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Autore: AlexSupertramp    22/07/2020    8 recensioni
Dopo aver saputo della relazione tra Hayama e Fuka, Sana decide di sparire e non tornare più a scuola e tutto quello che succede nel manga/anime non accadrà mai, compresa la famosa dichiarazione in TV di Kamura. Dopo quattro anni Akito ritrova una lettera di Sana, la stessa lettera che lei scrive durante le riprese de "La villa dell'acqua".
Cosa c'è scritto e cosa è successo in questi quattro anni? Riusciranno Sana ed Akito a ritrovarsi dopo così tampo tempo?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Naozumi Kamura/Charles Lones, Sana Kurata/Rossana Smith | Coppie: Akito/Fuka, Naozumi/Sana, Sana/Akito
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 7
 

La tempesta perfetta
 
 
Il tempismo di Tsuyoshi nel chiedere ad Akito di accompagnarlo a comprare un regalo per il compleanno di sua sorella era stato veramente impeccabile. Non aveva lasciato spazio di replica al suo amico il quale, malauguratamente, quel giorno non aveva davvero nulla da fare. Nemmeno un misero allenamento o una corsa intorno al perimetro della città. Niente di niente. Affranto da quel pomeriggio completamente libero, si era visto quasi costretto ad accompagnarlo, soprattutto dopo che Tsuyoshi gli aveva ricordato delle innumerevoli volte in cui era stato lui ad accompagnarlo a comprare – e a scegliere – un regalo per Fuka.
Il contesto gli riportò alla mente la sua relazione con quella ragazza che ormai era completamente fuori dalla sua vita. In effetti sentiva la sua mancanza ma sapeva perfettamente che quel sentimento non aveva nessun secondo nome, l’aveva capito a spese di più di una persona o forse lo aveva sempre saputo. Stava di fatto che trovava perfettamente normale che gli mancasse, così come invece trovava anomala la terribile mancanza che aveva sempre sentito di Sana.
«Che ne dici di questo? Mi sembra vada di moda tra le ragazzine», gli domandò Tsuyoshi sventolandogli in faccia una specie di robottino rosa. Akito guardò quell’affare con un’espressione stranita: «E questo cosa sarebbe?»
«A quanto pare serve a registrare ed inviare brevi messaggi. Non so in che modo funzioni ma pare ce l’abbiano tutti».
Akito alzò le spalle disinteressandosi completamente all’argomento una volta scoperta la natura dell’oggetto. «Potresti essere più originale» commentò voltando le spalle a Tsuyoshi e dirigendosi verso lo scaffale delle bambole. «Senti chi parla, se fosse stato per te a quest’ora Fuka conserverebbe un’intera collezione di riviste sul karate.»
«Beh non sarebbe stato affatto male», si limitò a dire a voce bassa, noncurante della possibilità che Tsuyoshi non lo avesse nemmeno sentito. Poi la sua attenzione fu catturata da un oggetto disposto sullo scaffale proprio all’altezza dei suoi occhi, una bambola con i capelli rossi raccolti in due buffe code e un microfono stretto nella mano di stoffa. Pensò di essere stato preso di mira da una sorta di delirio di persecuzione e si domandò se fosse umanamente possibile vedere una persona in qualsiasi cosa, animata e non, gli si palesasse davanti.
«Assomiglia a Sana vero?» Tusyoshi pareva quasi gongolare, mettendo in secondo piano il motivo principale della loro presenza in quel negozio.
«Può darsi.»
«Mi dispiace che alla gita venga anche Kamura. Non sono riuscito a dirle di no…»
Akito rimase immobile davanti a quella bambola infilandosi le mani in tasca per poi voltarsi dalla parte opposta allo sguardo del suo amico.
«Dovresti parlarle sai?»
«Ti hanno mai detto che sembri un disco rotto?» Hayama cominciava a sentirsi decisamente infastidito da quei discorsi sempre uguali. Erano anni che il registro non cambiava.
«Se te lo dico è perché sono tuo amico e ti voglio bene. Penso che tu stia facendo una sciocchezza a lasciar correre le cose in questo modo.»
Ma Akito ne aveva davvero abbastanza e così sventolò una mano in faccia al suo amico allontanandosi da quel maledetto scaffale.
«Ehi dove credi di andare?»
«A casa», lo informò brusco uscendo dal negozio senza nemmeno voltarsi. Tsuyoshi sbuffò rilassando le spalle e continuando a tenere stretto il robottino per sua sorella. Lo portò davanti al viso scrutandolo con attenzione «E tu robottino, non pensi anche tu che Akito sia uno sciocco orgoglioso?» domandò per poi sentirsi immediatamente uno stupido per essersi ridotto a chiedere l’opinione di un ammasso di plastica rosa.
Hayama si sentiva frustrato e anche decisamente arrabbiato. Non riusciva a capire perché non potesse starsene semplicemente per gli affari suoi e avere il tempo necessario per pensare. Gli sembrava che tutto dovesse finire da un giorno all’altro e che se non si fosse mosso in tempo il mondo gli sarebbe crollato sulle spalle. Era una questione di tempistiche, quasi sempre sbagliate, ma comunque di tempistiche. Semplicemente non si erano mai trovati nel famoso posto giusto al famoso momento giusto e gli sembrava così complicato fare in modo che questo succedesse. Pensava di essere riuscito a smettere di pensare a quelle questioni e che, Fuka o no, la sua vita avrebbe preso la sua direzione consapevole del fatto che lei non vi avrebbe mai fatto parte. Era una cosa che aveva iniziato ad accettare nonostante la vedesse un po' ovunque. E comunque aveva iniziato ad accettare pure quello, imparando a conviverci rassegnato ancora una volta al fatto che lei nella sua vita avrebbe ricoperto sempre il ruolo di una specie di fantasma onnipresente. Tutto questo prima di trovare quella lettera in soffitta – parlando di tempistiche, quello era stato il caso che aveva confermato la teoria -  e che lei ripiombasse nella sua vita a peso morto, occupando un posto così ingombrante quanto invece non lo fosse quel banco disposto a poco più di un metro di distanza dal suo. Eppure non era una semplice presenza in classe, non lo era mai stata. Sana era sempre stata molto di più, anche prima che lui se ne accorgesse. Il problema era dirglielo e anche a quel pensiero si rese conto nuovamente di quanto il destino fosse crudele. Lui non era avvezzo alle parole, per una serie infinita di motivi, e lei non era avvezza a comprendere le sfumature del linguaggio non verbale. Non era solo il tempo ad andare contro di loro, ma anche la loro stessa natura perché per quanto potesse essere palese la profondità del loro legame, era altrettanto evidente il fatto che fossero totalmente incapaci di gestirlo se non battibeccando continuamente. Paradossalmente la paura di un rifiuto era davvero in fondo alla lista di quei motivi. Lui si vergognava, si sentiva tremendamente in imbarazzo e in più era orgoglioso, un sentimento davvero complicato da gestire e che spesso e volentieri prendeva le redini della sua vita, facendogli fare la prima cosa che gli passava per la testa. L’orgoglio era sempre stato uno scudo per lui, per non piangere quando Natsumi lo insultava perché troppo piccolo per poter preparare la cena al suo posto e lasciarla giocare con le amiche oppure quando suo padre non gli faceva nemmeno gli auguri al compleanno. L’orgoglio era sempre stata la sua risposta a quegli avvenimenti troppo duri da affrontare a soli cinque anni, pensava che c’erano solo due modi di reagire: piangere o mandarli al diavolo. E aveva sempre scelto il secondo, semplicemente perché lui era fatto così e non perché qualcuno aveva permesso che lo diventasse. Poi si era indurito con il tempo, facendo di quel suo aspetto caratteriale non solo una difesa ma anche un’arma d’attacco. Se lanci prima tu la pietra forse l’avversario scappa e non cercherà di colpirti.
Naturalmente fino all’arrivo di Sana nella sua vita. L’unica a tenergli testa, l’unica a non essersi arresa andando al di là delle semplici apparenze, la prima ad averlo fatto sentire a casa e l’ultima con la quale lui desiderava sentirvisi.
Quel turbinio di pensieri e riflessioni aveva completamente catturato la sua attenzione impedendogli di rendersi conto dove le sue gambe lo stessero portando quasi per inerzia. Aveva lasciato Tsuyoshi alle prese con il regalo per la sua sorellina e un po' si sentì in colpa per averlo abbandonato così senza nessun motivo logico. D’altronde era pur vero che Tsuyoshi conosceva molto bene i suoi punti deboli e puntualmente glieli spiattellava davanti. Cominciò a pensare che il suo amico, apparentemente pacifico, avesse un lato sadico che mostrava solo a lui.
«Hayama?»
Lui alzò la testa dall’asfalto che sembrava essere diventato così interessante, tanto da aver catturato il suo sguardo per tutta la durata di quella marcia senza meta. Finalmente si rese conto di dove fosse, un quartiere residenziale fatto di case, alberi, cortili circondati da muretti e cancelli in ferro battuto, persone random e Sana Kurata.
«Sana?»
La sua sorpresa fu talmente inaspettata che le labbra pronunciarono d’istinto il suo nome senza nemmeno pensare alla sua consueta abitudine di rivolgersi a lei usandone quasi esclusivamente il cognome.
«Che ci fai qui?» chiese lei sorpresa, stringendosi nel cappotto.
«Cosa? Ma che domanda è? Sto camminando…» rispose lui un po' infastidito. Insomma quella città non era mica sua, perché diavolo era così sorpresa di trovarlo lì.
«Ma ti sei reso conto di dove sei?»
Akito si guardò rapidamente intorno riconoscendo subito due o tre punti familiari che gli permisero di capire all’istante dove le sue gambe lo avessero portato. Per inerzia.
«Ah… ci sono finito per caso», si giustificò lui leggermente imbarazzato. Insomma, che diavolo ci faceva davanti il cancello della villa di Sana? Decise che mai più si sarebbe messo a riflettere per strana perdendo il controllo delle sue stupide gambe.
«Mh. Vuoi fare una passeggiata?»
Lui alzò le spalle e lei capì che quello, nella lingua di Akito Hayama, voleva dire sì.
«Che cosa stavi facendo?» chiese lei mentre camminavano distrattamente per le strade affollate di Tokyo.
«Ero con Tsuyoshi, doveva comprare un regalo per il compleanno di sua sorella.»
«Oh davvero? Quindi è il suo compleanno, le telefonerò e le farò gli auguri», disse lei saltellando e sorridendo felice al pensiero di distribuire un po' di gioia alle persone intorno a sé. Lui la guardò perplesso domandandosi davvero da dove prendesse sempre tutta quell’allegria.
«E che cosa le ha regalato?»
«Un robottino rosa… credo.»
«In che senso credi?»
Hayama si voltò leggermente dalla parte opposta abbassando il tono della voce nel fornirle la risposta: «Non posso esserne certo perché me ne sono andato!»
«Ma perché?»
«Perché mi ero annoiato», disse lui, sentendo nuovamente quel senso di colpa riaffiorargli in petto.
«Ma quand’è che cambierai atteggiamento?» Sbuffò poi lei, incrociando le braccia al petto ma continuando a camminare accanto a lui.
«Non è colpa mia se certe cose mi annoiano.»
«Beh potresti fingere ogni tanto, almeno per il tuo migliore amico»
«Non è nelle mie corde», disse secco, difendendo come sempre il suo dissenso verso le bugie sotto qualsiasi forma.
«Mh.»
«Cosa?»
«Niente. Pensavo che in fondo sei sempre stato sincero, nonostante tutto. Ti ricordi quando hai cercato di strangolarmi?» Domandò lei ridendo, come se quell’avvenimento non avesse mai avuto nessuna connotazione negativa. Lui la guardò sorprendendosi della felicità con cui trattava quel ricordo.
«Lo trovi divertente?»
«Non sto ridendo, sorrido perché pensare a quel ricordo mi riporta indietro nel tempo e mi fa ricordare tante cose», disse continuando a sorridere felice. Akito rimase alquanto perplesso perché per lui quello non era affatto un ricordo felice. Ripercorse brevemente la sua carriera di bullo incallito, dalle minacce ai ricatti fatti ai loro professori, fino a ricordare perfettamente il momento appena descritto da Sana. Lui che le stringeva le dita al collo, cercando di fermare i suoi tentativi di farsi largo nella sua esistenza.
«E ti rende felice?»
«Beh se ci pensi, è lì che è iniziato tutto. Certo avresti potuto evitare di fare certe cose ma, allo stesso tempo, se non l’avessi fatto noi non saremmo qui», constatò tranquilla. Hayama non si era preparato alla possibilità che loro due affrontassero dei ricordi insieme, in effetti si aspettava che quella passeggiata terminasse con il solito litigio fatto di parole pungenti lanciate come giavellotti l’uno verso l’altro, cosa che effettivamente poteva ancora accadere, ma non di certo si aspettava quello. Considerando anche il fatto che la loro ultima conversazione si era conclusa con lei che gli chiedeva della “sua ragazza” e lui che la abbandonava alle sue equazioni, furioso per l’argomento trattato. Si sorprese che quel pomeriggio invece, Sana sembrava così tranquilla.
«Già.» Breve e poco intenso, ma pur sempre qualcosa.
«Mh, Hayama…»
«Cosa?»
«Grazie per l’aiuto che mi dai a scuola. Senza di te non avrei capito un bel niente.»
«Questo lo so bene.»
«Ehm, ecco in questo caso sarebbe stato meglio fingere, per esempio.» Sana accompagnò quella battuta con una smorfia imbronciata sul viso, proprio non riusciva a capire perché Hayama non riuscisse ad essere più carino e dolce con lei. Poi si sorprese immediatamente per quel pensiero, arrossendo di conseguenza.
«Che ti prende?»
«Niente. Adesso devo andare, ho un servizio fotografico e sono già in ritardo.»
«Certo, capisco.»
Hayama si sentì improvvisamente triste, non riuscendo a capirne realmente il motivo. Insomma Sana non stava partendo per il fronte, si sarebbero rivisti il mattino seguente alla stazione per andare insieme ad Hakone, eppure si sentì vuoto. Probabilmente perché quella conversazione gli era piaciuta, vederla sorridere in sua compagnia gli era piaciuto ed il fatto che quel breve momento fra loro fosse già finito lo rese subito triste.
«Hayama, ci vediamo domani?» disse lei battendo le mani davanti al suo viso in trance.
Lui sussultò.
«Vedi di non fare tardi Kurata, che non ho voglia di perdere il treno per colpa tua», la sua risposta sarcastica aveva il disperato tentativo di mascherare il suo essere assolutamente distratto di quel giorno.
«Certo che no, ho già tutto pronto.» Rispose lei con un sorriso, agitando una mano per salutarlo. Eh sì, quel pomeriggio gli era decisamente piaciuto.
 
***

«Bene, credo di aver preso tutto.»
Sana si trovava in piedi davanti al suo letto dove si riversavano vestiti e cianfrusaglie alla rinfusa che, in teoria, avrebbe dovuto portare l’indomani alla gita ad Hakone. In realtà il fatto di aver detto ad Hayama di essere pronta non corrispondeva proprio alla verità, lei era pronta ma non si poteva dire la stessa cosa della sua valigia, a giudicare dalla confusione della sua stanza.
Mise un indice sotto il mento guardando l’ammasso caotico di vestiti dinanzi a lei «Forse dovrei portare qualcos’altro. Oh, non sono affatto soddisfatta» si lamentò brontolando a voce alta.
Il suono del suo cellulare la distolse dal conteggio di abiti e costumi che stava cercando di fare.
«Sana, sei pronta? Io non vedo l’ora di partire» la voce di Hisae rispecchiava totalmente quello che doveva essere il suo stato d’animo.
«Certo, ho messo già tutto in valigia. Ho portato tre costumi, due maglioni pesanti, quattro paia di jeans e una quantità sufficiente di cioccolato per sfamarci durante la nostra nottata insieme», disse allegra lanciandosi sul letto nel bel mezzo di quell’assurda confusione.
«Ehm, non hai portato nulla di carino?»
«Carino? In che senso?»
«Qualcosa di carino, di molto corto e stretto. Ce l’hai vero?» chiese Hiase un po' titubante.
«Mm, credo di sì. Ma non capisco a cosa dovrebbe servirmi», Sana sentì la sua amica sbuffare al telefono. «Andiamo Sana, domani sera ci sarà una festa organizzata dall’hotel in cui alloggeremo. Non vorrai dirmi che ci verrai con un maglione e un paio di jeans?»
«Una festa? Non ne sapevo niente». La risposta di Sana fu laconica come se la sua amica le avesse detto qualcosa di assolutamente alieno ed estraneo. Immaginò lo scenario, l’hotel addobbato a festa, la musica e tutto ciò che ci si aspetta da una festa e le venne un moto di agitazione.
«Se tu fossi più presente lo sapresti, dove hai la testa? Te l’abbiamo detto ieri durante la pausa pranzo»
«Beh, scusami. Ieri è stata una giornata difficile» si giustificò lei, ripensando rapidamente agli eventi del giorno prima. In effetti la breve passeggiata con Hayama non aveva minimamente contribuito a riportarle alla mente la loro precedente conversazione, nonostante lui ne fosse addirittura protagonista. Si sorprese del fatto di aver ripreso quel flusso di pensieri, riportando alla mente il viso spaesato della nuova amica di Akito. Amica poi, da quand’è che Hayama aveva delle amiche?
«Poco importa, metti qualcosa di carino in valigia e tieniti pronta. Ci divertiremo un mondo» e attaccò la telefonata, lasciando Sana un po' preoccupata.
Tutto sommato era contenta di quella festa, lei adorava le feste e il pensiero di trascorrere una serata divertente con i suoi amici dopo anni passati lontani la riempiva di gioia. Ma, perché c’era un ma ed era anche bello grosso, si ricordò improvvisamente che proprio la sera della festa l’avrebbe raggiunta Naozumi e, non seppe spiegarsi il perché, ma fu invasa da un improvviso senso di disagio al pensiero di dover affrontare la presenza del suo ragazzo in uno spazio in cui era contemplata anche la presenza di Akito Hayama.
 
***

Tsuyoshi e Aya erano arrivati in perfetto orario ed entrambi si chiedevano se il resto della compagnia avrebbe fatto altrettanto visto che il loro treno sarebbe partito di lì a pochi minuti. In una manciata di secondi furono raggiunti da Hisae, Mami e Gomi, infine da Akito.
«Ragazzi, manca solo Sana e il treno sta per partire», constatò Hisae un po' in ansia. Il ritardo che accompagnava costantemente Sana era qualcosa alla quale erano più che abituati ma, vista l’occasione, si aspettavano di non doverla aspettare a lungo e, soprattutto, di non essere costretti a prendere il treno successivo.
Hayama guardò l’enorme orologio al centro della stazione che batteva il tempo con delle lunghe lancette di ferro. Pensò che a quel punto, vista la probabilità quasi certa di dover ritardare il loro viaggio, avrebbe potuto continuare a dormire ancora un po'.
«Eccomi, ci sono», urlò Sana a qualche metro di distanza, correndo nella loro direzione. Akito la osservò sollevando un sopracciglio mentre la ragazza si affannava a raggiungerli nel minor tempo possibile.
«Scusatemi, ma la sveglia…» Si giustificò con un sorriso imbarazzato.
«Non preoccuparti, siamo ancora in tempo per prendere il nostro treno», la informò gentile Aya, anche se ancora in preda ai residui dell’ansia che quel ritardo le aveva provocato.
Hayama fece qualche passo verso Sana e nel passarle poi avanti le tirò appena una ciocca di capelli facendola sussultare. Il fatto poi che si fosse dileguato in meno di un secondo impedì a lei di poter ribattere in qualsiasi modo.
«Hayama, ma che modi sono», protestò, accorciando la distanza tra loro con tre grosse falcate.
«Così impari a non ascoltarmi mai», disse luì avanzando velocemente il passo verso il treno in procinto di partire, sotto lo sguardo perplesso dei loro amici. Tsuyoshi in realtà era abbastanza soddisfatto, nonostante i modi di Hayama fossero discutibili, pensò che quei due stavano tornando pian piano ad essere quelli di un tempo. E se qualche Kami dall’alto ci avesse messo un po' di buona volontà, potevano anche raggiungere il livello di complicità che lui tanto sperava per i suoi amici.
«Tsuyoshi? Tesoro? Guarda che sono saliti tutti.» A svegliarlo fu Aya che lo aveva afferrato per un orecchio trascinandolo verso il loro vagone.
Il viaggio fu abbastanza lungo da permettere a tutti di schiacciare un pisolino. Tutti tranne Hayama, il cui mal di qualsiasi mezzo di trasporto ormai era cosa nota. Gomi accanto a lui dormiva beato come un bambino così come Tsuyoshi ed Aya, seduti di fronte a loro e appoggiati l’uno all’altra. Akito si domandò come facessero a stare così appicciati anche mentre dormivano. Tutto questo tra un conato di vomito e l’altro. Riuscì a voltarsi verso Hisae e Sana sedute vicine nella fila di posti accanto alla sua, la prima appoggiata al finestrino e la seconda con il capo rivolto all’indietro e la bocca leggermente aperta.
Ad Akito venne immediatamente da sorridere, internamente, nello scrutare quella buffa figura che tanto era venerata da milioni di fan in tutto il paese. Si rese conto che anche lui poteva tranquillamente considerarsi parte di quel gruppo, anche se la natura del suo attaccamento a quella ragazza aveva delle radici molto più concrete.
In quell’istante Sana aprì un occhio e chiuse la bocca, accorgendosi di quelli ambrati di lui fissi nella sua direzione. «Mi stai spiando?» Domandò lei, assonnata e confusa.
«Ma che dici?» Hayama cercò di riprendere la sua posizione originale con la faccia puntata dritto davanti a sé, fissando un punto preciso, come fanno i ballerini per completare un giro su loro stessi.
«Sì invece! Che vuoi?»
«Hai la bava che ti penzola dalla bocca.»
«Cos?» Sana saltò quasi sulla poltrona del treno, asciugandosi immediatamente con il dorso della mano quella che era davvero bava e che si trovava davvero all’angolo delle sue labbra.
Le attenzioni di tutti furono catturate dalla voce meccanica che annunciava la prossima fermata e tutti all’unisono si prepararono per scendere ad Hakone.
«Ragazzi che ne dite di andare direttamente a vedere gli Onsen?» Tsuyoshi, che era diventato immediatamente il team leader del gruppo, propose di raggiungere subito le sorgenti termali trovando il consenso di tutti. D’altronde era quella la meta principale da visitare in quei giorni e furono immediatamente tutti d’accordo.
Il posto era davvero incantevole, c’erano alberi alti in ogni dove e la neve, non ancora completamente sciolta, ricopriva ogni cima come un candido cappello. I fumi termali poi donavano allo scenario una nota di mistero che contribuiva a rendere quel luogo una meta così ambita per gruppi provenienti da tutto il paese. Era davvero stracolmo di gente e trovare uno stabilimento termale libero fu una vera e propria impresa.
«Questo qui ha dei posti liberi ma le vasche delle ragazze sono separate da quelle dei ragazzi» li informò Tsuyoshi dopo aver preso i pass d’ingresso per tutti. Le ragazze non fecero una piega alla notizia così come Akito, Gomi invece sperava di condividere quel bagno con qualcuno del sesso opposto e la sua delusione si lesse chiaramente in viso.
«Così però non sarà divertente»
«Perché? Speravi di spiarci in costume?» lo provocò Hisae scoppiando poi a ridere.
«Voi non rientrate certo tra ciò che io definisco divertente»
Hisae si fece rossa in viso e la sua rabbia fu trattenuta dalla stretta di Sana che la allontanò dal gruppo di maschi per evitare quella che poteva trasformarsi in una rissa, conoscendo la sua amica.
«Andiamo Hisae, qui non c’è niente da vedere nemmeno per noi» commentò indifferente allontanandosi insieme ad Aya e Mami. Akito assistette alla scena con un’espressione indifferente, nonostante in cuor suo non avesse particolarmente gioito all’idea di separare il gruppo.
Le acque termali erano calde e accoglienti, un vero contrasto con l’aria fredda che le circondava e qualcuno avrebbe detto anche che proprio quel contrasto faceva incredibilmente bene alla salute. A quel pensiero Sana si domandò in che modo avere la testa congelata e il corpo bollente potesse fare davvero bene ma, tutto sommato, non le dispiaceva affatto.
«Ahh, amiche mie, questo era proprio quello che mi ci voleva. Sono così felice di essere riuscita a liberarmi dai miei impegni ed essere qui con voi» annunciò spalmandosi contro il bordo della piscina riscaldata.
«Sono d’accordo, è un posto incredibile» aggiunse Aya godendosi quel momento rilassante.
«Io invece non vedo l’ora che inizi la festa di stasera. Ma ci pensate? Avremo tutta la notte a disposizione per ballare e scatenarci» l’euforia di Hisae si poteva toccare con un dito tanto era tangibile. Aya, Sana e Mami la guardarono con un sorriso.
«Non stai più nella pelle vero?»
«Già, e tu Sana? Non sei contenta che questa sera arrivi anche Kamura? Io al tuo posto sarei al settimo celo», Hisae sembrava aver davvero deciso di sprigionare tutta la sua euforia ma, nonostante l’apparente bagno rilassante, Sana iniziò a sentirsi molto nervosa.
«Sì sì, non vedo l’ora» riuscì solo a dire, immergendo metà del viso nell’acqua bollente.
«E Hayama?» la voce di Mami fece capolino nel discorso trascinando con sé un cumulo di sguardi esterrefatti. Quello di Hisae batteva decisamente tutti gli altri.
«Scusa che c’entra Hayama?» diede voce ai suoi pensieri.
«Oh andiamo, non ditemi che non vi siete accorte di come guarda Sana?»
«Perché come mi guarda?»
«Ma se è dalle elementari che è cotto di te. Mi sorprende che tu non te ne sia accorta» Mami si dimostrò essere la più scaltra di tutte, forse preceduta solo da Aya che era avvantaggiata nel conoscere parecchi retroscena grazie a Tsuyoshi.
«Ma che sciocchezze, fino a due minuti fa stava insieme a Fuka. Poi non avevate parlato di una ragazza l’altro giorno a scuola?» domandò Hisae rincarando la dose di imbarazzo nelle vene di Sana.
«Sarà, ma io sono assolutamente certa di quello che dico. Per me Hayama è sempre stato innamorato di Sana. Lo vedrebbe anche un ceco»
Alle parole di Mami, Sana decise che era arrivato il momento di dileguarsi e abbandonare il palcoscenico dal momento che essere la protagonista di quella conversazione iniziava a starle decisamente stretto.
«Sana, ma dove vai?» la rimbeccò Aya.
«Mi è venuta una fame da lupi. Vi aspetto al bar» e così dicendo sparì come un fantasma senza catene.
Il contatto con l’aria gelida sembrò dare un lieve sollievo al calore che sentiva in corrispondenza delle guance. La conversazione intavolata dalle sue amiche l’aveva fatta sentire tremendamente a disagio ed era sicura che le sarebbe servito molto più di qualcosa da bere al bar per calmarsi. Si avvolse nell’asciugamano e raggiunse il corridoio all’interno della struttura che l’avrebbe poi condotta agli spogliatoi femminili. Non si era nemmeno accorta di non essere la sola ad aver deciso di abbandonare così presto le sorgenti termali.
Sussultò quando vide la chioma bionda di Akito emergere dal grosso asciugamano bianco fornitogli dal complesso termale. Lui si voltò ed ebbe la stessa reazione quando vide Sana in piedi alle sue spalle, con i lunghi capelli bagnati che le ricadevano sulle spalle.
«Ciao.»
Lui non le rispose e la scrutò interamente come se non riuscisse nemmeno a riconoscerla. Il fatto di essere stati in vasche separate gli aveva impedito di vedere il suo corpo nascosto solo dal costume e, nonostante non avesse detto nemmeno una parola, la delusione che aveva provato nell’apprendere della divisione dei settori era stata abbastanza difficile da mandare giù.
«Che hai?» Gli domandò lei sentendosi improvvisamente inquieta.
Lui alzò le spalle, «Niente, pensavo.»
«E a cosa?»
«Al tuo costume»
«Ma come ti viene in mente?»
«Non lo so, però se tu fossi abbastanza donna ora me lo mostreresti.»
Le labbra di Sana si spalancarono come il portale d’ingresso di un castello medievale. Si sentì più accaldata di quanto non fosse nella piscina termale, in preda ai discorsi di Hisae, Aya e Mami. Assunse poi un’espressione accigliata e in un minuto si sfilò l’asciugamano bagnata di dosso, l’appallottolò alla bell’è meglio e gliela lanciò in faccia facendolo barcollare per un istante.
«Sei un maniaco» aggiunse passandogli davanti e avviandosi al suo spogliatoio.
Lui si voltò e la guardò riuscendo finalmente nel suo intento. «Sarà, almeno però ora sei in costume» commentò privo di qualsiasi espressione in viso.
Lei però si rese conto di essere effettivamente mezza nuda davanti a lui e in uno scatto allungò un braccio verso di lui, afferrando con tutta la forza di cui disponeva l’oggetto che gli aveva lanciato in faccia solo pochi istanti prima. Si nascose nuovamente in quell’asciugamano e sparì dalla sua vista, borbottando frasi sconnesse. Hayama, invece, trattenne lo sguardo sull’ingresso degli spogliatoi femminili ancora per pochi minuti, per poi dirigersi nella direzione opposta a quella di Sana.
Il gruppo di amici aveva trascorso il resto del pomeriggio in giro per Hakone, sfruttando ogni angolo di quella piccola e graziosa cittadina. Si erano persi per le strade della città ammirando le architetture tipiche che richiamavano uno stile templare, antico di secoli e secoli. Poi Aya aveva insistito nel far visita al famoso tempio e tutti insieme si erano arrampicati fin sulla cima dell’enorme rampa di scale che dava accesso alla struttura sacra. Aya sosteneva che da lì la vista del monte Fuji era la migliore.
Decisero di fermarsi lì ad ammirare il panorama prima di raggiungere l’hotel che li avrebbe ospitati quella notte. Sana non seppe spiegarsi il motivo ma, l’idea di quella notte la faceva sentire terribilmente nervosa e a disagio. Senza contare il fatto che Akito aveva passato l’intera giornata a infastidirla: prima aveva preso in giro la sua scarsa conoscenza delle tradizioni giapponesi quando lei si era chiesta perché mai il santuario Jinja fosse tappezzato di rappresentazioni di draghi, ma lei si era vendicata proponendo – e raccogliendo i consensi di tutti – di fare un giro sulla funivia, talmente alta che erano riusciti ad intravedere il Tokyo Sky Tree in lontananza. Oltre alla faccia blu di Hayama.
L’hotel invece era davvero degno di nota e la vista sul lago Ashi era mozzafiato, proprio come aveva garantito Tsuyoshi.
«Ragazzi, queste sono le nostre camere. Io e Aya, Akito e Gomi, Hisae e Mami e poi, Sana e…Naozumi verrà vero?»
«Sì ehm, a dire il vero credo che sarà qui in tempo per la festa» lo informò lei, un po' imbarazzata. L’idea di spiattellare davanti a tutti il fatto che lei e Kamura avrebbero dormito insieme non le piaceva affatto ma, d’altronde, che senso aveva oscurare quella che sarebbe diventata a conti fatti un’evidenza?
Hayama invece raccolse la chiave della sua stanza dalle mani di Tusyoshi e diede le spalle a tutti, senza dire una parola, dirigendosi verso la porta numero sedici. Si chiese improvvisamente perché aveva accettato di andare con loro in quello stupido posto, dormire con Gomi in quello stupido hotel e vedere, il mattino seguente, la faccia soddisfatta di Kamura come prima cosa della giornata.
«Sana, vieni in camera con noi ora. Dobbiamo prepararci per la festa» nonostante Sana fosse in trance, Hisae riuscì a riportarla alla realtà proponendole un comizio tra donne in preparazione alla famosa festa di quella sera.
 
***
 
«Sì, assolutamente questo. Voi che ne dite ragazze?» Domandò Hisae alle altre una volta che Sana aveva indossato il terzo degli abiti proposti. Si domandò perché improvvisamente l’attenzione era rivolta tutta su di lei come se fosse la star della serata.
«Non pensate sia troppo corto? Poi scusate, voi cosa indosserete? Non capisco perché il mio abbigliamento deve diventare un affare di Stato» commentò cercando di allungare un po' la stretta gonna che le fasciava a malapena le cosce.
«Perché hai portato degli abiti inadatti e dovresti ringraziarmi per aver messo questo in valigia. Ti avevo detto qualcosa di stretto e corto»
«Ma questi sono stretti e corti» protestò Sana esponendo la sua merce alla folla.
«Andiamo, quelli che hai portato andrebbero bene per una processione religiosa, non certo per questa serata. Fidati, Naozumi non avrà occhi che per te» disse la sua amica in preda ad un’assurda euforia.
«Sono sicura che non sarà l’unico ad essere rapito da te stasera» Mami aveva ripreso lo stesso discorso della piscina e Sana si sentì nuovamente a disagio.
«Va bene, d’accordo. Direi che siamo pronte. E tu Hisae, pensi che Gomi noterà questo scollo vertiginoso?» l’intervento tempestivo di Aya spostò l’attenzione altrove e Sana pensò di doverla ringraziare perché di nuovo era stata in grado di salvarla da un tremendo imbarazzo.
«Ma non dire sciocchezze, non mi interessa cosa noterà Gomi questa sera» rispose imbronciata, suscitando le risate di tutte le presenti perché se Mami aveva capito di Sana e Akito, un po' tutti avevano invece capito qual era l’oggetto del desiderio della loro amica Hisae.
 
***
 
Nonostante le ore anzi, i mesi passati ad indossare scarpe con i tacchi alti richieste a causa del suo lavoro, Sana non si era mai abituata a portarli bene e, nel tragitto tra le loro camere e l’enorme sala dove si sarebbe tenuta la festa, rischiò di cadere ben cinque volte, maledicendo la sua scelta e rimpiangendo di non aver indossato qualcosa di molto più adatto alle sue capacità.
La musica aveva già raggiunto un livello assordante e le luci soffuse resero davvero difficile le operazioni di ricongiungimento del gruppo. Il primo a notare le ragazze fu Tsuyoshi, probabilmente munito di un qualche chip di riconoscimento che segnalava la sua presenza, nel raggio di pochi metri, alla sua dolce metà. Si erano messi tutti in tiro e perfino Akito, vestito con un paio di jeans chiari e una camicia scura con le maniche arrotolate sugli avanbracci, risultava perfettamente ambientato alla situazione. Sana lo osservò attentamente, pensando che effettivamente non si erano mai trovati in contesti simili, per cui non potette fare a meno di constatare quanto stesse bene quella sera. Si domandò cosa pensasse lui di lei, invece, fasciata in quell’abito color verde acqua che le lasciava scoperto fin troppo per i suoi gusti.
Quando poi Hayama decise di avvicinarsi proprio a lei, privo di qualsiasi espressione in viso che potesse anticiparle un qualche sorta di reazioni, il suo cuore iniziò a battere un po' più forte, cominciando ad adattarsi al ritmo della musica.
«Ciao.» Le disse semplicemente, scrutandola poi fino all’ultimo capello.
«Ciao», lei rispose, rendendosi protagonista di una delle conversazioni più interessanti della storia.
«Stai bene stasera.»
«Anche il tuo verde non mi dispiace.»
«Sì beh, peccato che queste siano un po' scomode.» Disse lei con un sorriso, mostrandogli le scarpe che le permettevano di raggiungere quasi il suo sguardo.
«Sei sicura di saperci camminare?»
«Certo, sono un’attrice cosa credi?» rispose leggermente infastidita dalla sua aria strafottente.
«Rilassati, stavo scherzando», e così dicendo si allontanò dirigendosi verso il bar, lasciando Sana nel bel mezzo della sala gremita di gente. Non ebbe il tempo di metabolizzare il tutto perché la sua attenzione fu catturata dalla vibrazione del cellulare, segno che le era appena arrivata una email.
Il mittente era Kamura: Tesoro, pare ci sia una tormenta in arrivo e i collegamenti saranno interrotti. Ho chiesto a Maeda di prenotare un volo privato, tranquilla. Farò il possibile per esserci. N.
Lesse il messaggio due volte domandandosi quale fosse in realtà il suo stato d’animo dopo quella notizia e così alzò lo sguardo verso l’enorme vetrata della sala, avvistando dei pallidi fiocchi di neve iniziare a fare la loro comparsa sulla scena. Quella non le sembrava affatto una tormenta ma, evidentemente, le condizioni meteo erano destinate a peggiorare in fretta.
Si guardò rapidamente intorno alla ricerca dei suoi amici, intravedendoli insieme intenti a ballare sotto le note della musica che continuava a pompare dalle casse. Si era aspettata una situazione decisamente diversa e non era affatto sicura che quello fosse il tipo di festa che facesse per lei. Si sentiva un po' un pesce fuor d’acqua e si domandò come si sentisse Hayama in quel momento. Quelle riflessioni la indussero a domandarsi immediatamente dove fosse lui, quindi guardò verso il bar ma di Hayama non c’era traccia. Anche tra i suoi amici, lui era l’unico a mancare all’appello mentre la neve iniziava a scendere molto più abbondante, segno che Kamura le aveva effettivamente detto la verità riguardo l’imminente tormenta.
Si avvicinò al suo gruppo e iniziò a muoversi cercando di seguire il ritmo della musica, nonostante la sua mente fosse presa da tutt’altro.
«Ragazzi, ma dov’è Hayama?» Domandò Mami appena Sana li raggiunse. Probabilmente la sola comparsa di lei aveva indotto i presenti a chiedersi dove invece fosse il loro amico.
«Non lo so. Era andato al bar ma pare essere scomparso», li informò Sana.
La neve, mista ad una pioggia battente, si stava facendo largo vertiginosamente spazzando via tutti i ricordi legati alla giornata soleggiata appena trascorsa, accompagnata poi da una serie di lampi e tuoni degni del peggior temporale di montagna mai visto.
Sana iniziò ad essere nervosa, un po' per la sua avversione verso quel tipo di clima e un po' perché non sapere dove fosse Hayama la rendeva inspiegabilmente inquieta. Di colpo poi la musica si abbassò e le luci al contrario divennero più accese.
«Gentili ospiti, come potrete vedere è in corso una tormenta per cui vi raccomandiamo caldamente di restare all’interno della nostra struttura per evitare qualsiasi tipo di inconveniente. Il centro meteorologico di Hakone ci ha appena avvertiti del possibile pericolo di valanga, a causa della forte pioggia, quindi vi invitiamo a restare al chiuso e vi ricordiamo di stare lontani dalle finestre. Siamo a vostra disposizione, vi auguriamo una buona serata.» Fu una voce gentile di donna ad informare i presenti di quanto stesse accadendo.
«Buona serata? Rischiamo di essere travolti da una valanga, come facciamo a passare una buona serata?» commentò Gomi a voce un po' troppo alta, facendosi immediatamente prendere dal panico.
«Ma che sciocchezze, questo hotel non è mica fatto di paglia», commentò Hisae.
Fu in quel momento invece che un forte tuono riecheggiò prepotente tra le pareti della sala e probabilmente quella non fu la sola conseguenza, perché improvvisamente furono tutti al buio. La musica si era interrotta, sostituita solo da qualche grida e da un vociare sempre più insistente. Sana allungò un braccio in cerca di qualcosa, e quando i suoi occhi si abituarono alla sola luce esterna della notte si rese conto di aver afferrato il braccio di Aya. 
Nuovamente udirono la stessa voce che li aveva avvertiti dell'imminente tormenta, rassicurarli che si trattava solo di un Blackout e che a breve avrebbero ripristinato tutti i servizi. Infine si raccomandarono vivamente di non avvicinarsi alle finestre. Sana strinse il braccio di Aya, non tanto per la paura ma per l'inquietudine che provava causata dal fatto di non sapere dove fosse finito Hayama.
«Ragazzi, credo sia il caso di trovare Akito.» Tsuyoshi sembrò dare voce alle sue paure perché il tono della sua voce era tutt'altro che tranquillo.
«Proviamo a telefonargli?» Propose Hisae e in un secondo Tsuyoshi tiró fuori il cellulare per un tentativo.
«É spento!» Annunciò poi subito il responso con un'espressione di delusione. Il sopracciglio destro di Sana allora si sollevò immediatamente, «Ma certo, siamo nel bel mezzo di una tormenta, al buio, e lui cosa fa? Spegne il cellulare», constatò lei decisamente furiosa. Insomma perché non si era degnato di dire dove avesse intenzione di andare, considerato poi il fatto che in teoria lo scopo di quella gita era di stare tutti insieme. Tsuyoshi ribadì la necessità di trovarlo e di organizzarsi di conseguenza.
«Già, sarebbe il caso che restassimo insieme almeno noi.» Aggiunse Gomi, cercando di immaginare dove potesse essere finito il loro amico.
«Io vado a cercarlo al primo piano. Conoscendolo avrà evitato sicuramente di salire più in alto», convenne Sana facendo qualche passo indietro verso la porta d'ingresso della sala. Accese poi la torcia del cellulare per illuminare il percorso.
«Forse non dovremmo separarci…» Aya era d’accordo con la proposta di Gomi e sembrava davvero preoccupata all'idea di dividere il gruppo e di andare in giro da sola al buio in quel posto diventato improvvisamente tetro.
«Ci sono cinque piani in quest'hotel, se li controlliamo tutti separatamente ci metteremo molto meno tempo a trovarlo.» La risolutezza di Sana dimostrata in quell'occasione sorprese davvero tutti. Con quella torcia improvvisata si voltò dando loro le spalle: «Tenete i cellulari accesi mi raccomando.»
 
***
 
«Hayama, se ti prendo ti insegno io a spegnere il cellulare in situazioni di emergenza.» Sana borbottava a voce alta cercando di non distrarsi troppo perché camminare al buio indossando quelle scarpe alte non era proprio il massimo. Percorse a fatica la metà del corridoio del primo piano e di Hayama non c'era nemmeno l'ombra. Senza contare il fatto che la maggior parte delle porte erano chiuse a chiave, fatta eccezione per un piccolo bagno di servizio e la porta che dava accesso all'uscita d'emergenza.
Qui niente. Tu, novità?
Il messaggio di Tsuyoshi rincaró la dose di angoscia perché a quanto pareva, Hayama si era davvero volatilizzato.
«Accidenti a te Hayama, ma cosa ti ha detto il cervello?» Questa volta il tono della sua voce era molto più forte e dovette sforzarsi molto per non urlare al vento altre imprecazioni contro il suo amico scomparso. Digitò velocemente un messaggio di risposta per Tsuyoshi in cui lo informava che anche la sua ricerca si stava rivelando un buco nell'acqua. Riuscì a malapena ad inviare il messaggio perché qualcosa di non ben identificato si frappose tra le sue gambe e il corridoio buio, causandole un'imminente perdita dell'equilibrio, già precario di suo. Istintivamente cercò un appiglio con le mani ma le pareti lisce del corridoio non erano proprio idonee allo scopo di sostenerla e così cadde, per la prima volta quella sera. E tutto ciò che sentì fu un improvviso dolore lancinante alla caviglia sinistra. Provò subito a rimettersi in piedi su entrambe le gambe, ma il dolore era davvero troppo forte e per un attimo temette di essersela rotta. Tastò quindi leggermente il punto indolenzito e le sembrò che fosse tutto al suo posto e che non ci fossero strane protuberanze.
«Coraggio Sana, non è niente di grave, puoi ancora camminare.» Si fece forza, alzandosi lentamente subito dopo essersi sfilata le scarpe dai piedi, probabile causa di quell'incidente. Cominciò poi ad avanzare saltellando sull'unico piede sano, raggiungendo l'ultima porta di quel lungo corridoio. Il fatto che fosse aperta le regalò un briciolo di speranza: si trattava del vano lavanderia.
Spinse la porta verso l'interno ed illuminò la stanza con la torcia del cellulare: c'era una serie di grosse lavatrici spente, lenzuola ammassate ovunque e una sagoma umana contro luce alla finestra che si era mossa verso di lei.
«Sana?» Il suono della voce di Akito le rivelò l'identità misteriosa facendola sentire immediatamente in pace. Per poi provare, un istante dopo, un sentimento di rabbia incontrollabile.
«Hayama accidenti a te, ma che ci fai qui? Ti stiamo cercando da ore.» Disse Sana enfatizzando leggermente l'intera situazione.
«Davvero? Ero venuto a vedere il lago», disse lui con il tono più tranquillo del mondo.
«Cosa? Il lago? Ma non vedi che è tutto pieno di neve e c'è una bufera lì fuori?»
«Beh, prima si vedeva benissimo.»
Sana era completamente rossa in viso e non certo per l'imbarazzo. Avrebbe voluto strozzarlo e di certo non gli avrebbe mai rivelato quanto si era spaventata nel non riuscire a trovarlo. In quel momento sentì una fitta alla caviglia causata dal fatto di aver appoggiato il piede ferito leggermente a terra, e una smorfia di dolore le si disegnò in viso.
«Ehi, stai bene?» Le chiese Hayama scattando in piedi e in un gesto fulmineo la raggiunse in meno di un secondo, afferrandola per la vita. Lei, d'istinto, si appoggiò a lui, sentendo un improvviso sollievo alla gamba.
«Che hai combinato?»
«Sono inciampata, e per causa tua!» Rispose piccata lasciandosi trasportare da Akito verso il centro della stanza.
«Non sarà successo perché tu, su quei trampoli, non sai camminarci?»
In effetti quella era la verità nuda e cruda e Sana proprio non se la sentì di contraddirlo solo per orgoglio, anche perché scoprì di sentirsi incredibilmente bene tra le sue braccia. Lui l'aiutò a sedersi per terra per poi Ispezionare la caviglia che nel frattempo si era gonfiata a dismisura.
«Non credo sia rotta…»
«Da quand'è che sei un medico?»
«Guarda che di queste cose ne vedo continuamente in palestra. Sono molto più esperto di te», la informò tranquillo. «Con un po' di ghiaccio dovrebbe fare meno male.» Disse guardandosi intorno cercando qualcosa che potesse aiutarla.
«Già, ma dove lo prendo del ghiaccio?» Disse più a sé stesso che a lei.
Akito si sollevò lasciando Sana perplessa con uno sguardo confuso. Sperava vivamente che non avesse intenzione di andare chissà dove e lasciarla lì come un salame mentre lui spariva di nuovo. Lo vide cercare qualcosa per tutta la stanza sbuffando rumorosamente, lanciando per aria le lenzuola disseminate in terra come se queste nascondessero proprio ciò di cui aveva bisogno. Poi, improvvisamente, ebbe un'illuminazione perché si fermò di scatto voltandosi verso la finestra.
«Ma certo, che stupido», disse lanciandosi verso la finestra e aprendola con non poche difficoltà. Non appena l'aria fredda riuscì a intromettersi in quel luogo, una forte folata di vento scompigliò i capelli biondi di Hayama andando poi a sbattere contro la porta di ingresso ancora aperta che, con una forza innaturale, si chiuse alle loro spalle provocando un rumore assordante. Come se nulla fosse successo Akito si spinse oltre il davanzale della finestra, raccogliendo con entrambe le mani una manciata di neve fredda, cercando di conservarne il più possibile. Si avvicinò poi a Sana, trovandola con le braccia avvolte su sé stessa nel tentativo di riscaldarsi in quell'ambiente divenuto improvvisamente gelido. La guardò per un istante prima di poggiare la neve sulla sua caviglia, provocandole un sussulto causato dal contatto con la temperatura glaciale del suo ghiaccio improvvisato.
«Va meglio così?» Si accertò lui ricevendo un cenno affermativo del capo come risposta positiva.
«Che stupida, ero venuta a cercarti preoccupata che ti fosse successo qualcosa e alla fine quella che si è ferita sono io», Sana era leggermente imbarazzata, sia per l'epilogo della sua ricerca sia per la situazione in cui si trovava, con Hayama intento a tenerle la gamba con le mani per accertarsi che la neve facesse il suo dovere. A quelle parole però, lui alzò lo sguardo verso di lei incontrando i suoi occhi leggermente smarriti.
«Non c'era motivo di preoccuparsi.» Disse poi indifferente.
«Se tu non lo avessi notato fuori di qui c'è una tormenta, la corrente elettrica è saltata e per di più c'è il rischio di valanga. Se questi non sono buoni motivi per preoccuparsi…»
«Intendevo, preoccuparsi per me. Non ce n'era motivo.»
Sana scrutò il suo viso cercando di trovare una risposta decente a quella sciocca affermazione. Ma come poteva dire una cosa del genere, se c'era qualcosa di positivo che avesse provato negli ultimi giorni quello era il sollievo e la felicità che aveva avvertito quando aveva realizzato che la sagoma alla finestra era proprio Hayama.
«Non essere sciocco. Eravamo tutti preoccupati, io mi sono anche slogata una caviglia per correre a cercarti» Disse lei spostando poi leggermente lo sguardo, allontanandolo da quello pericoloso di Hayama. Sentì poi un tocco sfiorarle la guancia e si voltò verso quella che era la sua mano mentre la accarezzava delicatamente.
«Mi dispiace…  averti fatta preoccupare.»
L'imbarazzo che provò Sana in quel momento raggiunse livelli davvero esponenziali e nei secondi successivi all'impeto di gentilezza di cui fu protagonista Hayama, cercò un modo rapido e indolore per sottrarsi a quel tocco, perché il fatto che il suo cuore avesse iniziato a battere così forte e che il suo sguardo la rendeva quasi incapace di intendere e di volere non promettevano nulla di buono.
Raccolse quindi l'ultimo rantolo di raziocinio e cercò il suo cellulare pensando, che dover avvisare gli altri che stavano entrambi bene poteva essere una scusa più che plausibile.
«Dovremmo avvisare Tsuyoshi e dirgli dove siamo…» Sussurrò concentrandosi sulle sue dita che stringevano il cellulare. Lui dal canto suo si allontanò da lei, almeno dal suo viso, continuando ad occuparsi della caviglia che sembrava aver smesso di gonfiarsi.
«Oh no, quaggiù non c'è campo» Lo avvisò agitando velocemente il cellulare in aria con la speranza che riuscisse miracolosamente ad agganciarsi ad un qualsiasi tipo di segnale.
«Guarda che non funziona così. Andiamo, ti porto in braccio», annunciò Hayama offrendo le sue braccia alla ragazza seduta per terra.
«So camminare da sola, grazie.» Disse cercando di tirarsi in piedi. Purtroppo, nonostante non fosse nulla di grave, si ricordò ancora dell'importanza di avere due gambe ben funzionanti anche nel compiere piccoli gesti come rialzarsi da terra e fu allora che Hayama le andò in aiuto, tirandola su per la vita. Lei si divincolò rapidamente saltellando sul piede sano in direzione della porta. Ma quando Akito provò ad aprirla qualcosa non funzionò come avrebbe dovuto.
«Che succede? Perché non si apre?»
«Deve essersi bloccata quando ho aperto la finestra. Forse è per questo che l'avevano lasciata spalancata…» La informò lui fingendo totale estraneità ai fatti.
«Cosa? Perché non me l'hai detto? L'avremmo bloccata con qualcosa»
«Come facevo a saperlo, l'ho capito dopo aver aperto la finestra.» Rispose lui calmo come se nulla fosse accaduto.
«Fantastico. E ora come facciamo?»
«Rilassati, non siamo mica all'inferno. Qualcuno ci troverà.» Akito era decisamente tranquillo, cosa che non si poteva dire di Sana che, invece, diventava sempre più nervosa. Lo seguì con lo sguardo mentre richiudeva la finestra da cui continuava ad entrare aria gelida e ripensò alla situazione. Era bloccata in una stanza nascosta insieme ad Hayama, al buio, in mezzo ad una bufera di neve e come se non bastasse, Naozumi sarebbe probabilmente arrivato di lì a poco.
«Ok, cerchiamo di mantenere la calma.»
«Guarda che io sono calmissimo.» La informò cominciando ad appallottolare alcune lenzuola formando una sottospecie di seduta che poi indicò a lei con un gesto del braccio. Le aveva preparato un giaciglio dove poter riposare la gamba ferita e lei, a fatica, prese a saltellare nuovamente sul piede sano per raggiungere il cumulo di lenzuola, mormorando un «Grazie», prima di essere aiutata da lui a trovare la giusta posizione.
«Sei nervosa.» La sua voce e le sue parole furono per Sana una specie di schiaffo in pieno viso, e si domandò come avesse fatto lui a capirlo. Era convinta di apparire rilassata ma a quanto pareva non agli occhi di Hayama.
«Io? No, cosa dici?»
«A me sembri nervosa…» Incalzò lui sedendosi a gambe incrociate accanto a lei.
«Beh sfido chiunque a non essere nervosi in una situazione come questa. Hai visto che tempaccio lì fuori?»
«Non parlo di quello», disse indicando con un dito la bufera che continuava a scagliarsi su quella cittadina di montagna, «Ma di questo», continuò riprendendo lo stesso gesto con la mano, questa volta per indicare però loro due seduti vicini, in una stanza al buio. Sana cercò di intravedere i suoi occhi nonostante fosse buio, pensando che il modo di esprimersi di Hayama le ricordava molto un interprete della lingua dei segni.
«No no assolutamente, sono perfettamente a mio agio.» Mentì.
«Anche io, ma sono anche nervoso.» Le confessò voltando lo sguardo verso la finestra.
Sana pensò che l'ultima volta che avevano parlato in quel modo, confessandosi i loro pensieri, risaliva a parecchio tempo prima, a quando sua madre aveva pubblicato quel libro. A quel tempo Hayama le aveva detto che ci sarebbe stato per lei, e che se avesse avuto voglia di piangere avrebbe trovato sempre la sua spalla su cui farlo. Poi dopo era cambiato tutto e si erano completamente persi.
Pensare a quel momento nel bosco fu abbastanza doloroso per Sana, i cui occhi divennero improvvisamente lucidi, pronti a sganciare una bomba fatta di lacrime e singhiozzi. Nonostante il buio, Akito si accorse che qualcosa non andava: «Che ti prende?»
«Penso che tu sia stato un bugiardo». A quelle parole lui spalancò lo sguardo cercando di capire a cosa lei si stesse riferendo: «Bugiardo?»
Sana ripercorse mentalmente gli ultimi quattro anni della sua vita, percependo come una carezza sul braccio, l'incredibile mancanza che aveva sentito di Akito, e di tutto ciò che lui aveva sempre rappresentato per lei. Non solo la persona di cui si era scoperta essere innamorata, ma anche il suo migliore amico, quello da cui aveva sempre ricevuto, sorprendentemente, un appoggio incondizionato. La persona che era riuscita a capirla, nonostante la sua perenne maschera di allegria e spensieratezza. Il sentimento di mancanza era poi stato sostituito dal dolore della consapevolezza di averlo perso per sempre, sotto ogni forma plausibile, e infine la rabbia, causata dall'ammissione a sé stessa di non poter fare ormai più nulla per cambiare lo stato delle cose.
Quel breve, intenso viaggio nella memoria dei suoi sentimenti fu qualcosa di davvero troppo forte per lei perché, senza nemmeno rendersene conto, delle lacrime lente avevano preso a rigarle il viso dal momento che le emozioni che provava, tutto ciò che sentiva in quel momento, era troppo forte per essere ignorato. Allora aveva deciso di sciogliere tutte le sue barriere, perché erano diventate così pesanti da non essere più in grado di sostenerle. Aveva deciso di liberarsi delle bugie dette a tutti, inclusa sé stessa, e lo fece piangendo.
«Avevi detto che quando avrei avuto voglia di piangere, potevo venire da te e che ci saresti stato sempre. Ma non è stato così…»
Quelle parole scossero Akito che all'istante ripensò al momento in cui le aveva fatto quella promessa che, a conti fatti, non era stato in grado di mantenere.
«Sana io, non immaginavo che le cose sarebbero andate a finire così.»
«Ma l'hai scelto tu!» Il suo tono si trasformò leggermente, diventando più duro. Lo sguardo di lui si fece invece confuso.
«Tu hai scelto di stare con lei!»
Paradossalmente la sua immobilità fisica dovuta alla caviglia dolorante, in qualche modo, contribuì ad immobilizzare anche il suo cuore che, anziché scappare come era abituato a fare, si fermò a guardare negli occhi il suo carnefice. Quello faceva parte del processo di liberazione che stava attraversando in quel momento.
«Io sono stato costretto…»
«Non credo che Fuka ti abbia piantato una pistola alla tempia.»
«Non parlo di lei, ma di quello che ho provato dopo aver saputo…  tu non puoi capire quanto è stato…»
Hayama non era decisamente bravo con le parole, soprattutto quando doveva spiegare i suoi sentimenti, e Sana iniziò a sentirsi confusa.
«É stato difficile, per me, accettare quelle cose e Fuka non mi dispiaceva. Mi sento un ragazzino…»
«Hayama potresti spiegarti meglio?»
Lui abbassò lo sguardo e strinse i pugni, cosa che forse lei non riuscì nemmeno a vedere.
«Vedere te…  e Kamura, ovunque. Insieme. Io non ci sono riuscito, ad accettarlo.»
Sana spalancò gli occhi davanti a quelle parole.
«Ma non era vero. Sono stati i giornalisti a inventarsi tutto…»
«Lo so.»
«Come…»
«La tua lettera, ricordi?» Già, la lettera che gli aveva scritto durante le riprese e che gli era arrivata dopo così tanto tempo.
«Era vero?»
«Cosa?»
«Quello che hai scritto in quella lettera. Era vero che…  per la tua felicità, io ero assolutamente necessario?» Riprese alla lettera il punto del testo che lei aveva scritto quattro anni prima. Aveva bisogno di sapere, nonostante si sentisse ormai totalmente scoperto. Forse il buio della stanza lo aveva reso più coraggioso nell’esprimere certe cose.
Sana ricordava perfettamente cosa avesse scritto in quella lettera, quattro anni prima e, in quel momento, si sentì piccola e indifesa, perché tutte le sue barriere non esistevano più. C’era solo lei, con Akito, e quello sguardo leggermente illuminato dalla luce esterna che l’aveva quasi ipnotizzata.
«Era… era quello che… insomma, sì io pensavo quelle cose», disse poi abbassando leggermente lo sguardo, alla disperata ricerca di un appiglio per poter sfuggire a quegli occhi.
«E allora perché non me l’hai detto prima?»
«Cosa? Io ho cercato… te l’ho scritto, ma poi tu hai scelto Fuka»
«Io non sapevo nemmeno di aver fatto una scelta, Sana», questa volta fu lui ad alzare la voce, perché come si era detto troppe volte, era solo una questione di tempistiche. E quelle rivelazioni non facevano altro che confermare quella regola.
«L’unica scelta che ho fatto, è stata quella di reprimere i miei sentimenti per te.»
Se in quel momento Sana si fosse trovata sull’orlo di un precipizio era sicura che la perdita dell’equilibrio, causata da Akito Hayama e delle parole che le aveva detto in quel momento, l’avrebbe fatta cadere all’indietro in un tempo talmente breve da non farle nemmeno rendere conto di aver perso per sempre il contatto con la terra. Si immaginò la scena e provò un incredibile senso di vuoto, simile a quello che si prova quando si sogna di cadere da un albero, seguito poi da un brivido lungo le braccia.
«Hayama io non… non avevo idea», balbettò incerta.
«Eri l’unica a non averla», aggiunse infine a quella sorta di confessione mezza abbozzata. Lui era convinto di essere stato fin troppo esplicito con lei, attraverso quei baci rubati durante l’infanzia. Aveva sempre pensato che tutto ciò che aveva fatto per lei, anche indirettamente, sarebbe stato sufficiente a chiunque per capire la natura dei suoi sentimenti. Ma con il tempo aveva capito anche che chiunque non era Sana Kurata e che, probabilmente, lui non sarebbe mai riuscito ad indovinare il giusto codice d’accesso per comunicare con lei.
«Che stupida…»
«Puoi dirlo forte, ecco», disse lui, incrociando le braccia sul petto.
Lei sbuffò, tralasciando però quella battuta.
«Sono stata una sciocca a credere di poter reprimere certe cose. Io mi sento meglio…»
Akito la guardò cercando di capire cosa stesse pensando, sentendo poi un improvviso bisogno di stringerla a sé, consapevole del fatto che lei probabilmente non avrebbe retto a quel gesto. La loro situazione era sempre stata precaria e, in quel momento forse, lo era ancora di più. Istintivamente però allungò una mano verso il suo braccio, lasciando che le dita sfiorassero delicatamente la sua pelle. Era come una necessità, sentiva che se non l’avesse toccata, se non avesse stabilito un contatto fisico con lei, anche lieve, sarebbe morto. Scomparso per sempre dalla faccia della Terra. Era veramente una necessità.
«E lo pensi ancora?»
Sana lo guardò senza dire una parola.
«Quello che hai scritto in quella lettera», chiarò un dubbio che lei gli aveva sottoposto solo con lo sguardo. Lei sentì il suo cuore battere come un ossesso nel gesto di avvicinare la sua mano a quella di lui, ancora impegnata a cercare un contatto con la sua pelle. Trovò le sue dita interrompendo qualsiasi mossa lui avesse intenzione di fare e fece in modo, in un rapido gesto, di unire le loro mani stringendole forte. Continuando a tenerle intrecciate, portò le loro dita unite sulla sua fronte e sospirò, ma non di quei sospiri dovuti a qualcosa di negativo. Quello era dovuto al fatto che proprio non era più in grado di trattenere dentro certe cose.
«Mh», riuscì a dire solo questo, totalmente incapace di esprimersi a parole perché i pensieri che le affollavano la testa erano in contraddizione l’uno con l’altro. Pensò immediatamente a Kamura che sarebbe arrivato di lì a breve e si sentì improvvisamente in colpa. Ma qualsiasi riflessione lei stesse elaborando su qualsiasi cosa non riguardasse Akito non poteva fare assolutamente nulla contro il fatto che lui si era avvicinato pericolosamente al suo viso, accarezzandolo con la mano libera. Lei allora scostò quell’intreccio di dita per ritrovarsi faccia a faccia con i suoi occhi ambrati, ad una distanza appena sufficiente per farvi passare una pallina da Ping Pong.
«Non farò niente, che non vorrai anche tu» le sussurrò vicinissimo, rassicurandola sul fatto di aver abbandonato ormai la sua indole di irruento baciatore incallito. Questa volta lei doveva capire cosa c’era dietro i suoi gesti e non voleva lasciare assolutamente nulla al caso. Non poteva permettersi di lasciarle fraintendere qualcosa e così aspettò, un secondo, poi due, tre… il tempo necessario perché lei realizzasse che ormai non c’era modo di tornare indietro. Perché in fondo un indietro non c’era mai stato.
Lui si avvicinò lentamente alle sue labbra ma, sorprendentemente, sentì qualcosa che davvero non si sarebbe aspettato perché fu la bocca di lei a cercare per prima la sua. Sana aveva cancellato la pallina da ping pong nell’esatto istante in cui era scattato il quarto secondo, lanciando quasi un urlo interiore quando aveva finalmente assaggiato la morbidezza delle labbra di Akito. Sì, perché lei le aveva già assaporate in passato, ma mai con quella consapevolezza e con quel desiderio tale da spingerla quasi ad urlare.
Akito invece ottenne il permesso tanto desiderato, quindi afferrò con veemenza il suo viso con entrambe le mani lasciando che la lingua si spingesse oltre le labbra di lei, dischiudendole il giusto indispensabile per trovare poi la sua e accarezzarla. Finalmente le famose tempistiche sbagliate sembravano essere andate al diavolo e quando la sentì sospirare forte, tanto da riuscire a percepire l’aria sul suo viso, infilò una mano tra i suoi capelli continuando a baciarla con passione, lasciando finalmente che le sue mani potessero esplorare quel corpo tanto desiderio.


*Note d'autrice*
Ciao a tutti, eccomi con il capitolo successivo. Come vi avevo anticipato, si tratta di un capitolo molto ricco di avvenimenti e finalmente vi ho svelato chi è la coppia accoppiata del precedente spoiler. Complimenti a chi ha indovinato, naturalmente mai avrei potuto descrivere una scena simile tra Sana e Naozumi, sarei morta di crepacuore.
Detto ciò, che ve ne pare? Ci sono ancora tante cose da svelare ma tutto a tempo debito :)
Come sempre vi ringrazio di CUORE per i commenti, le visualizzazioni, le preferenze ecc. Grazie, grazie, grazie.
Spero di riuscire ad aggiornare quanto prima, intanto vi mando un bacio e alla prossima.
Alex 
   
 
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