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Autore: hirondelle_    23/07/2020    1 recensioni
[hiromido][masahika][past!gazemido]
What if in cui Midorikawa è il padre biologico di Kariya, che torna a vivere con lui dopo moltissimi anni a causa della morte prematura di sua madre. L'inizio della sua nuova vita non è dei più facili. Per comprendere suo padre e soprattutto se stesso, Kariya dovrà venire a patti con il suo passato.
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Kariya buttò fuori l’aria che non si era accorto di star trattenendo, un singulto trattenuto all’altezza della gola che sembrava volerlo soffocare di secondo in secondo.
“Senpai?” chiamò una voce timida. Hikaru era al suo fianco, ancora avvolto dalla coperta, gli occhi stropicciati di sonno ma vigili puntati su di lui. Gli appoggiò una mano sul braccio e gli sorrise.
Kariya spostò lo sguardo da Hikaru a suo padre e seppe che sarebbe andato tutto bene.
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[50k words]
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hikaru Kageyama, Jordan/Ryuuji, Kariya Masaki, Xavier/Hiroto
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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ombrelli sotto la pioggia
Quando Masaki si riprese dal dormiveglia e aprì gli occhi, trovò Hikaru a studiarlo a braccia conserte, appoggiato alla parete di fronte a lui. Si alzò immediatamente dal futon e si stropicciò gli occhi, trafelato, quasi colpevole. “Che c’è?” disse allarmato, accorgendosi dell’espressione seria che si era formata sul volto dell’amico.
Kageyama rimase in silenzio e Masaki approfittò per mettersi seduto. “Che c’è, hanno scoperto dove sono?”
Hikaru si grattò la nuca, pensieroso. “No,” borbottò, ma non aggiunse altro.
“Allora che c’è, perché mi fissi così?” si lamentò Masaki non appena ebbe riacquisito la lucidità. “Disturbami quando avrai qualcosa di importante da dirmi”.
Hikaru allora gli rivolse un’occhiata che non gli aveva mai visto: torva, quasi seccata, come se per la prima volta lo avesse davvero deluso. Masaki ammutolì, un po’ sgomento, e aspettò che parlasse. Ma Kageyama sembrava piuttosto attendere lui, facendoli piombare involontariamente in un silenzio imbarazzante: quando il ragazzo se ne accorse, sospirò. “Non me lo vuoi dire, vero?” gli chiese, rassegnato.
“Dire cosa?” finse Kariya, intimorito dall’atteggiamento che aveva assunto Hikaru, troppo maturo e inquisitorio perché lo mettesse davvero a suo agio.
“Che cosa diavolo è successo per farti reagire così;” sentenziò finalmente Hikaru, alzando le braccia al cielo. “Perché io non lo capisco.”
“Cosa c’è da capire?” sbottò l’altro, innervosito.
Hikaru si sedette di fronte a lui e gli rubò il cuscino per accomodarsi meglio sul pavimento di legno. “Vorrei solo che mi parlassi, tutto qui,” mormorò esausto.
Kariya lo guardò di sottecchi: sembrava genuinamente stanco. Era la prima volta che vedeva l’amico così privo di energie, abituato com’era a vederselo saltellare attorno e sorridergli di rimando ogni qualvolta si girasse verso di lui. “Dove hai dormito?” chiese cautamente.
Hikaru si passò una mano sugli occhi. “Sul divano”.
“Mi dispiace… non avrei dovuto prendere il tuo letto. Stasera mi sposto,” gli promise Kariya, timidamente.
A quel punto, per la prima volta da quando si erano messi a parlare, Kageyama gli rivolse un sorriso. “Non preoccuparti. Ho scelto io di fare così,” spiegò, “E poi da lì posso tenere meglio d’occhio la nonna”.
Kariya a quelle parole si grattò il naso, imbarazzato: non si era nemmeno presentato all’anziana, per la verità non sapeva nemmeno che aspetto avesse. “Forse dovrei…” mormorò, allusivo. Si sentiva in colpa per aver reso la condizione di Hikaru ancora più difficile. Forse avrebbe davvero fatto meglio a rivolgersi a Kyosuke.
Ma Hikaru scacciò il pensiero con un gesto della mano: “Non avrebbe importanza: non si ricorda niente”.
“Oh,” mormorò Masaki, stupito, ma preferì far cadere la conversazione. In fondo, meglio così: probabilmente la donna non si era nemmeno resa conto che era in casa. Tornò a stendersi nel futon e si accoccolò come un ghiro tra le coperte: non era abituato a dormire su un letto tradizionale, ma si era ambientato molto presto nella stanza di Hikaru, che somigliava più a un piccolo soppalco. Ovunque erano disseminati libri e quaderni e vestiti: in un certo senso, il disordine rispecchiava lo spirito goffo e distratto di Kageyama.
Si sarebbe assopito di nuovo se solo le parole dell’amico non lo avessero disturbato di nuovo. Stavolta Masaki si limitò a grugnire.
“Mi spieghi perché sei scappato di casa?”
“Se non si fosse capito, non mi va di parlarne,” replicò stizzito lui, “Non capiresti”.
Hikaru sospirò, esasperato. Sembrò indeciso per qualche secondo, poi si sporse su di lui e rincarò la dose. “Infatti, non capisco. Non capisco perché tu stia respingendo Midorikawa-sama”.
Masaki gli rivolse un’occhiataccia, per poi riprendersi il cuscino dalle sue mani e iniziare a strapazzarlo un po’. “Non lo conosci, non sai di cosa parli”.
“Forse non lo conosco, è vero. Ma voglio sentirtelo dire da te cosa c’è che non va,” asserì Kageyama, “perché voglio aiutarti”.
Restò zitto per un po’, colpendo il cuscino con meno convinzione. Si stese dandogli le spalle, impensierito, e pensò che questo sarebbe bastato a far desistere Hikaru.
Ovviamente si sbagliava.
“È davvero questo il problema, che è gay?”
Le parole dell’amico lo punsero finalmente sul vivo. Si girò con uno scatto e ringhiò a denti stretti: “No, va bene? Non è questo il punto. Non più almeno”.
Hikaru ebbe una reazione strana, come se non si aspettasse davvero di ricevere una risposta del genere. “Oh,” sussurrò solamente, “è già qualcosa, penso”.
“Credi davvero che avrei fatto questa scenata solo perché gli piacciono gli uomini? Sai quanto me ne frega!” sbottò Masaki, quasi offeso. “Lo sapevo da prima. Quel che non sapevo è…” Ammutolì e abbassò lo sguardo sul futon, con aria contrita.
Kageyama per quella volta non insistette, e si limitò a osservarlo in silenzio. Kariya sospirò, poi si grattò la nuca e lasciò che sul suo volto tornasse il suo solito broncio. Più che arrabbiato, sembrava davvero triste. “Diciamo solo che… Non ha mantenuto una promessa che ci eravamo fatti”.
“Che promessa?” domandò incuriosito l’altro.
Masaki lo guardò di sottecchi, poi proseguì, con poca convinzione: “Ci eravamo detti che non avremmo più avuto segreti”.
Kageyama lo scrutò in silenzio per qualche secondo, poi disse soltanto: “Devi tenerci molto”.
“Non è ovvio? È mio padre, certo che mi ha deluso,” Masaki si strinse nelle spalle e incrociò le braccia, sbuffando. Quando sentì la risatina mesta di Hikaru, alzò lo sguardo, infastidito. “Che c’è?”
“Niente, è solo che…” rispose l’amico, imbarazzato dal suo stesso comportamento. “Non mi hai mai parlato di lui così. Davvero c’era bisogno che litigassi con lui perché lo considerassi tuo padre?”
Era giunto il momento di menarlo. Masaki lo sentiva. Scattò in piedi e strinse i pugni, assumendo la posa più minacciosa che gli venisse in mente. “Ma che cazzo-!!!”
“Ascolta,” lo ammonì soltanto Kageyama. Sembrava intimorito, ma non realmente preoccupato dalla sua reazione. Forse lo conosceva meglio di quanto pensasse: non gli avrebbe davvero fatto del male. “Sto solo dicendo che te la sei presa perché gli vuoi bene. Non c’è nulla di male. E per la verità, mi solleva”.
“Dovresti farti gli affaracci tuoi,” borbottò Masaki, ma lo lasciò parlare.
“Permettimi solo di dire che in queste settimane sei cambiato,” gli sorrise Hikaru, “in meglio”.
Kariya sbuffò ancora una volta, distogliendo lo sguardo. “Questo non risolve la mia situazione”.
“Forse no,” ammise Hikaru, “ma migliora la mia”.
L’amico gli scoccò un’occhiataccia. Hikaru si stava comportando in modo strano, e non era sicuro che gli piacesse quel lato di lui, specialmente se significava esporsi così tanto. “Che intendi?” chiese comunque, odiando il senso di confusione che stava provando in quel momento.
Kageyama gli rivolse un sorrisetto e allargò le gambe per incrociarle sotto il suo busto. Appoggiò un gomito sul ginocchio e lo guardò con uno sguardo indecifrabile. “Non ti sei mai chiesto perché vivo da solo?”
Kariya non era sicuro di voler affrontare l’argomento: “C’è tua nonna, no?” disse piano.
Hikaru lo ignorò. “I miei mi hanno cacciato di casa lo scorso mese. Non volevano avermi tra i piedi, perciò mi hanno mandato qui”.
“Mi dispiace,” mormorò Kariya con sincerità, sentendosi improvvisamente a disagio. Abbassò ancora gli occhi e iniziò a stropicciarsi le dita sentendole rigide e umide di sudore.
“Lo so. Per questo ti dico che sei fortunato ad avere un genitore come Midorikawa,” gli spiegò pazientemente Hikaru, “una persona che ti accetterebbe qualsiasi cosa tu faccia… o sia,” mormorò cauto. Le ultime parole quasi le sussurrò, al punto che Masaki non era nemmeno sicuro di averle sentite. “Papà non è perfetto,” obiettò di rimando.
“No, nessuno lo è,” ammise Hikaru. “Ma ti ama. E l’amore è la cosa più bella che una persona possa cedere a un’altra, in maniera totalmente disinteressata. Io la vedo così”.
Dopo quelle parole, Masaki non riuscì più a replicare: lasciò che il silenzio lo avvolgesse come una coperta e vi si lasciò cullare, annichilito da tutto ciò che Hikaru gli aveva detto. Abbassò il capo a rimirare le vene del pavimento fino a che la vista non iniziò a offuscarsi e le prime lacrime non iniziarono a bagnargli i jeans.
“Stai piangendo… Kariya?”
“No,” si lagnò lui, passandosi una mano sul volto. “Non… non sto p-piangendo”.
Il fruscio di fronte a lui lo costrinse a serrare gli occhi, per non vedere. Le braccia di Hikaru lo avvolsero ancora prima che potesse protestare, ma era sicuro che fosse rimasto senza parole.
angolino di hirondelle_
LO SO. LO SO. ERO ABBASTANZA SICURA CHE NON SAREI MAI RITORNATA SU QUESTA FIC. E invece sono debolissima, quindi ho scritto un altro capitolo. Ho anche revisionato gli altri capitoli, facendo piccole modifiche e sistemando un po' la parte grafica: ora dovrebbe essere tutto più leggibile e pulito. Di tutto questo, devo ringraziare soprattutto l'utente himawarii, che mi ha spronata a continuare con la sua bellissima recensione! Non prometto nulla, perché non mi fido molto di me stessa, ma questo capitolo era piuttosto importante ed era giusto che lo aveste. 
Lettori "anziani": non so se ci siete, ma questa è anche per voi! Battete un colpo se capitate da queste parti, ahah. 
Un bacio, 
Fay
   
 
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