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Autore: Minako_    18/07/2020    7 recensioni
Sonoko, fra il frastornato e il dubbioso, la guardò mentre lanciava occhiate nervose alla porta, per poi veder far capolino sul suo viso un rossore incontrollabile. La biondina si girò e vide Shinichi sulla porta, entrare a testa bassa e dirigersi senza guardarla al suo posto. Esausta, alzò gli occhi al cielo, prendendo posto anch’essa.

Io non li capirò mai.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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WITHOUT WORDS.
lividi.
 

Ran si rilassò contro quelle braccia che la stavano tenendo teneramente da almeno dieci minuti, nel quale nessuno dei due aveva osato pronunciare parola. Cercò di riorganizzare per un secondo l’immensa confusione che aveva in testa, ma non ci riuscì molto. Non aveva ancora ben compreso a fondo cosa fosse appena successo, e ogni volta provasse a ripensarci sentiva solo le guance avvampare e una particolare domanda rimbombarle incessantemente nella testa: è successo davvero?
Non poteva ancora credere fino in fondo a cosa avessero fatto su quel divano, sul quale erano ancora accoccolati stretti l’un l’altro, senza riuscire però a guardarsi in faccia. In quel momento, col respiro tornato finalmente regolare, la mente ora totalmente lucida e la luce a non nascondere proprio nulla, erano ormai completamente consapevoli e totalmente paralizzati. Nessuno provò davvero prendere parola, men che meno muovere un solo muscolo, nella paura di poter rivelare fin troppo agli occhi dell’altro. Sapevano bene quanto fosse sciocco ormai cercare di coprire alcunché, ma non potevano davvero farci nulla: era tutto poco chiaro e molto, molto imbarazzante.
Sebbene con mille pensieri contrastanti in testa, Ran provò con tutte le sue forze a calmarsi, stringendosi un po’ di più contro quel petto che si alzava e si abbassava lentamente sotto il suo viso. Sentiva abbastanza nitidamente il suo cuore battere appena sotto il suo orecchio, e per poco quel ritmo la rilassò a tal punto da sonnecchiare. A tenerla ben sveglia, tuttavia, furono alcuni flash che, ogni qualvolta le tornassero in mente, le facevano infuocare ogni angolo del proprio corpo.
Come aveva immaginato fin da quando l’aveva presa e messa lì sopra con una foga non proprio da lui, Shinichi non aveva avuto minimamente intenzione di trattenersi in alcun modo, quella volta. Ed era stato così che probabilmente erano definitivamente crollate le sue inibizioni e, poco dopo, quelle della stessa Ran.
Arrossendo ulteriormente, si ricordò di come aveva cercato con tutte le sue forze di zittirsi, mentre la stuzzicava e le lasciava così tanti morsi lungo il collo e ben oltre. C’era perfino riuscita per un po’, ma quando infine lui aveva perso quell’ultima pazienza rimasta ed era scivolato su di lei, non era davvero più stata capace di trattenersi. C’era sempre riuscita nelle altre due occasioni, ma ben presto si rese conto che quella volta non aveva davvero niente a che fare con quelle prime esperienze. Shinichi era sempre stato calmo, misurato, ma soprattutto lento nei movimenti, come se avesse paura di romperla o farle male.
Non c’era stato davvero niente di pacato in ciò che avevano condiviso appena poco prima.
Proprio per questo, ad un certo punto, Ran aveva rinunciato a mordersi un labbro nella speranza di non far trapelare alcun lamento. Semplicemente non ce l’aveva più fatta, perché quello che stava provando era qualcosa di così forte e mai avvertito, da lasciarla completamente senza fiato. Con sommo imbarazzo si era ritrovata ad ancorarsi così energicamente a lui, che solo dopo un po’ si accorse di aver addirittura intrecciato le gambe sulla sua schiena nella spasmodica ricerca di un po’ di equilibrio. Il fatto era che non aveva mai messo tutta quell’energia, e tutta quella forza mentre si muoveva sopra di lei. Eppure ogni movimento era deciso, forte, e prima che lei potesse prendere fiato ne arrivava subito un seguente a farle chiudere gli occhi e boccheggiare. Non aveva davvero trovato il coraggio di guardarlo, solo per la paura di rivedersi riflessa in chissà quale stato in quei suoi occhi azzurri. Perciò aveva tenuto gli occhi ben serrati, mentre il suo cervello perdeva ogni forma di razionalità ad ogni nuova sensazione che lui le stava regalando. Sebbene avesse già avuto modo di provare simili sensazioni con lui, in quell’istante sembravano come amplificate e dieci volte più intense di qualsiasi altra volta, forse proprio per il vigore che ci stava mettendo senza alcuna riserva. Si ritrovò quasi a pensare sul perché non avesse mai voluto lasciarsi andare così fino a quel momento, e di fronte a quelle nuove sensazioni quasi le due volte prima parvero impallidire.
Sorrise soddisfatta sentendosi così stordita ma anche così appagata, che un sospiro le sfuggì di bocca. Si dimenticò per un momento di essere ancora nuda contro di lui, sotto la luce accesa di quel salotto così familiare, mentre lui la teneva stretta a sé.
Quando sentì quel sospiro profondo, Shinichi si immobilizzò ancora di più. Provò a decifrarlo, ma non riuscì davvero a comprendere cosa potesse significare: era felice, o semplicemente sconvolta per cosa era appena successo?
Ormai completamente lucido e ragionevole, si era ritrovato a pensare a cosa avesse appena fatto. E quasi non si riconobbe.
Aveva avuto come un blackout nel cervello, e la parte più irrazionale e frustrata del suo cervello aveva rilasciato qualcosa nel suo corpo, che si era mosso senza aver davvero la possibilità di controllarlo. L’aveva praticamente bloccata per i polsi, e trascinata su quel divano senza la possibilità di potersi rifiutare. Al solo pensiero di aver fatto qualcosa che non desiderava, sentì lo stomaco rigirarsi per la preoccupazione. Chiuse gli occhi, cercando di ragionare con imparzialità.
L’aveva trascinata lì, sì. Però d’altra parte aveva partecipato tutto sommato attivamente ai suoi baci, alle sue carezze, e… sì, avrebbe volentieri voluto ricordare il momento in cui si erano spogliati, ma non se lo rammentò davvero. Sapeva solo che ad un certo punto tutto era caduto a terra, e senza troppo pensarci lui aveva iniziato a mordicchiarla ovunque, senza nemmeno pensare che potesse farle male.
Mortificato pensò con orrore se per caso le avesse lasciato dei lividi lungo il corpo, e al dubbio che potessero essere fin troppo visibili attraverso i vestiti.
Se Kogoro o sua madre se ne fossero accorti, probabilmente lo avrebbero ucciso.
Tuttavia non si osò muoversi per accertarsi di questo suo dubbio, giacchè era ancora bellamente nudo contro di lei. In quel momento si rese conto di star trattenendo il respiro, e il più silenziosamente possibile riprese in parte a respirare per calmarsi.
Ragiona.
Provò a ripensare a qualsiasi gesto di Ran che avrebbe potuto sottintendere il suo fastidio. Rammentò con sommo imbarazzo come, senza chiedere o assicurarsi che lei fosse d’accordo o pronta, aveva iniziato a muoversi davvero troppo intensamente. Aveva provato a darsi una calmata, come era successo le prime due volte, ma davvero non c’era riuscito. Specialmente quando lei aveva iniziato ad essere così terribilmente rumorosa. Se possibile, sentirla così, aveva definitivamente mandato in tilt il suo cervello, e si era sentito incoraggiato da ciò. Non l’aveva mai sentita così, e rincuorato aveva deliberatamente evitato anche lui di soffocare qualsiasi sospiro o lamento gli arrivasse alla base dello stomaco.
Al ricordo sentì il viso andare in fiamme, e cercò con tutte le sue forze di calmarsi per non darle a vedere il suo profondo disagio. Tuttavia, dopo ancora altri minuti di indissolubile silenzio, la paura di aver esagerato si insinuò profondamente in lui, così tanto che non poté più far finta di niente. Ancora immobile a pancia in su sopra quel divano, e con lei su un fianco appoggiata al suo petto, decise che era il momento di fare un primo passo per accertarsi che lei non fosse offesa con lui.
« … stai bene? », la sua voce era roca, incerta, e terribilmente bassa.
La sentì un po’ irrigidirsi, prima di sospirare lentamente.
« Sì », disse con voce timida, facendo poi scendere nuovamente il silenzio.
Più incerto di prima, si morse un labbro ormai completamente terrorizzato. Stava ancora pensando a cosa poter far per risolvere le cose, quando Ran si mosse piano accanto a lui.
« … ho solo un po’ freddo, ora ».
In realtà, ne aveva anche lui. Incerto sul da farsi, pensò rapidamente a come fare. Non c’erano coperte in salotto, ma era abbastanza sicuro che in camera sua ce ne fosse una nell’armadio. Tuttavia non era davvero convinto su come fare.
Sono nudo, dannazione.
« H-ho una coperta di sopra », iniziò dubbioso. « V-vado a prenderla ».
Sperò che lei potesse intuire l’imbarazzo della situazione, e con sommo conforto notò come si fece timidamente da parte per lasciarlo alzarsi. Cercò da parte sua di non voltarsi verso di lei e, mentre si alzava dal divano sperò vivamente che lei non lo stesse davvero guardando. Dandole completamente le spalle, si accorse solo di sfuggita di come lei fosse seduta al suo fianco un po’ girata anch’essa nella direzione opposta, e in fretta acchiappò i suoi pantaloni della tuta e i boxer abbandonati lì a fianco. Se li mise così in fretta che per poco non inciampò, e quando adocchiò la t-shirt decise rapidamente di porgerla a lei senza guardarla. Le toccò distrattamente una spalla, facendogliela cadere fra le braccia.
« P-puoi metterla », balbettò, e rapidamente decise di dirigersi in camera sua. Non la guardò ancora, sperando che si coprisse anch’essa per evitare ulteriore imbarazzo.
Non notò così come Ran fosse avvampata fino ai capelli, e di come senza volere lo avesse visto nudo in piedi mentre si rivestiva. Sapeva bene che avrebbe dovuto distogliere lo sguardo, ma la curiosità vinse e per la prima volta lo vide alla luce vivida del soggiorno. Era così arrossita, e quasi subito il freddo aveva lasciato spazio a un calore così forte da farla quasi sudare. Si sentì come se avesse invaso la sua privacy, specialmente perché Shinichi aveva evitato di metterla a disagio ignorandola completamente mentre era svestita su quel divano. Provò a darsi una calmata, mentre con mani tremanti si infilava la sua t-shirt che andò a coprirle metà coscia, e con un’occhiata fugace prese velocemente da terra anche il suo intimo. Se lo mise alla velocità della luce, e attese un po’ incerta il ritorno di Shinichi.
Al pensiero si ritrovò a pensare a poco prima, quando lo aveva visto lì accanto a lei. Sentì le farfalle nello stomaco al pensiero di come l’aveva appena visto, e di ciò che avevano appena fatto.
Prese due sospiri profondi imponendosi calma, ma quando sentì i suoi passi veloci per la scale distolse d’istinto lo sguardo per iniziare a fissare insistentemente il tappeto sotto i suoi piedi.
Capì che fosse accanto a lei quando vide di tralice le sue gambe coperte nuovamente dai pantaloncini della tuta, e di istinto lo fece passare.
Completamente paralizzata, lo vide sedersi a fianco a lei e, con un gesto un po’ impacciato, porgerle la coperta che aveva fra le mani.
« T-tieni », mormorò balbettando, e lei la afferrò con un cenno del capo. Pensava che si sarebbe sdraiato nuovamente al suo fianco, ma quando dopo un po’ non lo vide muoversi, alzò finalmente lo sguardo verso di lui.
Ran vide così Shinichi fissarla intensamente, e quando si accorse del suo sguardo addosso trasalì preso in contropiede. Distolse rapidamente gli occhi dai suoi, e Ran si accorse del rossore inevitabile che fece capolino teneramente sulle sue guance. Sorridendo dolcemente, capì che aveva riacquistato completamente il suo proverbiale autocontrollo, per non parlare della sua timidezza cronica. Lo avvertì dal suo sguardo incerto, e da quel viso così scarlatto, mentre si torturava furiosamente le mani. La passione del momento era completamente scemata, ed evidentemente ora nemmeno lui sapeva bene come comportarsi. Sentendosi un po’ rincuorata di non essere l’unica confusa in quel momento, gli poggiò comprensiva una mano sul braccio, attirando così la sua attenzione. Ci riuscì, perché Shinichi a quel tocco si voltò appena, con un’espressione titubante.
« Torni qui con me? ».
Non seppe con che coraggio pronunciò quella frase, ma ebbe l’effetto sperato. Shinichi si sbloccò dopo un attimo, e senza fiatare annuì timidamente. Si mosse allora lentamente verso di lei, e trascinandola con sé si sdraiò nuovamente sul divano. Si ritrovarono così entrambi sistemati, Shinichi nuovamente a pancia in su e Ran addosso a lui sul suo petto. Avevano le gambe così intrecciate che non provarono nemmeno a districarle, mentre come meglio poteva Ran sistemava la coperta addosso a loro. Quando furono al caldo e consapevoli di non essere più completamente svestiti, si rilassarono abbastanza da sentirsi un po’ meno in imbarazzo. Tuttavia calò di nuovo il silenzio, e i sensi di colpa di Shinichi tornarono a galla.
Non potendo più sopportare quei suoi dubbi, decise alla fine di prendere parola.
« Ran… », mormorò contro i suoi capelli. « Io, ecco… ».
La sentì muovere il viso, così che riuscì ad guardarla negli occhi. Come se non fosse già abbastanza difficile, senza quel suo sguardo dolce addosso.
« … non so davvero cosa mi sia preso ».
Vide le sue gote diventare rosse tanto quanto le sue, e le sue labbra tremare leggermente. Seppur in preda all’ansia, decise di continuare.
« Spero di non aver esagerato, o averti fatto… male, ecco », concluse distogliendo lo sguardo, non riuscendo più a sostenere il suo così dannatamente amabile e comprensivo.
« … non mi hai fatto male », il suo cuore riprese a battere non appena avverti la voce di Ran far capolino nelle sue orecchie.
« Anzi ».
Anzi.
Shinichi corrugò la fronte di fronte a quella piccola, quasi innocua parola.
Anzi cosa?
« Anzi? », chiese alla ricerca di un’ulteriore conferma da parte sua. A quella improvvisa domanda Ran avvampò, rendendosi conto di cosa le fosse appena scappato di bocca. Si strinse un po’ di più nelle coperte, alzandosi con metà busto per ritrarsi di istinto un po’ lontano da lui.
« Beh, ecco », mormorò non sapendo davvero che dire. Lo vide alzarsi anche lui un po’, mentre il suo sguardo si faceva acceso.
« I-insomma », balbettò nel panico, abbassando lo sguardo sul suo petto di fronte a lei.
Mi è piaciuto.
Avrebbe volentieri voluto sprofondare nella coperta e sparire, ma certo non era possibile. Si zittì inesorabilmente, per poi lanciargli un’occhiata veloce. Con sorpresa vide un sorriso  incerto sul viso di Shinichi, il quale la guardava in attesa. Spazientita, sbuffò scuotendo la testa.
« Insomma, cosa vuoi? », sbottò un po’ alterata.
« Cosa voglio?», ripeté lui improvvisamente preso in contropiede.
« Sì, mi stai facendo il terzo grado! », contestò Ran, alzando di un tono la voce.
« Ma cosa stai dicendo! », borbottò lui di rimando, inarcando prepotentemente un sopraciglio.
« Sei strano da prima! », non era vero, ma non sapeva più davvero cosa dire. E si rendeva perfettamente conto di starsi arrampicando sugli specchi, ma quello dopotutto era ciò che gli riusciva meglio: battibeccare per salvarsi da un momento particolarmente imbarazzante. Ciò che Ran non si aspettava sicuramente, era la frase successiva di Shinichi che gli sfuggì di bocca con una sincerità così disarmante da lasciarla shockata per un attimo.
« Se sono strano è perché sono imbarazzato », esplose Shinichi, arrossendo ancora. « E mi sento in colpa, per come mi sono comportato! », concluse indicandole qualcosa sotto il viso. Confusa si portò una mano al collo, non avvertendo però nulla.
« C-cosa? », chiese Ran, non capendo cosa avesse indicato.
« … hai qualche livido », borbottò Shinichi, distogliendo lo sguardo.
« Livido? », ripeté lei, e in quel momento, abbassando il viso, notò una piccola forma violacea appena sul petto. Completamente stordita si passò un dito sopra delicatamente, come a voler appurare che fosse reale.
E lo era, lo era eccome. Non dovette pensarci troppo per capire che era stato lui, a procurarglieli, ogni qualvolta le lasciasse quei baci sul collo che più di una volta erano sfociati in piccoli morsi talvolta un po’ fastidiosi ma anche così dannatamente emozionanti.
« Scusami ».
La voce bassa e colpevole di Shinichi le fece rialzare in fretta il viso, solo per incontrare il suo viso tirato a poca distanza dal suo.
« Ti ho… obbligata », borbottò continuando non con poca fatica. « E poi sono stato forse troppo… aggressivo ».
Quasi le venne da ridere. Le pareva di rivivere lo stesso momento di qualche tempo prima, quando dopo quel pomeriggio particolarmente passionale in agenzia lui si era scusato per quel suo mancato autocontrollo, credendo realmente che lei ci fosse rimasta male. Soffocò una risata, che comunque non passò inosservata a Shinichi, il quale si bloccò dal suo sproloquio quel tanto per aprire la bocca sorpreso.
« A me non sembra che tu mi abbia obbligata ».
Fu il turno di Shinichi di rimanere senza parole, mentre lei si riavvicinava e si accoccolava nuovamente al suo petto. Non vedendolo più in viso prese un po’ più coraggio, e provò ad esprimere ciò che sentiva sinceramente in quel momento.
« Le altre volte ti sei trattenuto per me, vero? », domandò troppo curiosa per non porgergli quella domanda, che le stava vorticando in testa da quando avevano iniziato a baciarsi su quei sgabelli a poca distanza da loro.
« … non volevo farti male », ammise lui, accarezzandole distrattamente una spalla.
« Grazie », mormorò Ran sentendosi irrimediabilmente grata.
« Non so davvero cosa mi sia preso », si sentiva comunque ancora responsabile, e Ran lo capì bene dal suo tono.
Rendendosi conto che con tutti i suoi giri di parole non era riuscito a fargli capire davvero come si sentisse, si morse un labbro. Per essere un detective, a volte era davvero poco sveglio.
« E’ s-stato… », balbettò in un borbottio sommesso. « bello ».
Shinichi sgranò gli occhi, non credendo davvero alle sue orecchie. Sentì le mani sudare, mentre provava a dare un senso a tutto quel discorso.
Davvero Ran gli aveva detto che era stato bello?
Pensò a come praticamente non glielo avesse detto la loro prima volta, e invece le fosse sfuggito di bocca quando addirittura lui aveva perso ogni barlume di lucidità e si era sfogato con tutto se stesso contro di lei. Ironicamente si ritrovò a pensare anche a come forse aveva sbagliato a considerarla così fragile, e che forse non era davvero servito a niente trattenersi tutto quel tempo. Si sentì così sollevato che quasi gli venne da ridere dal nervosismo, ma si guardò bene dal farlo. Non voleva certo metterla a disagio, come se la stesse prendendo in giro per quell’affermazione così audace. Invece si limitò ad annuire flebilmente, mentre la stringeva più stretta a lui.
Sentiva come se quell’enorme peso fosse stato tolto dal suo petto, mentre tornava a respirare regolarmente e con estrema e piacevole facilità. Ripensò a quello che era successo sotto una nuova luce, provando a sforzarsi di immaginarla felice sotto ogni suo gesto, e con estremo orgoglio si rese conto di quanto forse avesse fatto la cosa giusta.
« A cosa pensi? », la voce piccola piccola di Ran lo ridestò un attimo dai suoi ricordi, facendolo tornare con i piedi a terra almeno per un attimo. Si morse un labbro, preferendo davvero non dirle a cosa stesse pensando nell’esatto momento in cui lei glielo aveva chiesto, ma ben presto capì di non riuscire a trovare una risposta alternativa realmente convincente. Così rimase in silenzio, e lei intuì che qualcosa non andava. Si tenne su con un gomito, mentre alzava il viso per fissarlo curiosa.
« Shinichi? », lo richiamò come per avvertirlo, mentre sul suo viso si formava un minuscolo sorriso storto.
« A cosa stai pensando? », domandò di nuovo cauta, ammonendolo con lo sguardo. Lui non riuscendo più a trattenersi emise un leggero risolino, mentre provava senza molti risultati a soffocarlo.
« Hey! », esclamò Ran arrossendo, pensando alle cause più disparate, ma tutte in egual modo completamente imbarazzanti. Per vendicarsi cominciò a torturargli i fianchi, causandogli un tremendo solletico.
« Ohi, Ran! », gridò lui sobbalzando, provando sotto le coperte ad afferrarle i polsi senza riuscirci.
« Stavi ridendo », lo accusò lei, mettendo su un broncio così adorabile che intensificò solo ulteriormente il senso di divertimento in lui.
« Ma no », disse sorridendo più profondamente, non provando nemmeno a far finta che non fosse così.
« Perché ridevi? », lo ammonì lei, e quando lui in risposta le rise ulteriormente in faccia, si fiondò automaticamente su di lui. Non seppe bene come, si ritrovò a cavalcioni su di lui, mentre provava ancora a tirargli dei leggeri pizzicotti sul petto. Shinichi provò come meglio poté a coprirsi il viso con le braccia, sperando di riuscire a fermarla sopra di lui. Andò avanti per un po’, finché all’ennesimo pizzico doloroso sul collo, Shinichi non riuscì infine ad afferrarla guardandola un po’ intimidatorio.
« Basta! », disse con fiato corto, sentendola con tutto il suo peso addosso.
« Dimmi a cosa pensavi! », ribattè Ran arrossendo.
« No! », disse con tono forse fin troppo alto, facendola trasalire. Aveva ancora i polsi intrappolati nelle sue mani, e lo sguardo arcigno sotto una coltre di capelli disordinati.
« Dimmelo! », riuscì a divincolarsi dalla sua presa quel tanto per tirargli la guancia, facendolo lamentare.
« Sei stata rumorosa! ».
Ran si bloccò, fissandolo a bocca aperta. Solo in quel momento Shinichi si rese conto di cosa avesse appena detto, e senza volerlo arrossì furiosamente. Avvertendo l’imbarazzo far capolino in lui, Ran con orrore comprese a cosa probabilmente si stesse riferendo.
« C-cosa? », assottigliò gli occhi, facendolo rabbrividire. Shinichi sgranò gli occhi, cercando di riacchiappare il suo polso solo per non meritarsi un suo schiaffo in volto.
« N-niente », provò a salvarsi, ma seppe subito di non avere molte speranze. Lei lo stava fissando così arcigna che per un attimo ebbe realmente paura di lei, e di istinto chiuse un occhio in attesa di un qualche pugno.
« Shinichi ».
« Beh, è vero », brontolò scarlatto in viso, ma volendo comunque sfoderare un sorriso sfacciato in viso solo per controbattere al suo fare minaccioso. « Non avevi mai fatto così ».
Ran aprì la bocca senza parole, attenuando perfino il suo sguardo duro. La consapevolezza che fosse vero non la aiutò a ribattere, sapendo bene quanto quella fosse in realtà la verità. Completamente rossa in viso, fissò maledicendo quel suo sorriso sbruffone e quei suoi occhi luccicanti. Sapeva di aver vinto su di lei, in quel momento.
Non sapeva davvero come salvarsi da un momento così imbarazzante, e l’unico modo per togliergli quel maledetto sorriso trionfante dal viso era farlo sentire almeno tanto a disagio come si sentiva lei. Così, trovando un coraggio da lei sconosciuto, provò a sorridere anch’essa, sebbene non riuscisse davvero a sentirsi molto convincente.
« Anche tu lo sei stato ».
Era vero. Non appena lei aveva fatto cadere ogni inibizione, aveva sentito anche i suoi sospiri e i suoi lamenti arrivarle alle orecchie, come incoraggiato dal fatto che lei avesse iniziato per prima. Lo prese senza dubbio in contropiede, quando lo vide sbattere le ciglia e sospirare dubbioso.
« Può anche essere », mormorò lentamente, non distogliendo lo sguardo da lei. « Ma cosa mi dirai ora, quando ti renderai conto di come sei messa? ».
Ormai non poteva sentirsi più imbarazzato di così, quindi si giocò il tutto per tutto. E dovette cogliere nel segno, quando la vide sobbalzare rendendosi realmente conto di quella posizione. Era in mutande, con la sua maglietta di almeno due taglie più grande, sopra di lui a petto nudo.
Decisamente, non era nella posizione di poter dire alcunché.
Come ripresasi da un sogno si fece in la, sfuggendo alle sue mani e per poco non cadde all’indietro. Aspettò inesorabile di cadere a terra non appena si sbilanciò, ma quasi subito si sentì tirare in avanti alle braccia di Shinichi. Ricadde su di lui completamente distesa, mentre lui le accarezzava la schiena.
« Scema ».
Affondò il viso accaldato nell’incavo del suo collo, tenendo le mani sul petto e rimanendo completamente immobile su di lui.
« Sei una permalosa », commentò Shinichi cautamente. « Non ti posso nemmeno prendere un po’ in giro, ora? ».
« Non su questo argomento », bofonchiò lei con tono capriccioso.
« Perché no? », domandò candidamente lui, accarezzandole distrattamente la testa.
« E’ imbarazzante », commentò Ran, affondando con stizza ancora un po’ il viso oltre la sua spalla.
« E sai perché lo è? Perché non ne parliamo mai ».
Era vero. Fondamentalmente, non toccavano mai quell’argomento. Ogni qualvolta fosse accaduto, sorvolavano sempre accuratamente sul fatto vero e proprio, preferendo invece zittirsi e arrossire al solo pensiero.
« Possiamo prenderci in giro, almeno. Aiuterebbe a non essere sempre così a disagio ».
Sebbene stesse dicendo queste esatte parole, il suo tono tradiva comunque un certo imbarazzo. A quel punto, e sentendosi un po’ sciocca, Ran riaffiorò sul suo collo e posò la fronte contro la sua.
« Mmm », mormorò incerta. « Forse è vero, allora. Sei stato davvero un po’ aggressivo ».
« Ma non mi è dispiaciuto », si affrettò ad aggiungere quando vide la sua fronte corrugarsi in un’espressione preoccupata. Al sentire quest’ultima frase, tuttavia, si rilassò, sfoderando un sorriso incerto.
« Ok », la guardò affettuosamente. « E tu sei stato molto rumorosa. Ma non mi è dispiaciuto ».
Non potevano davvero credere di aver toccare un simile discorso, ma ripensandoci forse Shinichi aveva ragione. Nel dire quelle esatte parole, si guardarono negli occhi così intensamente che dopo poco scoppiarono a ridere, sciogliendo almeno in parte quell’atmosfera così pesante che si era creata da quando avevano riacquistato lucidità.
Le risate scemarono lentamente, e Ran si ritrovò così comoda contro di lui da trovare il coraggio di appoggiare il viso al suo petto ad occhi chiusi, mentre dopo poco avvertiva le sue mani giocherellare con i suoi capelli. Rimasero così per un po’, a tal punto che si ritrovò di nuovo un po’ assonnata. Stava per lasciarsi andare a quel piacevole tepore, quando la voce di Shinichi la fece ridestare abbastanza in fretta.
« Vieni con me ».
Non era una domanda. Aveva il tono fermo, deciso, ma anche abbastanza basso da apparire leggermente dubbioso. Pensando di aver sentito male, Ran rialzò il viso, intrecciando presto i suoi occhi a quelli azzurri di Shinichi, che la fissavano con uno strano scintillio speranzoso.
« Cosa? », mormorò un po’ confusa.
« Vieni con me, in America », deglutì, improvvisamente nervoso. « Sarò impegnato in settimana, ma la sera e nei week-end dovrei essere libero », riprese velocemente.
« Shinichi… », replicò incerta Ran, e presto vide vedere nei suoi occhi scemare quello stesso entusiasmo di poco prima.
Non voleva davvero farlo rimanere male, per cui si diede peso sulle braccia e si spinse indietro. Si ritrovò così seduta, con la coperta ormai praticamente rovesciata in fondo al divano, mentre in silenzio lo guardava mettersi anch’esso nella stessa posizione.
« … niente imprevisti », riprese sottovoce, con tono ora molto più debole. « Niente casi, né drammi. Saremmo soli, per una volta, lontani chilometri… per un mese intero ».
« Appunto, Shinichi », rispose lei interrompendolo. « Non posso partire per un mese, in un altro paese, con te », sottolineò eloquente.
« Con me? », disse quasi offeso, ritraendo la mano. « Sei già andata in un altro paese, con me! A New York, e avevamo appena quindici anni! ».
« Andavamo a trovare i tuoi genitori, Shinichi, e non stavamo insieme », gli spiegò pazientemente, provando a non farlo rimanere ulteriormente male, ma ormai avvertiva il fastidio nella sua voce.
« Cosa dovrei dire ai miei genitori? », riprese, sulle spine. « Che vado con te, da soli, stando insieme, per un mese in America? ».
Shinichi aprì la bocca per ribattere, ma presto scoprì di non sapere cosa ribattere. Effettivamente vista così era un tantino differente rispetto a quando erano partiti la prima volta, ma non voleva davvero cedere.
Aveva pensato di parlargliene non appena quella mattina gli avevano detto di quel viaggio, e vederla per niente convinta della sua idea lo aveva così ammosciato da avvertire una profonda delusione alla base dello stomaco.
« Come faccio con la scuola? », riprese debolmente Ran, sfiorandogli un braccio nel tentativo di farlo ragionare.
« Recuperi quando torniamo », buttò lì Shinichi.
« Non siamo tutti come te », alzò gli occhi al cielo. « Non tutti perdono metà anno scolastico, e recuperano tutto con qualche esame extra ».
« Esami andati benissimo, vorrei ricordarti », rispose sulla difensiva Shinichi, continuando con quella stessa espressione offesa.
« E con i bambini? », lo interruppe lei. « Ho appena iniziato gli allenamenti, non posso abbandonarli così ».
« Va bene, ho capito », sospirò lui, provando a non far trapelare troppo il suo fastidio.
« Hey », mormorò Ran, prendendogli di scatto il viso fra le mani. Colto alla sprovvista da quel gesto inaspettato, Shinichi sgranò gli occhi, e immediatamente avvertì il viso avvampare quando si incantò a fissare quei due occhi azzurri a poca distanza da lui.
« E’ solo un mese, passerà velocissimo », provò a rincuorarlo, con tono deciso.
« Va bene », borbottò Shinichi per nulla convinto, e infatti si guadagnò subito il cipiglio aggrottato di Ran.
« Io ti ho aspettato per molto più tempo », lo punzecchiò lei.
« Ok, va bene », si arrese infine con un sospiro rassegnato, per poi buttarsi all’indietro contro il divano. Ran lo guardò ancora un po’ preoccupata, mentre lui si portava le mani al viso con un ennesimo sospiro profondo.
« Sei offeso? », lo prese in giro, ma sperando interiormente che non lo fosse davvero.
« Offesissimo ».
Ran alzò gli occhi al cielo, mentre Shinichi si toglieva le mani dal viso per regalarle un sorriso sornione.
Stava per replicare, quando sentì in lontananza una vibrazione insistente. Corrugò la fronte, iniziando a girare la testa intorno alla ricerca di un qualche telefono. In quel momento, tuttavia, non trovò sulla sua visuale alcun telefono, ma rabbrividendo le saltò all’occhio l’orologio posto a poca distanza da loro.
« Dannazione! ».
Shinichi sgranò gli occhi completamente stupito, mentre guardava Ran balzare in piedi così velocemente da non porsi nemmeno il problema di essere, effettivamente, ancora vestita solo con la sua maglietta e le mutande. Arrossendo notò così le sue gambe nude mentre la vedeva correre verso la libreria, e per un momento fu così distratto da quel corpo così sinuoso avvolto solo da ben poco tessuto, che quasi non si domandò neppure cosa l’avesse così innervosita. Ma quando infine si mise seduto sul divano e allungò l’orecchio, poté chiaramente sentire i suoi passi tornare indietro con una foga tale da farlo iniziare a preoccupare. Fu solo quando la vide sbucare dalla stanza a fianco, con all’orecchio il suo telefonino, che fece due più due.
E rabbrividì anche lui.
« Sì, papà », disse Ran cercando di non far trapelare il suo nervosismo. Shinichi si paralizzò sul posto, deglutendo a fatica.
Merda.
« Sì, scusami, non ho notato l’ora. Saluto Sonoko  i suoi genitori e arrivo ».
Shinichi si alzò infine in piedi, cercando di celarle il ghigno che gli si era appena formato sul viso. Si voltò verso il divano, cercando di assestarlo un po’, anche se ad ogni movimento un flash di ciò che fosse accaduto lì sopra lo coglievano togliendogli un po’ di fiato. Provò a togliersi dalla mente qualsivoglia pensiero indecente, e con più disinvoltura possibile si voltò verso Ran, che aveva infine chiuso la telefonata.
« Sonoko, eh? », ripeté Shinichi, scuotendo la testa.
« E’ tardissimo », non gli diede nemmeno retta, mentre cominciava a cercare  a terra i suoi vestiti. Era così in ansia che non fece nemmeno caso a Shinichi in piedi a poca distanza, mentre si sfilava la maglietta e si metteva il reggiseno con mani incerte. A quella vista Shinichi arrossì prepotentemente, e decise di girarsi per lasciarle almeno un minimo di privacy. Fece finta di niente, mentre si dirigeva in cucina alla ricerca di qualcosa perfino a lui ignoto. Quando infine con la coda dell’occhio la vide completamente vestita, seppur un po’ trafelata e con capelli mai così arruffati, si rilassò un po’. Era ancora strano vederla così, nel suo salotto, con quella maledetta luce così forte, ma anche così maledettamente bello che il solo pensiero di vederla andare via gli lasciava un po’ di amaro in bocca.
Dal canto suo Ran provò a pettinarsi i capelli con le mani, mentre col fiatone finiva di sistemarsi. Quando pensò di essere abbastanza presentabile, alzò velocemente lo sguardo verso Shinichi.
« Sembro normale? », domandò con il respiro accelerato, girando su se stessa un po’ traballando.
Shinichi a quella vista sorrise lievemente, mentre incrociava le braccia al petto ancora nudo.
« Per normale cosa intendi? », la punzecchiò, appoggiandosi con la schiena al ripiano della cucina.
« Hai capito benissimo », replicò stizzita lei, arrossendo. « Non voglio che i miei genitori capiscano qualcosa! ».
« Cosa dovrebbero capire? ».
Odiava quando faceva così il finto disinteressato, godendo nel solo prenderla in giro. Lo fulminò con lo sguardo, avvicinandosi velocemente a lui.
« Shinichi, per favore. Mi sembra che mi si legga in faccia », brontolò rammaricata, portandosi le mani al viso rosso.
Shinichi alzò un sopraciglio, e a quelle parole fece maggiormente caso al suo volto.
Aveva le gote davvero rosse, non sapeva davvero se per l’imbarazzo o per la velocità con cui si fosse vestita; gli occhi azzurri erano lucidi, brillanti, attraverso quelle sue ciglia così folte. Le labbra… Shinichi deglutì.
Erano rosse, gonfie, e leggermente aperte per lasciar passare quel suo respiro così accelerato.
Era bellissima. E sapere che avesse quel volto così rilassato e arrossato per causa sua, gli fece contorcere lo stomaco.
Aveva ragione, forse. Le si leggeva in faccia chiaramente cosa fosse successo, e lo trasmetteva da ogni poro del suo corpo.
O forse lui lo notava perché sapeva cosa fosse accaduto?
Altri flash lo travolsero, mentre lei rimaneva ancora in piedi nell’attesa di una sua risposta. E prima che potesse rendersene conto, si diede uno slancio verso di lei.
Ran strabuzzò gli occhi, mentre sentiva le labbra di Shinichi contro le sue, e le sue mani abbracciarle la vita. Per un secondo chiuse gli occhi, rispondendo automaticamente a quel bacio così inaspettato. Tuttavia ben presto un campanello d’allarme le suonò in testa, e di scatto provò a spingerlo via.
« S-shnchi », bofonchiò contro le sue labbra, continuando a premergli le mani sul petto nudo. Doveva andarsene, e velocemente. Non sapeva davvero se suo padre si fosse bevuto la scusa, ma a giudicare dal suo tono scocciato di poco prima, le possibilità erano realmente basse.
Provò di nuovo a staccarsi, ma la presa sulla sua vita era così decisa che non riuscì a smuoverlo di un centimetro. Aprì gli occhi, solo per vederlo completamente in trance contro di lei, mentre continuava a baciarla dolcemente. Provò a scuoterlo per un braccio, ma ancora lui non diede segno di capire la situazione. Alla fine, quando si staccò leggermente dalle sue labbra, Ran pensò che finalmente si fosse accorto della sua fretta. Tuttavia prima che potesse dire o fare qualcosa, lo sentì mentre con i capelli le formicolava la guancia, e le sue labbra scendevano per lasciarle alcuni baci leggeri sul collo.
Ran avrebbe davvero voluto correre via per evitare l’ira di suo padre, ma quando avvertì il suo respiro sul collo cominciò a cedere. Le gambe iniziarono a tremarle, mentre la mano che si trovava ancora sul suo braccio si ammorbidiva e ora l’aiutava solo a reggersi in equilibrio sulle sue gambe poco stabili. Shinichi anche iniziò ad avvertire il corpo leggero, per non parlare della testa.
Non si era davvero mai sentito così felice, così libero di poter fare ciò che desiderava con lei. La consapevolezza di ciò che ormai fosse accaduto fra loro, e specialmente conscio di come lei fosse in totale sintonia con lui a tal punto da lasciargli fare tutto ciò, lo resero euforico.
Aveva passato così tanto tempo a reprimere le sue emozioni, che ormai anche solo provarci era troppo doloroso, ora che sapeva di poterle finalmente lasciarle libere.
D’altronde, rimaneva un ragazzo.
E, benché lo mascherasse davvero molto bene attraverso la sua facciata fredda e scostante, non era immune da quegli stimoli che, nel suo caso, Ran gli trasmetteva ormai da anni. Li aveva sempre sopiti, quasi intimidito da se stesso, e poteva già sentire una vocina nel cervello gridargli a gran voce pervertito. Forse un po’ lo era, non era sicuro neppure più lui ormai. Sapeva solo che Ran lo portava a immaginare e fantasticare su cose che talvolta imbarazzavano perfino lui.
Ormai avvertiva solo quelle farfalle nello stomaco che solo lei riusciva a smuovere.
Fu così che non si rese conto di come lei fosse perfino un po’ rigida contro di lui, mentre aspirava quel suo profumo così vanigliato dal collo, e immergeva infine il viso nei suoi capelli.
Sarebbe rimasto volentieri così per sempre, e sentì lentamente la presa di Ran farsi mano a mano più debole, mentre lui la teneva a sé con mani ferme. In silenzio si godettero quell’abbraccio per un tempo infinito, e nella sua mente balenò perfino l’idea di tornare a baciarla, quando senza preavviso fu lei a muoversi per prima. Con un brivido lungo la schiena avvertì il suo respiro solleticargli il collo, e capì che stava facendo esattamente ciò che lui aveva fatto appena poco prima.
Deglutì, mentre Ran gli lasciava un bacio a fior di labbra sulla mascella, poi sul pomo d’Adamo, e ancora sul collo. Era così bassa rispetto a lui che il suo viso arrivava perfettamente all’altezza giusta per potergli lasciare quei lievi baci solo con la lieve inclinazione del viso. Si stava ancora godendo in silenzio quel leggero contatto, quando qualcosa cambiò rapidamente.
Shinichi avvertì solo in lontananza una insistente vibrazione, e poi in realtà non capì molto bene cosa fosse accaduto. Seppe solo che le labbra fino a poco prima delicate e morbide sul collo gli fecero davvero molto male, ma non ebbe il tempo di capirne il motivo. Fu, infatti, allontanato così forte da farlo sbattere contro il ripiano della cucina, che toccò così prepotentemente la schiena da farlo gemere. Si portò di istinto una mano dietro, massaggiandosi dolorante il punto in cui l’angolo della cucina aveva premuto contro la schiena. Borbottando sottovoce, alzò lo sguardo appena in tempo per vedere Ran sul divano, con in mano nuovamente quel maledetto telefono. Non si preoccupò minimamente di avergli fatto male, e rispose ormai bordeaux in faccia.
« Mamma! Sto tornando, sono per strada », si affettò a dire ancor prima di lasciare il tempo alla persona dall’altra parte del telefono di poter parlare.
Shinichi sbuffò, solo per rimettersi composto in piedi. La schiena gli doleva ancora, ma si impose di zittirsi per evitare che Eri Kisaki avvertisse anche minimamente la sua voce sotto quella di Ran.
Se c’era una persona al mondo che riusciva a spaventarlo a morte, quella era lei.
« Mmm », disse Ran immobilizzandosi, e rivolgendo un’occhiata veloce a Shinichi. Quest’ultimo aggrottò la fronte come per chiedere delucidazioni, ma lei in tutta risposta scosse la testa arrossendo.
« V-va bene, lo chiamo e glielo chiedo », mormorò piano, con tono incerto.
« A fra poco », concluse infine la telefonata, per poi allontanare il telefono dall’orecchio con un mossa molto lenta.
« Ti sei minimamente accorta di avermi sbattuto contro l’angolo della cucina? », esclamò Shinichi con tono offeso, guardandola dall’alto al basso del divano sul quale era malamente seduta.
« Sei tu che non mi mollavi più! », replicò lei torva, in grembo le mani a stringere convulsamente il cellulare.
« Certo, certo », sbuffò Shinichi arrossendo un poco. Fece per voltarsi e acchiappare la sua maglietta abbandonata da lei lì a fianco, quando Ran sospirò tremolante.
« … mia madre mi ha chiesto se vieni a cena da noi, stasera ».
Shinichi quasi si incastrò quando fu il momento di far uscire la testa dal buco della t-shirt, che sapeva così intensamente di lei.
Un po’ impacciato riuscì a sistemarsi, per poi fissare la sua ragazza che nel frattempo si guardava i piedi in religioso silenzio.
« Oh », disse solamente.
L’idea di presentarsi davanti a Kogoro ed Eri dopo ciò che aveva fatto con Ran quel pomeriggio, lo fece avvampare. Come avrebbe fatto a mantenere un comportamento neutrale, indifferente, quando continuavano a passargli davanti immagini davvero molto imbarazzanti di loro figlia su quel divano con lui?
Mandò giù una quantità considerevole di saliva, mentre si portava una mano alla testa per scompigliarsi un po’ i capelli, in un chiaro gesto di nervosismo.
« Ma loro esattamente cosa sanno? », mormorò a disagio.
« Di cosa? ».
Teneva ancora lo sguardo basso, ma potè chiaramente vedere le sue orecchie prendere fuoco.
« Di oggi », alzò gli occhi al cielo lui. « Ho sentito prima che dicevi a tuo padre di essere da Sonoko ».
« Io… sì. Non so perché io glielo abbia detto », farfugliò lei incerta.
Cadde il silenzio fra loro, mentre Shinichi cercava di risistemare tutte quelle informazioni nella testa.
Andare a cena da loro?
Spaventoso, a dir poco.
E non solo per la cucina mortalmente disgustosa di sua madre, ma perché davvero non era sicuro di saper mascherare bene la loro situazione attuale. A maggior ragione, non mangiava con loro da quando era Conan, e non seppe nemmeno lui dirsi il motivo, ma gli pareva tanto un’occasione formale, come se fosse il benestare di Eri Kisaki per farlo uscire con Ran.
Tutto molto, molto difficile da sopportare.
« Allora… verrai a cena? ».
Rinvenne dai suoi pensieri solo per sorridere mestamente, per poi infilarsi le mani in tasca con finta disinvoltura.
« Certo », disse con un’alzata di spalle.
Finalmente riuscì a riguadagnarsi all’attenzione di Ran, che alzò di scatto il viso con un sorriso luminoso sul viso. Rispose al sorriso di scatto, mentre la sua pancia faceva una capovolta.
Era lui la causa di quella sua felicità.
« Mi raccomando », riprese lei tornando immediatamente seria. « Cerchiamo di essere… », provò a concludere la frase, ma rimase a bocca aperta per un momento. Shinichi corrugò la fronte, per poi intuire con uno sbuffo cosa volesse intendere.
« Certo », rimarcò nuovamente. « Non farò capire niente, se è questo che ti spaventa ».
Pensava davvero che avrebbe lasciato trapelare alcunché? Era sopravissuto ad una Organizzazione Criminale, morire per mano di Kogoro Mouri era davvero fuori questione.
Si dondolò sulle gambe, sentendosi improvvisamente in colpa.
Non osare neanche pensare di poterla sfiorare.
La voce dell’uomo gli rimbombò in testa così fragorosamente da lasciarlo stordito, mentre stringeva i pugni nelle tasche. Glielo aveva detto con tono così tanto minaccioso che per un momento ebbe voglia di dirle che non si sarebbe presentato più per quella cena, ma decise che non poteva davvero deluderla così. Quindi si impose autocontrollo, e sospirando tornò a prestarle attenzione.
Un po’ confuso la vide però già in piedi, mentre lo fissava con la bocca leggermente aperta e uno sguardo terrorizzato.
« Ran? », domandò sorpreso.
« Il… il.. », balbettò Ran, indicando qualcosa di imprecisato appena sotto il suo viso.
« Cosa? », ripeté stavolta un po’ preoccupato, toccandosi il mento.
Ran prese fiato, per poi afferrarlo per un braccio e trascinarlo fuori dal salotto. Shinichi si lasciò guidare non senza proteste, ma quando infine lei lo piazzò di fronte allo specchio del bagno, finalmente capì.
Un po’ intimidito, si passò la mano sopra ciò che aveva sconvolto così tanto Ran.
« E’ un… », se lo toccò piano, scoprendo che gli faceva perfino un po’ male. « Livido ».
Lo era. Era rotondo, non troppo grosso, ma bello rosso e nitido.
« Ma come… », borbottò più a se stesso che alla ragazza al suo fianco, mentre continuava a sfiorarselo interdetto.
« Prima », disse a voce bassa Ran tutto d’un tratto. « C-credo di averti morso, quando il telefono ha vibrato. Dallo spavento ».
Shinichi la fissò, notando come tenesse la testa bassa e le mani intrecciate a torturarsi i vestiti.
« Ran… », disse continuando a non capire il perché fosse così sconvolta. « Non è niente, davvero », cercò di rassicurarla.
« Te ne ho fatti anche io », borbottò infine, abbassando anch’esso il viso.
« Non è questo il punto! », esclamò lei stringendo i pugni, e rivolgendo le sue gote arrossate al ragazzo di fronte a lei.
« Non capisco perché tu sia così sconvolta », replicò lui con stizza.
« Perché i miei non si vedono! ».
Shinichi fece per ribattere solo per ricordarsi di come, effettivamente, gliene avesse lasciati almeno un paio appena sopra il petto, in quel momento completamente coperto dalla sua camicetta. Rimase interdetto per qualche secondo, per poi riguardarsi allo specchio.
Quel morso si vedeva.
Eccome se si vedeva.
Era sempre più visibile col passare del tempo, e Shinichi non seppe dirsi se fosse la sua impressione, o stesse perfino divenendo violaceo.
Era appena sotto la mascella, e velocemente ragionò come perfino con un colletto di una camicia, sarebbe stato comunque ben visibile.
Quel morso.
Violaceo.
E quella cena.
MERDA.

***


« Non capisco perché hai dovuto invitare anche lui ».
Eri alzò gli occhi al cielo, mentre provava a tagliare le carote senza far alcun danno alle sue dita.
« Perché sta con Ran », disse decisa, sistemandosi gli occhiali sul naso con un movimento distratto del braccio.
« E mi sembrava un’idea carina, essere tutti e quattro », alzò le spalle.
« E tu credi ancora che fosse da Sonoko, oggi? ».
Eri sospirò nuovamente, lanciando un’occhiataccia a suo marito appena dietro di lei.
« Smettila », disse fra i denti.
Kogoro sbuffò, dirigendosi in salotto con le mani nelle tasche e una smorfia di stizza sul viso.
Eri tornò alle sue carote, solo per ragionare sulle parole di suo marito. In un angolino del suo cuore sospettava come lui, ma volle davvero non dargli adito. Era Ran, in fondo. E, se anche fosse stata con lui, doveva fidarsi di lei.
Ad interrompere le sue paranoie silenziose fu la porta che si apriva con un suono sordo, e la voce dolce di Ran arrivarle alle orecchie.
« Sono a casa! », annunciò.
Eri ripose il coltello sul tagliere dinnanzi a lei, per poi dirigersi verso l’entrata per accoglierla. Vide come stesse parlando con Kogoro di qualcosa che nemmeno sentì, perché appena i suoi occhi si posarono su di lei si immobilizzò.
Non seppe davvero dirsi cosa o perché, ma il suo cuore fece uno sbuffo.
Era Ran. Lo era.
Non aveva davvero nulla di diverso rispetto agli altri giorni, men che meno rispetto a quella mattina. Era ancora vestita allo stesso modo, per cui non fu ciò che lasciarla così interdetta quando la vide. In realtà non seppe dirsi nemmeno lei perché si paralizzò così a fissarla, mentre finalmente si girava verso di lei con un sorriso dolce in viso.
« Mamma? », la chiamò Ran, corrugando un po’ la fronte.
Eri deglutì, per poi abbozzare un sorriso incerto.
« Bentornata », disse prendendo fiato. « Shinichi-kun? ».
« Mi ha scritto che viene », annuì Ran distogliendo lo sguardo per posare la sua borsa sul divano. Non fece nemmeno caso all’alzata di occhi palese che le lanciò Kogoro oltre il giornale, che si volatilizzò velocemente non appena vide lo sguardo di fuoco di Eri trafiggerlo con furia.
« Ottimo », disse continuando a minacciare con gli occhi suo marito, per poi tornare velocemente in cucina.
Provò a concentrarsi nuovamente sulle carote, e ci riuscì almeno finchè non avvertì Ran al suo fianco afferrare un coltello e iniziare ad aiutarla. Notò come si fosse messa distrattamente il suo grembiule con i gattini, e sorrise mestamente.
« Sonoko sta bene? », domandò sentendosi un po’ sciocca.
« S-sì ».
Scese nuovamente il silenzio, rotto solo dal rumore di coltelli che tagliavano a fette sottili le carote.
Rimasero così per un po’, ed entrambe tirarono un sospiro di sollievo quando dal salotto avvertirono la televisione probabilmente accesa da Kogoro rompere quella calma così inquietante.
« Aveva qualche problema? », riprovò Eri, non sapendo nemmeno bene lei dove andare a parare.
« All’incirca, ma ha risolto », replicò Ran a disagio.
« … qualche problema con il suo ragazzo? ».
Ran mandò giù un nodo particolarmente pesante che aveva in gola, solo per continuare imperterrita a utilizzare quel coltello con foga.
« Sì… avevano litigato. Per un equivoco ».
« Capisco ».
Il telegiornale era l’unica fonte di rumore intorno a loro, ma davvero nessuna delle due lo ascoltò con attenzione. Rimasero così nuovamente per un po’, almeno finchè Eri non fece sobbalzare Ran, posando all’improvviso il coltello e rivolgendole uno sguardo eloquente.
« Sono felice che Sonoko abbia risolto con il suo ragazzo », disse arrossendo un poco.
Ran strabuzzò gli occhi, mentre avvertiva anch’essa le guance imporporarsi. Era tutto davvero molto, troppo, allusivo.
« A-anche io », affermò incerta.
« … e Kyogoku-kun è carino con lei? », la interruppe Eri, con sguardo fermo ma labbra tremanti.
« Sì, molto. Stavolta è stata colpa di Sonoko, aveva capito… aveva interpretato male alcune cose », Ran deglutì, sentendo ormai perfino le orecchie bollirle.
« Mmm », disse solamente Eri, rimanendo un attimo imbambolata.
« Non che non mi fidi di lui », si affrettò ad aggiungere dopo un po’, come risvegliata da una trance.
« Però sai, Ran… », non sapeva davvero come continuare quel discorso assurdo senza nominare Shinichi e lei, perciò si interruppe.
« Sì », la stupì però sua figlia, sorridendo leggermente. « Lo so, mamma. Ma non c’è davvero da preoccuparsi », la rassicurò
Si sorrisero a vicenda, ma ad interrompere quel loro gioco di sguardi fu improvvisamente il campanello di casa. Ran si ridestò abbastanza da far cadere a terra il coltello, che riprese velocemente per poi sgusciare fuori dalla cucina.
Si precipitò alla porta, e quando infine la aprì sentì il cuore mancarle un battito.
« Hey », disse solamente, mentre il ragazzo davanti a lei le rivolgeva un sorriso timido.
« Ciao », mormorò Shinichi, facendosi avanti.
Ran sospirò, mentre richiudeva la porta e gli fissava quella schiena così ampia. Si era cambiato con un paio di pantaloni neri, una camicia e un maglioncino scuro. Tuttavia notò abbastanza bene il cerotto sistemato appena sotto la mascella, e improvvisamente si sentì nervosa. Anche con l’aiuto del colletto della camicia, si vedeva davvero molto chiaramente.
« Shinichi-kun! », esclamò Eri venendogli incontro dalla cucina. Shinichi la saluto con un cenno timido, per poi rivolgere la sua attenzione a Kogoro ormai immobile a poca distanza. Teneva ancora in mano il giornale, ma aveva gli occhi fissi ad indicare che in realtà non stesse leggendo da un po’.
Si rivolsero un abbozzo di saluto, prima che Shinichi seguisse Eri in cucina posando un pacco sul ripiano della cucina.
« E’ da mettere in frigo », la avvertì indicando il pacchetto. « E’ una crostata ».
Ma quando Shinichi la guardò, notò come Eri non gli stesse prestando davvero attenzione. Invece la trovò imbambolata, a fissare un punto non molto definito appena sotto il suo mento.
Se solo i suoi pensiero fossero stati detti ad alta voce, si sarebbe davvero guadagnato lo sguardo indignato dei presenti, dalla quantità di imprecazioni che gli stavano passando per la testa.
« Kisaki-san? », provò Shinichi, provando ad abbozzare un sorriso. Quest’ultima si riprese come da una trance, per poi sobbalzare quando mise a fuoco il pacco al suo fianco.
« Oh », mormorò confusa. « Certo. Il frigo. Non dovevi davvero, Shinichi-kun ».
« Non è nulla », ribattè Shinichi mettendosi le mani in testa. « Grazie per l’invito a cena », aggiunse provando ad essere davvero disinvolto. Eri sorrise mestamente, mentre richiudeva la porta alle sue spalle.
Si impose di stare zitta, di non lasciar vagare troppo la testa dove davvero non voleva lasciarla arrivare.
Si morse un labbro, lanciandogli ancora un’occhiata, mentre lui sorrideva un po’ a disagio.
Non farlo.
« Ti sei fatto male? ».
Shinichi deglutì, irrigidendo ogni singolo muscolo del proprio corpo.
« S-sì », si portò una mano al cerotto, che celava accuratamente ciò che davvero non voleva far vedere al mondo.
« Mi sono… graffiato », la scusa faceva schifo perfino alle sue orecchie.
« … posto singolare, per un graffio ».

 

   
 
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