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Autore: EleWar    20/07/2020    10 recensioni
Ancora ansante, nella penombra della stanza, lentamente mise a fuoco la sua situazione. Era legata mani e piedi ed assicurata alla testiera in ferro battuto di un letto. Indossava ancora il vestito da sposa.
Non c'è mai pace per i nostri due sweeper tanto amati, cosa succederà in questa mia nuova fic? ;-)
Genere: Introspettivo, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Kaori Makimura, Nuovo personaggio, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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… e la storia prosegue, spero non troppo lentamente per i vostri gusti.
Questo capitolo chiarirà i vostri dubbi o ve ne farà venire degli altri?
A voi l’ardua sentenza.
GRAZIE  a tutti.
Vi lovvo
Eleonora



Cap.7 Un cuore diviso a metà
 
 
Kaori ritornò sui suoi passi, quasi trascinando i piedi; d’improvviso si sentì stanchissima, non immaginava che quella prigionia dorata le stesse succhiando così tante energie, e più pensava a come uscirne, più non sapeva come fare.
Erano passati quanti?
Due giorni?
Solamente?
Le sembrava di vivere in quel limbo surreale da molto più tempo.
 
E prepotente ritornò l’immagine di Ryo ad invaderle la mente, lui che non era ancora venuto a riprenderla, ma che sarebbe giunto ugualmente, lo sapeva, anche se… anche se lo aveva lasciato.
Perché, nonostante tutto, la giovane si fidava così tanto di lui, che non aveva preso in esame, nemmeno per un istante, l’ipotesi che il socio l’avrebbe lasciata al suo destino, che le avrebbe voltato le spalle.
Era una delle pochissime cose che continuavano a legarla a lui.
Eppure, non si era visto ancora, forse stava solo cercando il modo di arrivare fino a lei; conoscendolo, pensò la ragazza, avrebbe smosso mari e monti per trovarla, e immaginarlo in affanno per lei, ancora una volta, le suscitò un violento moto di nostalgia, e una fitta le attraversò il cuore.
lo amava troppo, a dispetto di tutto, ma lo avrebbe perso per sempre, perché Naoko aveva ragione: amava un uomo e stava per sposarne un altro.
Colpita da questa considerazione così ovvia, per quanto devastante, si sentì improvvisamente spersa e fu invasa da una potente ondata di disperazione.
In preda a quell’angosciante sgomento, dovette fermarsi per riprendere fiato; stava ansando, e il suo cuore era stretto in una morsa gelida e dolorosa; si portò una mano al petto, mentre con l’altra, quasi annaspando, cercò un appiglio per non cadere.
Toccò infine il tronco di un albero, e appoggiandoci la schiena, chiuse gli occhi e si lasciò scivolare fino a terra.
Si raggomitolò su sé stessa, e stringendosi le gambe con le braccia e soffocando i singhiozzi sulle ginocchia, si concesse finalmente ad un pianto liberatorio, uno di quelli che si vietava di giorno e che la tormentavano di notte, provocandole indicibili incubi.
 
In quello stato di profonda prostrazione emotiva, cercò di districarsi in mezzo a mille pensieri contrastanti; le ritornarono in mente le parole di Naoko, quando aveva parlato di orgoglio ed egoismo, e si chiese se non ce ne fossero anche nel suo rapporto con Ryo.
E poi ancora quell’impossibilità di dire Ti amo, e il voler tener segreta una relazione… non era anche questo a funestare la sua storia con il partner?
Forse aveva preteso troppo da lui?
Si aspettava che lui le aprisse il suo cuore e che le dicesse che l’amava, ma gli aveva mai permesso di dimostrarglielo?
Non era stata troppo dura con lui?
O forse sarebbe toccato a lei prendere in mano la situazione, e fare chiarezza fin dal principio?
Naoko le aveva suggerito che avrebbe dovuto essere più sicura delle sue capacità, e probabilmente aveva ragione.
Sicuramente quello che era mancato nel rapporto fra lei e il suo socio, da un anno a quella parte, era stato il dialogo; perché soprattutto dopo la confessione nella radura, avrebbero dovuto parlare e chiarirsi una volta per tutte.
E invece troppe cose erano state taciute, altre si erano date per scontate, nel bene e nel male.
Si erano fossilizzati nei loro comportamenti, e invece di andarsi incontro si erano lentamente allontanati. Anche in merito alla venuta di Akira, lei e Ryo non si erano parlati affatto.
 
Mentalmente riandò a quei giorni.
 
Quando lei aveva portato Akira al Cat’s eye e lui le aveva ricordato la promessa che si erano scambiati al tempo della scuola, presa dall’entusiasmo, e in ricordo dei vecchi tempi, aveva impulsivamente accettato la sua proposta di matrimonio.
Anche perché era così stanca di Ryo e del loro menage ormai inaridito, che le era sembrata l’unica soluzione possibile.
In fondo, quando il suo compagno di scuola era ricomparso, l’affetto che provava per lui era rinato inaspettatamente, ed ora che si era fatto anche molto più affascinante, si sentiva fortemente attratta da lui.
Era il ragazzo perfetto.
Certo lei non l’amava, perché era consapevole che una parte del suo cuore sarebbe sempre stata per Ryo, il grande amore della sua vita, ma era convinta che il sentimento che provava per Akira sarebbe stato sufficiente per vivere felice insieme a lui.
Perché Akira era sincero, cristallino, non soggetto a quelle tempeste improvvise che oscuravano lo sguardo e l’umore del suo socio a volte così ombroso; Akira era accomodante, e non bisognava ogni volta adattarsi al suo comportamento; Akira era deciso, e andava sempre fino in fondo alle questioni, non lasciava le cose in sospeso.
Akira la faceva sentire amata e importante, Ryo invece… cosa pensava Ryo di lei?
Akira era Akira, e Ryo… era Ryo.
 
Solo quando stava per lasciare il locale, Kaori, tornando finalmente alla realtà del presente, si era accorta dell’assenza di Ryo e dello sconcerto che aveva gettato sui suoi amici con quell’uscita improvvisa; ma mentre Miki e Falcon continuavano a tacere e non erano riusciti a dire niente all’amica, nemmeno al momento dei saluti, Kasumi soltanto aveva avuto il coraggio di avvicinarsi a lei, e le aveva chiesto:
 
“Ma allora è proprio vero?”
 
Kaori, a quel punto, si era ricordata che la ladra avrebbe dovuto rubare il cuore di Ryo per poter ritornare in seno alla famiglia, e non si stupì quando, avendole risposto affermativamente, lei aveva battuto le mani come una bambina felice.
 
Poi una volta in strada, Akira le aveva detto, prendendo congedo:
 
“Allora, domani ti passo a prendere e andiamo dalla nonna, che vuole conoscerti” e le aveva posato un leggero bacio sulla guancia.
 
La ragazza era così felice!
Camminava a passo leggero, quasi non toccasse terra, ma a mano a mano che si avvicinava a casa, la sua felicità si era andata affievolendo, e il pensiero di dover affrontare Ryo la faceva star male.
 
Quando, titubante, era rientrata nell’appartamento e lo aveva trovato insolitamente vuoto, ne era rimasta sollevata e delusa al tempo stesso.
Aveva aspettato inutilmente il socio fino a tardi, abbondantemente oltre l’ora di cena, perché aveva cucinato per entrambi, come al solito, e aveva sperato che loro due avrebbero cenato insieme; ma quando aveva perso ogni speranza, Kaori si era decisa a consumare il suo pasto, in solitudine, e poco dopo aver rassettato la cucina, si era ritirata in camera sua.
Per quella sera, si disse, non se ne sarebbe fatto niente.
 
Quella notte aveva dormito poco e male: si era rigirata nel letto a lungo, in preda alla confusione più totale; non faceva che pensare ad Akira, alla gioia di averlo ritrovato, al futuro radioso che vedeva accanto a lui, ma allo stesso tempo le tornavano alla mente, tormentandola, tutti i momenti salienti della sua vita passata accanto a Ryo: quelli belli, quelli brutti, i più drammatici e pericolosi, come pure le loro risate, le litigate epiche e le baruffe scherzose, la soddisfazione di aver risolto un caso complicato, la riconoscenza delle clienti…
Alla fine si era addormentata, ma il turbamento l’aveva seguita perfino nei sogni, che erano diventati veri e propri incubi spaventosi.
Si era risvegliata all’alba, stremata e mentalmente esausta, e ancora non sapeva che da lì in poi tutte le notti sarebbero state funestate dagli stessi incubi, e dalle stesse angosce.
Durante quella prima notte, però, aveva anche preso un’importante decisione: e cioè che, se Ryo le avesse chiesto di restare, a qualsiasi titolo, lei avrebbe mandato all’aria il suo fidanzamento con Akira e non lo avrebbe lasciato.
 
La mattina seguente, come di consueto, si era recata alla stanza del partner, ne aveva aperto discretamente la porta, per accertarsi che fosse tornato sano e salvo, e quando lo aveva visto profondamente addormentato, aveva tirato un sospiro di sollievo.
Era scesa in cucina per preparare la colazione; successivamente aveva fatto un salto alla stazione, dove non aveva trovato nessun messaggio, e solo mentre ritornava nuovamente a casa, Kaori aveva avuto come una folgorazione, perché aveva improvvisamente realizzato che un domani, quando sarebbe diventata la moglie di Akira, avrebbe dovuto rinunciare a tutto questo, e al suo lavoro.
A quella considerazione era stata presa da una vertigine: non ci aveva proprio pensato!
Come avrebbe fatto senza il suo amato lavoro, quello che aveva ereditato da Hideyuki?
Era diventata anche la sua missione, proteggere i più deboli, rendergli giustizia quando la legge si dimenticava di loro… ma un secondo dopo si era anche ricordata dell’atteggiamento di Ryo negli ultimi tempi, quando l’aveva progressivamente estromessa dagli incarichi, non coinvolgendola più, e che giusto il giorno prima stavano litigando proprio per quello.
E mentre stava riflettendo su tali aspetti della sua vita, era stata raggiunta da Reika, che affiancandola le aveva chiesto a bruciapelo.
 
“È vero che ti sposi?”
 
Caspita, le notizie corrono veloci sulla bocca di tutti!”Aveva pensato, allora, la sweeper.
Avrebbe tanto voluto dirle di no solo per il piacere di contrariarla, ma non c’era riuscita perché era troppo soddisfatta della sua decisione.
Anche Reika non aspettava altro che prendere il suo posto, come socia di Ryo, con l’aggiunta che voleva pure farsi sposare da lui; beh, che si facesse avanti allora, magari avrebbe avuto più fortuna di lei, e malgrado questa prospettiva non la facesse saltare di gioia, le rispose di .
E dopo un entusiastico “Veramente?” quasi gridato, a quel reiterato, era scappata via di corsa.
 
Per un attimo Kaori era rimasta lì ferma per la strada, a chiedersi il significato di tutta quella situazione; Kasumi e Reika non vedevano l’ora di sostituirla accanto a Ryo, eppure lui, lui…
Aveva sempre detto che non si sarebbe mai legato a nessuna donna, e Kasumi, pur asserendo di volerlo conquistare, se n’era restata buona e non si era fatta mai troppo avanti, finché c’era Kaori…
Ma cosa voleva dire esattamente tutto ciò?
Che la bella ladra la rispettava perché sapeva che anche lei amava Ryo?
Eh, sì, perché nonostante lei lo avesse sempre smentito, era ormai chiaro a tutti cosa provasse per lui!
Eppure non valeva la regola che in amore e in guerra tutto è lecito?
Se veramente voleva Ryo, perché non lottava per averlo?
O forse sospettava che, in un certo senso, anche lui fosse legato alla collega sentimentalmente?
Possibile?
E Reika… nemmeno lei, come Kasumi, si sarebbe concessa a Ryo senza la prospettiva concreta del matrimonio, anzi, senza le carte firmate in tal senso; il suo sogno era una coppia sposata di sweeper, ma nonostante tutto, pur essendo lei molto più brava di Kaori con la pistola e avesse già un’agenzia di investigazioni privata, non era mai riuscita a convincere lo sweeper almeno a farsi assumere come partner di lavoro, al posto della rossa.
Allora perché l’uomo aveva tenuto Kaori lo stesso con lui, anche se a sparare era una schiappa, e quello che sapeva fare l’aveva imparato a costo di tanta fatica?
Una volta, con orgoglio, Ryo aveva pure dichiarato che non poteva avere partner migliore di lei, e la stessa famigerata Bloody Mary aveva decretato che era perfetta per lui…
Eppure… eppure erano arrivati a quel punto, in cui valeva tutto e il contrario di tutto.
 
 
Quel giorno, ragionando e camminando, era giunta fino alla porta dell’appartamento, senza quasi accorgersene, ma decisa a parlare con il suo socio; era rimasta sorpresa però di non trovarlo più a casa, perché di solito era lei che lo andava a svegliare, e invece era uscito senza aspettarla.
Si era chiesta dove fosse andato così di prima mattina, ma non volle nemmeno prendere in considerazione il fatto che la stesse volutamente evitando.
 
Il resto della giornata l’aveva trascorso in compagnia di Akira, perché dopo aver fatto visita alla matriarca per gli omaggi previsti e le presentazioni ufficiali, erano andati in giro per la città come i ragazzini di allora. Avevano fatto una vera e propria full immersion nei ricordi, ripercorrendo tutti i luoghi di un tempo, fra aneddoti, reminiscenze e tante risate.
Ah, come le faceva bene stare con Akira!
Si sentiva leggera come l’aria, con lui i problemi scomparivano, la vita sembrava veramente più bella.
 
Quando, alla fine, era ritornata a notte inoltrata, si era stupita non poco constatando che Ryo era già rientrato, perché a quell’ora di solito era ancora in giro per locali.
Voleva parlargli a tutti i costi, e senza perder altro tempo si era diretta alla stanza del socio; davanti alla porta chiusa però, si era fermata esitante.
Contrariamente alle altre volte, che dopo una sommaria bussatina e un permesso chiesto quando ormai era già dentro, entrava senza troppi complimenti, in quel momento si era fatta lo scrupolo e si era bloccata, con una mano a mezz’aria, chiusa a pugno, pronta a bussare, e l’altra a girare già il pomello.
Vedeva la luce filtrare da sotto la porta e sapeva che lui era ancora sveglio, e che di sicuro l’aveva sentita arrivare, ma quando aveva udito chiaramente il clic dell’abat-à-jour, e quella tenue lama di luce si era spenta, immediatamente aveva perso tutta la sua sicurezza, e la speranza di potergli parlare si era spenta con quel clic.
Sconsolata, era tornata sui suoi passi e si era rifugiata nella sua camera da letto.
 
I giorni che ne erano seguiti avevano preso a scorrere tutti uguali, senza che lei potesse mai parlare con lui, senza poter chiarire in alcun modo; Ryo aveva eretto l’ennesimo muro invalicabile, e Kaori si era via via persuasa che lui non avesse nessuna intenzione di mettere in chiaro la loro situazione.
E all’iniziale speranza che aveva riposto in loro, come coppia, quando si ripeteva che se lui le avesse chiesto di restare, lei lo avrebbe fatto all’istante, si sostituirono la rabbia e l’impotenza, per quel suo atteggiamento infantile e per l’ostinato mutismo, che era, peraltro, perfettamente in linea con il suo carattere.
Ryo, se non poteva sparare ai suoi problemi, li aggirava, li eludeva, li condannava all’oblio.
Ed era quello che stava facendo con lei: Kaori era diventata un problema a cui, ovvio, non avrebbe mai potuto sparare.
 
In ogni caso, in quel periodo, la ragazza trascorreva gran parte del suo tempo con Akira, e oltre al passato i due avevano iniziato a parlare anche del prossimo futuro insieme, e anzi un giorno lui le aveva comunicato che, dopo il matrimonio, aveva intenzione di ritornare negli Stati Uniti, dove aveva la maggior parte dei suoi affari, e che sarebbero potuti andare ad abitare a New York, così d’avere vicino Sayuri.
Quell’annuncio era stato un duro colpo per Kaori, che aveva sentito lo stomaco attorcigliarsi, ma non aveva detto niente al suo fidanzato.
Avrebbe dovuto lasciare il Giappone e i suoi amici, che rappresentavano ormai la sua famiglia.
In particolare le dispiaceva immensamente separarsi da Miki, la quale, da che era iniziata tutta quella storia, solo una volta l’aveva presa in disparte e le aveva chiesto, fermamente:
 
“Kaori, sei sicura di quello che fai?” e quando le aveva risposto altrettanto fermamente di sì, non aveva aggiunto altro.
 
L’ex mercenaria era la testimone più o meno silenziosa della crisi che si stava consumando fra i due sweepers, e non aveva più consigli da darle.
A volte i buoni amici devono anche saper tacere, e Kaori le era grata per questo, perché non aveva in nessun modo provato a dissuaderla.
Questa sua prova di amicizia era stata molto importante per lei.
Le piangeva il cuore al pensiero di doverla lasciare, ma lei avrebbe sempre rappresentato un legame con Ryo, e se voleva dare un taglio con lui e con la sua vecchia vita, sarebbe stato meglio allontanarsi anche da Miki.
Avrebbero potuto continuare a sentirsi, però, lei e la bella barista, e se questa, un giorno, avesse voluto andarla a trovare in America, non le sarebbe restato altro da fare che prendere il primo aereo e raggiungerla al di là dell’oceano; almeno lei non aveva paura di volare, come Ryo…
 
Alla fine dover rinunciare alla sua amica era ben poco sacrificio, in confronto alla vita che l’aspettava accanto ad Akira.
Lui le aveva proposto di riprendere gli studi e lei non vedeva l’ora.
Sì, quei sacrifici erano necessari in vista di un futuro migliore, si era convinta la sweeper.
 
Ma l’episodio che l’aveva spinta a lasciare, prima del tempo, quella che considerava da sempre casa sua, era avvenuto un giorno, proprio quando rientrando prima del solito, nel pomeriggio, aveva sorpreso Ryo nel soggiorno parlare animatamente con Mick, il quale gli stava giusto dicendo:
 
“Te lo ripeto per l’ennesima volta, non puoi lasciare che se ne vada senza che le parli, che le spieghi cosa provi per lei.”
 
“Angel, non insistere! Io, quello che dovevo dirle, gliel’ho detto, nulla di più e nulla di meno. Se ha deciso di andarsene, buon viaggio, non sarò di certo io a trattenerla!” aveva risposto Ryo.
 
“Bene, finalmente so cosa pensi in realtà di tutta questa faccenda” aveva esordito Kaori palesandosi.
 
La sua apparizione inattesa, ma molto di più le sue parole, avevano fatto sussultare i due uomini.
Mick, che era saltato su dal divano in cui si era agitato fino ad un minuto prima, come fosse stato punto da una tarantola, vedendo l’amica scura in viso e con un’aura terribile intorno, aveva salutato in fretta e furia, e se l’era data a gambe.
Il biondo non voleva assistere a quell’esplosione nucleare che, ne era certo, sarebbe scoppiata di lì a poco.
Ma appena i due sweeper erano rimasti soli, Ryo aveva subitaneamente perso la sua spocchia, e temendo l’ira funesta della socia si era inginocchiato, profondendosi in mille scuse.
Si aspettava da un minuto all’altro un martello di svariate tonnellate, un Kompeito smisurato, la trave della campana del tempio, ma nulla di tutto ciò era arrivato, perché Kaori se ne restava lì, senza muovere un muscolo, con gli occhi a terra; e col viso trasfigurato dalla rabbia e dal dolore, gli aveva infine chiesto:
 
“Quindi è questo ciò che provi?”
 
“Pe-perdonami Kaori, stavo scherzando, posso spiegarti… ah ah ah ah ” aveva iniziato a scusarsi lui ridacchiando a disagio; continuava ad aspettarsi la punizione divina che si sarebbe abbattuta su di lui e che stranamente tardava ad arrivare.
Allora aveva impugnato lui stesso uno dei martelli della socia e glielo aveva messo nelle mani.
Ma ancora la partner, immobile, continuava a rimanere inerte, non si decideva a reagire; e lui, sempre più stupito, e allarmato da quell’insolita mancanza di reazioni, temendo il peggio le aveva chiesto:
 
“Fo-forse preferisci il solito futon? Un bell’involtino e via giù dalla finestra, eh? Che ne dici?”
 
Lui si prodigava in suggerimenti, proponendole le solite punizioni corporali, con la fronte imperlata di finissime goccioline di sudore.
Ma lei, imperterrita, non si muoveva.
Però, ad un certo punto aveva detto:
 
“È questo … che devo pensare io?”
 
E di fronte al silenzio imbarazzato del socio, che al solito non era stato capace di spiccicare parola, la ragazza aveva interpretato quel suo mutismo come la conferma a ciò che aveva appena sentito poco prima. Infine, aveva lasciato la stanza senza strepito, senza punizioni divine, e soprattutto senza aggiungere altro.
 
Quella stessa sera aveva fatto le valigie e se ne era andata dall’appartamento; si era presentata a casa di Falcon e Miki e aveva chiesto ospitalità per i giorni che restavano fino il suo matrimonio.
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
A forza di piangere la sweeper si era assopita, accasciata al tronco del tiglio; si ridestò sentendo il rombo di una moto: era Naoko che, in sella alla sua Honda, sfrecciava via da lì per l’unica strada sterrata, lasciandola ancora una volta… sola.
 
A quel punto si alzò, sgranchendosi le ossa e spolverandosi i jeans; si fece forza e si diede un tono, aveva indugiato troppo a lungo nella disperazione.
Era arrivata l’ora di agire, doveva riprendere in mano il suo destino, perché era stanca di essere sempre in balia degli altri, addirittura in mezzo alle ripicche amorose di due ricconi che non si capivano più.
Promessa o non promessa, voleva andarsene da lì al più presto, e doveva assolutamente trovare un modo.
Chissà quando sarebbe tornata quell’anima tormenta di Naoko; aveva tutto il tempo di girare indisturbata per la villa.
 
Rinvigorita da questo nuovo entusiasmo, si diresse in casa, alla ricerca di un telefono, ovvia e più saggia prima mossa da fare; ma dovette arrendersi ben presto all’evidenza che non esisteva una linea fissa, e che l’unico cellulare che aveva trovato, seppur funzionante, dimostrava che lì non c’era campo.
Nulla da eccepire alla bella cantante, che aveva scelto il luogo giusto per isolarsi dalla frenetica vita che conduceva.
 
Quella villa era a tutti gli effetti una fortezza della solitudine, solitudine che iniziava a pesare a Kaori, abituata com’era a stare sempre in mezzo alla gente, a ridere, scherzare con chiunque; le mancavano perfino le litigate con il socio!
Non credeva che sarebbe mai arrivata a tanto.
 
In ogni caso, il suo spirito pratico l’aveva portata a cercare una lampadina da sostituire a quella fulminata della sua stanza; usare le candele aggiungeva un tocco teatrale alla sua prigionia, ma la luce elettrica era di gran lunga più pragmatica e meno scenografica.
 
Non disdegnò nemmeno una visitina alla grande e lussuosa cucina, forse una delle poche stanze di tutta la casa che avrebbe fatto la sua felicità: amava cucinare, e con un angolo cottura così spazioso e super accessoriato, avrebbe potuto spadellare allegramente per i suoi amici…
Si bloccò di colpo.
 
Quando sarebbe stata la moglie di Akira, avrebbero avuto sicuramente una cuoca personale, o una governante che avrebbe pensato a tutto, e lei si sarebbe annoiata a morte, ma non solo… per quali amici avrebbe mai potuto cucinare?
Per i suoi che lasciava in Giappone?
O per quelli che contava di farsi una volta negli Stati Uniti?
E come sarebbero stati questi?
Ricconi annoiati e viziati come la stragrande maggioranza, o alla mano come il suo Akira?
Lui però era un’eccezione, e non ostentava mai la sua ricchezza o il suo prestigio.
E poi… sarebbe stato decoroso che la moglie di un tycoon si mettesse ai fornelli a preparare ramen, udon o soba?
 
Scacciò questi pensieri oziosi, e si disse che ci avrebbe pensato al momento.
Nell’immediato doveva soddisfare la sua fame che, dopo quella semplice colazione all’occidentale, era tornata impellente.
Saccheggiò la dispensa e il frigo, che effettivamente piangevano miseria, e sperò che almeno per la cena la sua bionda carceriera le portasse qualcosa di più sostanzioso.
Se la cantante voleva tenere la linea perché aveva un’immagine da salvaguardare, a lei interessava di più la sostanza e l’alimentazione, che doveva essere di qualità e in quantità, e al diavolo Ryo quando la prendeva in giro dicendole che era ingrassata!
Sapeva benissimo che non era vero, tanto più che nei periodi di magra, e ultimamente capitavano fin troppo spesso, avevano sfiorato la fame.
E comunque Akira non si sarebbe mai permesso di farglielo notare, anche se fosse stato, perché era un gentiluomo, lui!
 
E dannazione!
Ryo riempiva sempre e comunque i suoi pensieri!
Si chiese se le sarebbe tornato in mente anche andando in bagno, e le venne da ridere da sola.
Sì, avrebbe trovato il modo di pensarlo anche in quel frangente, perché c’erano tantissimi aneddoti da ricordare legati a quelle specifiche esigenze corporali.
Scosse la testa divertita.
 
Magari sarebbe finita per fare la vita da signora, ma quello che aveva vissuto con lui, anche al limite del pudore, non sarebbe mai riuscita a dimenticarlo.
 
 
Dopo la perlustrazione della grande villa, Kaori passò all’esterno e percorse in lungo e in largo l’enorme giardino, che ad un certo punto diventava un vero e proprio parco monumentale di cui non riusciva a scorgere la recinzione; si scoraggiò.
Allora Naoko aveva detto la verità.
A piedi non sarebbe arrivata da nessuna parte, tanto più che non vedeva né un cancello, né un muro di contenimento.
C’era da credere che avrebbe camminato per ore solo per arrivare ai confini della proprietà, sempre se li avesse trovati; come punto di riferimento aveva solo quell’unica strada, da dove comunque Naoko l’avrebbe subito riacciuffata.
 
Si decise a tornare indietro, nel caso che la cantante fosse rincasata e non trovandola avesse… cosa?
Dato da matto?
Si sarebbe preoccupata?
Avrebbe creduto in una sua fuga?
Sospirò affranta.
 
Se il successo e la ricchezza dovevano portare così tanta inquietudine e insoddisfazione, preferiva rimanere la solita, umile, Kaori Makimura.
 
   
 
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