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Autore: Willow Gawain    15/08/2009    0 recensioni
Una Dea della Morte dal passato oscuro e misterioso, un ragazzo col cuore spezzato che sembra avviarsi verso la cattiva strada. Un mondo in pericolo, in cui i conflitti hanno costretto le due grandi stirpi, la stirpe bianca degli Angeli e la stirpe oscura dei Demoni, a convivere. Un antico potere che sembra risvegliarsi dopo millenni di attesa. Un mistero a cui nessuno ha mai trovato risposta. Tra la Luce e il Buio può veramente esserci un altro potere? Un potere mille volte più forte dei primi due messi assieme? Un potere incredibile e misterioso, da tutti dimenticato? Un potere da cui la Luce e il Buio sono nati? Qualcuno non ha dubbi sulla sua reale esistenza, e farà di tutto per ottenerlo. In mezzo a questa avventura, Selyn Van de Moon, una giovane shinigami che odia le avventure e i guai, si troverà ad essere l'ago della bilancia, colei da cui dipende il destino del mondo. In una parola: Nihil.
Genere: Romantico, Dark, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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The Nothing Power

The Nothing Power

Capitolo 16: Il Potere del Vuoto

 

Non dimenticarti mai di me…

 

“Per chi combatti?”

-Io non combatto più…-

“Eppure fino a poco tempo fa eri convita di ciò che facevi”

-Ho fallito-

Dunque ti arrendi?”

-Sì-

“Moriranno tutti”

-Non puoi dirlo con certezza…-

“Tu sai chi sono io?”

-So chi sei-

“Io sono te”

-E allora che farai quando sarò morta?-

“Tu non morirai”

-Io morirò per salvare loro-

“No”

-Uh?-

“Finché io sarò dentro di te, tu vivrai. Sappilo.”

 

Non sapevo se quel che il Potere mi diceva in quel momento fosse vero. Sentivo solo i rumori intorno a me, le urla, gli ordini, i fulmini cadere poco lontani… Ma la mia mente era assente. Andavo incontro alla morte, stavolta ne ero certa. Eppure il Vuoto non sembrava stare dalla mia parte, e di ciò avevo paura. Quella sarebbe stata la mia scena finale, l’ultima apparizione… O forse una nuova prova, che avrebbe sconvolto la mia vita, rendendomi diversa? Ancora una volta… La mia vita non era in mano mia.

 

Ora so chi sono veramente… E, ad essere sincera, mi pento di averlo scoperto. Sono solo un contenitore, un oggetto. Oggi, avendo ormai perduto la mia utilità, verrò uccisa. Immagino che tenteranno di estorcere con la forza il Potere dal mio corpo, ma, come Zato aveva già spiegato durante una lezione, io ne risentirò. Ho sempre avuto un corpo estremamente fragile, dunque dubito che riuscirò a sopravvivere. Mi chiedo come stia Locke… E non solo lui, anche Zato, Larisse e Saber. Immagino che sentiranno la mia mancanza. Ma è meglio così, lo so. Sento il Potere crescere di minuto in minuto dentro di me, talmente grande, quasi immenso direi, da non sapere più se riuscirò a contenerlo. Eppure… Questo essere ha vissuto dentro di me fino ad oggi… Perché solo ora lo sento muoversi freneticamente, come in cerca di un modo per uscire? Credevo di aver finalmente ricomposto il puzzle che a lungo avevo tentato di riunire. Il Potere si manifestava lentamente -Zato lo aveva spiegato durante una lezione- ma se questo veniva sollecitato con la forza, poteva avere effetti disastrosi. Il mio aveva ricevuto una sollecitazione troppo forte durante lo scontro di Locke e Zato, dunque aveva cominciato a svilupparsi freneticamente, completamente fuori controllo. Aveva cominciato pure a parlarmi, e la cosa bella era che sembrava avere una propria volontà, ma soprattutto non voleva darmela vinta. Cominciavo davvero ad avere paura, ma non della situazione, bensì di quella cosa che si agitava dentro di me.

-Siamo pronti?-

Direi di sì.

-L’avete incatenata per bene?-

Posso assicurare che i ganci sono molto stretti. Ahi.

-Bene, procediamo. Attivate gli ultrasuoni-

 

“Beh? Che c’è?”

-Nulla…-

“Perché quella faccia? Sei preoccupata?”

-No-

“E allora?”

-Ho solo paura-

 

 

Un silenzio pauroso regnava assoluto padrone. La foresta sembrava essersi acquietata per partecipare al dolore dell’ormai distrutta Angel Devil Academy. Il cielo era completamente scuro, neanche la volta celeste si mostrava illuminata da stelle. La Luna si nascondeva tra le nuvole. Un vento più freddo del solito spirava, o forse esso era sempre lo stesso, ed erano i sensi di colpa a renderlo più freddo per Zato, il quale stava seduto su un macigno, con il capo stretto tra le mani, pensando. Poco lontano da lui la preside Sakura e la professoressa Milia Hioul discutevano animatamente sugli ultimi avvenimenti. Durante l’attacco almeno trenta studenti erano stati uccisi, ma la maggior parte era riuscita a salvarsi, e nel pomeriggio erano stati prelevati dai genitori, mentre la polizia angelica eseguiva gli ultimi accertamenti sul caso. La scuola ormai non esisteva più. Al suo posto vi erano solo un mucchio di macerie ancora fumanti. Tutti se ne erano andati verso sera, ed ora rimanevano solo la preside, il vice preside e i due professori.

-Dannazione, preside! Non è possibile che le abbiano cancellato la memoria!- esclamò Milia avanzando verso Sakura –Abbiamo urgentemente bisogno dello Specchio Mystico!-

-Vi ripeto che non mi ricordo niente…- tornò a difendersi la giovane ragazza. Aveva i vestiti sporchi di polvere, e il suo viso era visibilmente provato: neanche per lei era stata una battaglia facile –Insomma, venite qui a raccontarmi una storia assurda su una mia studentessa, affermando di volere uno Specchio Mystico che io non ho idea di dove sia- sospirò.

Il suo sospiro fu coperto da uno più profondo. Zato si alzò, raggiungendo le due –Ho ispezionato le macerie, ma non sembra esserci nessuna altra forza magica oltre le nostre quattro- rivolse uno sguardo provato a Milia, anche lui era molto stanco –sembra che lo Specchio sia andato distrutto-

-Ma come?!- esclamò delusa l’Angelo. Chiuse gli occhi, cercando di distendere i nervi. Tra tutti lei era quella che aveva avuto più da fare durante l’attacco, infatti aveva passato ore ed ore a curare gli studenti feriti. Si accomodò su un masso –Dov’è Locke?- chiese agli altri due.

-Il vice preside sta controllando la zona dall’alto- asserì la preside, la quale era l’unica a non chiamare per nome Locke, essendo ella più giovane di lui. Alzò lo sguardo proprio nel momento in cui una sagoma nera squarciò l’aria con un possente battito d’ali.

Locke odiava quel che stava facendo. Avrebbe mille volte preferito stare a terra a cercare lo Specchio assieme a Zato, per quanto i suoi diverbi col professore fossero insanabili. La priorità era salvare Selyn, non controllare se vi fossero altri sopravvissuti. Almeno per lui. Atterrò vicino agli altri tre, sperando con tutto il cuore in una qualche decisione presa in sua assenza –Nessun sopravvissuto. Ci sono novità?- chiese con voce atona. Il ragazzo, infatti, era lì solo col corpo, mentre con la mente correva alla ragazzina ora in mano a quei maledetti scienziati dell’Arc Organite.

-No, Sakura non ricorda nulla…- gli rispose Milia abbassando poi lo sguardo verso terra.

-Mi spiace di non potervi aiutare. Se ricordassi dove si trova questo specchio di cui parlate vi avrei aiutato volentieri- sospirò triste la preside –non posso credere che tutto questo sia stato fatto per una sola studente…-

-Zato- la interruppe Locke alzando gli occhi di ghiaccio al professore –Hai detto che tu lavoravi lì. Non ricordi nemmeno tu niente?- chiese con una punta d’accusa.

-Il laboratorio in cui io e Milia lavoravamo…- rispose pronto il professore –fu distrutto dalla tua ragazza. Sicuramente hanno trasferito la base, e non abbiamo nessun altro modo per scoprire dove sia- brontolò tra sé e sé. Zato collaborava sì… per il momento. La sua indole troppo orgogliosa gli imponeva di lavorare da solo. Non appena sarebbero giunti all’Arc Organite –se mai l’avessero raggiunta- avrebbe continuato da solo.

“Come accidenti posso fare… ?!” pensò il vice preside disperato, si sedette sull’erba ghiacciata, sperando in un qualche miracolo che li aiutasse a ritrovare Selyn. Ancora, ogni volta che chiudeva gli occhi, se la trovava davanti, piccola e indifesa, col solito aspetto malaticcio, sempre più bianca, con quel suo sorriso tenue, sempre pronta ad illuminare la sua giornata. Ma poi… la mano di Elian che cadeva minacciosa su quella gracile figura, portandola via. Era stato uno stupido… non avrebbe mai dovuto coinvolgere la piccola Selyn fino a quel punto. Forse, se quel maledetto giorno non avesse confermato i sospetti della donna nemica, la ragazzina non sarebbe stata catturare e avrebbe avuto ancora una possibilità per scappare. Chissà dov’era in quel momento… non poteva sopportare il pensiero che, con tutta probabilità, le stessero facendo del male “Selyn…”

In quel momento però, la pace notturna tanto a lungo sospirata venne nuovamente turbata da un suono assordante. Con un’esplosione di luce che mozzò il fiato ai presenti, un varco di pura magia apparve innanzi al vice preside. Esso mostrava al suo centro un tunnel assolutamente nero, attraverso cui due gracili figure si facevano avanti. Locke scattò in piedi, nella sua mano già era comparsa la sua magnifica spada di potere spirituale. Stessa cosa valeva per Zato, il quale già si mostrava pronto alla battaglia, anche se la possibilità che fossero ancora agenti del’Arc erano molto remote.

Infatti quando la luce finalmente si scemò, permettendo ai presenti di vedere finalmente in volto i nuovi arrivati, le supposizioni di poco prima si cancellarono. Una ragazza dai lunghi capelli neri e lo sguardo duro, accompagnata da un ragazzo più grande ma poco più alto di lei, atterrarono sull’erba fredda.

-Finalmente siamo arrivati!- esclamò la ragazza sospirando, quindi si apprestò a scrutare con occhi vigili i presenti, inquadrando soprattutto Zato e Milia. Alzò un dito, puntandolo contro i due –Voi due! Vi siete lasciati fregare quella bambinetta, vero?-

-Non cominciare per favore- esordì il professore, sedendosi dove poco prima stava Locke –dammi retta, è già abbastanza difficile senza che voi due ci mettiate lo zampino-

-Ma chi sono questi due?- chiese la preside, curiosamente scrutando gli sconosciuti.

-Ben arrivati!- Milia si precipitò dai due, sorridente. Quindi si voltò, apprestandosi a fare le presentazioni –Preside Sakura, signor Ai, questi sono Chris e Seven. Ehm…- si rivolse a Locke, sapendo che Sakura non avrebbe comunque creduto alle sue parole –i due esperimenti che l’Arc conduceva nel periodo della creazione di Selyn-

-Sapete come arrivare all’Arc Organite?- chiese diretto il ragazzo. Si notava che non gliene fregava assolutamente nulla di chi fossero quei due. L’unico pensiero che in quel momento assillava il Demone era trovare un modo per liberare la ragazza. Non riusciva ancora a scrollarsi di dosso il senso di colpa.

-Calmo, calmo- lo frenò Seven, ma questa fu a sua volta frenata da Chris, che fece un passo avanti.

-Sappiamo cosa è successo- cominciò l’Angelo –lo abbiamo sentito. Fino ad oggi siamo stati in Islanda, in attesa di avvertire la minima vibrazione di magia che ci riconducesse a Selyn. Solo un mese fa abbiamo sentito la prima vibrazione, ma non eravamo sicuri che fosse lei…-

Zato e Locke si scambiarono un’occhiata veloce. La vibrazione a cui si riferiva Chris la ricordavano bene entrambi, infatti era accaduta un mese esatto prima, durante il loro scontro il giorno del funerale di Xion, durante il quale Selyn aveva sprigionato per la prima volta il suo potere, con conseguenze devastanti non solo per il fisico della ragazza, ma anche per molti altri studenti, che aveva risentito gravemente di quell’esplosione assurda di magia.

-O forse speravamo in due che si sono rivelati inetti- borbottò la mora dietro di lui.

“Ha ragione…” si ritrovò a pensare il vice preside. Avevano fallito. Tuttavia quella ragazza gli stava già antipatica, nonostante non avesse motivo preciso.

-Sì, sappiamo dove si trova l’Arc Organite- riprese il ragazzo bloccando con una mano la mora, imponendole il silenzio –e vi condurremo lì-

-Bene- Zato si alzò immediatamente –non c’è tempo da perdere-

-Come intendete fare?- chiese Milia facendosi da parte. Lei non sarebbe andata, era bastata una rapida occhiata del professore a farglielo capire.

-Creeremo un’aperta spaziale che vi condurrà lì. Terremo il varco aperto- prese la parola Seven –altrimenti potremmo avere problemi a riaprirlo nello stesso luogo. Ma rendetevi contro che i nostri poteri sono in voi, dunque noi ora siamo deboli- si voltò, alzando le mani al cielo, e così fece anche Chris –avrete al massimo un’ora, dopodiché saremo costretti a richiudere il portale e dovrete cavarvela da soli-

-Sì, va bene- annuì il vice preside avvicinandosi ai due –faremo in fretta-

-Sì, sarà una toccata e fuga- continuò spavaldo il professore. Passando però accanto a Milia, questa gli prese il braccio, con occhi supplicanti –tranquilla- la rassicurò lui con uno dei suoi rari mezzi sorrisi –vado, li ammazzo e torno- la donna gli sorrise, rincuorata. Si sapeva: quando lui si metteva in testa qualcosa nessuno poteva smuoverlo. Anche se un difetto di Zato era quello di insistere a fare tutto da solo, spesso così creandosi problemi che magari avrebbe evitato agendo con altri. Anche quella volta sarebbe andata così, era ovvio, infatti aveva parlato alla prima persona singolare, escludendo Locke. Ma stavolta era diverso: era difficile, e le probabilità di riuscita non erano mai state così basse.

Chris sorrise, mentre Seven sbuffava davanti a quella scenetta. Si voltarono, alzando entrambi le mani al cielo, e in quel preciso istante una piccola scossa mosse la terra. Il vento soffiò più forte scuotendo l’erba ghiacciata e spostando le macerie più piccole di qualche metro. La magia confluiva nelle mani dei due ragazzi, trasformando ogni singola particella spirituale di quel luogo immerso nella magia in potenti onde energetiche atte a piegare il tessuto dello spazio, aprendo così, davanti agli occhi allibiti dei presenti, un grande varco, abbastanza largo per farvi entrare tranquillamente due persone, dai contorni luminosi eppure sfocati, che andavano pian piano mescolandosi col nero della notte. La sua consistenza era effimera, eppure la potenza emanata poteva essere sentita benissimo, quasi toccata con mano.

-Niente male- disse il professore con un sorriso compiaciuto. Si voltò verso Locke, il quale però stava già camminando con passo piuttosto veloce e deciso verso il portale. Il professore sospirò, rassegnandosi, quindi lo seguì.

-Un’ora - ripeté il vice preside, addentrandosi nel varco senza aspettare risposta, seguito a ruota dal professore e dagli sguardi preoccupati di quelli che sarebbero rimasti lì.

 

 

“Eccoli!”

-Sì, li ho sentiti…-

“Sapevo che sarebbero venuti! Non sei felice?”

-No. Loro non dovrebbero essere qui-

“Era scritto che sarebbero venuti, non crucciarti

-Li rimanderò a casa!-

“Resta a guardare”

-E lasciarli morire?-

“Loro non moriranno. Stanne certa”

-Non avevi detto che sarebbero morti tutti?-

“So manipolare bene la mente altrui”

-Io voglio aiutarli…-

“E allora cosa aspetti?”

-…-

 

 

La prima cosa che Locke avvertì fu una sensazione molto brutta, come se si fosse immerso in una specie di strano liquido appiccicoso. Una sensazione decisamente disgustosa. Eppure non sembrava esserci consistenza in quel luogo strano, come se quella stessa robaccia che sentiva addosso fosse allo stato gassoso. Molte volte era passato attraverso buchi spaziali, ed ogni volta all’inizio era davvero orrendo. Ma durava sempre pochi secondi –per fortuna-, infatti poi il fastidio spariva per lasciare spazio ad un’anomala freschezza. Sembrava di correre contro il vento mentre questo ti sferzava vivacemente il viso, ma non faceva troppo male, anche se era abbastanza forte da procurarti qualche leggero graffio. Il ragazzo cercò di aprire gli occhi, senza però riuscirvi bene. La prima cosa che vide fu un’esplosione di luce fortissima, la quale però non li procurava nessun fastidio. Pensò che probabilmente la cosa era in qualche modo legata a quel potere trasmessogli da Chris. Stava letteralmente galleggiando nel nulla, o meglio in uno stranissimo tunnel colorato di bianco e striato di blu, sembrava davvero di trovarsi dentro un film fantascientifico. La gravità era del tutto assente, si sentiva una foglia portava in volo dal vento. Volava molto velocemente, attraversando il tunnel con una serie di capovolte, giravolte, capriole involontarie. Anche volendo non riusciva a controllare il proprio corpo. Non riusciva a vedere Zato, probabilmente era troppo indietro, o troppo avanti, o chissà cosa… Tuttavia era sicuro che sarebbero giunti insieme. E così fu.

Avvertendo una fortissima emicrania che lo costrinse a chiudere gli occhi, il ragazzo svenne per qualche secondo, avvertendo solo il vento attorno a lui. Quando riaprì gli occhi aveva appena poggiato i piedi per terra. Si voltò, ritrovando il portale alle sue spalle. Zato a pochi metri da lui. Pensò che era un peccato, avrebbe preferito perderlo durante la traversata. Ma, dopotutto, una mano gli sarebbe servita.

-E così questa la famosa Arc Organite?- chiese con tono ironico guardandosi attorno. Era una stanza perfettamente poligonale, senza alcuna decorazione, il colore dominante era il grigio spento, macchiato dell’azzurro delle porte scorrevoli. Vi era un fortissimo odore di reagenti chimici, quasi da dare allo stomaco, e il ragazzo dovette deglutire cercando di calmare la cena che sembrava pronta a fuoriuscire. Lui non si era mai recato nella sede dell’Arc, aveva stretto il patto con Als per il ruolo di saied nel “luogo” in cui “viveva” al tempo. Semplicemente una stanza di albergo diversa per notte. Da vagabondo senza speranze ora si ritrovava lì, a tentare il disperatissimo salvataggio della ragazza che amava.

-Sì, un brutto posto, vero?- il professore si era avvicinato al vice preside, massaggiandosi piano un gomito sbattuto durate l’atterraggio, che fece poi sonoramente crocchiare.

-Avrebbe bisogno di una bella ristrutturazione- propose con voce bassa Locke, mentre un sorriso che non prometteva nulla di buono gli illuminava il viso.

-Voglio proprio vedere se reggerai la mia velocità- lo provocò ancora Zato, che già stringeva nella mano destra la spada con cui già una volta lo aveva minacciato. La lama rossissima, più cremisi che mai, l’occhio incastonato nell’elsa già scrutava curioso, ansioso di colpire.

Ma Locke era già partito all’attacco. Impugnando nella mano destra un arco blu senza consistenza, semplicemente formato dalla magia del vice preside, si era lanciato contro la prima porta. Alzò la mano libera, con la quale fece per caricare una freccia. Ma dov’era la freccia? Un secondo dopo la porta esplose in un tripudio di fumo e macerie, e all’istante un freddo e rumoroso allarme cominciò a squillare in tutto l’edificio, mettendo tutti in allerta. Da dietro il ragazzo, il professore si fece avanti, curioso di scoprire quella nuova tecnica. A quanto pareva quella era l’arma segreta del giovane vice preside: un arco composto da forza spirituale e frecce trasparenti del medesimo materiale. Nonostante la giovane età sapeva pienamente padroneggiare i propri poteri: davvero ammirevole. Se non fosse stato per quella testa calda…

-Fermi!-

L’urlo maschile giunse dall’altra parte del fumo, e Zato prese subito la parola, superando Locke –Non sprecare frecce- sapeva che sarebbe stata difficile, ma almeno per ora potevano andare tranquilli. Erano tutti avversari deboli. Locke fece qualche passo avanti, mentre il fumo veniva trasportato dal vento, lasciandogli un maggiore campo visivo. Non ebbe neanche il tempo si spostarsi che uno schizzo di sangue andò a sporcargli la camicia bianca, o meglio, magari un tempo era stata bianca. Dopo gli eventi di quella giornata era grigia tendente al nero. Fece un passo avanti senza nessuna preoccupazione, ergendo attorno a sé una tenue barriera azzurra. I suoi passi risuonavano nel silenzio. Era solo uno? Possibile? Li reputavano così deboli da mandare un solo uomo a fermarli? Non fece in tempo a continuare quel pensiero che ebbe subito la risposta.

Con un balzo si portò all’indietro, giusto in tempo per evitare che un dardo lo trapassasse da parte a parte. Il fumo di certo non lo aiutava ad individuare alla perfezione il nemico, ma sentiva un’aura potentissima davanti a lui, talmente grande da espandersi per buona parte della stanza, era praticamente impossibile capire dove si trovasse esattamente... l’arciere?

 

 

Rabbia. Tanta rabbia, ma anche tristezza, e soprattutto una grande noia, ecco cosa provava Zato correndo per i corridoi dell’Arc Organite. Gli allarmi strillavano così forte da assordarlo, ma non demordeva dall’obiettivo che si era prefissato: trovare quel ragazzino che, da bravo ragazzino, si era perso. Era scomparso nel nulla durante l’esplosione, e a Zato era toccato andarlo a cercare. Come se già la situazione non fosse tra le peggiori…

Quel luogo scatenava nel professore una seria di interminabili emozioni. Qualcosa di simile alla nostalgia, infatti quel luogo, anche se non propriamente quel sito, era stato la sua casa per molto tempo, e proprio lì aveva conosciuto alcune tra le persone che aveva stimato di più e che aveva cominciato a reputare una “seconda famiglia”. Milia prima tra tutte, giovane scienziata dalle promettenti capacità, sir Van de Moon, il “padre” della piccola Selyn, la ragazzina stessa, appena creata, come un miniscolo esserino completamente bianco che pesava sì e no sei chili dimostrando sette anni. Scosse la testa cacciando quei pensieri. Ora su di lui vigeva solo la voglia di strozzare quel ragazzino completamente inetto. Dove si era cacciato?

-Finalmente ti vedo…-

L’aura fino ad allora nascosta improvvisamente si mostrò in tutta la sua potenza, scombussolando Zato, il quale, rendendosi conto di essere caduto in trappola, si voltò verso quella nuova fonte di magia, sentendo già dei leggeri e regolari passi accompagnare una figura che sbucava dalle tenebre, ponendosi sotto la luce artificiale, rivelandosi una donna, una donna bellissima.

L’uomo rimase a guardarla giusto un attimo, quanto bastava a capire chi fosse la sconosciuta. Sembrava molto potente e sicuramente di un alto rango nella scala gerarchica dell’Arc Organite, ella infatti era accompagnata da delle guardie vestite di nero con il viso coperto da maschere antigas, ma quando questi si avvicinarono a Zato con l’intenzione di colpirlo, ella li bloccò tutti con un sol gesto, alzando la mano. Voleva essere lei sola a battersi con lui.

-Mi sfugge il vostro nome, madame- il professore rimase immobile a fissare coi propri occhi quelli della donna, che sembravano risplendere d’ira, quasi quanto quel sorriso folle che le si era disegnato sul viso mentre squadrava l’uomo. Quel traditore rimasto impunito.

-Ti concederò l’onore di conoscere il mio nome solo a fine battaglia- questa fu la risposta placida della donna, mentre avanzava di un passo.

-Non sono d’accordo con questo metodo- la risposta sempre pronta di Zato non mancò neanche stavolta. Rilassò i muscoli, alzando la spada fin quando la punta di questa non fu all’altezza del suo fiso, tagliando perfettamente in due la figura maestosa della donna che gli si ergeva innanzi col viso ancora illuminato da quel folle sorriso –Infatti ti concederò di conoscere sin da subito il nome dell’uomo che ti ucciderà- ora anche il volto di Zato era illuminato da un sorriso quasi sadico, bramoso di spargere il sangue di quei disgraziati per cui Milia era morta e Selyn stava per essere uccisa –Janus Cascade- dunque si lanciò all’attacco.

Gli uomini di scorta si erano appena ritirati dietro la porta da cui la donna era entrata, mentre ella, immobile, aspettava il colpo di Zato. Quando furono a un metro l’uno dall’altra, ella, con velocità improvvisa, si spostò, usando il piede destro come baricentro di rotazione, evitando la spada del professore e portandosi alle sue spalle. Questa manovra fu talmente veloce da scombussolare per un attimo Zato, il quale però, realizzando come si erano svolte le cose nella propria mente, si voltò per contrattaccare prima di essere colpito. Ma quando si voltò fu ancora una volta colto di sorpresa. Si ritrovò davanti se stesso. La sua stessa spada gli si conficcò nella spalla, procurandogli un dolore acuto. Con un balzo all’indietro si allontanò dalla… donna? Il sorriso da sadico era diventato curioso, come quello di uno scienziato che ha appena trovato qualcosa di simpatico da studiare. Ignorò completamente la spalla grondante di sangue, il quale fluiva velocemente, colorandogli di rosso la camicia che da quella mattina indossava. Era abituato al dolore, e quella ferita da due soldi non gli avrebbe stata di inghippo. Solo una differenza ora: stringeva la spada con maggior vigore, confidando nella rabbia che in quel momento gli ribolliva nelle vene.

-Doppelganger…- rise in faccia a se stesso. Dunque era quello il potere della sua avversaria: emulare.

-Ci sei arrivato?- fu la risposta del secondo Zato, che ora, con più forza rispetto a prima, si avventava sul primo.  La forza fisica sembrava il punto di forza della copia, la quale aveva anche un’elevatissima velocità. Ciò fece ragionare Zato mentre parava il suo nuovo attacco frapponendo tra sé ed ella la spada rossa, in un incontro di lame dalle quali partivano scintille rosse di magia. I due contendenti finalmente potettero incontrare i loro occhi, e allora il vero Zato notò un errore nella copia che lo fece sorridere –Hai sbagliato- rise in faccia a se stesso.

-No. Tu hai sbagliato- ribadì immediatamente l’altro con una forza spaventosa, sembrava davvero pieno d’ira nei confronti del professore. Pian piano si stava alzando sempre più, sovrastando il professore con la sua forza replicata sì, ma incredibilmente vigorosa. Ora la schiena del vero Zato si stava piegando all’indietro, nello sforzo di reggere il confronto. Come poteva una donna all’apparenza così tranquilla essere così mostruosamente forte?

-A quale delle mie tante colpe ti riferisci?- la provocò ancora il professore con l’intento di farle perdere la pazienza. L’aura emanata dall’avversario era davvero enorme, e l’uomo non poteva fare a meno di chiedersi se fosse davvero il caso di perdere tempo a cercare un punto debole o attaccare cercando di sfinirla. Una via doveva esserci per forza. Per il momento si limitava a resisterle con la colonna vertebrale tremante per lo sforzo, tuttavia reprimeva ogni voglia di riposo, troppo concentrato sulla lotta.

-Tradire l’Arc Organite- fu la secca risposta del doppelganger, accompagnata in seguito da un violento strattone col quale la copia si lanciò all’indietro con un balzo, atterrando pesantemente sul pavimento assieme allo spadone, la cui punta ora sfiorava appena il lastricato, tenuto sollevato di pochi millimetri dalla copia. Alcune nuvole di fumo si alzavano da terra, oscurando un po’ la vista dei due contendenti. In lontananza si udivano allarmi suonare imperterriti, nonostante ormai tutti sapessero dell’invasione. Il Zato-copia mostrò un altro sorriso a quello vero, rialzando la spada –Per questo ti ammazzerò!- esclamò lanciandosi di nuovo all’attacco dell’avversario.

Schivando un fendete fin troppo potente che andò a conficcarsi nel pavimento rovinandolo non poco, Zato fece leva sul piede destro, spostandosi di poco, quanto bastava per rialzare la spada e, coi muscoli tesissimi a causa dello sforzo compiuto poco prima, indirizzò l’arma contro l’avversario, attaccandolo in orizzontale. Ma l’altro Zato fu altrettanto sveglio, infatti, avendo conficcato la punta della spada nel pavimento, la usò come baricentro per una rotazione di novanta gradi a destra, evitando così il colpo proveniente dalla sinistra. Subito dopo, con una mossa veloce, con un rumore sordo estrasse la spada dal pavimento, proprio in tempo per evitare un nuovo fendente della stessa natura del precedente. Si esibì quindi in un salto con cui superò in altezza Zato, attaccandolo dall’alto mentre con un piede si preparava a sferrargli un calcio nello stomaco per bloccargli una possibile fuga. Il professore sostenne il colpo di spada bloccandola ancora una volta con la sua, e i due si ritrovarono esattamente come prima, ma stavolta due cose andarono diversamente: Zato subì silenziosamente il calcio, reprimendo il dolore. Non sarebbe di certo stato quello a fermarlo. Dall’altra parte, il doppelganger non resistette a lungo in aria, dunque fu costretto ad un salto all’indietro, per tornare nella posizione di prima.

“E’ la mia occasione” pensò il professore mentre, con uno scatto, si lanciava contro il nemico con la spada puntata. Questa venne ancora parata dalla copia, la quale sembrava decisamente più forte, almeno fisicamente, del professore. Ancora una volta il professore poté incontrarsi faccia a faccia con il doppelganger, e stavolta non si trattenne dal rimproverargli –Hai sbagliato. I miei occhi sono azzurri, non blu- una risata divertita fece capolino sul suo viso. La copia inarcò un sopracciglio rivolgendogli uno sguardo interrogativo? Davvero aveva sbagliato? Sì. Ma il suo errore più grande non fu quello dell’occhio, bensì quello di ritrovarsi sorpreso davanti all’affermazione del professore, il quale colse immediatamente l’occasione. Certo, la copia possedeva una forza fisica superiore alla sua. Ma non il Potere del Buio.

Attorno all’uomo cominciò ad infittirsi una coltre nera si ombre, le quali andavano a confluire nel suo spadone. Non era sicuro che quel sistema avrebbe funzionato, ma tanto valeva provare. La sua aura si espandeva in modo sproporzionato e pauroso, segno per persino per lui, Demone antico e di tutto rispetto, era difficoltoso usare quel potere senza che esso si ritorcesse contro di lui. Sul viso del doppelganger si dipinse un’espressione di disgusto verso il professore: aveva capito che ormai c’era ben poco da fare contro un potere simile. Lo spettacolo era molto impressionante, infatti, una volta che le ombre furono state assorbite dall’arma, questa si colorò di uno strano nero striato di cremisi. La potenza dell’arma aumentò smisuratamente, calando con vigore su quella dell’avversario, il quale provò a resistere con uno sforzo immane, lo si capiva dai muscoli tremanti e le gocce di sudore che gli solcavano il viso. Ma dopo pochi secondi cadde. La potenza del Potere del Buio lo sovrastò, e Zato poté finalmente affondare l’arma nel petto del nemico, poco a destra del cuore. Il doppelganger piombò a terra riassumendo finalmente la sua vera forma, quella di una donna bionda e bellissima ora col petto squarciato, grondante di sangue. Il liquido rosso si estese a macchia d’olio sul pavimento, bagnando anche le scarpe del professore, in quale giaceva appoggiato contro la sua spada col fiatone, cercando di riprendersi dallo sforzo appena compiuto. Aveva vinto. Il Potere del Buio si ritrasse dentro di lui sotto forma di silenziose ombre.

-Ti ho sconfitta…- sussurrò il professore con un sorriso stentato, mentre riprendeva fiato.

Inizialmente non ottenne alcuna risposta dalla donna, la quale sembrava troppo sconvolta per parlare. Aveva perso, e dunque tutta la sua vita, dedita solo a quello scopo, l’uccisione del traditore, era diventata improvvisamente vana. Dalla bocca della sconfitta sgorgava liquido rosso, mentre questa riprendeva fiato, sopraffatta da quel potere. Gli occhi dapprima sgranati ora semi chiusi, cercava di mettere ben a fuoco il mondo, senza però riuscirvi. Un dolore lancinante e la vista appannata glielo impedivano. Si sforzò di parlare, ritrovandosi però a sputare altro sangue –Hai vinto- affermò. Eppure, nonostante la sconfitta, sapeva di aver dato il massimo di se stessa, dunque se ne sarebbe andata tranquilla, sapendo di aver lottato per i propri ideali, per quanto sbagliati questi potessero essere –Immagino che non ti interessi conoscere… il nome della persona… che hai sconfitto- sussurrò tra colpi violenti di tosse.

Zato rialzò la spada. Finalmente si stava riprendendo dallo sforzo, anche se i muscoli dolevano molto e le forze languivano. Le rivolse uno sguardo cattivo –No- asserì, quindi riprese la sua ricerca, lasciando la donna alla morte.

 

 

-Zato ce l’ha fatta…- sorrise la piccola Selyn alzando lo sguardo. Scosse un po’ il capo per scrollare da sopra gli occhi le grandi gocce di sangue che le calavano sul viso. Finalmente una piccola speranza si dipingeva davanti agli occhi della ragazzina. Si trovava in una brutta situazione, ma sapeva che avrebbe potuto scappare senza problemi. Quelli dell’Arc non erano molto intelligenti. L’avevano incatenata per i polsi e per le caviglie con catene talmente tanto strette da farle molto male e addirittura causarle diversi tagli. Le avevano inoltre provocato un lungo taglio sul capo, al centro della testa, tendente verso sinistra, e in effetti era stata una buona idea per renderla meno lucida. Inoltre, era stata rinchiusa in un stanza insonorizzata, con la sola compagnia di tremendi ultrasuoni che confondevano la ragazza, impedendole di ragionare. Stava immobile, vestita solo con un camice bianco quasi quanto la sua pelle ormai sporca di sangue, sudore e polvere. Si era rannicchiata in un angolino della stanza con il capo stretto tra le mani doloranti, immobile, silenziosa, senza dare segni di vita. Già, quelli dell’Arc Organite non erano molto intelligenti. Dopotutto, quali precauzioni prendere contro una bambina dai poteri immensi e divini? Quella piccola dea che sembrava così mansueta, in realtà non lo era affatto… Rinchiusa nel Suo mondo parallelo, faccia a faccia col Suo Potere, ella stava benissimo, e parlava, parlava, cercava in tutti i modi di venire a capo di quella situazione che di minuto in minuto si faceva peggiore. Era meglio uscire e provare a scappare? Ma se l’avessero seguita e avessero continuato a braccarla con un povero animale ferito?

“Allora è meglio ucciderli tutti ora, non credi?” le fu proposto.

-Sì, lo so… ma non voglio sporcarmi ancora le mani…- ammise ella. Già si era macchiata della colpa dell’assassinio di Mitsuki, non avrebbe sopportato altro.

“Sei debole.”

-Lo so, cosa credi?- un certo accento scocciato era udibile nella voce della ragazzina mentre, assieme al Potere del Vuoto, scrutava quello strano mondo in cui si erano rifugiati. Il vuoto assoluto regnava, e nessun segno di vita oltre i due sembrava esserci. La ragazzina era seduta per “terra” davanti ad un’aura bianca impalpabile, la quale la scrutava dall’alto in basso. Nihil sembrava piuttosto deluso, ma in quel momento la ragazza era talmente indecisa e debole da rischiare grosso in caso di combattimento –Perché il mio corpo non sostiene lo sforzo di usarti?- domandò di punto in bianco, senza alzare lo sguardo dalle proprie mani poggiate sulle gambe –Locke e Zato non hanno problemi a usare i loro poteri. Io invece sto male se ti uso. Perché?- il tono di voce incrinato lasciava a intendere quanto questa cosa la facesse soffrire. Persino in questo si sentiva inferiore al professore e al vice preside.

“Perché sei giovane, è normale che tu non mi sappia usare” spiegò con voce abbastanza tranquilla il Vuoto. Tuttavia Selyn non poteva fare a meno di chiedersi se quella voce che sentiva riecheggiare fosse vera o in realtà fosse solo un’illusione che Nihil utilizzava attraverso i propri poteri psichici per proiettarsi nella sua mente e comunicare con lei “inoltre io non sono come la Luce e il Buio. Io sono qualcosa di più, nessuno può controllarmi al meglio. Senza contare che tu hai un corpo debole per natura

-E allora perché hai scelto me?!- esclamò la ragazzina alzando lo sguardo –Una mezza Angelo e mezza Demone oltretutto mezza morta sin dalla mia creazione!-

“L’hai detto” la interruppe Nihil “tu non sei nata. Sei stata creata, e dentro di te avevano impiantato un potere molto primordiale per permetterti di sopravvivere in questo mondo dove sopravvive il più forte! Io, il Buio e la Luce ci reincarniamo in tre esseri accomunati da qualcosa, dunque abbiamo scelto te e gli altri due esperimenti. Anche se… beh, c’è di meglio di te”

-Grazie, Nihil! Sei davvero molto incoraggiante!- sorrise ironicamente la piccola Selyn, alzando lo sguardo al Potere –Non mi sono mai sentita più inetta, ma ti voglio bene-

“Stupidi umani…” ovviamente al Potere non sfuggì il tono ironico della giovane.

-Non c’è un modo per sconfiggerli senza ucciderli?- provò ancora la ragazza.

“No. Lo sai benissimo che ti darebbero la caccia. Sono caparbi” rispose pronto il Potere dandole le “spalle”.

La ragazza sospirò abbassando il capo. A quanto sembrava non c’era davvero altra scelta. Aveva ucciso una persona, le sue mani si erano macchiate si sangue, proprio come un’altra volta in passato, quel passato doloroso che cercava di dimenticare. Stavolta però non aveva alternativa. Per il bene del mondo avrebbe dovuto alzare la testa. Era un’impresa disperata, sperava di non causare troppe morti, ma che altro si poteva fare a quel punto? Ora che Locke e Zato erano venuti a prenderla? La scelta che stava per fare la faceva soffrire molto, ma era l’unico modo per sopravvivere. Forse era stato un male lasciarsi catturare, ma ora poteva agire addirittura da dentro l’Arc Organite.

“Hai deciso?” il Potere tornò a guardarla, come se avesse percepito i pensieri della piccola.

Selyn alzò lo sguardo fino ad incontrare un occhio del Potere, qualcosa di assolutamente inumano, né tantomeno descrivibile. Qualcosa che la osservava immobile, trasmettendole onniscienza infinita e al contempo tanta, tanta paura. Ma quello era il suo Potere, e non doveva aver paura di lui. Per dieci secondi buoni regnò il silenzio, dopo il quale la ragazzina prese un alto profondo sospiro, alzandosi in direzione del Potere, con occhi sicuri e decisi. La ragazza annuì –Sì-

 

La porta della sala in cui la ragazzina pericolosa era tenuta prigioniera esplose. Il gran fracasso venne udito nonostante gli allarmi attivatisi poco prima squarciassero ancora l’aria col loro trambusto. A quel punto persino gli allarmi anti incendio cominciarono a gettar acqua a fiotti, nell’intento di spegnere un fuoco piuttosto violento causato dalla ragazza ricoperta di sangue che varcava la soglia della stanza in cui era stata tenuta prigioniera. Intorno a lei si affrettavano uomini armati di fucili intenti a spararle, l’ordine era di fermarla a tutti i costi. Ma Selenity aveva chiuso gli occhi, rievocando gli eventi della notte in cui era fuggita da quella stessa organizzazione, ed agendo nel medesimo modo. Ricordava se stessa avanzare in mezzo a uomini armati, ed ad ogni suo passo questi morivano cadendo come foglie, ma stavolta c’era qualcosa di diverso: una consapevolezza più adulta, ma a sua volta accompagnata da un sentimento nuovo, imposto nella ragazza apparentemente addormentata dal suo Potere: la voglia di uccidere. Da parte di Nihil per puro sadismo, da quella di Selyn per proteggere se stessa e per giungere alle uniche due persone in quel plesso che lottavano per lei, che non l’avevano abbandonata nonostante la situazione fosse catastrofica.

Traballava un po’ di qua e un po’ di là, come se, nonostante si sforzasse, non riuscisse a trovare un baricentro. Teneva il capo chino, con la lunga massa di capelli accorciata malamente dagli scienziati che le sfiorava gli occhi chiusi. Non aveva bisogno di tenerli aperti, in quanto per orientarsi utilizzava le auree altrui. La camicia malandata sfiorava il suolo, trascinata dal lento incedere della ragazzina, la quale lasciava dietro di sé una striscia di sangue non solo proprio, ma anche altrui. Quello delle persone che letteralmente esplodevano con suoni rivoltanti lasciando come prova della propria esistenza passata pezzi di corpo sparsi qua e là e tanto, tanto sangue. Era uno scenario alquanto apocalittico. L’esplodere dei colpi, ovviamente a vuoto, dei fucili, tempestava i timpani della ragazzina, infastidendola molto. Proprio per questo le armi si alzarono in volo dalle mani degli uomini che le guardavano sconvolti, mentre queste venivano materialmente annullate dai poteri di Selyn, sparendo in mille fuocherelli evanescenti. Ora vi era chi si affrettava a fuggire il più in fretta possibile, ma nessuno poteva scappare alla furia di una piccola semi dea.

I piedi dolevano alla ragazzina, ma non le sembrava nulla rispetto al dolore portato dalla consapevolezza che era colpa sua se, mentre passava dritta in mezzo agli uomini, come in marcia, questi morivano tra atroci urla. Ormai si era specializzata nel far esplodere la gente.

“Direi che ci siamo quasi”

-A cosa?- mosse piano la bocca, atterrendo quei pochi ancora vivi che di lì a poco sarebbero morti. Quella strana ragazza oltre ad essere invincibile era anche una pazza che parla da sola?

“Alla stanza in cui ci aspetta la battaglia finale

Con l’ennesimo suono disgustoso di carne strappata, la ragazza finalmente uscì dal lungo corridoio che aveva percorso, ritrovandosi alla luce di alcune lampade che illuminavano quell’unico corridoio dell’Arc Organite diverso dagli altri: sembrava di essere passati da un laboratorio scientifico a un salone di un castello di un re. Incredibile a dirsi, se nel corridoio prima gli allarmi urlavano come forsennati, lì non si udivano nemmeno, come se quel luogo fosse insonorizzato.

“La stanza lì in fondo”

Fu come se il Potere del Vuoto uscisse per un attimo da Selyn, in un’apparizione visibile per un secondo solo, indicando l’unica porta visibile nel corridoio oltre quella bianca e sciatta da cui erano entrati. In effetti tutto conduceva ad essa: il tappeto cremisi, le lampade che illuminavano a tratti, i bassorilievi che rappresentavano scene di battaglie tra eroi e creature mitiche. La ragazzina aprì gli occhi, strofinandoli per pulirli dal sangue che ancora le colava dalla ferita sul capo. Fece qualche altro passo in avanti sentendo le gambe farsi sempre più pesanti, colpa del potere che le tormentava il corpo, stremandolo pian piano. Il grande portone lasciava a intendere che dietro vi fosse una stanza importante. Diversi strani simboli senza un apparente significato lo fregiavano di mille colori, dal rosso al giallo, dal blu al nero. Al centro, accanto alle maniglie, si estendeva in tutto il suo splendore la figura incisa di un uomo che alzava un oggetto contundente al cielo. Chissà cosa significava…

Selyn afferrò piano, con delicatezza quasi innaturale per quel momento, le maniglie, aprendo la porta. Aveva paura, il cuore le batteva molto forte, infatti sapeva che presto si sarebbe trovata faccia a faccia con l’uomo che tutto aveva organizzato, a cui non riusciva a dare né un nome né un volto, ma la cui aura si udiva, eccome se si udiva. La poteva avvertire già mentre faceva il suo ingresso all’Arc accompagnata da Elian. Selyn teneva lo sguardo basso, non trovando la forza di affrontare la prova finale.

“Vuoi restare qui?”

La mezza Angelo e mezza Demone rimase immobile per alcuni secondi, in quel silenzio assoluto che si era formato nello stabile. Ascoltava in lontananza l’aura di Zato, stanca ma vittoriosa, avviarsi verso quella di Locke, molto lontano. Non riusciva a immaginare cosa il ragazzo stesse facendo, e ciò le procurava dolore. Non poteva essere vicina a lui in quel momento, ma confidava nelle sue capacità, e sapeva che lui ce l’avrebbe di sicuro fatta anche senza di lei. Qualunque fosse stato l’esito dello scontro verso il quale si apprestava ad avviarsi –Ho sempre fatto troppo affidamento sugli altri. E’ ora che mi assuma le mie responsabilità ed affronti i miei problemi da sola, giusto?-

“Sì. Ma non preoccuparti, ci sono io”

La ragazzina sorrise piano. Nihil era alquanto ipocrita, faceva il gentile e le offriva il suo aiuto, ma percepiva la sua stessa potenza scalpitare per la voglia di sangue. Alzò lo sguardo, aprendo con più forza le porte fin quando queste smisero di coprire la sua piccola figura, dunque la ragazza varcò la soglia.

Era una sala enorme e buia, piuttosto spartana, priva di colori. La sua altezza a dir poco spropositata era direttamente proporzionale alla sua grandezza. Probabilmente era il loco più grande del plesso. Un’unica luce proveniva dal fondo della camera, e Selyn dovette acuire la vista per cercare di capire da dove provenisse di preciso. Faceva molto freddo, e la ragazzina portò le mani alle braccia, cercando di scaldarsi come poteva, con scarsi risultati, infatti il gelo le penetrava fin dentro le ossa, e non sembrava pietrificare soltanto i suoi muscoli, ma anche i suoi poteri. Infatti, entrando in quel luogo, non aveva più avvertito nulla, era come se tutto si forse fermato. Non sentiva più né Locke né Zato, né nessun altro. Mosse qualche passo avanti guardandosi intorno freneticamente, il fatto che le sue abilità fossero state bloccate era un male, infatti in caso di attacco a sorpresa non avrebbe potuto ripararsi in tempo. Una nuova paura la coglieva impreparata, facendola tentennare di tanto in tanto, ma ella, stringendo i pugni, andava avanti. L’unico suono che risuonava era quello dei suoi passi irregolari, improvvisati solo quando la morsa della paura si faceva più debole, tornando poi a stringere nel suo freddo guscio la ragazzina attraverso brividi che la immobilizzavano ancora. Cosa ci faceva lei, una ragazzina poco più che bambina, lì, a rischiare la morte?

“Non farti soggiogare dalla paura”

Neanche stavolta la ragazza rispose, alzando ancora una volta lo sguardo che aveva posato per terra. Tornò a muovere qualche passo, avvicinandosi sempre più a quella luce magica che sembrava provenire dal Paradiso. La ragazzina ora era un po’ confusa, mentre finalmente scorgeva la fonte di cotanta luminosità: un enorme bassorilievo su cui erano incise tre figure luminescenti. Vi erano una spirale, un cerchio demoniaco e sopra, in alto, molto più grande dei primi, una piuma. Una bellissima e candida piuma. La ragazza si bloccò ai piedi della scalinata che conduceva a quella specie di monumento, osservandolo inclinando piano il capo. Le era molto chiaro: raffigurava i tre poteri primordiali: Luce, Buio e Vuoto. La Luce era simboleggiata dalla spirale, la quale sembrava innalzarsi fino al cielo, il cerchio era il Buio, e gli spazi bianchi al suo interno simboleggiavano il fatto che dal Buio nasce la Luce e nel Buio muore la Luce, in un circolo vizioso. La piuma era il Potere del Vuoto, semplicemente perché era simbolo di purezza e leggerezza, quasi inconsistenza, tanto il suo essere effimera la rendeva solenne. Selenity era rimasta a fissare quella parete come incantata, la trovava davvero magnifica. Chissà chi aveva creato quell’esempio di maestosità.

-Davvero bellissima, non trovi?-

La voce fece rinsavire la ragazza, la quale si voltò verso sinistra, direzione dalla quale si udivano provenire dei passi regolari e calmi. Dall’ombra della sala fece la sua comparsa un uomo all’apparenza molto giovane, tuttavia dai capelli già bianchi. Non era però lo stesso bianco platino della ragazza, segno del suo albinismo, era più un bianco senile. Ma allora cosa ci faceva quel bianco su un uomo così giovane? Gli occhi cremisi della ragazza incontrarono quelli cattivi dell’uomo, il quale la scrutava non con malignità, ma con tranquillità. Peccato la sua aura malvagia fosse talmente tanto forte da essere avvertita persino da Selyn i cui sensi erano schermati.

-E per capire ciò che hai capito tu con uno sguardo, io ho impiegato anni…- continuò egli, facendo un passo avanti. Più lui si avvicinava, più Selyn indietreggiava,

“Non avere paura” ripeté Nihil.

-Non avere paura- furono le parole dello sconosciuto -… Selyn-

Ma la ragazzina non si sarebbe mai fidata di qualcuno del genere. Ella lo osservava con fronte aggrottata, indecisa se attaccarlo immediatamente o aspettare. Solitamente nei libri o nei film, in situazioni del genere il protagonista sembrava pronto e scattante. Perché invece lei, che ora si trovava nella stessa situazione, era paralizzata dalla paura? Perché non si mostrava coraggiosa come gli altri eroi? Inutile dare la colpa alla sua giovane età, doveva smetterla di dar la colpa a fattori esterni e assumersi le sue responsabilità. Chiunque fosse quell’uomo che si trovava davanti, lei era forte, e non si sarebbe lasciata dominare. Alzò gli occhi riaffrontandolo –Non avere paura è segno di stoltezza- affermò sentendo uno strano fuoco arderle dentro. Voleva, poteva e doveva farcela.

L’uomo rise una risata sommessa, alzando piano le spalle mentre l’ombra gli carezzava ancora dolcemente le spalle –Saggia ragazza, degna figlia di tuo padre. Lo conoscevo, sai?-

-Lavorava qui, è ovvio che lo conosca. Immagino conosca anche Janus Cascade- continuò Selyn.

-Certo, anche la signorina Milia Hioul e il signor Hearcliff. Gli scienziati che lavoravano al tuo caso e ad altri due molto importanti. A proposito, che fine hanno fatto?-

La ragazza improvvisò un sorriso di sfida mentre una goccia di sudore le solcava la fronte –Sono qui per salvare il mondo, non per le ciance- lo provocò.

-Giusto…- le sorrise ancora lui. Scoccò un’occhiata veloce al bassorilievo, tornando poi sull’esile figura della ragazzina –ma sai, sono più di cinquant’anni che ti aspetto. E ora che ti trovo qui… non ho parole- rise ancora. Era la classica situazione in cui non si sa cosa dire.

-Cinquant’anni?- la paura in Selyn cresceva, e più questa cresceva, più le sue spalle si incurvavano come a volersi fare piccola –Se li porta bene…- riuscì solo a mormorare piano, tremante. L’aura dello sconosciuto si stava pian piano ingrandendo con una potenza spaventosa, poteva quasi sentirla addosso, con i suoi tentacoli oscuri.

-No. Me li portavo male, te lo assicuro- rise ancora lui. Sembrava ad uno spettacolo comico, non ad uno scontro tra auree. Infatti quella della Mezzosangue cercava di respingere la sua con forza latente. Sì, era una piccola dea, ma la sua forza era ancora molto instabile, facilmente piegabile coi metodi giusti –ma sai, l’elisir di lunga vita risiede nella giovinezza. Ed è così facile da rubare ai bambini…-

La cattiveria dell’uomo disgustava la ragazza, la quale ora aveva ancora più paura.

“Non perdere la calma. Nervi saldi”

-Facile dirlo per te- rispose Selyn a Nihil.

L’uomo aggrottò la fronte, ponendo subito dopo una mano innanzi al mento, pensando –Riesci già a comunicare col tuo potere? Interessante…- di certo l’intuito non gli mancava. Osservava la piccola Selyn come se avesse davanti non un essere umano, ma un’invitante fialetta piena di liquido sconosciuto pronto per essere studiato.

La Mezzosangue rimaneva immobile dov’era, pronta a scatenare la sua magia in caso di attacco. Aveva ancora i brividi, e il sudore freddo ora avanzava sul suo corpicino già debole di natura. Si chiedeva se avrebbe retto allo scontro.

-Mi dispiace, Selyn Van de Moon- alzò finalmente lo sguardo lui, riemergendo dai mille perché che si stava ponendo –anzi, cancella tutto, perché non mi dispiace per niente, nonostante tu sia molto giovane- l’aura del nemico cominciò ad agitarsi andando a formare una grande lama nera –devi morire- sussurrò, e il fendente partì contro la ragazzina.

Questa non fu altrettanto veloce, provò infatti ad alzare una barriera con la sua aura, ma fallì miseramente subendo il colpo. Fece un volo che terminò con un violento atterraggio sul pavimento. La ragazza si lamentò un po’ massaggiandosi la testa “Accidenti, diventerò stupida a furia di botte” si disse. Aprì un occhio appena in tempo per vedere un secondo fendente abbattersi su di lei. Cacciò un urlo mettendo la mano davanti al viso. Udì un fortissimo rumore, ma nessun nuovo dolore.

“Apri gli occhi!”

Eseguendo gli ordini di Nihil, la ragazza si guardò intorno. Incredibilmente, il suo stesso potere le aveva fatto scudo di propria volontà, creando attorno alla ragazza una barriera invisibile. Selyn si alzò in fretta, provando a far esplodere il nemico come aveva fatto con gli uomini di prima, ma i suoi sensi incontravano una barriera nemica invisibile, che non le permetteva di avvicinarsi a lui e che lo circondava per un raggio di tre metri. Usando la propria aura come prolungamento a mo’ di spada, la caricò in un raggio bianco che andò a infrangersi contro l’aura del nemico. Questa, molto forte, premeva su quella della ragazzina parando o schivando i suoi attacchi con grande abilità. Selyn cercava di infondere in essi quanta più potenza possibile, ma la stanchezza era tanta e grande, infatti riusciva a parare pochi attacchi, mentre gli altri andavano a colpire la barriera della ragazza, cercando di indebolirla. Qualche screpolatura cominciava a farsi avanti, segno che il muro non avrebbe retto ancora a lungo. Selenity ritirò l’aura proprio nel momento in cui la barriera si ruppe, dunque cominciò a correre lungo una linea retta verso il lato della sala opposto a quello dov’era il nemico, col cuore in gola sia per lo sforzo che per la paura. Veniva inseguita dall’aura del nemico ormai addetta a fare la spada, la quale affondava colpi molto violenti cercando di schiacciare la ragazzina che però riusciva sempre a fuggire, dunque si conficcava per pochi secondi nel pavimento creando forti rumori e grandi voragini, dunque riprendeva l’inseguimento della preda.

-Devo distruggere la sua barriera!-

“E’ sempre formata da aura. Sconfiggi questa spada e abbatterai anche la barriera!

-E come faccio?!- urlò la Mezzosangue, disperata.

 

 

Un’altra freccia si abbatté nella nebbia, mentre Locke riprendeva fiato. Quella situazione si stava facendo davvero irritante. Zato aveva sconfitto il suo nemico ed ora aveva ripreso la ricerca di Selyn, la quale sembrava essere sparita dopo un’iniziale esplosione di energia. Sicuramente aveva ucciso delle persone, ed ora stava molto male. Doveva raggiungerla… Ma come poteva fare a passare attraverso a quella dannata nebbia con un arciere che sembrava avere un’aura che si estendeva per tutta la parete opposta, coperto dall’oscurità, praticamente invisibile? Una goccia di sudore tradì la stanchezza del ragazzo, nonostante fino a quel momento avesse combattuto valorosamente, incurante dei diversi tagli, delle vesti strappate, dei flutti di sangue che perdeva. Del resto era solo colpa sua, che non era abbastanza forte. Se solo per una volta avesse potuto far uscire il suo demone interiore…    

Un’altra freccia venne prontamente evitata dal ragazzo, facendogli cadere gli occhiali a terra, ma ormai Locke era impossibilitato alla qualsiasi. Non solo gli allarmi squillanti rendevano impossibile sentire il nemico spostarsi, ma in più anche il fumo rendeva molto limitata la visuale, insomma erano le peggiori condizioni per un arciere. Non ce l’avrebbe mai fatta in quel momento. Si poggiò a terra, indeciso sul da farsi. Ma stavolta non cercò le lenti, consapevole che erano troppo lontane e che, raccogliendole, avrebbe solamente dato un’altra occasione al nemico per colpirlo a morte. Chiedere aiuto ad Ai era fuori questione, non solo avrebbe sicuramente preso controllo del corpo, ma aveva anche promesso a Selyn di combatterlo e non farlo più comandare. Però forse, grazie al potere della Luce, poteva fare qualcosa, il tutto stava nell’impadronirsi dei poteri di Ai. Infatti il potere era stato diviso tra le due anime del corpo, doveva in qualche modo riuscire ad avere l’intero controllo.

Venti secondi di assoluto silenzio passarono sia da parte dell’arciere misterioso che da parte dell’arciere bianco, durante i quali nessuno tra loro si mosse, quasi non stessero neanche respirando. Locke era ben visibile nella sua brutta posizione in cui era stato costretto, anche se il fumo e lo squillo spacca timpani degli allarmi agevolavano, anche se di poco, pure lui. Ma se dalla sua parte ben nascosta il nemico cercava di capire le intenzioni di Locke, lui dall’altra combatteva una battaglia interiore che di tanto in tanto lo faceva tentennare. La fronte corrucciata, i muscoli tesissimi, così come gli altri, stesi e duri, le mani poggiavano a terra coi palmi, piegato sulle ginocchia com’era. Una goccia di sudore scese lungo le tempie, segno del dolore che provava mentre stringeva i denti, affrontando la propria oscurità interiore. La stessa che un Demone della Luce non dovrebbe avere. Ma aveva giurato a Selyn che non avrebbe permesso ad Ai di prendere il controllo, dunque non si sarebbe rimangiato la parola. Continuava imperterrito la sua lotta con il suo male. Era stato stupido, avrebbe dovuto capire subito che era quella la giusta via per sconfiggere la causa di buona parte del suo dolore, non farsi sfruttare da sconosciuti e giungere fino a quel punto.

L’aria fu ferita in un attimo da una nuova freccia, scoccata con mano sicura da colui che si faceva scudo con il buio. Mirata per colpire il vice preside proprio in mezzo al petto, questa non giunse a destinazione, poiché, con mossa fulminea, egli mosse una mano alzandola da terra, bloccando l’arma in modo quasi incredibile. Tenendola stretta tra le dita, carezzandone la punta con due dita, la poggiò a terra, laddove vi aveva posato l’arto poco prima. Un sorriso poco amichevole comparve sul volto del ragazzo, mentre questo apriva gli occhi ora improvvisamente di una colorazione scura, come quella che assumevano ogni qualvolta che Ai prendeva il controllo. Eppure, stavolta, era diverso, in quanto, se fosse stato il Demone dell’odio, questo non si sarebbe mai permesso di perdere tempo a scrutare la parete presso cui si nascondeva il nemico, piuttosto avrebbe cominciato ad attaccare all’impazzata pur di trovarlo. Che quello fosse Locke? La risposta si ebbe subito dopo, quando il ragazzo alzò una mano, la quale, illuminatasi, sprigionò un’immensa luce tanto accecante quanto bruciante, la quale sferzò l’aria e tutto ciò che vi era intorno a loro, attraversandolo illuminando a giorno il loco. A questo punto fu chiaro che Locke era riuscito nel suo intento di vincere Ai, ottenendo così intero controllo del potere sulla Luce. Questa, talmente forte da piegare ogni cosa intorno a lui alla sua forza, esplose, creando così mille fiammelle che in un attimo confluirono in un unico grande fuoco devastatore. Il fumo aumentava sconsideratamente, ma a Locke non importava. L’avversario era sicuramente morto nell’esplosione, e gli allarmi anti incendio non sarebbero serviti a nulla contro quel potere. Soddisfatto, raccolse gli occhiali caduti poco prima, e il mondo tornò estremamente lucido. Li sistemò in fretta con una spinta sicura sul naso, dunque uscì dalla stanza aprendo le grandi e maestose ali, mentre i suoi occhi riprendevano la solita colorazione azzurro cielo. Stranamente il corridoio era deserto, anzi non proprio. Mucchi di cadaveri si estendevano, la maggior parte dei quali fatti a pezzi. Non c’era dubbio: Selyn era passata di là. Non gli restava che proseguire per quella strada dipinta di macabro rosso e l’avrebbe trovata.

 

 

I passi calmi e regolari del nemico risuonavano nella sala del grande bassorilievo. La luce, ora più tenue, sembrava voler aiutare Selyn, la quale, per disperazione, era stata costretta a nascondersi nell’angolo più buio del luogo, per trovare cinque minuti per contattare Zato senza farsi scoprire. Lo sforzo di schermare la propria magia le si leggeva sul piccolo viso grondante di sangue, mentre teneva il capo stretto tra le mani. Aveva persino ridotto al minimo il proprio respiro per non farsi beccare. Avvertiva, seppur molto flebilmente, l’aura del professore poco lontano, e quella di Locke, che si avvicinava sempre più per aiutarla nella lotta. Si assicurò bene di aver nascosto la propria magia, quindi lanciò una serie di pensieri attraverso la porta poco distante, indirizzati al professore.

“Credi che li riceverà?” le domandò Nihil.

“Se non li riceve siamo persi. Abbiamo solo una possibilità” rispose la ragazza, ora più tranquilla, mentre seguiva quel piccolo sprizzo di magia per i corridoi dell’Arc Organite, ormai semi distrutta. Aveva chiesto a Zato di trovare la sala di controllo e, al momento opportuno –avrebbe percepito da solo quando-, attivare il processo di auto distruzione, sperando che anche quel luogo, come ogni laboratorio che si rispetti, lo avesse.

“Ci penso io”

La voce di Zato le risuonò nella mente, ma subito il sollievo svanì quando si accorse che l’amico non poteva sapere che ella si stava nascondendo, dunque non aveva schermato la magia, facendola scoprire. Formulò il pensiero appena in tempo per fare un salto in avanti e darsela a gambe, poco prima che la parete a cui era poggiata cadesse miseramente sotto i colpi dell’aura del nemico.

-Sei proprio brava a scappare- la provocò questo avvicinandosi piano.

La ragazzina, che era caduta a terra a causa della spinta causata dal movimento veloce dell’aria, poggiò una mano per terra, sostenendosi, mentre si metteva con un ginocchio piegato che toccava il pavimento e l’altro in posizione per alzarsi. Fissò con disprezzo il nemico, il quale non si era neanche degnato di presentarsi. Non che la cosa importasse molto alla ragazza –visto e considerato che in quel momento rischiava la vita-, ma un po’ di educazione non avrebbe di certo guastato la scena. Gli occhi dei due si incontrarono, e Selyn poté avvertire un altro brivido salirle lungo la schiena. Era come se quell’uomo la intimorisse talmente tanto da farle paura, infatti abbassò subito lo sguardo, ergendo intorno al suo corpo una nuova barriera.

Un sorriso malvagio si dipinse sul volto dell’uomo, mentre spronava nuovamente la sua aura contro la barriera della ragazza. Ma stavolta qualcosa andò storto. Nel momento in cui l’aura nemica si abbatté sulla barriera della ragazza, questa venne spezzettata in migliaia di filamenti che, ormai non più uniti, non potettero niente contro la Mezzosangue. Selyn strinse il capo tra le mani, colta da un forte capogiro, mentre il nemico ritirava l’aura facendola tornare rigida. Era stata lei? La ragazzina ora era ferma, respirava molto forte per recuperare le energie. Alzò piano lo sguardo per scrutare il nemico, mentre spostava il peso dell’intero corpo sul piede sinistro.

-Interessante. Molto interessante. Nonostante tu abbia scoperto da pochissimo il tuo potere, lo maneggi facilmente. Strano, e aggiungerei inquietante. Forse ti meriti qualche chance…- la sua voce sembrava essersi affilata, e ciò non piacque minimante alla ragazzina. Pian piano, l’uomo ci avvicinava. Non sembrava avere intenzione di attaccarla, infatti aveva ritirato la propria aura, alzando le mani per apparire innocuo –Selyn…- le si fermò davanti, scrutandola. La Mezzosangue rimaneva immobile –Sei una ragazza strana-

-Me lo dicono in tanti- rispose prontamente la ragazza con un sorriso amaro. E quanto era vero quel fatto ormai universale.

-Ma scommetto che il mondo non ti capisce. Per loro… tu sei solo una sporca Mezzosangue, dico bene?-

Aveva colto nel segno così bene che la ragazzina si ritrovò a guardando sconvolta. Aveva ragione. Quelli che fin ora aveva incontrato la trattavano come una diversa. Ella aveva nelle vene sia sangue angelico, sia sangue demoniaco. E questo era reato. Dunque era sempre incappata in atteggiamenti di razzismo, accentuati dal suo essere albina. Abbassò lo sguardo, sentendosi colpita.

-Il mondo là fuori è malvagio. Tutti si credono perfetti, nessuno aiuta più il prossimo. Si sono persi i valori etici dell’esistenza- continuò lui guardandola dall’alto in basso. Si abbassò, giungendo col viso alla stessa altezza di quello di lei –non trovi?-

Per un attimo, quando i loro occhi si incontrarono, Selyn credette di incappare nella trappola, tanto essi erano profondi e invitanti. Il loro verde smeraldo sembrava riflettersi all’infinito nei suoi. Quando capì che era un inganno scosse la testa, cercando di non lasciarsi soggiogare. Tuttavia non poteva negare che egli avesse ragione. Annuì col capo basso, sentendo una fitta al cuore. Si accasciò per terra, sedendosi. Ormai era chiaro che nemmeno lui per ora aveva intenzione di attaccarla, lo sentiva. Aveva rinchiuso la sua magia, e se l’avesse rilasciata l’avrebbe avvertito immediatamente. Ma forse era un male fidarsi…

-Forse non avrei dovuto attaccarti. Perdona il mio errore, ma pensavo che anche tu, nonostante sia Mezzosangue, fossi ormai stata corrotta dall’idea comune- si sedette anche lui davanti a lei. Ora la luce irradiata dal bassorilievo gigantesco lo illuminava da dietro, creando agli occhi della piccola Selyn l’immagine di un uomo bellissimo. La ragazza continuava a ripetersi che poteva tutto essere un inganno e non doveva lasciarsi soggiogare –vedi, piccola Selyn, anch’io, come te, sono un Mezzosangue- le sorrise di sbieco l’uomo. Selyn arrossì, sentendo il cuore battere più forte. Il faccino ora rosso lasciava a intendere il grande imbarazzo che l’aveva colta. Era la prima volta che si trovava davanti un Mezzosangue…

-Io sono sempre stata additata come Demone…- disse piano la ragazza, ricordando con amarezza la sera del suo arrivo all’accademia. La preside Sakura, per evitare problemi, l’aveva direttamente mandata tra i Demoni. Ma lei era anche mezza Angelo… E nessuno l’aveva mai accettato. Le si strinse il cuore a ripensare a tutte le volte che l’avevano insultata, picchiata, trattata come un essere inferiore per quello stupidissimo pregiudizio –la gente mi ha sempre trattata… molto male…- la prima reazione di Saber quando le aveva rivelato la verità, l’aveva guardata male. Zato, che le ripeteva sempre che non era un vero Demone. La preside, che non aveva neanche chiesto il suo parere. I ragazzi dell’accademia, per cui lei era sempre stata “la strana”. Persino Locke aveva avuto una strana reazione quando gli aveva rivelato di essere una Mezzosangue –tutti loro sono normali. Io no…-

-No, smettila di dire queste cose. Non è assolutamente vero- la rimproverò l’uomo con sguardo duro, al quale la ragazzina si sentì ancora più in colpa –Tu non hai niente di diverso, anzi tu sei migliore, perché hai sia il bene che il male. Loro, che si credono tanto superiori, sono invece imperfetti, e peccano di superbia. Il peccato è radicato in loro, nessuno può ormai salvare le loro anime- quello che l’uomo diceva suonava a Selyn verità ovvia. Anche lei ci aveva riflettuto parecchie volte, ed era giunta alla stessa conclusione –il peccato non può più essere estirpato. Va eliminato alla radice…-

Selyn alzò lo sguardo, e i suoi occhi stranamente languidi tornarono a specchiarsi in quelli dello sconosciuto Mezzosangue –Che cosa…?- aveva il terrificante sospetto di aver capito le vere intenzioni dell’uomo.

-E solo tu, col tuo immenso potere, puoi compiere il giudizio divino…-

Selenity non se ne era completamente accorta, ma pian piano aveva abbassato la sua barriera, ed ora niente divideva più i due. Se in quel momento lui avesse voluto ucciderla, non avrebbe incontrato nessun ostacolo. Eppure qualcosa andò in modo assurdo, infatti il nemico poggiò delicatamente una mano freddissima sul visino della giovane quasi in lacrime, mormorandole, ormai vicinissimo –ed è più facile di quanto sembra-

-Che cosa dovrei fare…?- la vocina della ragazzina ormai era praticamente nulla, ridotta a un brevissimo sospiro, completamente in balia del nemico.

-Te lo spiegherò con calma, vieni con me…- disse solo, e Selyn, la quale ormai non aveva più il controllo della propria mente, annuì alzandosi e seguendolo.

 

“E’ dura”

-Ma cosa si dovrebbe fare?-

“Purificare tutte le anime. E’ fattibile, ma richiede moltissima energia, e non credo che tu l’abbia

-Come si fa?-

“Tu sali più in alto che puoi, da dove puoi vedere il mondo… A quel punto ti concentri e inizia il giudizio. Tutte le anime usciranno dai loro corpi, umani, Angeli e Demoni moriranno tutti in un unico istante

-Morire?-

“Per pochi attimi. Tu le purifichi attingendo alla tua magia, dunque le fai tornare ognuna nel proprio corpo. Ma ti rendi conto di cosa porterebbe ciò?

-Cosa?-

“La cancellazione istantanea di ogni qualcosa sia malvagia. I Demoni non rivivrebbero, oppure si trasformerebbero in Angeli

-Sarebbe un bene, no?-

“Oh, per Qualcuno lassù direi di sì, per un Altro laggiù direi di no

-Tu dove sei?-

“Esattamente a metà tra i due”

-E cioè?-

“Insieme a te”

 

-Hai capito tutto?- la voce maschile di poco prima rimbombava nelle orecchie della ragazzina ora seduta sui gradini davanti al bassorilievo. Pian piano, Selyn aprì gli occhi, ritrovandosi ancora una volta faccia a faccia con quello che fino a poco prima era un nemico. Ma ora… che cosa rappresentava costui? Tuttavia non poté fare a meno di annuire, sentendo la sua volontà schiacciata da qualcos’altro. Che fosse un incantesimo che non le permetteva di ribellarsi? Fatto sta che tutto le era chiaro, ed era pronta ad eseguire gli ordini. Ormai le sue facoltà intellettive l’avevano abbandonata da un pezzo, e vedeva tutto il mondo intorno a sé come coperto da un velo che le impediva di discernere il giusto dallo sbagliato. Ma cosa c’era di male nel purificare il mondo, così che, finalmente, tutti fossero buoni e collaborassero? Che cosa c’era di male nel trovare un posto nella società anche ai Mezzosangue come loro? Locke avrebbe capito, e anche Zato… tutti avrebbero capito. Questo si ripeteva la ragazzina.

-Molto bene, Selyn, molto bene-

 

La lunga fila di cadaveri sembrava non terminare più. Era incredibile pensare che tutto quel sangue era stato sparso dalla piccola Selyn. La puzza di morto regnava in quel luogo, e Locke fu costretto a reprimere il ribrezzo mettendo una mano davanti al naso, cercando di non ispirare più quell’odore di putrefazione. Sorvolò l’ennesimo braccio staccato, scoccando rapide occhiate alle parti buie di quel corridoio tanto lungo quanto sinistro. Nonostante ormai non ci fosse più traccia di vita, il giovane non era tranquillo.

“Moccioso” la voce di Zato gli risuonò nella mente, sembrava già pronto a rimproverarlo per chissà cosa.

-L’hai sentita?- ovviamente Locke si riferiva a Selyn.

“Sì. Quanto tempo è passato?”

Il vice preside parve indeciso. Continuava il suo volo facendo due calcoli –Trentacinque minuti-

“Ascoltami bene, sto per attivare il processo di autodistruzione del plesso. Selyn sta combattendo, ma aspetta te. Una volta attivato il processo avremo massimo tre minuti per scappare. Sarò nella sala controllo fino al vostro messaggio”

-Va bene. Non tarderemo-

Avevano un piano, dunque. Locke accelerò. Giunse davanti all’ennesima porta, che buttò giù violentemente, ritrovandosi in un nuovo corridoio. Eppure questo sembrava diverso…

-Sel è sicuramente passata di qui- mormorò con voce dura, aggrottando la fronte. In lontananza scorgeva una grande porta finemente decorata, la quale era protetta da un incantesimo che non lasciava vedere cosa accadesse dentro. Selyn era lì dentro, ne era sicuro.

 

La luce era tornata debole, sembrava andare e venire, così come la coscienza della giovane Selyn, che andava e veniva attraverso forti capogiri che la facevano rinsavire per pochi secondi di tanto in tanto. Scosse la testa, sforzandosi di guardare il bassorilievo, sperando che la luce abbagliante la aiutasse a riprendersi. E così fu. La Mezzosangue posò una mano contro la tempia destra con un mugolio di dolore, mentre l’uomo tornava a metterle una mano sulle spalle, come a recarle conforto –Va tutto bene?- chiese con la sua profonda voce l’uomo.

Ma non ottenne risposta, infatti in quel momento la porta che si trovava al lato opposto al loro si aprì sbattendo violentemente contro il muro, lasciando entrare un ragazzo occhialuto dall’aria decisamente nervosa, la quale divenne furiosa non appena notò quello sconosciuto mettere le mani addosso alla sua Selyn –Toglile le mani di dosso, bastardo…- lo ammonì.

-Locke!- la voce emozionata della Mezzosangue trillò in tutta la sala, mentre questa si voltava a guadarlo. Gli sorrise: era felice di vederlo.

Quando la ragazza si voltò, Locke poté osservarla e vedere quanto era cambiata in pochissime ore: le avevano tagliato i capelli con troppa fretta, rovinandole le morbide ed argentee ciocche che tanto amava carezzare. Era vestita di stracci sporchi e vecchi, non adatti alla sua principessa. Ma la cosa che più lo sconvolse fu la brutta ferita che le sfigurava il volto, impastricciandolo di sangue. Il ragazzo sentì una morsa gelata stringergli il cuore, e, cosa ancora peggiore, avvertì una lacrima solitaria salirgli all’occhio quando notò che nonostante tutto ella sorrideva beatamente, con la dolcezza infinita di una tenera bambina. Come poteva essere così innocente? –Selyn…- mormorò sentendo un groppo alla gola –Selyn… come stai…?- era una domanda stupida, ora ovvio che stava male.

-Bene, tranquillo!- il paradosso spaventò il ragazzo. Selyn gli sorrideva inclinando il capo, com’era solita fare. Non era situazione in cui sorridere. Il ragazzo strinse più forte l’arco, allora la piccola annuì –Non preoccuparti! Il signore mi stava solo spiegando alcune cose-

-Alcune… cose?-

-Sì- annuì ancora lei –anche lui è un Mezzosangue come me. Mi ha fatto vedere come eliminare i pregiudizi e il male. Vedrai, libererò il mondo dai cattivi!- esclamò la ragazzina con due rossetti che facevano capolino sulle sue guance.

Provocò una tale tenerezza a Locke che quasi lasciò l’arco che aveva in mano, ma non appena sentì ciò che la ragazza diceva il suo quadro si distrusse in mille pezzettini. Selyn aveva deciso di allearsi col nemico? La prospettiva fece rabbrividire Locke, che tutto si sarebbe aspettato, tranne un tradimento della protagonista della questione!

-Allora accetti di collaborare?- chiese il nemico con un sorriso appena accennato.

Selyn tornò a lui con lo sguardo, annuendo. Sembrava felice. La presa sull’arco da parte di Locke divenne debolissima, quasi nulla. Gli occhi si sgranarono di loro volontà, la paura si insidiò in lui, attraversandolo in lunghi e terribili brividi gelati. Perché la ragazzina sembrava così felice? –Cosa stai dicendo?-

Anche Selyn mostrò un faccino sorpreso davanti alla strana domanda di Locke, verso cui voltò il capo, lasciando un attimo perdere il sorriso rivoltole dall’uomo –Uh?- la sua vocina ora aveva un’intonazione più seria –Come scusa?-

-Cosa stai dicendo?- ripeté Locke, guardandola fissa, scandendo bene le parole, come se stesse osservando una pazza. Mosse qualche passo in avanti.

Nello stesso momento Selyn disse –Perché fai così? E’ giusto, devi solo riflettere e capirai- annuì ancora, convinta delle sue parole.

-Lui non può capire- intervenne il nemico scoccando un’espressione disgustata a Locke –è ormai consumato dal pregiudizio, come tutti gli altri-

-Pregiudizi? Mezzosangue? Ma che diavolo state dicendo?!- esclamò il vice preside sempre più confuso –SIETE COMPLETAMENTE IMPAZZITI O COSA?!- urlò, spaventando Selyn. La ragazzina si coprì il capo con le mani, spaventata dalle urla. L’uomo dagli occhi verdi le pose una mano sul capo per tranquillizzarla, osservando Locke come se fosse un alieno.

-Ma… ma…- mormorò quasi in lacrime l’albina –cosa c’è di sbagliato?-

-Cosa c’è di sbagliato? Tutto! Non lo capisci da sola?! Questo stronzo ti ha rimbambita fino a questo punto?! Cosa c’è di difficile da capire?!- Locke sembrava davvero infuriato. Giunse davanti ai due, guardando con odio puro il nemico che riempiva di attenzioni la Sua ragazza. Si rivolse a Selyn con tono serio –Dov’è la vera Selyn?-

-Cos…- la ragazzina cominciò a tremare. Sgranò gli occhi, sentendo il cuore impietrirsi. Il viso le divenne ancora più bianco del solito.

-Dov’è la ragazza che cerco? Tu non puoi essere lei!- l’accusa continuò, impossibile da fermare.

-Ma sono io! Che cosa c’è che non va in quello che penso?!- esclamò allora lei in rimando, scoppiando il lacrime. Strinse i pugni, il viso le divenne rosso dalla rabbia.

-No- asserì il vice preside. Alzò l’arco di luce, bellissimo come sempre, puntandolo contro la ragazza indifesa, mirando al cuore –Tu non sei Selyn- affermò. Tra le sue dita una freccia fece la sua comparsa. Incoccò il dardo, scoccando però prima uno sguardo furioso alla ragazza. Sembrava davvero aver perso le staffe.

-No!- urlò la ragazza tra i singhiozzi –Sei tu lo stupido! Voi tutti pretendete che io capisca tutto senza che voi mi spiegate niente, ma come posso fare?! Almeno lui mi ha spiegato qualcosa!- indicò l’uomo accanto a lei, e Locke provò un’altra fitta al cuore.

-Ti ha spiegata come intende usarti- sibilò –non posso credere che tu sia caduta così in basso…- la sua voce ora bassa e venata di cattiveria fu l’ultimo suono prima di quello della freccia che veniva scoccata. Questa, durante il tragitto, si moltiplicò in altre cento frecce che andavano in direzione di Selyn. Nessuno mosse un dito, nemmeno la ragazza per proteggersi, mentre i dardi le passavano accanto, mandandola di striscio, andando a conficcarsi nel muro del bassorilievo. Una sola fu talmente crudele da colpirla, ma non ferirla gravemente. Si limitò a passarle così vicino da aprirle un taglio sulla gota destra. Il tempo parve fermarsi, come il cuore della ragazzina. Osservò gli occhi di Locke, leggendovi rabbia, tanta, troppa rabbia, tutta da riversare su di lei. Fu breve, ma abbastanza lungo da rivoltarle lo stomaco. Con lentezza inaudita portò una mano al taglio, il quale ora sanguinava copiosamente, sfiorandolo incredula. L’aveva attaccata, aveva cercato di ucciderla. Lui.

-… La prossima non mancherà il bersaglio- furono le ultime parole che le vennero rivolte. La mano si Selyn, ormai priva di forze sia per agire che per ragionare, cadde malamente a terra, mentre gli occhi spalancati e inondati dalle lacrime si chiudevano piano, reprimendo il dolore che le divorava il petto. Una sola lacrima le scappò ancora, dunque abbassò lo sguardo, respirando appena.

-Patetico- fu l’unico commento da parte dell’uomo dagli occhi azzurri davanti a quella scena. Parlò a Locke come a volerlo incenerire con lo sguardo, ma non poteva davanti a Selyn. Si mosse per abbracciarla, stringendola piano, mentre ella già era avvolta nella sua morsa di dolore. Le passò una mano sul viso, gesto che fece alterare ancora di più il ragazzo occhialuto –Su, su. Non ascoltare questo idiota- le sussurrò.

Un mugolio sommesso provenne dalla Mezzosangue tenuta stretta in quell’abbraccio, caldo e gelido allo stesso tempo. Sembrava tremare, ma fu con voce fredda che pronunciò la frase –Facciamo quello che dobbiamo fare-

Locke caricò un’altra freccia, puntandola contro la ragazza. L’uomo dagli occhi verdi annuì, e piano lasciò andare la ragazzina. Selyn scosse un secondo il capo, cercando di scacciare le lacrime. Rivolse un languido sguardo a Locke, guardando come si guarda il proprio esecutore. Alla fine lì, tra loro tre, chi era la vittima e chi il carnefice? Il vice preside prese meglio la mira, caricando per bene l’arco, socchiuse gli occhi, sentendo le dita dolore per lo sforzo: la freccia era pronta. Selyn aprì le mani restando seduta, e tra i palmi di esse apparve un piccolo globo, che la ragazza caricava senza guardare, concentrandosi unicamente su Locke. Il globo crebbe, diventando della grandezza di un pallone da calcio. A quel punto furono pronti. Un ultimo sguardo e, contemporaneamente, rilasciarono i propri attacchi.

L’uomo dai bellissimi occhi smeraldo fece un lunghissimo volo che lo portò a sbattere contro un muro, creando un piccolo cratere alle sue spalle assieme al rumore di ossa rotte. Selyn corse da Locke attaccandosi al suo braccio mentre questo si sistemava gli occhiali.

-Ce ne hai messo di tempo!- esclamò con voce falsamente di rimprovero la ragazza.

-E tu sei una grandissima attrice- le sorrise lui.

-Ho imparato dal migliore- lei fece l’occhiolino.

Dalla direzione in cui era atterrato il nemico si udì un mugolio –Dannati… era tutta una farsa…-

-Oh, sei ancora vivo?- chiese Locke, più annoiato che stupito. Prese la manina candida della ragazza, ponendo davanti a sé il corpicino di lei –Che ne dici di un attacco finale in grande stile, mia cara?-

-Direi che ci sta benissimo- sorrise sinistramente la ragazzina. Come prima, un globo venne caricato tra le sue mani, ma stavolta anche quelle dell’arciere su unirono alle sue a formare la magia, mentre le guance della ragazzina si coloravano di rosso. Un forte vento si alzò in tutta la sala, mentre la luce del bassorilievo si estingueva misteriosamente, e quella prodotta da Selyn e Locke aumentava. Una grande luce azzurra ora illuminava a giorno l’intera, grandissima stanza. Ora sì che erano pronti all’attacco finale.

 

“Zato. Ora!”

“Certo, piccola”

Il nemico balzò in piedi, pronto a sferrare il suo nuovo incantesimo. Contemporaneamente, dall’altra parte dello stabile, il giovane professor Janus Cascade scoccava l’ultimo sguardo all’Arc Organite, premendo sul pulsante di autodistruzione. Un sorriso malvagio illuminava il viso del professore –Goodbye-

La luce azzurra prodotta dai due giovani guardiani si scontrò duramente contro quella scura prodotta dal nemico, in un fragore di magia e suoni assordanti. I capelli di Selyn solleticavano il viso a Locke, dandogli qualche problema a vedere. Peccato, voleva gustarsi la scena.

Un botto molto forte. Un’esplosione, la terra tremò per leghe e leghe. Molta gente urlò in preda al panico. Milia e la preside Sakura si gettarono a terra, mentre Chris e Seven si sorridevano soddisfatti a vicenda. L’Arc Organite veniva giù come tanti pezzi di lego, uno dopo l’altro. Macerie ovunque, la strage era compiuta. L’unico muro rimasto in piedi era quello del bassorilievo, ormai spento.

L’aria fresca del mattino sferzava il viso della piccola Selyn, mentre questa volava stretta a Locke. O meglio, lui volava, lei si godeva il “panorama”.

-Ce ne avete messo di tempo!- una voce li colse di sorpresa.

-E non rompere!- esclamò Locke, scocciato –Non posso neanche godermi un’alba nuova con la mia fidanzata?-

-Se ci tieni a tornare a casa- rise Zato –proprio no-

Selenity rideva, rideva come non mai. La battaglia finale era conclusa. Avevano vinto. Era tutto finito.

 

Note dell’Autrice:

La prima cosa che ho fatto appena messo l’ultimo punto è stata urlare “E’ finitooooooo!”, ricevendo un bel “Ah, Nina, che urli?!” da mia madre xD la seconda cosa è stata contattare il mio grande amico, il più grande appassionato di questa Fan Fic e il più grande mio sostenitore! E’ finito! Sul serio? Ovviamente no, manca ancora l’epilogo xD abbiate pazienza! Spero che la battaglia finale vi sia piaciuta. Io ho battuto tutti i miei record con 20 pagine di capitolo, sono felicissima! Kiketta, scusa se ti ho fatta aspettare, spero che questo capitolo basti a farmi perdonare.

 

Ci vediamo prestissimo –se riesco stasera stesso- per l’ultima danza!

Kiss,

Sely.   

  
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