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Autore: Fanny Jumping Sparrow    22/07/2020    2 recensioni
Il malvagio ed affascinante Capitan Vegeta ha un cuore nero come gli abissi, è vittima di una maledizione e con la sua nave Bloody Wench semina morte e terrore per i sette mari; la bella e intrepida Bulma Brief è una coraggiosa avventuriera con l'umore mutevole come la marea che nasconde un singolare segreto. Entrambi attraversano gli oceani alla caccia dello stesso tesoro: le magiche sfere del Drago. Il giovane tenente di vascello Son Goku, fresco di accademia ed amico d'infanzia della ragazza, riceve l'incarico di catturare i due fuorilegge, che nel frattempo hanno stretto una difficile alleanza, e consegnarli al capestro...
Personale rivisitazione in chiave piratesca del celebre anime su suggerimento della navigata axa 22 (alla quale questa storia è dedicata;) e della mia contorta immaginazione. Possibili numerose citazioni e riferimenti ad opere letterarie e cinematografiche esterne. Gli aggiornamenti saranno dettati dalle capricciose onde dell'ispirazione. BUONA LETTURA! Se osate...
Quella tonalità era insolita, appariscente, innaturale. Non umana.
Contenne uno spasmo di eccitazione. “Troppa grazia”, obiettò pessimisticamente.
Aveva dato la caccia ad un colore simile innumerevoli notti, sondando bramoso il blu profondo.
Troppo facile, troppo assurdo che l’avesse proprio lei.

*CAPITOLI FINALI IN LAVORAZIONE*
Genere: Avventura, Commedia, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Freezer, Goku, Vegeta | Coppie: 18/Crilin, Bulma/Vegeta, Chichi/Goku
Note: AU, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Salve ciurma!
Come va? Spero stiate passando una buona estate ^.^
Io purtroppo mi ritrovo ad avere meno tempo libero e meno concentrazione di quanto non volessi per leggere e scrivere, ma finalmente sono riuscita comunque a concludere un altro capitolo che vi offro augurandomi possa regalarvi qualche minuto di svago ^W^
Lo si può parzialmente definire un capitolo arancio, anche se io non mi sono mai sentita molto portata a descrivere certe situazioni e dunque penso di essermi abbastanza contenuta.
Ad ogni modo, siamo quasi alle battute finali e prometto che tornerò ancora ad approfondire questo aspetto della coppia protagonista.
Non mi dilungo oltre, ma ci tengo come sempre a ringraziare quanti hanno inserito questa folle AU tra le seguite/preferite/ricordate/piaciute. Mi date una grande spinta per continuare!
Vi ricordo che inserisco qualche anticipazione sulla mia pagina FB che se vi va di seguire potete trovare cliccando sull'icona nella mia pagina autore.

Al prossimo approdo!)


XXXII: A DANGEROUS MISTAKE

Scostò timorosamente le mani dagli occhi, appurando che non si era trattato di un’allucinazione con cui la sua mente aveva voluto proteggersi: la letale tossina presente nella sua saliva non aveva sortito alcun effetto su quell’uomo malefico e indecifrabile.
Era ancora lì, ritto davanti a lei. Vivo, vegeto e mortalmente alterato.
Bulma continuò a sbattere le palpebre, sconvolta da quella verità inaspettata: - È la dose che fa il veleno, lo diceva anche Paracelso1 … – balbettava tra sé e sé arretrando, le caviglie traballanti come fosse al cospetto di un mostro marino della cui esistenza stentava ancora a credere, nonostante ne stesse avendo finalmente la prova certa, in carne e ossa.
Vegeta si alzò sui piedi nudi senza fretta, quasi stesse riacquistando gradualmente il pieno controllo di ogni singolo tendine e nervo. Il suo largo torace si estese al ritmo di una respirazione più lenta e profonda della norma, le altre fasce muscolari si contrassero rimuovendo gli impacchi di alghe rimasti a suppurare le ferite già rimarginate.
- Dovreste aver capito che non mi piace lasciare i conti in sospeso … – sbottò dissacrante, con quella sua voce calda, perennemente impastata di rum, rabbia e noia che lei trovava maledettamente sensuale, andandole incontro con movenze predatorie.
Il suo volto intriso di quella perenne malinconia aveva un non so che d’inquietante e invincibile, i suoi occhi fiammeggiavano di mistero, pericolo, malvagità, una miscela che le incuteva una sensazione di inferiorità e terrore, ma anche un’irragionevole eccitazione ...
L’azzurra si sforzò di far uscire le parole che sembravano aggrovigliarsi tra loro, rendendola insolitamente balbuziente: - Ma fra noi due non c’è niente! Non può esserci niente! Me lo avete lasciato intendere espressamente tante di quelle volte! – continuò a retrocedere tentoni a destra e a sinistra, mentre lui perseverava ad accorciare le distanze tra loro, scrutandola con un’espressione sadica che non prometteva niente di buono.
Quando arrivò a sfiorare la tenda del baldacchino, Bulma fu scossa dalla disarmante sensazione di essere finita nel suo territorio di caccia e di non avere oramai più alcuna via di fuga. O forse di non volerla più cercare: aveva voluto iniziare lei a spingersi avventatamente sull’orlo di quel precipizio.
Delle dita ruvide e prepotenti le strisciarono sulla nuca, attorcigliandosi ai suoi capelli inumiditi dall’agitazione, imponendole di restare proprio lì, sul bordo del letto: - Non è il luogo né il momento più adatto per certe cose! – insistette accanitamente, proponendosi ancora di farlo ragionare e di convincere se stessa a resistergli, perché erano nel bel mezzo di una ricerca dagli esiti ancora incerti e non potevano certo permettersi di cedere ad una distrazione così inopportuna e soprattutto insensata!
- Taci, Bulma! – l’azzittì imperativo Capitan Vegeta, premendole un palmo calloso sulla bocca prima che da essa potesse scaturire qualche altra fastidiosa sillaba – Non ti sopporto più – si fece sfuggire in un bisbiglio rauco ed esasperato, lasciando cadere lentamente la mano dalle sue labbra rosee, turgide, dischiuse e odiosamente invitanti che, sobillato da un irrefrenabile impulso, sigillò prepotentemente con le sue.
Il loro sapore era indiscutibilmente irresistibile, buono da ammattire, delizioso da far male, tanto che, prima di potersene avvedere, si ritrovò a divorarle con avidità, acchiappando con la mano libera un suo morbido fianco e attaccandola a sé, incurante della repulsione e dell’orgoglio con cui aveva fino ad allora domato quel corrosivo desiderio che gli incendiava le vene tutte le volte in cui i loro corpi si avvicinavano più del consentito.
Non era solo una questione di lussuria repressa, c’era anche dell’altro.
Quella finta svampita aveva passato il segno, aveva intenzionalmente e spudoratamente cercato un contatto intimo. E lui era stremato da quelle stupide schermaglie, da tutto quell’incessante punzecchiarsi e adesso voleva punirla per la sua impertinenza.
Forse castigarla era soltanto un labile pretesto, forse in un frangente così instabile per la sua autorità di Capitano non avrebbe dovuto lasciarsi irretire dal volgare bisogno della carne, ma dalla sua reazione tutt’altro che passiva riusciva nettamente a percepire che pure lei spasimava quel tipo di approccio.
Anche se avrebbe potuto rivelarsi uno sbaglio irrimediabile.
Infischiandosene momentaneamente delle conseguenze, la sollevò per la vita e la sbatté sul materasso, sovrastandola in un istante, intrecciando nuovamente le dita tra le sue ciocche azzurre e facendole reclinare il capo per poter raggiungere la sua giugulare. Pulsava così tanto che avrebbe volentieri assecondato l’istinto di squarciargliela invece di limitarsi a succhiarla forte come fece, attizzandosi ancora di più nel sentire che le sue unghie graffiavano la guizzante massa di muscoli con cui le si era avvinghiato addosso.
- Non dovresti fare sforzi eccessivi ... Ti salteranno i punti … Dovremmo rimandare! – ansimò tra un morso e l’altro Bulma in un ultimo barlume di lucidità, intuendo dalla sua dissoluta frenesia che non si sarebbe più fermato, ricercando con i polpastrelli la sua cervicale, tentando di esercitargli una certa pressione sul nervo vago2, sperando così di poterlo mettere fuori combattimento.
- Te lo scordi! – le ingiunse categorico Vegeta, afferrandole i polsi, insinuando un ginocchio tra le sue gambe, incastrandola sotto il suo massiccio peso – Oramai lo so cosa ti succede dopo il tramonto, pesciolino … - la schernì sarcastico e allusivo, elargendole una toccata eloquente che la esplorò da una guancia giù fino in mezzo alle cosce per poi ripercorrere a ritroso le armoniose curve del suo profilo, facendola vibrare di una conturbante aspettativa che riversò istantaneo calore liquido nel basso ventre, strappandole un flebile gemito.
Quella creatura aveva delle carni così bianche, tenere e profumate. Di lei avrebbe potuto fare un solo boccone, a partire dalla pinna caudale.
A quel pensiero la saliva iniziava ad accumularsi, gli si riversava nella bocca per prepararla al pasto tanto agognato. Lo stomaco si contorse, illudendosi di aver già ricevuto ciò che bramava. Il profumo inebriante del cibo diventò solido, poteva già pregustare l’aroma di miele speziato che avrebbe deliziato le sue papille, la soffice consistenza che sarebbe stata schiacciata contro il palato, sminuzzata e tranciata dai denti, scaldando le budella, riempiendole e annullando la loro inarrestabile protesta.
Lei ricominciò a lisciarlo e baciarlo sulla mandibola al che rinvenne da quell’aberrante visione. Non era ancora giunta l’ora per dare libero sfogo a quell’atavico appetito, ma ce n’era un altro altrettanto insaziabile che non appagava da parecchie maree.
Smaniava dalla voglia di saggiarla tutta, sentirla dimenarsi e boccheggiare vogliosa sotto di lui, supplicandolo di darle il tormento, ancora e ancora.
Senza rendersene conto, smise di palparla rozzamente e cominciò a toccarla con controllata irrequietezza, inspirando il suo stesso respiro agitato che le faceva ondulare dolcemente il petto, come risacca sulla battigia, mentre continuava a contemplarlo e ammansirlo con quelle ammalianti carezze, mandandolo in un’estasi escandescente.
- Sei tutta da assaporare. E voglio assaporarti tutta … - sussurrò licenzioso, strusciandosi su di lei e scendendo a tranciarle con i denti i lacci del corsetto, aprendole con una zampata la camicia per avventarsi sull’esuberante contenuto di quella sua scollatura sempre così generosamente esibita, leccandole e mordicchiandole la pelle liscia e rorida, più dissetante di acqua di sorgente, spostandosi poi a torturare quelle stuzzicanti punte di corallo, vorace e avido come un puma che stesse pasteggiando, godendo dei suoi languidi spasimi, di quel suo fiato rotto e sempre più affannato.
Con il cuore imbrigliato da un vortice di emozioni sconosciute, Bulma gli si aggrappò smaniosamente alle spalle nerborute, facendo scorrere le dita sul suo collo taurino, sfilandogli la bandana e poi introducendole tra i suoi folti e indomabili capelli, ricercando ancora la sua bocca per soffocare versi inudibili che le vorticavano nella gola ad ogni stilettata della sua lingua esperta e spregiudicata.
Quell’uomo era un dirompente concentrato di virilità e passione, e, per qualche misteriosa ragione, era forse l’unico essere vivente immune al suo nefasto veleno. Pur temendo ancora che probabilmente, a mente fredda, presto o tardi se ne sarebbe pentita, nell’averlo così stretto a sé, nel sentirlo così ardente, così innegabilmente bramoso di ciò che poteva offrirgli senza che ne morisse intossicato, smise di porsi irrisolvibili dilemmi morali.
Erano compatibili.
Ubriacata da quell’esaltante scoperta, volle provare a capire fino a che punto poteva osare, arcuandosi contro i suoi addominali pulsanti, inserendo una mano tra loro e cominciando ad allentare la fascia di stoffa che le reggeva i pantaloni, stimolando ulteriormente con tutti quegli sfregamenti il suo inguine duro che le premeva sul bacino.
Vegeta si puntellò su un gomito, rimanendo qualche istante a fissare la sua ignara vittima sacrificale, domandandosi se fosse pienamente cosciente di quello che stava cercando di fare o se presentisse qualcosa del destino funesto che l’aspettava.
Gli sorrideva, senza ritegno e senza paura. Aveva carattere, intelletto ed era davvero di una bellezza abbagliante, sensuale ed eterea. Le sue iridi erano acquose e brillanti, le guance sembravano stralci di nuvole rosseggiate dal tramonto, la piccola bocca rossa era simile a un bocciolo dischiuso.
Si abbassò a suggere ancora il nettare afrodisiaco delle sue labbra, scivolando con la mascella ispida a sussurrarle cinicamente all’orecchio: - Non farti strane idee. Se voglio prenderti ora, è solo perché domani notte ci sarà la luna nuova ed io dovrò ucciderti.
Bulma dapprima la intese come una becera battuta di umorismo nero, dopotutto lui non aveva mai lesinato di rivolgerle minacce di morte e supplizi che non si erano mai davvero concretizzate, ma un brivido gelido l’avvinse incontrando la sua espressione seria e compiaciuta, avvertendola che non si trattava solo di un’illazione: - Cosa? – fremette incredula, cercando di far leva con le braccia per respingerlo, credendo di asfissiare.
- Uccidendoti spezzerò la mia maledizione e toglierò di mezzo un altro pretendente alle Sfere del Drago. E questo significherà più desideri a disposizione per me – le spiegò lui con la più impudente e disinvolta ovvietà, riprendendo ad armeggiare con la cintura dei calzoni, senza staccarle di dosso quei due pozzi bui e profondi come un fondale ricco di misteri inesplorati.
A quella crudele rivelazione sentì a poco a poco svanire ogni fantasioso sogno romantico. Sarebbe voluta morire di lui, non pensava certo che sarebbe successo in senso letterale.
D’improvviso realizzò che, obnubilata dalla delusione, non stava quasi considerando che lui aveva detto qualcosa di terrificante: - Aspetta un momento … Di quale maledizione parli? Cosa c’entra la luna nuova? Che cosa diavolo sei tu? – strabuzzò attonita, cominciando a percuoterlo di manate, tentando di liberarsi dalla possessiva stretta con cui la teneva schiacciata contro di lui su quel giaciglio ormai madido e infuocato.
Di fronte al suo genuino e totale sconvolgimento, il pirata dannato quasi scoppiò a riderle in faccia: - Davvero non l’hai ancora capito? – la denigrò strizzandole i cedevoli fianchi, pronto ad espugnarli, ma poi annegò nei suoi specchi di mare e si adombrò, ripercorrendo inconsciamente le origini e le cause di quel maleficio che l’aveva colpito trasformandolo in qualcosa d’inumano a cui neanche lui sapeva dare un nome.
Un incalzante e concitato calpestio proveniente dell’esterno preannunciò che qualcuno stava per fare irruzione.
- Che iattura! – gorgogliò con riluttanza Vegeta, staccandosi dalle accoglienti forme della donna come stesse ritornando a galla dopo una piacevole immersione non prevista, riabbottonandosi in fretta lo sconveniente rigonfiamento della patta.
Sentendo picchiare alla porta, anche Bulma riemerse da quel momento di confusione e vulnerabilità, impappinandosi con quel che restava dei suoi vestiti per coprirsi alla bell’e meglio, non capacitandosi del tutto di quanto fosse appena successo tra loro.
Supporre che quel disonesto potesse prendersi gioco di lei la tormentava perfino più dell’inspiegabile rodimento che le procurava l’umiliazione di averlo sedotto e di essere stata da lui abbandonata senza che si fosse neanche tolto lo sfizio fino in fondo …
- La scialuppa è tornata, signore – informò un mozzo dalla carnagione olivastra, lasciando poi entrare i reduci dell’esplorazione sulla terraferma.
Non li avevano sorpresi in flagrante per una manciata di secondi, e lei, ritenendo di essere ancora visibilmente stravolta e troppo discinta, decise di rimanere per un altro po’ rintanata in quell’alcova, limitandosi a origliare.
Capitan Vegeta invece si era già ricomposto e appariva distaccato e tracotante disprezzo come sempre: - Beh, allora? Sputate il rospo – incitò spazientito i suoi, esaminandosi la lunga sutura al braccio sinistro che nascose poi indossando una casacca sgualcita cavata a caso da un baule.
Radish si appropriò di una sedia, facendola scricchiolare sotto il suo granitico sedere: - Il Palazzo reale è protetto da una guarnigione di tutto rispetto. Abbiamo contato almeno un’ottantina di guardie ben armate e una ventina di cannoni da venticinque libbre – fischiò massaggiandosi le cosce tornite – Ma la cosa interessante è un’altra. Proprio stasera si terrà una sorta di ricevimento per celebrare i vent’anni di regno dell’imperatore. Sono attesi molti forestieri.
- Personaggi di un certo rilievo. Riccastri e ricconi – continuò il discorso Nappa piazzandosi dietro di lui, un guizzo cupido ad arricciargli i baffi sottili – Quale migliore occasione per ricavare finalmente un bel bottino?
Il Capitano socchiuse le palpebre serrando i molari e i pugni, altamente irritato da quelle vuote ciarle: - Sì, è indubbiamente un’occasione ghiotta … ma dimenticate che siamo venuti fin qui per una ragione ben precisa: rubare quella dannata sfera! – rammentò loro in un travaso di bile che fece tremare le paratie – E quel ributtante rettile di Freezer farà di tutto per anticiparci! – sibilò rabbioso, cercando il conforto di una bottiglia per non sferrare qualche cazzotto su quelle teste bacate dei suoi ufficiali o addirittura scaraventarli direttamente fuori.
- Dopo tutto quello che abbiamo passato e sopportato, non potete negare agli uomini di divertirsi almeno con una buona dose di onesta pirateria – tornò a sfidarlo con puntiglio Radish, facendo vagare uno sguardo inquisitorio su ogni dettaglio dell’ambiente, ricercando la femmina di cui doveva aver percepito l’occulta presenza che lo rendeva tuttora inquieto e sudato.
Quel suo dolciastro effluvio di fiori impregnava l’aria chiusa della cabina, ricordandogli sin troppo esplicitamente l’amplesso che era stato costretto ad interrompere senza neanche gustarselo appieno.
- Abbiamo tutti quanti il diritto di guadagnarci qualcosa da questo viaggio infernale – lo distrasse ancora il tono cavernoso del suo calvo quartiermastro.
- Ah, c’è un’altra cosa che dovete sapere – s’intromise nuovamente il capelluto secondo di bordo, tirando fuori dalla giubba una saccoccia di noccioline che iniziò rumorosamente a masticare: - Gira voce che da stamane un vascello della Marina dei Sette Mari stia flottando ad un paio di miglia da qui.
Vegeta rielaborò ponderatamente tutte quelle notizie, constatando con stizza che i suoi sottoposti dovevano aver perso di vista quello che doveva essere il loro principale obiettivo, del quale non avevano fatto alcuna menzione nei loro resoconti.
Stava per sferzarli con un’altra sonora strigliata, ma fu preceduto dalla turchina, che sgusciò alla chetichella dalla rientranza del baldacchino, parlando al posto suo con spigliata audacia: - Niente attira l’attenzione come la violenza. Con tutti questi impedimenti, è chiaro che dovremmo agire d’astuzia, più che di forza – affermò con atteggiamento saputo, sfoderando la bussola cerca-sfere e piegandosi a studiare le mappe spiegate sul tavolo, lasciandogli intendere che non voleva farsi estromettere.
- Non guasta mai usare entrambe – proferì di contro il pirata, avvolgendola con un’occhiata torrida nel notare che Nappa e Radish si erano scambiati un cenno malizioso al suo audace ingresso con quel pezzo informe di stoffa annodato poco sopra l’ombelico, i capelli spettinati, le guance imporporate e i piedi scalzi. Perlomeno i larghi pantaloni candidi erano rimasti intatti.
- E siccome non esiste metodo più efficace di nascondersi se non mescolandosi tra la folla, io suggerirei di entrare dalla porta principale – seguitò a esprimere il suo parere non richiesto Bulma, voltandosi leggermente accigliata verso di lui.
- Cosa? – esclamò colto alla sprovvista dal non aver udito l’intero discorso.
- Ci introdurremo anche noi a quel gala a palazzo per trafugare la sfera – ribadì con logica inappuntabile la piratessa, guardandolo storto avendo capito che non la stava affatto ascoltando mentre gli esponeva la sua argomentazione a favore di quel piano d’azione.
Il moro filibustiere dovette zittire le risa sguaiate dei suoi compari, contrari quanto lui a una simile messinscena: - Ovverosia staresti suggerendo di prendere parte ad una stucchevole festicciola per smidollati? È fuori discussione. Siamo sporchi pirati, non damerini del cazzo – dichiarò stuccato da quella ridicola proposta, arrivandole ad un palpito dalle labbra imbronciate in una vezzosa ostinazione.
- L’alternativa potrebbe essere passare attraverso i canali di scolo del castello e imbrattarci di liquami puzzolenti. Magari beccandoci qualche infezione mortale – obiettò l’azzurra, sostenendo imperterrita la sua intimidazione – Quell’ambiente ti è più congeniale? – lo provocò sfiorandolo pericolosamente, evidenziando con l’incrociarsi bizzoso delle braccia il prospero e niveo seno su cui s’impuntarono nolenti i suoi occhi.
Gli altri percepirono nitidamente che tra i due scorreva ancora più tensione del solito, era quasi palpabile che nonostante la maggiore confidenza con cui si rivolgevano l'un l'altra fosse cambiato qualcosa.
- Beh, e se invece uccidessimo semplicemente tutti quanti quelli che ci si pareranno davanti? – abbozzò con schietto realismo Radish, trovando l’immediato appoggio di Nappa e di un altro paio di pirati lì radunati, che fecero risuonare il ferro, impazienti di poterlo utilizzare per sbudellare qualcuno.
Capitan Vegeta scansò sgarbatamente tutti, dirigendosi a studiare attraverso la vetrata il paesaggio intinto dai colori caldi dell’imbrunire: - Si farà a modo mio.


Sullo spazioso ponte della Castle of Fire, ormeggiata nelle acque verdognole che bagnavano il fronte orientale dell’Arcipelago dei Diamanti Blu, tre lame cozzavano in una danza frenetica che aveva già decretato il suo indiscusso vincitore.
I due che si erano proposti di sfidarlo solo per il gusto di misurarsi con la sua ben nota straordinaria abilità di spadaccino, consapevoli di essere in netto svantaggio, rinfoderarono le armi, complimentandosi con la sua smagliante forma fisica.
Il marinaio dalla ribelle zazzera corvina incassò le sincere lodi dei compagni e reclamò qualche sorso d’acqua per dissetarsi e rinfrescarsi dopo quell’intenso allenamento.
- Urca! Mi avete quasi fatto sfiancare! – esclamò con quel suo timbro cristallino, riponendo il mestolo su un gancio posto accanto al barile da cui aveva attinto un po’ di refrigerio.
I duellanti, col fiato ancora grosso e gli arti imbolsiti dall’acido lattico, gli si approssimarono, bevendo anche loro e approfittando della frescura offerta dall’ampia velatura dell’albero di mezzana.
- Sei proprio un asso, amico – si congratulò trafelato Yamcha, sedendosi su una cassa di legno e asciugandosi con un fazzoletto il sudore che gli impregnava la faccia – Darai filo da torcere a quel gran farabutto invasato di Capitan Vegeta!
- Spero proprio che me lo dia anche lui! – ribatté candidamente Goku, come se affrontare quell’abietto criminale per lui rappresentasse un banale impiccio come un altro di cui intendeva sbarazzarsi senza tanta ansia. Quel tizio aveva la fama di essere spietato e imbattibile e lui voleva verificare fino a che punto quella nomea fosse fondata.
Crilin intanto lucidò il suo fido cannocchiale: - Comunque sia, ancora non c’è alcuna traccia della Bloody Wench … - rilevò bisbigliando, sentendosi involontariamente indelicato nei riguardi dell’ex pirata con le cicatrici.
Questi contrasse le nocche e alzò il mento, parlando con una voce impastata d’incrollabile fiducia: - Avranno avuto i loro contrattempi, ma non possono essere lontani. Bulma non avrebbe mai potuto condurli altrove. Non c’è nessuno al mondo migliore di lei a interpretare indizi sulle carte.
Goku frugò nella giacca che aveva appeso a un chiodo durante quella sessione di scherma, estraendone un luccicante cofanetto tondeggiante: - Secondo questo strano aggeggio che mi ha regalato quel bislacco Re Kaio, tutti i possessori delle sfere si trovano nei paraggi – affermò alquanto perplesso anche lui dall’effettiva mancanza di avvistamenti.
Meditandoci su qualche istante, così come il Dio gli aveva insegnato, aprì il coperchio della speciale bussola e la riproduzione esatta del luogo in cui si trovavano comparve tra loro sottoforma di una proiezione tridimensionale dai colori fluorescenti.
I tre sussultarono accorgendosi delle lucine globulari arancioni che indicavano l’inequivocabile presenza dei nemici, ubicati proprio sul versante opposto a quello in cui si trovavano loro.
- Significa che mentre noi aspettavamo di incocciarli qui fuori, loro erano già riusciti a depistarci, intrufolandosi da un’altra parte? – tentennò inebetito Yamcha, non ancora del tutto persuaso del funzionamento di quell’antico oggetto ma abbastanza sicuro che quell’espediente rischioso sarebbe stato degno della folle donna che amava. Oltre che di quel fanatico spaccone con cui si era andata ad immischiare.
Il tenente Son annuì: - Avranno scelto di risalire da questa specie di fiume ad ovest, anche se sembra poco agevole rispetto ad altre vie d’accesso – osservò con un pizzico di sincero stupore – Questo singolo puntino quassù invece dovrebbe essere la Ice Lord – desunse col vago sentore che quella bonaccia sarebbe durata ancora per poco, sentendosi al contempo infervorare dalla prospettiva di poter combattere anche quell’altro temibile avversario.
- Goku? Tu pensi che ci saranno proprio tutti? – lo interpellò d’un tratto Crilin, in un misto di imbarazzo e sgomento.
Lui richiuse lentamente il coperchietto, rimanendo sovrappensiero a causa di un altro strano particolare che aveva richiamato la sua attenzione: - Uhm?
- Insomma, tutti gli uomini al servizio di Freezer, intendo … – lo riscosse ancora l’amico, stropicciandosi il berretto e farfugliando altri mugugni, fissandogli la spalla sinistra su cui già da parecchi giorni non portava più alcuna bendatura.
- Ah, ho capito – ridacchiò ironico Goku, intuendo a chi si riferisse con quel sottinteso – Ti domandi se incontreremo di nuovo anche quella biondina assassina? – gli strizzò un occhio, facendosi ilare.
- Quale biondina assassina? – s’interessò Yamcha, che pensava di conoscere, almeno di fama, tutti i più temuti esponenti della gilda della filibusta.
Goku finì di stringere le cinghie degli stivali e si alzò, incrociando le braccia dietro la testa: - Una delinquentella che si è lasciato scappare da sotto il naso, qualche tempo fa … - alluse innocentemente.
Sulle gote del giovane marinaio si manifestò uno spiccato rossore: - Si fa chiamare Mistress Diciotto – bofonchiò abbassando le pupille, davanti cui si stagliarono per l’ennesima volta le confuse immagini di quel loro breve ma incisivo scontro. La bella e sanguinaria piratessa lo aveva lasciato vivo solo perché potesse testimoniare il massacro che aveva compiuto insieme al fratello.
Era stato uno sbaglio madornale permetterle di darsi alla fuga senza opporre molta resistenza, perciò da quel maledetto giorno sperava di poter riparare quella vergognosa omissione che giudicava una macchia indelebile nella sua reputazione.
- Ah sì, ho sentito qualche racconto su di lei e sul suo gemello – asserì lo sfregiato briccone – È molto carina, vero? – si divertì a stuzzicarlo dandogli di gomito, avendo intuito il suo accaloramento.
L’irrompere tonante del Capitano Muten li riportò sull’attenti, distogliendoli da quello spensierato oziare: - Hey romanticoni! Adesso basta con le chiacchiere! Preparatevi a sbarcare!



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1Paracelso: medico, alchimista e astrologo svizzero vissuto tra XV e XVI secolo. Quella citata da Bulma è una delle sue più note frasi. Vi ricordo che lei sa di essere velenosa per gli altri uomini.

2Nervo vago: questa mossa si vede spesso adoperare nei film di azione o di arti marziali. Quando stimolato applicando una certa pressione, il nervo vago fa rallentare il cuore e diminuiscono notevolmente i livelli di pressione sanguigna, per cui può avvenire una momentanea perdita di coscienza.
   
 
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