qualche ricetta, viveva da sola e voleva stupire Shin con qualche manicaretto e poi saper cucinare era sempre utile: lei sapeva fare solo okonomiyaki.
“Un giorno me li devi far assaggiare.”
Lei mi guardò sorpresa.                                                                                                                                                                                                                       “Certo, quando vuoi.”
Sentii che potevo andare d’accordo con questa ragazza, non era Nana – nessuno poteva esserlo – ma era una tipa a posto.
Yasu si affacciò alla porta della cucina e ci guardò per un attimo.
“Hachi, puoi uscire un attimo dall’appartamento, per favore?”
Flashback dell’ultimo compleanno si affacciarono prepotenti alla mia mente, avevo la sensazione che il mondo avesse iniziato a ondeggiare. Era tutto solo nella mia testa, me lo ripetei più che potei
“Certo, la torta è qui.”
Indicai una scatola quadrata.
“Ottimo, adesso vai.”
Uscii dalla cucina, passai per la sala, gli altri mi salutarono allegramente e uscii anche dalla porta dell’appartamento 707 ritrovandomi nel corridoio vuoto. Guardai da una finestra mentre aspettavo, si vedeva il fiume Tama, il ricordo delle volte in cui ci eravamo divertiti tutti insieme lungo le sue sponde mi faceva venire voglia di piangere. Era come guardare i ricordi avvenuti un secolo prima, quando era passato solo poco più di un anno, mi toccai la pancia con rabbia. Era anche per questo che non volevi figli, Nana?
Non volevi ritrovarti a rimpiangere la gioventù non vissuta da vecchia?
Il mio cellulare vibrò nella mia mano, era un messaggio di Shin, “Entra!” diceva semplicemente. Tornai davanti alla porta, appoggiai la mano sulla maniglia e la tirai verso il basso, la porta si aprì.
Dentro era tutto buio, mi venne il batticuore, da un momento all’altro mi aspettavo di vedere il volto di Nana emergere dall’oscurità come un anno prima.
Le luci degli accendini cominciarono a illuminare i volti di Jun, Kyosuke, Yasu, Miu, Shin, Nobu, le due Misato e infine le candeline della torta.
La sensazione di déjà-vu si fece più prepotente che mai, quanti anni compivo? Ventuno o ventidue?
Ero incinta o avevo già partorito? Quella era Nana o era Misato?
“Buon compleanno!”
Urlarono tutti insieme, riportandomi alla realtà, io sorrisi.
Non avevo perso tutto, avevo ancora tanto e persone con cui festeggiarlo, ma non avrei mai smesso di cercare la mia amica. Mai.
Le lacrime iniziarono a scendere da sole, non le controllavo più e non sapevo dire se si trattasse di lacrime di gioia o di dolore. Mi rifugiai nelle braccia di Nobu, erano calde e accoglienti, sapevano di casa. Era lui la mia casa. Mi alzò il volto con dolcezza.
“Tutto bene, Hachi?”
“Sì, sono solo felice.”
Gli risposi sorridendo e asciugandomi le ultime lacrime, ora tutte le luci erano accese e tutti sembravano contenti, anche la mia torta era bella.
Miu iniziò a tagliare la torta e mi passò il piattino con la prima fetta.
“Tanti auguri, Hachi e cento di questi giorni.”
“Grazie.”
Passare cento giorni con loro alla ricerca di Nana non mi sarebbero dispiaciuti, ma domani sarei tornata a essere la casalinga, la madre di Satsuki e Ren.
Cercai di non pensarci, come con tante altre cose, quella casa era il santuario delle cose non dette, me lo ripetei di nuovo.
Mangiammo la torta chiacchierando come ai vecchi tempi, quando sognavamo che i Blast avessero successo e Nana mi prometteva che mi avrebbe costruito una casa con la veranda.
Finito Shin si alzò e tornò con un pacchetto, io arrossii.
“Da parte mia e di Misato.”
Me lo porse.
“Grazie, ma non dovevate.”
Lui sbuffò e io iniziai a lacerare la carta, dentro c’era una scatolina di carta dorata, incuriosita la aprii e mi ritrovai a rigirare tra le mani un plettro con la scritta Blast attaccato a una collanina d’argento.
“È il plettro che ho usato al nostro primo concerto, ho pensato che sarebbe stato carino che lo avessi tu. Senza di te sarei ancora un ragazzino sbandato.”
Mi scese una lacrima.
Per smorzare la tensione anche gli altri mi diedero i loro regali: Miu mi diede un altro libro sull’arte della vestizione, Yasu una sciarpa, Misato Tsuzuki una maglia dei Blast che non era mai andata in produzione, Kyosuke e Junko un cappello e un quadro che avevano dipinto insieme.
Guardai Nobu e lui mi fece cenno che me l’avrebbe dato dopo, doveva essere una cosa personale e con dei riferimenti al nostro rapporto, allora. Il mio cuore accelerò i battiti.
“Grazie a tutti! Non dovevate, davvero!”
“Hachi, è il tuo compleanno. Lasciaci dimostrare che siamo felici che tu sia al mondo e che tu faccia parte della nostra vita.”
Mi disse Junko, facendo scendere altre lacrime.
Finirono  per avvolgermi in un abbraccio collettivo, mi sentivo di nuovo un essere umano con un qualche valore e non solo una casalinga con due figli a carico e un marito assente.
“Forza, basta lacrime!”
Intervenne Shin.
“Siamo qui per festeggiare, no? Ho portato un po’ di musica.”
Inserì una musicassetta nel vecchio stereo e le note di una canzone punk si diffusero nell’appartamento, ricordandomi i primi concerti dei Blast. Iniziammo a ballare, cercando di lasciar perdere il passato che feriva e il futuro incerto, in quel momento contava solo il presente.
Osservavo le coppie intorno a me, soprattutto Shin e Misato, sembravano andare particolarmente d’accordo, ridevano molto. L’altra Misato ronzava loro attorno e anche lei mi sembrava felice.
Mi fermai un attimo per bere e la Misato che conoscevo mi si avvicinò.
“Sei felice?”
“Sì, certo. È come se una parte di Nana fosse tornata e poi…”
Arrossì leggermente.
“Misato ha detto che vuole essere mia amica, è la prima persona che vuole esserlo. È buona e gentile e rende Shin felice. Mi sento fortunata perché per un tanto tempo ho pensato che non avrei mai potuto esserlo.”
“Sono contenta per te.”
“Pensa anche alla tua felicità, Hachi.”
Ci buttammo di nuovo nelle danze, sembravano un gruppo di liceali scatenati, ero così leggera che temevo sarei volata via da un momento all’altro, come un palloncino.
Arrivata mezzanotte e mezza qualcuno bussò alla nostra porta, dovevano essere i nostri vicini che volevano dormire. Scoppiammo tutti a ridere e poi spegnemmo lo stereo.
“Ora di andare a casa.”
Disse Yasu con voce chiara.
Salutai tutti con un abbraccio sentito e un “grazie”, piano piano se ne andarono, rimase solo Nobu seduto al tavolo.
“Ti do una mano a sistemare questo casino.”
“Ok, grazie.”
Avevo il sospetto che volesse rimanere anche per un altro motivo, ma decisi di lasciargli i suoi tempi. Lavammo i piatti e pulimmo cucina e salotto, l’appartamento era tornato quello di sempre, Nobu si tormentava i lembi della sua maglia.
“Hachi, c’è qualcosa che vorrei darti.”
Io annuii e mi avvicinai.
Lui prese qualcosa dalla tasca della sua giacca di pelle buttata sul divano, era un sacchetto lungo, e me lo porse. Io lo guardai curiosa e poi lo scartai: era un collare di pelle uguale al suo e a quello di Nana.
“Nobu…”
“Questo è il mio primo collare di pelle, me lo regalò Ren tanti anni fa e voglio che lo abbia tu.
Hachi… Nana… io, è difficile da dire.
Lo so che sei sposata con Takumi, ma se un giorno volessi tornare da me indossa quel collare e io lo saprò senza che tu mi dica o mi spieghi nulla.”
Sentii le lacrime iniziare a pungermi gli occhi.
“Nobu, io continuo a farti del male. Io ti voglio troppo bene per continuare a farti soffrire, non so se posso accettarlo.”
“Nana, io soffrirò comunque. Preferisco soffrire sapendo di avere una speranza che senza averne affatto.
Per favore, accettalo.”
Annuì e lo allacciai al mio collo, la pelle era un po’ rovinata, ma morbida: sembrava fatto apposta per me.
“Grazie, Nobu.”
Lo baciai d’impulso.
Un bacio a stampo, ma era come se avessi dato origine a una reazione a catena, quel semplice bacio non era abbastanza. Tutta la voglia di lui che avevo accumulato in quei mesi esplose e sentivo che anche per lui era lo stesso.
Io lo amavo, lui mi amava.
Eravamo stati separati per tanto tempo e ora eravamo di nuovo insieme con nessuno a fermarci, avevo spento il cellulare non appena ero arrivata nell’appartamento come se una parte di me sapesse sin dall’inizio che sarebbe successo questo.
Continuammo a baciarci e quando una sua mano si infilò sotto la mia camicia all’altezza della vita rabbrividii e gemetti.
“Nana…”
“Non smettere, ti prego.”
Sussurrai. Se il tempo in quella stanza era fermo a quell’estate che non potemmo offrire a Nana io ero la ragazza di Nobu e non c’era nulla di male.
Quando il bacio finii lo presi per mano e lo condussi nella mia stanza dove avevo fatto mettere un futon, lui sgranò gli occhi, ma questo non bastò a nascondere il suo desiderio.
“Nana, sei sicura?”
“Sì, sono sicura.”
Continuammo dove ci eravamo interrotti e ben presto i nostri vestiti erano sparsi per la stanza, io sentivo le sue mani dappertutto sul mio corpo, incendiavano ogni centimetro della mia pelle strappandomi ansiti e gemiti. Io accarezzavo il suo petto magro, le spalle, i capelli, il suo membro, ogni suono che riuscivo a strappargli mi eccitava sempre più. Raggiunsi il primo orgasmo prima ancora che lui mi penetrasse, solo con i movimenti delle sue dita dentro di me.
Quando finalmente finimmo i preliminari ero fuoco allo stato puro, ogni spinta mi mandava dritta verso il paradiso, graffiavo la schiena di Nobu per mantenermi attaccata alla terra.
Continuammo finché tutti e due raggiungemmo l’orgasmo, lui ricadde su di me, ansimando, io presi ad accarezzargli i capelli. Mi ricordavo quanto gli piacesse e presto mi ritrovai tra le sue braccia, ci coccolavamo a vicenda.
Ora c’era silenzio, ma c’era una cosa che dovevo dirgli.
“Ti amo.”
Sussurrai.
“Ti amo anche io.”
“Ma ora non posso stare con te.”
“Lo so.”
“Sai anche che credo nel destino e nel ruolo del numero sette nella mia vita.”
Lui annuii.
“Ogni mio compleanno, per sette anni, sarò tua e poi decideremo.
Spero che in sette anni troveremo Nana e spero di essere in grado di liberarmi dalla dipendenza da Takumi.
So di chiederti molto, ma… puoi vedere delle altre ragazze, se vuoi, ma ricordati di questa promessa… se deciderai di accettarla.”
Lui mi guardò con i suoi occhi dolci, mi passò una mano tra i capelli accarezzandoli piano e mi baciò la fronte.
“Va bene, per sette anni ad ogni tuo compleanno indossa questo regalo e poi vedremo cosa fare, io sono sicuro che il tempo ci darà le risposte che cerchiamo.”
“Tra sette anni daremo a Nana l’estate che tanto ha cercato l’anno scorso e in quell’estate noi eravamo insieme.”
“L’estate migliore della mia vita, penso che mi ricorderò sempre di quei fuochi che non volevano saperne di accendersi sulle rive del fiume Tama.”
“Anche io lo ricordo ogni giorno.”
Tornai a raggomitolarmi nelle braccia di Nobu.
“Se io, in quell’estate, avessi combattuto di più per te, tu saresti rimasta con me?”
“Non lo so, io allora volevo che i Blast avessero successo e non mi sarei perdonata di essere un intralcio.”
“Non lo saresti stata, saresti stata una motivazione per dare il meglio di me.”
Accarezzai la guancia di Nobu.
“Sei un inguaribile romantico, spiegami come fai.”
“Ci sono nato.”
“Vorrei essere pura come te, ma dentro di me c’è il buio.”
Lui mi abbracciò e non disse nulla per un po’.
“È nel buoi freddo dello spazio che nascono le stelle e tu sei una stella.
Se sentirai freddo ti riscalderò e, se vorrai la mia luce, sarà tutta per te.”
“Ti amo.”
Mormorai con la voce spezzata.
Non meritavo un amore così puro e incondizionato, non dovevo sprecarlo.
Nei prossimi sette anni dovevo impegnarmi al massimo per trovare Nana e garantirmi un minimo di indipendenza finanziaria da Takumi. Solo così avrei potuto analizzare la situazione più lucidamente.
Nobu avrebbe avuto la sua risposta ed entrambi speravamo fosse positiva.
Solo il tempo l’avrebbe confermato o smentito.

   
 
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