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Autore: yopsbrain    24/07/2020    0 recensioni
«Il Destino non è cieco, non sceglie a caso. Se tu sei il Prescelto, significa che non sei un banale umano come credi.».
Quando i Sei Regni del Nuovo Mondo vengono trascinati in una guerriglia senza fine, quattro ragazzi che non potrebbero essere più diversi tra loro ma uniti dal destino diventano l'unica possibiltà di salvezza dalla distruzione.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Una freccia appena scoccata vibrò nell'aria e si andò a piantare in un albero su cui era dipinto un pallino rosso. Poco più lontano, una ragazza dai capelli corvini, abbassò l'arco e osservò l'albero e la freccia: aveva fatto centro.
Ellys Arwëlèth era nata arciera: sin da piccola l'arco era stata la sua passione e il che era strano per una come lei, umile figlia di contadini.
L'arco era usato per svago dai nobili oppure dagli arcieri dell'Ordine del Regno, non di certo dai contadini di Lutzsburg. Ellys Arwëlèth era nata e cresciuta a Lutzsburg, il grande paese che faceva da capitale al regno dello Stregone Bianco.
Non aveva fratelli né sorelle, solo i suoi genitori che aiutava nei campi che possedevano anche se a dir la verità, non vi lavorava tutto il tempo: di tanto in tanto scappava nei boschi al confine del paese. Amava passeggiare per i boschi e fermarsi a esercitarsi con il suo arco. A volte dietro si portava qualche libro e qualche fetta di pane e non tornava per tutto il giorno. Una volta che ritornava in casa, però, le toccava ascoltare i rimproveri dai toni pacati dei genitori. Erano soliti dirle che non poteva andarsene a scorrazzare qua e là per boschi e passare pomeriggi interi alla bottega del fabbro, doveva aiutarli... d'altronde quando si sarebbe sposata avrebbe dovuto lavorare anche lei per mantenere suo marito e i suoi figli.
Ellys annuiva svogliatamente per evitare di litigare. I suoi genitori, per quanto bene gli volesse, guardavano sempre troppo avanti e la vedevano in una sola maniera: sposata. Ellys rabbrividiva all'idea di sposarsi così giovane: sebbene fosse già in età da matrimonio, non aveva ancora raggiunto la maggiore età, che era prefissata per i 21 anni. Lei ne aveva 18.
Era una ragazza qualunque, anonima, e non le dispiaceva affatto esserlo. Aveva gli occhi marroni e dei lunghi capelli ricci e corvini che lasciava sempre al vento ed erano il suo unico vanto. Le guance paffute erano rosee e la carnagione non era abbronzata come quella dei genitori.
L'essere anonima le permetteva di essere quasi invisibile e non attirare nessuno con cui i genitori avrebbero fatto sposare all'istante, pur di vederla accasata.
Dicevano che era l'unico modo per condurre una vita decente e non di stenti, ma si dovevano sempre trovare a fare i conti con la testardaggine che aveva sempre caratterizzato la figlia ostinata a non voler dare loro ascolto.
Ellys aveva solo un amico, vista la sua propensione per la solitudine dei boschi.
Lì si sentiva libera e sognava di poter esplorare ancora di più di quello che poteva a Lutzsburg, ma quello non era altro che un lontanissimo sogno irrealizzabile.
In quel momento, nel bosco, quasi si mimetizzava: indossava un lungo vestito un po' logoro con le maniche corte, dello stesso verde delle chiome degli alberi.
Alle braccia aveva delle protezioni in cuoio, che partivano da appena sotto il gomito e arrivavano fino al polso, mentre ai piedi un grande paio di stivali marroni.
Ellys scoccò un'altra freccia poi alzò lo sguardo verso il cielo, coperto in parte dalle frasche degli alberi. Il sole era levato in cielo e picchiava più del solito, doveva essere mezzodì.
Ellys allora andò a raccogliere le frecce scoccate e le rimise nella faretra, dopodiché, s'incamminò con tranquillità verso il paese.
Nessuno era a passeggiare, tutti erano chiusi in casa o nelle taverne a pranzare.
Ellys si disse che i suoi genitori potevano anche aspettare un altro po'. Ormai era in piazza, come faceva a non passare dalla sua bottega preferita?
Ellys mise le mani sulla doppia porta della bottega e la spinse, entrando. Il forno era acceso e faceva un caldo terribile, come al solito. Sentiva il tipico rumore del ferro contro altro ferro. Si avvicinò ad una delle colonne che sostenevano la struttura della bottega e vi si appoggiò.
Osservò di nascosto un ragazzo mentre batteva il martello sul ferro appena uscito dal forno con energia. Si vedeva da lontano il sudore colargli dalla fronte, i primi tre bottoni del gilet e della sua camicia erano sbottonati e le maniche alzate.
I suoi capelli mori, lunghi fin sopra le spalle erano raccolti in un piccolo codino, che faceva risaltare la mascella scolpita. Per un attimo smise di battere il ferro e con il braccio si asciugò il sudore sulla fronte. Quando alzò lo sguardo, vide Ellys con la schiena contro la colonna.
«Ecco la mia arciera preferita.» disse posando il martello sull'incudine e sorridendole.
«Il mio fabbro preferito!» esclamò lei.
Paris Crawford, il fabbro del paese, era il migliore e unico amico di Ellys.
Paris era un ragazzo paziente e tranquillo, onesto e simpatico, ma anche lui si trovava in difficoltà con gli sconosciuti e socializzare non era il suo forte, sebbene fosse ben voluto da tutto il paese.
In Ellys aveva trovato l'unica persona con cui fosse capace a parlare, ridere e scherzare.
Si erano conosciuti dieci anni prima mentre Ellys praticava con il suo primo arco, nello stesso bosco di sempre.
Stava per scoccare una freccia quando un rumore la spaventò e le fece tirare a vuoto, mancando di poco Paris.
Sebbene non fosse iniziata nei migliori dei modi, i due fecero amicizia; un'amicizia sincera rafforzatasi ogni giorno di più.
«Che ci fai qui? Dovresti essere a casa a pranzare.» le chiese Paris.
«Sono tornata ora dal bosco. Mi sono esercitata un po' con l'arco.- rispose Ellys -Tu, piuttosto, hai intenzione di riposarti?».
Paris invitò Ellys a sedersi su una delle tre sedie accostate al muro.
«Lo farò ora.- disse Paris, sedendosi accanto a lei -Sai chi è venuto oggi a ritirare la sua nuova ascia?».
«No.» Ellys scosse la testa.
«Sir. Amsterdam. Jones.» disse scandendo bene le parole. Ellys roteò gli occhi, sbuffando.
Sir Amsterdam Jones era da appena una settimana a Lutzsburg e già non si parlava d'altro che del cavaliere più conosciuto di tutto il Regno.
Eppure sembrava che nessuno lo conoscesse sul serio e nonostante questo in molti lo invidiavano o parlavano di quanto fosse forte e coraggioso.
Le ragazze -e persino qualche ragazzo, avrebbe giurato Ellys- del posto facevano scommesse su chi di loro avrebbe riservato l'onore di posare gli occhi.
Si vociferava che fosse davvero bellissimo, che avesse il corpo come quello delle statue. Senza parlare del fatto che era un valoroso cavaliere!
Eppure, di fatto, Ellys lo detestava già.
Sapeva che non avrebbe dovuto dare peso ai pregiudizi e giudizi troppo affrettati, ma non sopportava il fatto che desse corda a tutte le dame, anche quelle sposate, e che si vantasse sempre con tutti gli altri.
«Mi ha detto che si fermerà per un bel po' in città, a quanto pare ha una missione importante da queste parti. Ma non mi ha raccontato molto altro.» le riferì Paris.
«Vorrà dire che andrò più spesso al bosco. Non voglio avere assolutamente niente a che fare con lui!» asserì Ellys.
«Io non lo conosco bene, ma non credo che sia una cattiva persona. È stato gentile con me... e con la mia paga. Ho tentato di restituirgli il resto, ma ha rifiutato.» replicò Paris.
Ellys si morse un labbro. Si sentiva inferiore a Paris sotto questo punto di vista: lui aveva sempre una parola gentile per tutti. Era davvero buono, forse anche troppo a volte, ma era anche vero che a differenza dell'amica non si faceva accecare da giudizi affrettati.
I due stavano per continuare la discussione, quando un frastuono sopraggiunse da fuori: stava succedendo qualcosa di strano e lo capirono solo dalle urla che sentirono dopo pochi secondi.
Ellys e Paris si precipitarono ad una delle piccole finestrelle della bottega, alla quale si affacciarono. Con orrore, notarono una dozzina di persone in armatura che stavano aggredendo i loro compaesani. Erano armati di spade ed asce e gridavano rabbiosi, provocando il panico in tutta la piazza.
Ad Ellys si mozzò il fiato in gola, e sussurrò:«Non saranno...?».
«I Deformi!» esclamò Paris.
Il fabbro chiuse la finestra di colpo e fece lo stesso con la porta, mettendovi addirittura il pontello.
Ellys adesso sapeva bene quello che stava accadendo: non era mai successo nel Regno Bianco, ma negli altri sì. I discendenti degli Uomini e delle Donne geneticamente modificati, ora chiamati da tutti Deformi, stavano attaccando il paese.
Erano da mesi che i Deformi attaccavano paesi e città dei Sei Regni, ma nessuno era a conoscenza dei reali motivi dietro a quegli attacchi.
Erano già morte parecchie persone, eppure gli Stregoni non riuscivano a decidere una linea d'azione e una soluzione ben precisa che risolvesse il problema. Credevano che fosse impossibile parlare e soprattutto ragionare con i Deformi. Erano bestie, abominazioni. A volte ci si chiedeva se di fatto sapessero parlare, o se si esprimessero solo a gesti e urla.
«Quanti erano?» chiese Ellys.
«Forse una dozzina, ma chissà quanti sono sfuggiti alla mia vista!» Paris, per sentirsi più sicuro, prese una delle spade forgiate da lui stesso.
Ellys ci pensò su qualche secondo, il suo sguardo balzò dalla finestra a Paris alla porta.
«Apri la finestra.» disse Ellys con decisione.
«Cosa?» chiese perplesso Paris senza muoversi.
Ellys soffocò un'imprecazione e corse ad aprire la finestra.
I Deformi avevano ferito un cittadino, che adesso stava cercando disperatamente di fuggire insieme ad un suo amico. Altri Deformi si buttavano contro le porte nel tentativo di sfondarle, senza molto successo.
Ellys prese una freccia dalla faretra e con una velocità impressionante tese l'arco, prese la mira e colpì sulla nuca un Deforme, che cadde a terra esanime.
Paris la guardò terrorizzato e immobile al centro della stanza. «Ellys, chiudi quella finestra! Ti prego!» provò a dissuaderla con tono preoccupato.
Ma la ragazza rispose prendendo un'altra freccia, tendendo l'arco e scoccando. Questa volta ne centrò uno proprio in mezzo al petto.
I Deformi si accorsero presto di lei e uno di loro, robusto e con il viso deturpato, corse verso la finestra e la prese per le braccia, trascinandola con violenza fuori dalla bottega.
Ellys soffocò un grido quando il Deforme la trascinò via, gli torse le braccia e venne spinta a terra.
Si rialzò in piedi velocemente e prima che il nemico potesse riattaccarla, scoccò una freccia.
Bersaglio mancato. Sgranò gli occhi, non le era mai successo. Paris era uscito dalla bottega per raggiungere Ellys, ma era stato bloccato da un altro Deforme, che l'aveva costretto a difendersi.
Ellys lo vide di sfuggita e si rese conto che gli altri paesani erano riusciti a fuggire.
Era un traguardo positivo, ma ora solo lui e l'amico stavano difendendo la piazza e il paese.
Dov'erano i cavalieri, gli arcieri e le guardie del Regno? Perché nessuno era andato a chiamarli?
Ellys si adirò al solo pensiero, distraendosi dal Deforme che adesso era pochi centimetri da lei.
Quando se ne accorse, si disse di prendere una freccia e scoccarla o al massimo piantarla nella gamba del Deforme.
L'aveva già fatto una volta. Non con un Deforme, però.
Quando fu a millimetri da lei, si rese conto di non aver preso nessuna freccia. Era paralizzata e il suo corpo si rifiutava di collaborare. Il Deforme le prese violentemente il mento, brandendo la sua ascia in aria.
La fissò e lei fissò lui, contorcendo l'espressione in una di disgusto e dolore. Quel volto dai grandi occhi, uno più su ed un altro più calante e dalla bocca storta, la stava terrorizzando a morte.
Ma cosa le era venuto in mente quando li aveva attaccati da sola? Pensava di poter vincere contro una dozzina di Deformi con un solo arco e qualche freccia?
Ellys era impotente, immobilizzata dalla paura.
Com'era già successo, d'altronde. Quella era la sua debolezza. Il Deforme avvicinò l'ascia al suo collo, premendo leggermente la lama contro il lato del suo collo.
Ellys gridò più forte e cercò di reagire, riuscendo solo mettere le mani su quelle callose del Deforme per cercare di smorzare la sua presa.
Ormai era troppo tardi, stava per essere uccisa dal Deforme. Qualcosa brillò dietro di lui, producendo un rumore metallico. La testa Deforme era stata mozzata e il sangue era appena schizzato in faccia a Ellys, che sentì la presa abbandonarla e l'ascia cadere a terra sonoramente.
Dovette riprendere fiato per un attimo prima di alzare lo sguardo e vedere quello che era appena successo: di fronte a lei c'era un cavaliere in un'armatura che non era quella del Regno Bianco. Non era di nessun Regno, a dir la verità.
Il suo volto era coperto dal un elmo, ma Ellys riusciva a vedere i suoi occhi dalla feritoia.
Anche la sua armatura lucente era macchiata di sangue. Ellys era rimasta a fissarlo mentre da dietro bloccava un Deforme e gli mozzava la testa senza pietà.
Era impressionata dalla sua coordinazione dei movimenti e dalla sua forza.
Qualcuno l'afferrò per un braccio e lei si dimenò di riflesso, quando la voce di Paris la rassicurò.
«Presto, torniamo dentro la bottega, sono troppi!».
Ellys fu sollevata nel vederlo sano e salvo, e fu subito d'accordo con lui.
Corsero insieme e dalla finestra da cui erano usciti rientrarono nella bottega, sbarrandola per bene. Si rannicchiarono accanto ad uno dei tavoli con sopra le incudini, cercando di riprendere fiato.
«Sei ferito?» chiese Ellys.
«No.- rispose Paris -E tu? Sei sporca di sangue!».
«Non è il mio. Sto bene.» mentì, nascondendo la sua ferita al collo.
I due si strinsero l'uno all'altro senza volerlo, mentre Paris rimproverò l'amica placidamente:«Mi hai spaventato a morte. Quel Deforme ti stava per uccidere!».
«Non so cos'è successo, Paris. Mi sono bloccata. Non riuscivo ad attaccare.» mormorò lei.
«L'importante è che siamo qua sani e salvi.» la rincuorò lui.
Ellys si voltò verso la porta. Le grida erano cessate e adesso fuori regnava il silenzio.
Qualcosa le disse di uscire, di andare a vedere.
Quando Paris la vide alzarsi, sospirò. Ellys era davvero testarda e incorreggibile.
Avrebbe voluto bloccarla, ma ormai lei aveva già spalancato la porta.
Paris si avvicinò, sempre tenendo stretta la sua spada.
Ellys osservava silenziosa la scena di fronte a lei, il suo arco già teso con una freccia pronta ad essere scoccata.
Le persone cominciavano timidamente ad affacciarsi.
Per terra c'erano scie, schizzi e pozze di sangue nelle quali i Deformi -o meglio, quello che rimaneva di loro- giacevano privi di vita.
Al centro, circondato da cadaveri e teste di Deformi mozzate da lui stesso, il cavaliere osservava soddisfatto il suo lavoro.
La sua ascia adesso era abbassata.
Si voltò lentamente verso Paris ed Ellys e li fissò, mentre la ragazza continuava a puntargli contro la sua freccia.
«State attenta con quell'arco, milady.» disse ad alta voce.
Ellys arrossì, accorgendosi di stare puntando la freccia contro il cavaliere che le aveva salvato la vita.
Lo abbassò riponendo la freccia nella faretra e l'arco dietro la schiena.
«Vi prego di scusarmi.» rispose.
Il cavaliere si tolse l'elmo e lo mise sotto il braccio, suscitando lo stupore di Ellys ma non quello di Paris che aveva già capito di chi si trattasse.
Sotto quell'elmo dorato, si celava un uomo dall'espressione scura e seria; aveva qualche riccio moro sugli occhi turchesi e i capelli leggermente spettinati.
Stava ancora ansimando, passò qualche secondo prima che si ricomponesse e la sua espressione mutò in una più gioviale.
«Scuse accettate.- disse avvicinandosi ai due amici -Mastro Paris, non vi facevo un combattente.».
Da lui non ottenne alcuna risposta, perciò una volta raggiunti, estese una mano verso Ellys.
«Non credo di avere l'onore di conoscervi, milady. Sir Amsterdam Jones, al vostro servizio.» si presentò.
Ellys osservò la sua mano e decise di non stringerla.
«Ellys. Ti ha salvato la vita.- le sussurrò Paris -Stringigli almeno la mano... niente di più.».
Ellys scosse la testa, tenendo le mani lungo i fianchi.
Amsterdam abbassò la mano con riluttanza, ma non smise di guardarla.
«Siete ferita.» affermò poco dopo.
Paris sgranò gli occhi, notando solo in quel momento la ferita di Ellys e si maledì per non averla notata prima.
«Non è niente.» ripeté Ellys, con freddezza.
«Sanguini ancora, Ellys. Lascia fare a me.» replicò Paris, tirando fuori dalla tasca uno dei suoi grandi fazzoletti.
Ellys si lasciò medicare alla meglio da Paris, mentre Amsterdam dava un'occhiata dietro di lui.
«È la prima volta che succede a Lutzsburg?» domandò.
«Sì.- rispose Paris -E ci siamo fatti trovare impreparati.».
Paris strinse il fazzoletto con delicatezza attorno al collo dell'amica, in modo da fermare almeno l'uscita del sangue.
«Per fortuna sono arrivato in tempo.- osservò Amsterdam -Devo ringraziare anche voi, siete stati essenziali e non c'è stato nessun morto. Esclusi i Deformi, s'intende. Dovrò subito andare a riferire l'avvenuto, volete accompagnarmi?».
I cittadini avevano cominciato ad avvicinarsi per congratularsi con il cavaliere.
Paris scosse timidamente la testa, mentre Ellys disse ad alta voce:«Devo tornare a casa. I miei genitori si staranno chiedendo dove sono. Passerò più tardi da te, Paris. Grazie per la medicazione.».
Ellys sentiva il bisogno di andarsene da lì il prima possibile, la folla cominciava ad irritarla.
Sorpassò il cavaliere, che però la raggiunse all'istante porgendole il braccio.
«Vi accompagno io, ci potrebbero essere dei disordini.» propose Amsterdam.
«So bene la strada di casa mia ed ho con me l'arco. Non mi servite. Andate dalla vostra folla adorante.» replicò Ellys, proseguendo per la sua strada.
Sgattaiolò via tra i paesani che stavano ormai inghiottendo Amsterdam.
Lui però non diede loro attenzioni e continuò ad osservare la ragazza dalla quale non era ancora riuscito a staccare lo sguardo.
Dovette sparire dal suo campo visivo prima che lo facesse. Lui scambiò qualche sorriso timido con i paesani, cercando però allo stesso tempo di farsi spazio per passare.
Avrebbe voluto seguire la ragazza della quale non sapeva nemmeno il nome... ma poi il suo piede urtò contro qualcosa. Abbassando lo sguardo vide il cadavere di un Deforme riverso a terra.
Doveva andare a parlare con il Capo delle Guardie del Regno Bianco , seduta stante.
Sospirò e ignorando gli altri, si diresse verso la locanda presso la quale alloggiava per sellare il suo cavallo e dirigersi alla volta del castello dello Stregone Bianco.

   
 
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