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Autore: Atramentum    11/07/2020    1 recensioni
Leonardo è il ragazzo più popolare della scuola. Membro della squadra di calcio, bravo anche negli altri sport, bello, sempre gentile e sorridente: sembra avere tutte le qualità che le ragazze cercano nel sesso opposto. Eppure non è mai stato fidanzato.
Alessio, un ragazzo come tanti, è ossessionato dalla ricerca di una partner, andando avanti con la convinzione di non avere alcuna speranza se nemmeno il mitico Leonardo era stato in grado di fidanzarsi. Tanti motivi avrebbe immaginato fossero la causa del suo essere single, tranne quello vero…
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Gli sfigati del liceo

 

Delle braccia pronte ad accoglierti, un petto caldo con un cuore che batte forte per te, una voce dolce che ti sussurra all’orecchio: “Bentornato”.

Alessio non aveva mai preteso molto in diciassette anni di vita. Era un ragazzo come tanti, dai capelli e gli occhi castani, né bello né brutto, senza ambizioni. Una sola cosa desiderava.

Un amore che lo avrebbe fatto sentire speciale. Desiderava una ragazza.

 

Nonostante fosse relativamente presto e il sole stesse rischiarando con i suoi raggi tutto ciò che in un bel mattino si poteva ammirare con tranquillità, lui si sentiva fiacco come quando correva lungo il sentiero vicino casa e ciò che più bramava, dopo la doccia, era il letto, il vero migliore amico dell’uomo.

Il cortile della scuola era racchiuso dalle sue pareti, agli angoli crescevano delle piante che nessuno si prendeva la briga di curare e per terra, lungo il perimetro, erano state tracciate delle strisce bianche. Due porte con le rispettive reti segnavano l’inizio e la fine del campo da calcio.

Per quanto lo riguardava, era fuori da tutto quel trambusto che si era creato dietro alla palla, seduto per terra, schiena al muro, la voglia di guardare quella noiosa partita pari a zero.

“Fra, guardalo! È spocchiosissimo quel Leonardo”.

Alessio era intento a sorseggiare il caffè prelevato, poco prima, dalla macchinetta della scuola, quando Giò gli premette una mano sulla spalla destra invitandolo a guardare al centro del campo.

Guardò in quella direzione e, tra i corpi che si muovevano a destra e a manca per prendere il pallone, lo vide. Il più bello e atletico della scuola, il vip dei vip: Leonardo Russo.

Spiccava col suo metro e ottanta, i suoi muscoli, i capelli neri in disordine, gli occhi verdi concentrati sul pallone.

Leonardo era quanto di più lontano ci fosse da lui: un ragazzo esile, asociale, pessimo con le donne, ma sicuramente più bravo nello studio. Quel ragazzo era letteralmente il più desiderato del liceo, eppure, si ricordò Alessio, non era mai stato con una ragazza, o perlomeno così Leonardo aveva dichiarato.

Inizialmente, aveva pensato fosse una mossa per avvicinare quante più ragazze possibili. Quale ragazza avrebbe rifiutato di essere il suo primo bacio o la sua prima volta?

È furbo, incredibilmente furbo.

Sin da quando si era presentato a settembre, non aveva fatto nulla per catturare l’attenzione delle ragazze. Erano bastati il suo sorriso e tutto quel ben di Dio che aveva come corpo a farle letteralmente cadere ai suoi piedi.

Lo aveva notato nei suoi gesti: era una persona prevalentemente estroversa, con i suoi piccoli segreti – quando gli domandavano della sua vita sentimentale, si faceva sempre indietro –, parlava con chi gli rivolgeva la parola ed era anche educato. Non era stupido, o almeno credeva; non poteva non aver mai udito uno dei commenti sprezzanti di Giò, eppure non sembrava essergli ostile. Anzi, forse nemmeno gli importava di lui, ma non capiva ancora se ciò fosse dovuto al suo immenso ego o al suo carattere, probabilmente era la seconda opzione, ma gli piaceva pensare che fosse la prima.

In realtà, era stato Alessio a figurarselo come un nemico naturale. Non perché avesse successo, questo non gli importava, ma perché aveva successo ed era single come lui. In parole povere, gli faceva rabbia che uno che poteva avere ciò che lui si sarebbe sognato lo rifiutasse. Chissà perché poi.

Fu in quel momento che l’oggetto delle sue attenzioni segnò in porta, accompagnato dagli schiamazzi delle ragazze lì presenti.

“Guarda fra!”

Alessio intercettò subito il punto che Giovanni stava osservando: Laura, la cotta di sempre del suo migliore amico, che stava sbavando per quel bellimbusto.

Gli diede una pacca sulla spalla, prima di andarsene in classe, dove avrebbe potuto sorseggiare il suo caffè senza interruzioni, mentre Giò lanciava imprecazioni contro Leonardo.

Pensava che, lontano da Leonardo, i pensieri sarebbero evaporati nell’aria mattutina. Che errore.

 

La classe era un luogo tranquillo a quell’ora: tutti erano fuori a sbavare allegramente su Leonardo o a rodere vedendolo in azione, nessuno sarebbe rientrato prima della fine del modulo.

Bevve ciò che rimaneva del caffè con quella convinzione, godendosi i raggi solari che penetravano dalle finestre.

Si sforzò di non pensare a niente, di concentrarsi sul caffè e non su Russo. Per qualche motivo, pensava più a lui che alle ragazze. Nessuna fino a quel momento era riuscita a catturare la sua attenzione, eppure ciò non era servito a spegnere il desiderio che ardeva in lui. Aveva sempre invidiato l’amore che i suoi genitori nutrivano l’uno per l’altra e voleva emularli a tutti i costi. Nel suo futuro, voleva ci fosse una donna pronta a confortarlo, a farlo sorridere, a farlo piangere per poi fare la pace e l’amore.

 “Pensieroso, vedo”.

Sussultò non appena quella voce giunse alle sue orecchie. Leonardo Russo era in piedi sull’uscio della porta con un sorriso smagliante. Fu sorpreso di notare che era solo.

Si strinse a sé come se volesse proteggersi, anche se non capì esattamente da cosa. Fu un gesto istintivo, come quelli che faceva da piccolo quando aveva paura. Non che Leonardo gli facesse paura, solo che… era strano essere da solo con lui. Gli faceva paura la situazione.

Leonardo cambiò espressione quando lo vide quatto quatto. Il sorriso scomparve e lo guardò con sguardo severo.

“Scusa, io… penso di dover andare in bagno”, furono le parole di Alessio.

Si alzò con uno scatto fulmineo dal banco in cui, poco prima, si era seduto.

Aveva sempre visto Leonardo circondato da tante persone e non aveva mai avuto modo di parlare da solo con lui. Per qualche motivo, quella situazione lo metteva a disagio.

Lo oltrepassò in fretta e furia, quando si sentì afferrare per il braccio.

Lentamente, si voltò nella direzione dell’altro, fino a quando la sua visuale non fu piena di lui, di ogni sua caratteristica.

Lo guardò stupito. Non era mai stato così vicino a qualcuno prima di allora. Poteva scorgere delle lentiggini che non aveva mai notato in lui, così come il colore intenso dei suoi occhi. Era dannatamente bello.

Sentì le guance infiammarsi. A cosa stava pensando? Leonardo non solo era un ragazzo, ma era anche furbo. Non doveva cadere nella sua trappola.

Fu quando gli parve che anche sulle gote di Russo ci fosse del rossore, che si staccò dalla sua presa veementemente.

Prima di fuggire, lo guardò un’ultima volta: sembrava ferito e continuava a guardarsi la mano che poco prima lo aveva stretto.

Fu chiedendosi il perché di quel gesto, che se ne andò correndo verso l’esterno.

 

 

La luce lunare penetrava dalla finestra rischiarando la pelle abbronzata, gli occhi verde smeraldo, i capelli del colore dell’inchiostro di Leonardo. Il mare che si intravedeva dalla finestra cullava Alessio col rumore delle sue onde, mentre l’altro era intento a giocare con una ciocca dei suoi capelli.

Il cielo venne presto oscurato e un fulmine illuminò la stanza semivuota, che ospitava solo delle tavole da surf, un letto e due corpi aggrovigliati tra di loro.

“Ti va?” fece Leonardo, mostrando un sorriso irresistibile.

Il cuore di Alessio prese a battere a mille mentre lo guardava con occhi che sapeva essere vogliosi quanto i suoi.

Leo gli tolse il costume, così lentamente che più la stoffa sfregava in basso, più Alessio si eccitava.

“Non vale se sono il solo ad essere nudo”.

Prima di togliergli il costume, morse la parte superiore di esso, aumentando l’eccitazione dell’altro.

“Ale, ti voglio”.

Anche lui lo voleva.

Impiegarono poco tempo a prepararsi, tanto era il desiderio reciproco. Alessio era pronto per lui.

Sentì un dolore familiare, poi il piacere lo investì come un’onda. Il rumore del mare e l’odore di salsedine accompagnavano le spinte di Leo e i gemiti di entrambi, una melodia che Alessio amava.

Man mano che le spinte aumentavano, il suo desiderio cresceva sempre di più.

Voleva di più. Voleva tutto di lui.

Di più.

Di più.

Di…

 

Si svegliò di soprassalto, tutto sudato e eccitato come non lo era mai stato da che ne aveva memoria. Un’evidente erezione faceva bella mostra di sé. Un’erezione che aveva avuto sognando di fare sesso con Leonardo Russo.

Corse sotto la doccia e cercò di lavarsi via il sudore e i pensieri, ma gli ultimi non se ne andarono via, anzi, lo accompagnarono fino alla sua classe.

Era presto, il sole era coperto dalle nuvole e un fresco venticello scompigliava i capelli delle ragazze alle finestre, che furono prontamente chiuse.

“Hai visto Leonardo ieri? Che figo pazzesco!”

“Ha stracciato i nostri compagni praticamente da solo! Bello e pure bravo!”

I commenti delle ragazze gli facevano venire i brividi. Quella mattina aveva meditato circa il venire o meno a scuola, ma alla fine era giunto alla conclusione che Leonardo Russo era comunque meglio delle ciabatte della mamma piantate dritte in faccia.

Cosa diamine gli era preso? Perché aveva pensato a lui? Perché in quei termini soprattutto?

Da quando Leonardo Russo era entrato nella sua vita, non aveva fatto altro che pensare a lui, che fosse invidioso o voglioso. Il fatto che fosse voglioso era una novità, probabilmente sorta dopo quell’episodio in classe. Eppure Leonardo non aveva fatto nulla se non fermarlo, perché diamine avrebbe dovuto eccitarsi? Per un maschio, poi!

Giovanni gli si sedette accanto, posando la cartella sotto al banco, nonostante fosse vietato dalle norme di sicurezza.

Lo guardò confuso, come se stesse osservando un volto nuovo.

“Fra, che ti succede?”

Nulla, aveva solo sognato di scoparsi il nemico numero uno di tutte le forme di vita maschili presenti in quella scuola.

“Ho solo avuto un incubo, niente di che”.

Giò non sembrava essersela bevuta, ciononostante non gli chiese più nulla.

“Oggi quello interroga in greco, ne sono sicuro! Ma se ti chiede la grammatica tu la sai?”

Francamente, la grammatica greca era l’ultimo dei suoi problemi. Il primo problema, invece, varcò la soglia della porta in quello stesso istante; i capelli neri arruffati attirarono l’attenzione delle ragazze.

“Ecco lo spocchioso”.

 

Trenta minuti dopo, durante le interrogazioni dei poveri malcapitati, Leonardo gli lanciava degli sguardi dal suo posto, fila centrale, secondo banco. Alessio, fila al lato della porta, ultimo banco, sentiva le gote arrossarsi sempre di più ad ogni suo sguardo. Forse era solo una sua impressione. Forse stava solo guardando il muro retrostante per cercare di combattere la noia.

In ogni caso, Alessio, che cavolo hai da arrossire?!

“Male, molto male. Un bel quattro oggi non ve lo toglie nessuno” fu il commento del professore dopo aver mandato a posto i ragazzi. “Dovete esercitarvi ancora. Dividetevi in gruppi, non mi interessa da quante persone, Rocci o GI alla mano e traducetemi questa versione”.

Ci fu un attimo di confusione dovuto allo spostamento delle sedie. Alessio sapeva perfettamente che sarebbe rimasto solo con Giovanni, come sempre. Dopotutto, era il suo unico amico in classe.

“Leonardo, vieni con noi!” fu Licia a parlare, dalla fila centrale.

Alessio si sforzò di non guardare nella sua direzione, fallendo miseramente. Quando i suoi occhi incontrarono quelli di Leonardo, l’idolo della classe sorrise e parlò a Licia, senza nemmeno guardarla in faccia: “Scusate, oggi vorrei stare un po’ con loro”.

Alessio e Giovanni sgranarono gli occhi, insieme al resto della classe, quando Leonardo puntò verso di loro.

Poggiò la sua sedia al contrario di fronte a loro, il banco a separarli, e allargò le gambe per potercisi sedere, gomiti appoggiati alla parte superiore dello schienale, sguardo puntato su Alessio.

“Allora, cominciamo?”

Giovanni sembrava incredulo e schifato al tempo stesso. Alessio invece era un fascio di nervi. Le immagini che la sua mente aveva proiettato quella notte nella sua testa si sovrapponevano alla realtà che lo circondava, rendendolo ancora più confuso. Combatteva contro un’emozione indesiderata, che solo Russo gli faceva provare.

“Fra, tutto bene?” Giò lo fece tornare coi piedi per terra.

Si rese presto conto che tutta la classe li stava fissando, come se stessero contemplando dei cagnolini che facevano amicizia con uno squalo. E che squalo, pensò Alessio.

“No! Sì! Cominciamo”.

I mormorii del resto della classe accompagnarono il suono prodotto dallo scorrere delle pagine del dizionario e quello della penna che lasciava segni indelebili sui fogli del quaderno.

Per un po’ fu tutto tranquillo, eccezion fatta per i battiti del cuore di Alessio, ma presto quell’apparente calma fu spezzata dalla voce di Leonardo.

“Allora ehm… Giuseppe…”

“Giovanni”.

“Sì, ecco, ho saputo che sei un ottimo traduttore. Sai, io mi sono trasferito quest’anno da uno scientifico, non me la cavo affatto bene col greco…”

“Vai dritto al punto” tagliò corto Giò, seccato come l’amico non l’aveva mai visto.

“Mi chiedevo: potresti darmi ripetizioni? Ovviamente ti pagherò”.

Giovanni fece cadere la penna sotto al banco. Alessio si abbassò per poterla raccogliere, non aspettandosi che anche Leonardo l’avrebbe fatto e che le loro mani si sarebbero sfiorate.

“Aia!”

Quando sbatté la testa contro al banco, una risata generale scoppiò in aula. Il prof zittì tutti prontamente.

“Tutto bene fra?”

“Sì fra” disse massaggiandosi la testa.

L’attenzione tornò tutta su Leonardo.

“Mi spiace, ma il pomeriggio quando non sono col gruppo di scacchi vado in palestra”.

Bugia, Alessio lo sapeva bene. Nemmeno sotto tortura Giò sarebbe andato in palestra.

“Però Alessio può darti una mano, non se la cava male”.

Sussultò. Ora l’attenzione della classe intera era rivolta a lui. Guardò per sbaglio gli occhi di Leonardo e subito capì: era anche lui a disagio.

Guardò Giò, disperato.

“E me lo dovrei accollare io per te?!”, voleva dirgli con gli occhi.

“Allora… mi darai tu ripetizioni?” lo sguardo di Russo era rivolto verso il basso.

Il professore si intromise, scostando appena il giornale che reggeva, prima che potesse rispondere: “Mi sembra un’ottima idea, però adesso parlate a bassa voce!”

Perfetto, ora ci si metteva pure il prof. Non gli era rimasta alcuna carta da giocare. Non sapeva nemmeno mentire spudoratamente, a differenza di Giovanni.

“Va bene. Se per te non è un problema, ci vediamo a casa tua dopo pranzo”.

“Senz’altro” si morse il labbro, scatenando le ragazze che buttarono giù dei sospiri.

 

L’oceano della memoria è vasto e ricco di scogli su cui le onde sbattono riversando su di essi la schiuma, destinata ad asciugarsi, a scomparire per sempre. Fuori dall’acqua, le forme di vita che risiedono in essa sono anch’esse destinate a morire. Eppure sono esistite, dei piccoli ricordi nell’abisso della memoria.

Leonardo chiuse a chiave la sua stanza, mentre il fastidioso rumore del campanello riecheggiava nella casa semideserta.

Lui era esistito.

 

Dopo l’iniziale imbarazzo, la lezione procedette senza intoppi per oltre un’ora. Ancora non era buio e Alessio aveva poca voglia di camminare fino a casa. E poi c’era un pensiero che lo tormentava. E non era Leonardo nudo, non doveva esserlo. Piuttosto, credeva fosse il momento perfetto per porgli la fatidica domanda. Un po’ lo imbarazzava, ma non poteva continuare così. Pensava che, toltosi quel sassolino dalla scarpa, forse non avrebbe più pensato a lui.

Russo tornò dalla cucina con in mano due bicchieri di aranciata. Quando si sedette, decise che era il momento.

“Leonardo, devo chiederti una cosa”.

L’altro lo guardò curioso.

Deglutì. “Tu sei il ragazzo più popolare che io abbia mai conosciuto. Tutte le ragazze ti adorano, eppure tu a quanto dici non sei mai stato fidanzato. Cosa ti trattiene?”

Sollevò lo sguardo su di lui, stupendosi. Leonardo, sempre solare e allegro, era cupo in viso. Sembrava che l’avesse ferito, forse aveva toccato un tasto dolente. Si sentì in dovere di rimediare.

“Aspetta, non voglio farmi gli affari tuoi, solo che… sono anni che desidero una ragazza, ma non sono mai piaciuto a nessuno, ho pensato che se nemmeno tu hai avuto relazioni nemmeno io… insomma, avrei avuto speranze, ecco…”

“È così che mi vedi?”

Lo sguardo di Leonardo lo spiazzò. Non aveva mai visto nessuno in quel modo prima d’ora se non Giò ogni volta che si sbucciava un ginocchio da bambino. Sembrava – era – sul punto di piangere.

“Vuoi una ragazza? Va’ fuori e cercatela, stando qua dentro non troverai nulla”.

L’aveva ferito. Non capì dove, non capì quanto, ma l’aveva spezzato. E anche lui si sentì triste.

“Scusami, io…”

“Non sto scherzando”, si alzò dalla sedia e gli diede le spalle. “Va’ fuori”.

 

L’oceano ci allontana,

trascinati dalle sue correnti

vaghiamo, nell’immensa distesa

in cerca di un appiglio

e magari l’uno dell’altro.

   
 
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