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Autore: Atramentum    18/07/2020    0 recensioni
Leonardo è il ragazzo più popolare della scuola. Membro della squadra di calcio, bravo anche negli altri sport, bello, sempre gentile e sorridente: sembra avere tutte le qualità che le ragazze cercano nel sesso opposto. Eppure non è mai stato fidanzato.
Alessio, un ragazzo come tanti, è ossessionato dalla ricerca di una partner, andando avanti con la convinzione di non avere alcuna speranza se nemmeno il mitico Leonardo era stato in grado di fidanzarsi. Tanti motivi avrebbe immaginato fossero la causa del suo essere single, tranne quello vero…
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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L’oceano della memoria

 

 Vagava solo in una spiaggia deserta, le onde scandivano gli istanti al posto dell’orologio che in estate non portava.

Se avesse avuto una ragazza, l’avrebbe tenuta per mano sotto il manto stellato che lo sovrastava in quel momento, intrappolato nella gabbia della solitudine. Aveva sempre desiderato una relazione con il sesso opposto, un desiderio che gli riempiva la mente costantemente, logorandola. Chissà perché, poi. Forse aveva solo letto troppi romanzi o visto troppe coppie in giro. Perché lui non riusciva a trovare nessuno?

Una sagoma in lontananza attirò la sua attenzione. Era la prima volta che nella spiaggia della solitudine qualcuno si manifestava.

Non gli ci volle troppo tempo per riconoscere quel qualcuno.

Leonardo Russo.

Man mano che si avvicinava, Alessio poteva osservare ogni cosa di lui: i capelli scuri scompigliati dal vento, gli occhi dal colore intenso, il corpo muscoloso fasciato solo da un costume aderente.

Era di fronte a lui e sorrideva come se stesse guardando la cosa più preziosa dell’universo.

Alessio sorrise a sua volta, inondato da un calore che riscaldò la sua anima congelata in quel luogo solitario.

“Ale, voglio dirti una cosa”.

Non capiva perché, ma sapeva già cosa stava per dirgli.

Il sorriso di Leo però scomparve, insieme alle certezze di Alessio. Un vento freddo scacciò tutto il calore e la sua anima si congelò nuovamente in quell’istante, scandito da un’onda che si abbatté sugli scogli.

“Vuoi una ragazza? Va’ fuori e cercatela, stando qua dentro non troverai nulla”.

Il gelo lo fece piegare su se stesso, braccia strette al bacino, denti serrati.

Una sensazione familiare, che aveva provato al suo risveglio in ospedale dopo quell’estate di vuoto e, più intensamente, nel salotto di Leonardo quando lui gli aveva voltato le spalle.

 

Quel mattino si sentiva più stanco che mai. Aveva dormito, aveva sognato, eppure la stanchezza gli pesava sulle spalle come un macigno.

L’aula era gremita di studenti, le voci riecheggiavano tutte insieme nella stanza, risultando assordanti alle orecchie di Alessio.

Di Leonardo Russo neanche l’ombra. Era la prima volta che si assentava da quando si era trasferito in quella scuola. Tutti si stavano chiedendo dove fosse finito, cosa gli fosse successo, neanche fosse un attore che non si presentava a lavoro.

Giò si sedette accanto ad Alessio, lo sguardo apprensivo anticipò la sua domanda: “Cos’è successo con Leonardo?”

Non l’aveva nemmeno chiamato fra. Doveva avere un aspetto pietoso quella mattina. Era stanco, non riusciva nemmeno a mentire.

“Si è comportato come se l’avessi ferito quando gli ho chiesto perché non avesse una ragazza”.

Giò fu sorpreso. “Forse hai toccato un tasto che non avresti neanche dovuto sfiorare. Capita, non ti abbattere, gli passerà”.

Alessio sospirò, prima di incrociare le braccia per nascondersi la faccia. Si sentiva terribilmente in colpa, forse più di quanto avrebbe dovuto.

Aveva scoperto il punto debole dell’odioso Leonardo, allora perché non si sentiva affatto felice?

Chiuse gli occhi nella sua gabbia protettiva, piombando nell’oscurità, spezzata da due gemme verdi. Erano occhi, i suoi occhi.

 

La spiaggia, le stelle, l’odore di salsedine, il sapore della bocca di Leonardo. Tutto ciò che amava di più al mondo era lì ad avvolgerlo in un abbraccio che non avrebbe mai voluto sciogliere.

Contemplare ogni cosa di lui era diventato il suo passatempo preferito, insieme alle loro chiacchierate, le loro carezze, il sesso. Tutto ciò che sembrava riguardare il suo nuovo – e primo – partner esercitava su di lui un’attrazione pungente, che non aveva mai provato nei riguardi di altre persone, nemmeno delle cose.

Una volta si chiese se anche per lui fosse lo stesso, ma i suoi occhi verdi misero subito a tacere ogni dubbio.

Si trovavano in spiaggia, Leonardo steso completamente sulla sabbia, mentre Alessio teneva poggiato il capo sul suo petto. Quel momento lo avrebbe sicuramente impresso a fuoco nella sua mente, non aveva dubbi. Era uno dei più bei momenti della sua vita, che, si rese conto, era stata davvero vuota prima di lui.

“Cosa c’è, Ale?” la sua voce era accompagnata dal rumore delle onde, che si infrangevano sugli scogli.

“Vorrei stare così per sempre” gli sfuggì.

Leonardo in risposta ammiccò con lo sguardo. Se da un lato gli piaceva quel suo sorrisetto furbo, dall’altro lo imbarazzava quand’esso era rivolto a lui.

“Ne avremo di occasioni per stare così, ti ricordo che stiamo insieme”.

Alessio arrossì. “Scemo, non me lo dimentico mica”.

Leonardo volse il suo sguardo alle stelle, sognante, tanto da farlo diventare geloso di quegli stessi corpi celesti.

“E se così non dovesse essere, ci rimarrebbe sempre il ricordo”.

Il ricordo.

Il ricordo.

Il ricor…

 

“Fra! Alessio! Svegliati!”

La voce di Giovanni giunse alle sue orecchie prima che l’immagine di lui che piangeva arrivasse ai suoi occhi.

Ci volle un po’ prima che mettesse a fuoco tutti gli altri, radunati attorno al suo banco, visibilmente interessati a lui e a quello che stava facendo. Cercò di capire cosa stesse facendo per aver attirato tutta l’attenzione su di sé. Si sentì umido sulle guance, probabilmente stava piangendo, nel sonno, pensando ad eventi che non erano mai avvenuti.

Per giunta dedusse che avessero provato a svegliarlo più volte, osservando il volto sconvolto di Giò. Se sentì in colpa verso di lui.

“Fra, sto bene” cercò di rassicurarlo.

Gli altri se ne tornarono al loro posto, constatato che nulla di interessante fosse successo. Dopotutto loro non potevano sapere, a differenza di Giò, quel che era successo verso la fine di quell’estate. L’ospedale e gli svenimenti.

La professoressa di storia e filosofia lo squadrò nel tentativo di trovare in lui qualcosa che non andasse, ma prontamente rassicurò anche lei.

“Battaglia, ti consiglio di tornare a ca…”

“Prof, scusi il ritardo!”

 

Quella mattina non voleva proprio saperne di andare a scuola. L’oceano lo aveva inghiottito e ormai era troppo lontano dalla riva. Si chiese perché, allora, più tardi si trovasse di fronte alla porta della classe, cosa lo avesse ritrascinato a riva.

Conosceva benissimo la risposta, in realtà. Colui che era in grado di farlo sprofondare aveva anche il dono di farlo tornare a riva. Alessio Battaglia.

“Prof, scusi il ritardo!”

Ma ciò che ottenne non fu un’occhiata scocciata da parte di lei, bensì fugace, come se non le importasse un accidente di lui in quel momento, come se avesse altro a cui pensare.

Fu quando si rese conto di chi fosse quell’altro, che ora stava braccia conserte sul suo banco, che per poco non gli cedettero le gambe. Aveva pianto.

L’oceano lo inghiottì nuovamente.

 

Leonardo Russo era appena entrato, tutto trafelato, il respiro corto. La tracolla gli cadde dalla spalla e lui non fece nulla per riprendersela.

Il cuore iniziò a battergli a mille quando i loro occhi si incontrarono.

Fece per boccheggiare qualcosa, quando l’urlo di Russo squarciò il silenzio.

“ALESSIO!”

Corse come un fulmine nella sua direzione, noncurante delle occhiate lanciategli dai loro compagni. Gli prese inavvertitamente il viso tra le mani, avvicinando il proprio.

Aveva uno sguardo a dir poco terrorizzato, che non aveva mai visto a nessuno al di fuori degli attori delle soap che guardava sua madre. Dal canto suo, quella reazione lo aveva lasciato esterrefatto.

Leonardo incatenò gli occhi nocciola di Alessio ai suoi due smeraldi, in modo tale che non potesse più sfuggirgli.

Per un attimo, pensò che non avrebbe mai voluto sciogliere quel legame, ma sfortunatamente ci pensò Giovanni ad allontanarli, dando uno spintone a Russo.

“E tu non ti permettere di toccarlo!”, gridò, le lacrime agli occhi.

“Guerrini!” gridò la prof, ma fu ignorata.

Giò doveva averne piene le tasche di lui, perché subito dopo si sfogò, sotto lo sguardo implorante di Alessio, che gli chiedeva di smettere con gli occhi.

“Sono arcistufo di te! Arrivi qui con quell’aria da santarellino e pretendi che tutti cadano ai tuoi piedi, ma non noi! E smettila di tentare di abbindolare anche Alessio, a lui stai solo antipati…”

“LO SO!”, lo interruppe Leonardo, puntando gli occhi severi verso di lui. “Lo so, ma non chiedermi di smettere”.

Si avvicinò, sguardo deciso, pugni serrati. Tutti si sarebbero aspettati un pugno, delle cattive parole, imprecazioni, eppure quel che disse dopo fu d’impatto ben maggiore: “Non chiedermi di smettere di rinunciare all’uomo che amo”.

 

 

Silenzio. Dopo le parole di Leonardo, Giovanni udì solo un assordante, e per questo fastidioso, silenzio.

Ancora in stato di shock, si girò verso Alessio, ignorando le facce di tutti i presenti.

Il suo fra aveva ripreso a piangere.

 

 

Si rigirò nuovamente tra le coperte, come fosse in stato di agitazione; avrebbe anche potuto esserlo, eppure era calmo, aveva solo un po’ di adrenalina da scaricare.

Dopo la dichiarazione di Leonardo, la prof aveva perso definitivamente la pazienza e aveva mandato tutti a sedere. Dopo un modulo di pesante silenzio, tutti si erano radunati al banco di Leonardo, chiedendogli spiegazioni. La maggior parte di essi aveva creduto si fosse trattato di uno scherzo e non aveva esitato a chiederglielo, ma lui aveva risposto, con aria seria, che non era affatto così.

Dopo aver udito quella conversazione, Alessio aveva violentemente sbattuto le mani sul banco, attirando l’attenzione di tutti. Aveva deciso di seguire il consiglio della professoressa, così era andato in segreteria a chiamare sua madre, scortato da un preoccupato Giovanni.

Quella sera, l’amico lo aveva chiamato per chiedergli come stesse, lui aveva semplicemente risposto di esser stanco tanto da non potersi trattenere a lungo al telefono con lui.

La verità era che si sentiva troppo in colpa nei riguardi di Giovanni, dopo tutto quello che gli aveva fatto passare quel giorno; non riusciva a sentire la sua voce senza che quei sensi di colpa affiorassero.

Si addormentò a fatica, niente affatto pronto per il giorno successivo.

Come avrebbe affrontato Giovanni? Come avrebbe guardato in faccia Leonardo? Quelle domande misero ancora più in disordine i suoi pensieri tanto che, la mattina seguente, come da qualche giorno a quella parte, arrivò in classe stanco.

Giovanni era assente, constatò un’ora dopo, non vedendo di lui nemmeno l’ombra. Più tardi l’avrebbe chiamato, promise a se stesso.

Ogni volta che lui mancava, Alessio si sentiva terribilmente solo, solo in mezzo ai lupi. Aveva sempre avuto difficoltà a socializzare e Giovanni era l’unico a saperlo e ad aver provato ad aiutarlo. Con lui si sentiva più sicuro, più protetto. Ma quel giorno, proprio quel giorno, sarebbe rimasto in balìa dei suoi predatori, che ora lo scrutavano alcune con risentimento o stizza, altri con curiosità.

A ricreazione, poté udire in corridoio le voci che accompagnavano i suoi passi, il suo nome e cognome pronunciati, talvolta associati a Leonardo Russo.

Nessuno gli chiese niente. Nemmeno Leonardo gli aveva parlato. Credeva che, forse, andando avanti di questo passo, tutti si sarebbero dimenticati della sua storia e avrebbero ricominciato ad ignorarlo. Anche Leonardo. In realtà, per un fugace attimo, volle che Leonardo non si dimenticasse di lui e di quella strana cotta che si era preso, ma scacciò subito quel pensiero.

Si trovava in bagno, dopo il suono dell’ultima campanella, un luogo che sapeva sarebbe stato deserto a quell’ora. Prima di tornare in classe, si sciacquò il viso cercando di lavare via tutto quel che c’era dentro e fuori la sua testa. Fece per avviarsi, quando una delle porte che davano accesso ai bagni venne spalancata e lui fu trascinato nel bagno da una mano forte.

Quando si rese conto di avere davanti proprio Leonardo Russo, il suo cuore perse un battito. Indietreggiò andando a sbattere contro la porta, che era stata nuovamente chiusa.

Aveva il volto e i capelli bagnati dall’acqua del rubinetto e le gote completamente arrossate. Doveva essere ridicolo.

Leonardo fortunatamente male interpretò quel suo gesto, come gli fece capire con le parole: “Tranquillo, non ho intenzione di fare nulla che vada contro la tua volontà. Non lo farei mai”.

Nonostante quel che aveva detto, gli si avvicinò pericolosamente. Il suo volto era nuovamente vicino; la vicinanza creò quella magia che ogni volta li trascinava in un altro mondo.

“Mi odii?” il tono con cui aveva pronunciato quelle parole sembrava amplificare la disperazione che Alessio leggeva nei suoi occhi. In quei giorni, aveva avuto modo di conoscere un Leonardo diverso, quantomeno da come appariva. Quella gabbia dorata che lo separava da lui sembrava esser stata distrutta da Leonardo stesso e la cosa gli faceva… piacere. In qualche modo, quel ragazzo lo aveva attratto a sé come fosse un bambino che di notte attirava le falene con una lampada luminosa, per imprigionarle nella sua rete sottile; solo che, a differenza delle falene, Alessio poteva pensare, ragionare, e i suoi chiassosi pensieri convenivano su una sola questione: a lui Leonardo non dispiaceva affatto. Era ancora confuso, data la rapidità con cui tutto era successo, e più di questo non era disposto ad ammettere, ma le cose stavano in quel modo, prima o poi avrebbe dovuto accettarlo.

“Non ti odio” scoprì una fermezza che sembrava non aver mai posseduto.

Leonardo sembrò esterrefatto: spalancò gli occhi e dischiuse appena le labbra, prima di sorridere, visibilmente rincuorato. Si prese una lunga pausa prima di parlare: “Scusami, davvero, non avrei voluto che le cose andassero così. Avrei voluto dirlo a te soltanto, quando fosse arrivato il momento”.

Alessio si morse il labbro, facendo sussultare Leonardo. Vista quella reazione, s’imbarazzò.

“Ormai il danno è fatto, dobbiamo convivere con le conseguenze”.

“Alessio”.

Nell’udire il suo nome pronunciato con tanta serietà, si raddrizzò, attento ad ogni sua mossa. Leonardo lo guardò severo, pronunciando quelle parole: “Credi che potremmo essere amici? So che tu desideri una ragazza ed io non voglio ostacolarti. Ma mi farebbe piacere essere qualcuno che conta per te, anche solo un amico”.

A quelle parole, Alessio ricordò ciò che era successo nel salotto di Leonardo. Ora tutto quadrava: Lonardo era innamorato di lui, per questo motivo aveva reagito in quel modo. I sensi di colpa piombarono su di lui come macigni.

“SCUSAMI! Non avevo idea dei tuoi sentimenti” iniziò, tutto trafelato, come se avesse corso, “Naturalmente potremo essere amici, se a te vado bene!”

Leonardo sfoggiò un sorriso che lo fece arrossire. “Mi va bene, più che bene”.

Si chiese se davvero gli andasse bene, andandosene da quel bagno verso la sua classe. Leonardo lo aveva seguito ed ora lo stava aspettando. Ripose tutto il materiale scolastico nella cartella ed uscì insieme a lui. Quando dovettero salutarsi, vide Leonardo avvicinarsi a lui. Chissà cosa si aspettava, in ogni caso ciò che Leonardo gli diede fu solo una pacca sulla spalla, prima di sparire dietro l’angolo.

 

 

Le correnti ci riavvicinano,

Anime sole che si ritrovano

Tra la schiuma di mare.

Eppure è ancora notte,

Troppo presto per riuscire a vederci.

O troppo tardi.

   
 
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