L’oceano
della memoria
Vagava
solo in una spiaggia deserta, le onde scandivano gli istanti al
posto dell’orologio che in estate non portava.
Se
avesse
avuto una ragazza, l’avrebbe tenuta per mano sotto il manto
stellato che lo
sovrastava in quel momento, intrappolato nella gabbia della solitudine.
Aveva
sempre desiderato una relazione con il sesso opposto, un desiderio che
gli
riempiva la mente costantemente, logorandola. Chissà
perché, poi. Forse aveva
solo letto troppi romanzi o visto troppe coppie in giro.
Perché lui non riusciva
a trovare nessuno?
Una
sagoma in lontananza attirò la sua attenzione. Era la prima
volta che nella
spiaggia della solitudine qualcuno si manifestava.
Non
gli
ci volle troppo tempo per riconoscere quel qualcuno.
Leonardo
Russo.
Man
mano
che si avvicinava, Alessio poteva osservare ogni cosa di lui: i capelli
scuri
scompigliati dal vento, gli occhi dal colore intenso, il corpo
muscoloso
fasciato solo da un costume aderente.
Era
di
fronte a lui e sorrideva come se stesse guardando la cosa
più preziosa dell’universo.
Alessio
sorrise a sua volta, inondato da un calore che riscaldò la
sua anima congelata
in quel luogo solitario.
“Ale,
voglio dirti una cosa”.
Non
capiva perché, ma sapeva già cosa stava per
dirgli.
Il
sorriso di Leo però scomparve, insieme alle certezze di
Alessio. Un vento
freddo scacciò tutto il calore e la sua anima si
congelò nuovamente in
quell’istante, scandito da un’onda che si
abbatté sugli scogli.
“Vuoi
una
ragazza? Va’ fuori e cercatela, stando qua dentro non
troverai nulla”.
Il
gelo
lo fece piegare su se stesso, braccia strette al bacino, denti serrati.
Una
sensazione familiare, che aveva provato al suo risveglio in ospedale
dopo
quell’estate di vuoto e, più intensamente, nel
salotto di Leonardo quando lui
gli aveva voltato le spalle.
Quel
mattino si
sentiva più stanco che mai. Aveva dormito, aveva sognato,
eppure la stanchezza
gli pesava sulle spalle come un macigno.
L’aula
era gremita di
studenti, le voci riecheggiavano tutte insieme nella stanza, risultando
assordanti alle orecchie di Alessio.
Di
Leonardo Russo
neanche l’ombra. Era la prima volta che si assentava da
quando si era
trasferito in quella scuola. Tutti si stavano chiedendo dove fosse
finito, cosa
gli fosse successo, neanche fosse un attore che non si presentava a
lavoro.
Giò
si sedette
accanto ad Alessio, lo sguardo apprensivo anticipò la sua
domanda: “Cos’è
successo con Leonardo?”
Non
l’aveva nemmeno
chiamato fra. Doveva avere un aspetto pietoso
quella mattina. Era
stanco, non riusciva nemmeno a mentire.
“Si
è comportato come
se l’avessi ferito quando gli ho chiesto perché
non avesse una ragazza”.
Giò
fu sorpreso.
“Forse hai toccato un tasto che non avresti neanche dovuto
sfiorare. Capita,
non ti abbattere, gli passerà”.
Alessio
sospirò,
prima di incrociare le braccia per nascondersi la faccia. Si sentiva
terribilmente in colpa, forse più di quanto avrebbe dovuto.
Aveva
scoperto il
punto debole dell’odioso Leonardo, allora perché
non si sentiva affatto felice?
Chiuse
gli occhi
nella sua gabbia protettiva, piombando
nell’oscurità, spezzata da due gemme
verdi. Erano occhi, i suoi occhi.
La
spiaggia, le stelle, l’odore di salsedine, il sapore della
bocca di Leonardo.
Tutto ciò che amava di più al mondo era
lì ad avvolgerlo in un abbraccio che
non avrebbe mai voluto sciogliere.
Contemplare
ogni cosa di lui era diventato il suo passatempo preferito, insieme
alle loro
chiacchierate, le loro carezze, il sesso. Tutto ciò che
sembrava riguardare il
suo nuovo – e primo – partner esercitava su di lui
un’attrazione pungente, che
non aveva mai provato nei riguardi di altre persone, nemmeno delle cose.
Una
volta
si chiese se anche per lui fosse lo stesso, ma i suoi occhi verdi
misero subito
a tacere ogni dubbio.
Si
trovavano in spiaggia, Leonardo steso completamente sulla sabbia,
mentre
Alessio teneva poggiato il capo sul suo petto. Quel momento lo avrebbe
sicuramente impresso a fuoco nella sua mente, non aveva dubbi. Era uno
dei più
bei momenti della sua vita, che, si rese conto, era stata davvero vuota
prima
di lui.
“Cosa
c’è, Ale?” la sua voce era accompagnata
dal rumore delle onde, che si
infrangevano sugli scogli.
“Vorrei
stare così per sempre” gli sfuggì.
Leonardo
in risposta ammiccò con lo sguardo. Se da un lato gli
piaceva quel suo
sorrisetto furbo, dall’altro lo imbarazzava
quand’esso era rivolto a lui.
“Ne
avremo di occasioni per stare così, ti ricordo che stiamo
insieme”.
Alessio
arrossì. “Scemo, non me lo dimentico
mica”.
Leonardo
volse il suo sguardo alle stelle, sognante, tanto da farlo diventare
geloso di
quegli stessi corpi celesti.
“E
se
così non dovesse essere, ci rimarrebbe sempre il
ricordo”.
Il
ricordo.
Il
ricordo.
Il
ricor…
“Fra!
Alessio!
Svegliati!”
La
voce di Giovanni
giunse alle sue orecchie prima che l’immagine di lui che
piangeva arrivasse ai
suoi occhi.
Ci
volle un po’ prima
che mettesse a fuoco tutti gli altri, radunati attorno al suo banco,
visibilmente interessati a lui e a quello che stava facendo.
Cercò di capire cosa
stesse facendo per aver attirato tutta l’attenzione
su di sé. Si sentì
umido sulle guance, probabilmente stava piangendo, nel sonno, pensando
ad
eventi che non erano mai avvenuti.
Per
giunta dedusse
che avessero provato a svegliarlo più volte, osservando il
volto sconvolto di
Giò. Se sentì in colpa verso di lui.
“Fra,
sto bene” cercò
di rassicurarlo.
Gli
altri se ne
tornarono al loro posto, constatato che nulla di interessante fosse
successo.
Dopotutto loro non potevano sapere, a differenza di Giò,
quel che era successo
verso la fine di quell’estate. L’ospedale e gli
svenimenti.
La
professoressa di
storia e filosofia lo squadrò nel tentativo di trovare in
lui qualcosa che non
andasse, ma prontamente rassicurò anche lei.
“Battaglia,
ti
consiglio di tornare a ca…”
“Prof,
scusi il
ritardo!”
Quella
mattina non
voleva proprio saperne di andare a scuola. L’oceano lo aveva
inghiottito e
ormai era troppo lontano dalla riva. Si chiese perché,
allora, più tardi si trovasse
di fronte alla porta della classe, cosa lo avesse ritrascinato a riva.
Conosceva
benissimo
la risposta, in realtà. Colui che era in grado di farlo
sprofondare aveva anche
il dono di farlo tornare a riva. Alessio Battaglia.
“Prof,
scusi il
ritardo!”
Ma
ciò che ottenne
non fu un’occhiata scocciata da parte di lei,
bensì fugace, come se non le
importasse un accidente di lui in quel momento, come se avesse altro a
cui
pensare.
Fu
quando si rese
conto di chi fosse quell’altro, che ora
stava braccia conserte sul suo
banco, che per poco non gli cedettero le gambe. Aveva pianto.
L’oceano
lo inghiottì
nuovamente.
Leonardo
Russo era appena
entrato, tutto trafelato, il respiro corto. La tracolla gli cadde dalla
spalla
e lui non fece nulla per riprendersela.
Il
cuore iniziò a
battergli a mille quando i loro occhi si incontrarono.
Fece
per boccheggiare
qualcosa, quando l’urlo di Russo squarciò il
silenzio.
“ALESSIO!”
Corse
come un fulmine
nella sua direzione, noncurante delle occhiate lanciategli dai loro
compagni.
Gli prese inavvertitamente il viso tra le mani, avvicinando il proprio.
Aveva
uno sguardo a
dir poco terrorizzato, che non aveva mai visto a nessuno al di fuori
degli
attori delle soap che guardava sua madre. Dal canto suo, quella
reazione lo
aveva lasciato esterrefatto.
Leonardo
incatenò gli
occhi nocciola di Alessio ai suoi due smeraldi, in modo tale che non
potesse
più sfuggirgli.
Per
un attimo, pensò
che non avrebbe mai voluto sciogliere quel legame, ma sfortunatamente
ci pensò
Giovanni ad allontanarli, dando uno spintone a Russo.
“E
tu non ti
permettere di toccarlo!”, gridò, le lacrime agli
occhi.
“Guerrini!”
gridò la prof,
ma fu ignorata.
Giò
doveva averne
piene le tasche di lui, perché subito dopo si
sfogò, sotto lo sguardo
implorante di Alessio, che gli chiedeva di smettere con gli occhi.
“Sono
arcistufo di
te! Arrivi qui con quell’aria da santarellino e pretendi che
tutti cadano ai
tuoi piedi, ma non noi! E smettila di tentare di abbindolare anche
Alessio, a
lui stai solo antipati…”
“LO
SO!”, lo
interruppe Leonardo, puntando gli occhi severi verso di lui.
“Lo so, ma non
chiedermi di smettere”.
Si
avvicinò, sguardo
deciso, pugni serrati. Tutti si sarebbero aspettati un pugno, delle
cattive
parole, imprecazioni, eppure quel che disse dopo fu d’impatto
ben maggiore:
“Non chiedermi di smettere di rinunciare all’uomo
che amo”.
Silenzio.
Dopo le
parole di Leonardo, Giovanni udì solo un assordante, e per
questo fastidioso,
silenzio.
Ancora
in stato di
shock, si girò verso Alessio, ignorando le facce di tutti i
presenti.
Il
suo fra aveva
ripreso a piangere.
Si
rigirò nuovamente
tra le coperte, come fosse in stato di agitazione; avrebbe anche potuto
esserlo, eppure era calmo, aveva solo un po’ di adrenalina da
scaricare.
Dopo
la dichiarazione
di Leonardo, la prof aveva perso definitivamente la pazienza e aveva
mandato
tutti a sedere. Dopo un modulo di pesante silenzio, tutti si erano
radunati al
banco di Leonardo, chiedendogli spiegazioni. La maggior parte di essi
aveva
creduto si fosse trattato di uno scherzo e non aveva esitato a
chiederglielo,
ma lui aveva risposto, con aria seria, che non era affatto
così.
Dopo
aver udito
quella conversazione, Alessio aveva violentemente sbattuto le mani sul
banco,
attirando l’attenzione di tutti. Aveva deciso di seguire il
consiglio della
professoressa, così era andato in segreteria a chiamare sua
madre, scortato da
un preoccupato Giovanni.
Quella
sera, l’amico
lo aveva chiamato per chiedergli come stesse, lui aveva semplicemente
risposto
di esser stanco tanto da non potersi trattenere a lungo al telefono con
lui.
La
verità era che si
sentiva troppo in colpa nei riguardi di Giovanni, dopo tutto quello che
gli
aveva fatto passare quel giorno; non riusciva a sentire la sua voce
senza che
quei sensi di colpa affiorassero.
Si
addormentò a
fatica, niente affatto pronto per il giorno successivo.
Come
avrebbe
affrontato Giovanni? Come avrebbe guardato in faccia Leonardo? Quelle
domande
misero ancora più in disordine i suoi pensieri tanto che, la
mattina seguente,
come da qualche giorno a quella parte, arrivò in classe
stanco.
Giovanni
era assente,
constatò un’ora dopo, non vedendo di lui nemmeno
l’ombra. Più tardi l’avrebbe
chiamato, promise a se stesso.
Ogni
volta che lui
mancava, Alessio si sentiva terribilmente solo, solo in mezzo ai lupi.
Aveva
sempre avuto difficoltà a socializzare e Giovanni era
l’unico a saperlo e ad
aver provato ad aiutarlo. Con lui si sentiva più sicuro,
più protetto. Ma quel
giorno, proprio quel giorno, sarebbe rimasto in
balìa dei suoi
predatori, che ora lo scrutavano alcune con risentimento o stizza,
altri con
curiosità.
A
ricreazione, poté
udire in corridoio le voci che accompagnavano i suoi passi, il suo nome
e
cognome pronunciati, talvolta associati a Leonardo Russo.
Nessuno
gli chiese
niente. Nemmeno Leonardo gli aveva parlato. Credeva che, forse, andando
avanti
di questo passo, tutti si sarebbero dimenticati della sua storia e
avrebbero
ricominciato ad ignorarlo. Anche Leonardo. In realtà, per un
fugace attimo,
volle che Leonardo non si dimenticasse di lui e di quella strana cotta
che si
era preso, ma scacciò subito quel pensiero.
Si
trovava in bagno,
dopo il suono dell’ultima campanella, un luogo che sapeva
sarebbe stato deserto
a quell’ora. Prima di tornare in classe, si
sciacquò il viso cercando di lavare
via tutto quel che c’era dentro e fuori la sua testa. Fece
per avviarsi, quando
una delle porte che davano accesso ai bagni venne spalancata e lui fu
trascinato nel bagno da una mano forte.
Quando
si rese conto
di avere davanti proprio Leonardo Russo, il suo cuore perse un battito.
Indietreggiò andando a sbattere contro la porta, che era
stata nuovamente chiusa.
Aveva
il volto e i
capelli bagnati dall’acqua del rubinetto e le gote
completamente arrossate.
Doveva essere ridicolo.
Leonardo
fortunatamente male interpretò quel suo gesto, come gli fece
capire con le
parole: “Tranquillo, non ho intenzione di fare nulla che vada
contro la tua
volontà. Non lo farei mai”.
Nonostante
quel che
aveva detto, gli si avvicinò pericolosamente. Il suo volto
era nuovamente
vicino; la vicinanza creò quella magia che ogni volta li
trascinava in un altro
mondo.
“Mi
odii?” il tono
con cui aveva pronunciato quelle parole sembrava amplificare la
disperazione
che Alessio leggeva nei suoi occhi. In quei giorni, aveva avuto modo di
conoscere un Leonardo diverso, quantomeno da come appariva. Quella
gabbia
dorata che lo separava da lui sembrava esser stata distrutta da
Leonardo stesso
e la cosa gli faceva… piacere. In qualche modo, quel ragazzo
lo aveva attratto
a sé come fosse un bambino che di notte attirava le falene
con una lampada
luminosa, per imprigionarle nella sua rete sottile; solo che, a
differenza
delle falene, Alessio poteva pensare, ragionare, e
i suoi chiassosi
pensieri convenivano su una sola questione: a lui Leonardo non
dispiaceva
affatto. Era ancora confuso, data la rapidità con cui tutto
era successo, e più
di questo non era disposto ad ammettere, ma le cose stavano in quel
modo, prima
o poi avrebbe dovuto accettarlo.
“Non
ti odio” scoprì
una fermezza che sembrava non aver mai posseduto.
Leonardo
sembrò
esterrefatto: spalancò gli occhi e dischiuse appena le
labbra, prima di
sorridere, visibilmente rincuorato. Si prese una lunga pausa prima di
parlare:
“Scusami, davvero, non avrei voluto che le cose andassero
così. Avrei voluto
dirlo a te soltanto, quando fosse arrivato il momento”.
Alessio
si morse il
labbro, facendo sussultare Leonardo. Vista quella reazione,
s’imbarazzò.
“Ormai
il danno è
fatto, dobbiamo convivere con le conseguenze”.
“Alessio”.
Nell’udire
il suo
nome pronunciato con tanta serietà, si raddrizzò,
attento ad ogni sua mossa.
Leonardo lo guardò severo, pronunciando quelle parole:
“Credi che potremmo
essere amici? So che tu desideri una ragazza ed io non voglio
ostacolarti. Ma
mi farebbe piacere essere qualcuno che conta per te, anche solo un
amico”.
A
quelle parole,
Alessio ricordò ciò che era successo nel salotto
di Leonardo. Ora tutto
quadrava: Lonardo era innamorato di lui, per questo motivo aveva
reagito in
quel modo. I sensi di colpa piombarono su di lui come macigni.
“SCUSAMI!
Non avevo
idea dei tuoi sentimenti” iniziò, tutto trafelato,
come se avesse corso,
“Naturalmente potremo essere amici, se a te vado
bene!”
Leonardo
sfoggiò un
sorriso che lo fece arrossire. “Mi va bene, più
che bene”.
Si
chiese se davvero
gli andasse bene, andandosene da quel bagno verso la sua classe.
Leonardo lo
aveva seguito ed ora lo stava aspettando. Ripose tutto il materiale
scolastico
nella cartella ed uscì insieme a lui. Quando dovettero
salutarsi, vide Leonardo
avvicinarsi a lui. Chissà cosa si aspettava, in ogni caso
ciò che Leonardo gli
diede fu solo una pacca sulla spalla, prima di sparire dietro
l’angolo.
Le
correnti ci riavvicinano,
Anime
sole che si ritrovano
Tra
la
schiuma di mare.
Eppure
è
ancora notte,
Troppo
presto per riuscire a vederci.
O
troppo
tardi.