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Autore: _sweet    22/07/2020    1 recensioni
" (...) Gli direbbe questo, all'undicenne dai capelli color carota: non entrare nello stesso scompartimento di Harry Potter.
Non fermarti. Vai avanti.
A ripensarci adesso, con il senno di quel Poi che avrebbe dovuto avere Prima, era stato fin troppo facile diventare suo amico.
Se solo, il sé stesso di sei anni prima avesse deciso di proseguire oltre, ora non si troverebbe in quella situazione in cui non sa che cosa fare."
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Potter, Ron Weasley
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
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FACILE, TROPPO FACILE
 

 

Ron ha il respiro affannoso, i capelli bagnati incollati alle guance e la pioggia che gli piove negli occhi.
Ron ha diciassette anni e il vento che gli fischia nelle orecchie; soffia e lo chiama con la voce di lei, ma lui lo sa che è solo il suo desiderio in vena di scherzi.
Ron ha la bacchetta stretta in mano e spera che il fitto degli alberi non nasconda nuovi Ghermidori pronti all’attacco. Lo spera perché le sue dita tremano e non sa se per la paura di trovarsi senza di loro, per il freddo della sera o per la vergogna che gli arrossa le orecchie.
È stanco, ha una fame tremenda della cena di sua madre e un cerchio freddo al centro del petto, lì dove il metallo di quel dannato medagliane gli si è incollato alla pelle.
Magari è la pioggia, magari è il buio che vede attorno, magari è la voglia di riscaldarsi davanti alle fiamme azzurre nel barattolo della marmellata; qualunque sia il motivo, Ron vuole tornare indietro e non sa come fare.
Si sistema meglio lo zaino sulle spalle e gira su sé stesso.
In quei pochi secondi in cui il respiro gli si blocca in gola pensa che, molto probabilmente, quella è l’unica occasione che ha per cambiare le cose.
Si tratta di un attimo, il tempo di una Smaterializzazione appena sopra il livello della bocciatura, ma il pensiero c’è stato e non può essere ignorato.
 
Se solo, quel primo settembre di sei anni prima, non si fosse fermato proprio in quello scompartimento, ora si troverebbe in un morbido letto a baldacchino con la pancia bella piena.
La pioggia cadrebbe con la stessa insistenza e i tuoni rimbomberebbero ugualmente tra le nuvole, ma ci sarebbe il vetro della finestra a fermare le gocce e le lenzuola tirate fin sopra la testa per smorzare il rumore.
Se solo, il sé stesso di sei anni prima avesse deciso di proseguire oltre, ora non si troverebbe in quella situazione in cui non sa che cosa fare.
Eccolo, l’ammonimento che griderebbe a quel ragazzino con le lentiggini e un topo che vorrebbe imparare a colorare di giallo; trascina il baule ancora un po’ e non guardare a destra. Lo so che è pesante, quel baule dalla pelle sbucciata agli angoli e le iniziali di Charlie ancora evidenti sul coperchio, ma puoi resistere per un altro metro. Un metro che farà la differenza; credimi. Io lo so che quei pochi passi sono importanti.
Gli direbbe questo, all’undicenne dai capelli color carota: non entrare nello stesso scompartimento di Harry Potter.
Non fermarti. Vai avanti.
Invece era entrato nello scompartimento di quell’Harry giovane e spaventato esattamente come lui, con gli occhi verdi che non sapevano bene che cosa guardare da dietro le lenti degli occhiali.
A ripensarci adesso, con il senno di quel Poi che avrebbe dovuto avere Prima, era stato fin troppo facile diventare suo amico.
E non erano state le Cioccorane condivise o le Gelatine appena assaggiate a rendere il tutto così facile, no. Era stato semplice perché lui, Ronald Weasley, non si era sentito secondo a nessuno per la prima volta nella sua vita; Harry non sapeva niente di squadre di Quidditch o collezioni di figurine magiche, non sapeva niente del Ministero della Magia o degli scacchi magici e lui si era scoperto più che disponibile a rispondere alle sue domande.
Ti sentirai importante, lo so, ma lo sarai solo per poche ore. Credimi.
E poi, erano arrivati a Hogwarts e lui aveva capito quanto fosse stato stupido.
Essere il migliore amico del Ragazzo Che È Sopravvissuto si era rivelato difficile già mentre scendevano in quella dannatissima botola sorvegliata dall’ennesimo mostro allevato da Hagrid.
Era stato Harry a prendere la pietra filosofale ed evitare il ritorno di Tu-Sai-Chi, era stato Harry a ricevere i doni degli ammiratori mentre lui cadeva a peso morto su quella scacchiera che assomigliava tanto a un cimitero. Naturalmente non era morto e anche quando Silente, al banchetto di fine anno, aveva assegnato una bella quantità di punti alla partita che aveva permesso – era facile dimenticarlo, vero? ─ agli altri due di continuare, Harry ne aveva guadagnati dieci in più.
Ron non era stato geloso, davvero.
Aveva solo sentito una leggera punta di fastidio alla bocca dello stomaco e il bignè alla crema che aveva morso gli era sembrato un po’ meno buono del solito.
Solo questo, lui non era stato geloso perché in fondo Percy gli aveva battuto compiaciuto una mano sulla spalla e sua madre lo aveva abbracciato con lacrime d’orgoglio.
Avrebbe dovuto capirlo già quella sera che la situazione non sarebbe potuta migliorare, che lui sarebbe stato sempre un passo indietro, come quando si era trattato di scendere nella Camera dei Segreti a recuperare il corpo di Ginny.
Miseriaccia, era sua sorella! Avrebbe dovuto lasciare Allock con il cervello danneggiato e affondare la lama della spada nel corpo del Basilisco; invece se ne era rimasto a togliere i massi caduti dal soffitto per creare un passaggio e, di nuovo, il Vero Grifondoro non era risultato lui.
Forse, quella volta, un pizzico di gelosia l’aveva provata.
Ma solo perché Ginny le era passata accanto ignorando le sue domande ed era stato azzittito da un cenno dell’amico. Certo, l’aveva fatto solo per il bene di lei, ancora traumatizzata dall’essere stata quasi uccisa dal ricordo ti Tom Riddle, ma non gli era comunque piaciuta quella sua intromissione.
Aveva la divisa sporca di sangue misto a fango e una fenice appollaiata sulla spalla; lui poteva vantare soltanto alcuni graffi sulle mani misti a qualche unghia scheggiata e l’entusiasmo dei codardi che sanno aspettare l’eroe di ritorno con la vittoria in tasca.
La spada ce l’ha Harry; non sei tu il Grifondoro tanto degno di brandirla.
E nonostante la fitta di fastidio che lo aveva colpito alla gamba già ferita l’anno dopo, alla scoperta del viaggio nel Passato che Hermione aveva volutamente fatto ignorando la sua compagnia – perché poteva rivelarsi utile anche con il gesso e il piede fasciato ─ aveva accolto Harry nella sua famiglia, dividendo con lui l’unica cosa che non avrebbe mai potuto avere.
Ma, anche senza occhi azzurri e capelli rossi, anche lui aveva finito per compiere cose sempre più importanti di lui e quando la spilla da Prefetto era caduta dalla sua lettera da Hogwarts Ron aveva esultato, dopo un secondo di smarrimento, nello scorgere le pagliuzze della gelosia in quelle iridi tanto diverse dalle sue.
Solo per poco, solo il tempo di deglutire la sorpresa di essersi visto di più.
Ricordava i capelli cespugliosi di Hermione, proprio quando iniziava a vederci dentro delle sfumature più chiare che prima era sicuro non ci fossero, entrare nella stanza in un turbine di elettricità. Ricordava i suoi occhi castani – ma erano sempre stati così grandi? ─ dilatarsi di gioia nel guardare lui e, poi, riempirsi di stupore nell’incontrare il celeste dei suoi.
Perché Hermione non si aspettava la P sulla divisa di Ronald.
Perché nessuno, in effetti, se l’aspettava.
Non sederti, vai avanti e ignora Potter e la sua famosa cicatrice.
Se solo l’Espresso avesse ospitato un po’ meno studenti, quel settembre che aveva cambiato la sua vita, si sarebbe affacciato allo scompartimento di Neville o di Dean o di chiunque altro coetaneo con cui, magari, l’amicizia non sarebbe risultata così facile all’inizio, ma molto più semplice dopo.
Chissà, forse non sarebbe stato costretto a rischiare di morire in groppa a un animale volante che non poteva nemmeno vedere, forse avrebbe evitato l’attacco dei cervelli nell’Ufficio Misteri, forse non sarebbe stato costretto a bere già troppe volte l’intruglio poco gradevole della Pozione Polisucco e, forse, sarebbe potuto restare fino alla fine del matrimonio di Bill e Fleur.
Se ne era andato senza il tempo di un ultimo saluto, senza sapere in che pasticcio si stesse ficcando con Horcrux e cose che non si sapevano ma si dovevano conoscere.
Ron si vedeva sul serio seduto al tavolo della Sala Grande, a scuotere il capo innanzi alla guerra di cui leggeva sulla Gazzetta del Profeta ogni mattina con il gomito che sfiorava quello di Ginny.
C’era anche Hermione in quella realtà che non poteva semplicemente essere (Non fermarti. Non sederti.); ripassava per la lezione di Trasfigurazione con il libro appoggiato alla caraffa di succo di zucca e sospirava affranta ascoltandolo leggere di un Governo sempre più in balia del Signore Oscuro.
E non importava un granché, in quella realtà che era solo sogno e possibile destinato a rimanere impossibile, se Hermione era una Nata Babbana e non avrebbe potuto frequentare la scuola.
La Guerra l’avrebbero sentita anche dentro le mura della Hogwarts della sua fantasia, ma sarebbe stata una guerra che si sarebbe potuta combattere restando nelle retrovie, senza la necessità di essere i primi della fila.
Se Ron non si fosse seduto nello stesso scompartimento di Harry Potter, Harry l’avrebbe conosciuto come si conosce qualcuno con cui dividi una Sala Comune tutti i giorni dell’anno scolastico e gli sarebbe stato anche simpatico e l’avrebbe invitato lo stesso alla Finale della Coppa del Mondo.
Solo, non sarebbe stato il suo migliore amico.
Ma alla fine, Ron si era seduto in quello scompartimento e aveva sorriso al nome del suo compagno di viaggio.
Harry aveva sorriso, aveva comprato dolci per entrambi e la bocca gli si era spalancata di confusione al Silente della sua prima figurina che si grattava la punta del lungo naso. Ed era stato così facile e leggero e bello sentirsi suo amico, che Ron non aveva pensato alle difficoltà che sarebbero scaturite da quelle risa innocenti.
E comunque, lui non era mai stato molto bravo a capire al volo le cose.
Per come era fatto, l’Ippogrifo doveva passare una o due volte, spesso anche tre, prima che la sua testa recepisse il messaggio.
Non sederti. Vai avanti.
Ma alla fine, Ron si era seduto e ora era un po’ troppo tardi per cambiare ciò che era stato e che, sul serio, era poi tanto sicuro di voler modificare?
Essere il migliore amico di Harry era facile anche in quel momento, quando quello che rispondeva alle sue domande era lui e gli scacchi magici erano infilati a forza nella borsetta di perline.
Era difficile ma facile e bello e leggero e loro erano solo tre ragazzini a caccia di pezzi di Voldemort e il tempo per tirarsi indietro era finito sulle rotaie di quel lontano settembre, alla stazione di King’s Cross.
Perché Ron, alla fine, si era seduto e parlare con Harry era venuto naturale, sin da subito.
Continua a camminare. Non fermarti.
Si era seduto e non poteva più alzarsi dal posto che aveva occupato a soli undici anni.
 
Ron vede il proprio respiro ghiacciarsi davanti al viso in una nuvola appena più chiara della notte.
Il peso del Deluminatore, nella tasca interna del cappotto, è caldo e confortevole.
Ha scoperto a sue spese che non serve solo ad accendere e spegnere le luci provocando un improvviso scoppio d’ira in Hermione; l’argento di cui è fatto lo ha guidato dove voleva essere.
Ron scorge Harry inseguire un animale argentato che non riesce bene a distinguere dalla sua posizione e aggrotta le sopracciglia, dubbioso, quando inizia a sfilarsi a uno a uno gli strati di vestiti.
Rimane fermo con la schiena appoggiata al tronco di un albero per minuti che non sa contare; capisce solo che sono troppi e Harry non riemerge dalla superficie del laghetto gelato.
«Per tutti i calzettoni di lana di Merlino, Harry!» Soffia tra i denti mentre si toglie le scarpe, «tu e il complesso dell’eroe! Chi devi salvare, a quest’ora?»
L’acqua è più fredda di quanto avesse immaginato in un primo momento, ma Ron non si ferma a trasalire a quel contatto.
Afferra Harry per la vita e si accorge a malapena dell’elsa incastonata di rubini della spada di Godric Grifondoro.
Ron non pensa che, finalmente, anche lui ha mostrato il coraggio che aveva tanto invidiato all’amico dodicenne perché tutte le sue energie sono concentrate sul petto di Harry, che si alza e abbassa frenetico in respiri affannosi.
Ron lo guarda e sa di essere arrivato secondo anche quella volta. Lo sa e gli va bene così.
È stato facile buttarsi a salvare Harry, forse lo è stato troppo …non ha riflettuto sulle conseguenze di quel gesto avventato; sarebbe stato difficile farlo.
Facile come essersi seduto su quello scompartimento, facile come le estati che avevano passato alla Tana a giocare a Quidditch e facile come l’affetto che provava per lui.
 
Non fermarti. Non entrare.
 
Facile, troppo facile.
«Quel posto è occupato? Il treno è pieno zeppo…»
 

 

ANGOLINO DELL’AUTRICE
Solo per ricordare che Ron è l’amico perfetto, quello che c’è sempre per Harry (o comunque, al meglio delle sue capacità) e che lo sostiene anche nelle idee più assurde (vedesi il fantomatico Duello di Mezzanotte).
Ron è un ragazzo profondamente insicuro e che pensa costantemente di non essere all’altezza degli altri, a partire dall’interno della sua famiglia per poi arrivare a scuola e, diciamolo pure, essere il migliore amico del Prescelto non è stato certo un toccasana per la sua autostima.
A conti fatti, essere amico di Harry non doveva essere una cosuccia da niente eppure Ron c’è riuscito.
 
Ecco, solo qualche parola dedicata a uno di quei personaggi che ho rivalutato nel corso negli anni perché il “Toh, Ron è proprio bellino!” per me, purtroppo, non è arrivato subito.
L’intento era quello di mostrare un po’ quelle contraddizioni che sono parte della sua amicizia con Harry e che, forse, concorrono a renderla così facile e vera.
Non dimentichiamo l’ironia meno buffa della storia: Harry e Ron vedono riflessi, nello specchio delle Brame, i loro desideri che altro non sono se non le vite di quello che sta loro accanto; Harry vuole la famiglia che ha Ron e Ron un briciolo della fama che ha Harry.
Spero di essere riuscita un minimo nell’intento,
grazie a chi si è fermato a leggere!!!
 
 
 
 
   
 
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