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Autore: Mnemosine__    24/07/2020    0 recensioni
Seguito di Blood Brothers.
Raccolta di momenti e episodi della vita di coppia di Apollo e Liz, con qualche nuovo pargolcello di mezzo, ovviamente.
Dal Testo:
"Sono incinta, idiota!"
"Cosa?" Un verso strozzato provenne dalla gola del dio.
"Sono incinta." Ripeté più piano lei. "Lo so che non era una cosa premeditata ma siamo sposati, e dopo tutto il tempo che abbiamo passato a letto senza protezioni credo che dovessimo aspett..."
"Tuo padre mi ammazza." sussurrò Apollo con aria terrorizzata.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Ade, Altro personaggio, Apollo, I sette della Profezia, Nico/Will
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Blood Brothers'
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Di babysitter inadatti e padri incapaci


"Io te lo avevo detto." 
"A prima vista mi era sembrata una buona idea." 
Apollo si grattò la testa, imbarazzato, mentre portava gli occhi verso il basso per non dover incrociare lo sguardo seccato della moglie.
"Anche a prima vista era palese che fosse una gran cazzata, la tua idea." Lo bloccò lei.
Elisabeth incrociò le braccia, e sua immagine sfavillò leggermente. 
"Dico io, passi lasciarlo ad Ade, ma lui?" Si portò una mano alla testa, prendendosi il naso tra due dita e strizzando gli occhi. 
"Si è offerto volontario e io dovevo occuparmi del sole..." biascicò il dio. "Mica posso portare un bambino sul mio carro."

Apollo strinse le redini con più forza, mentre guardava la moglie attraverso il messaggio-iride "Vedi forse lo spazio per un seggiolino?" 
"Sei su un carro. Potevi trasformarlo in una macchina." 
"Ma il carro è molto più cool, mia cara." Disse lui, mellifluo. 
"Andava bene anche una delle ninfe che ti fanno la corte." Sbuffò lei. 
"Nessuno mi fa più la corte, mi sono accasato." Alzò gli occhi al cielo.
"È proprio per questo sei ancora più appetibile, lo ha detto una naiade l'altro giorno." 
La figlia di Poseidone scosse la testa e gli puntò un dito contro "Se vengo a sapere che il mio bambino è anche solo minimamente inciampato perché lui lo ha perso di vista ti riterrò completamente responsabile."

Apollo fece segno di sì con la testa "Non gli succederà niente, dolcezza." Anche se iniziava ad avere dubbi pure lui sulla sua scelta del babysitter per quella giornata "E tra qualche ora tornerò a casa e mi occuperò io del nostro bambino." Le assicurò.
"Questo dovrebbe rassicurarmi?"

Apollo guardò la piccola fontanella che Efesto gli aveva applicato sul carro, su richiesta della figlia di Poseidone, 'per le emergenze' come aveva detto lei. Apollo non avrebbe mai immaginato che le 'emergenze' fossero continue chiamate ogni cinque minuti per sapere se suo figlio fosse ancora vivo.
Si sentiva offeso dalla poca fiducia che la ragazza riponeva in lui, perché nessuno credeva che potesse essere un padre responsabile?
Aveva anche fatto pratica con le bambole di Sun, mentre Elisabeth era ancora incinta. 
La figlia gli aveva insegnato come tenerle in braccio, fargli fare il ruttino e cambiare i pannolini. 
Cosa c'era di tanto diverso tra un bambolotto a forma di bambino un bambino vero? Mah.
Chissà perché quando lo aveva chiesto a Will e Austin mentre teneva in braccio la bambola vomitosa di Sun i due gli erano scoppiati a ridere in faccia.
Kyla gli aveva pure registrato qualche ninnananna, e funzionavano così bene che quando le aveva fatte sentire lui si era addormentato sul letto di Angel. 
Lui si che aveva una progenie intelligente e meravigliosa, altro che Atena.

Troilo era nato da ormai quasi un anno e Apollo ancora faticava a credere di aver avuto una vita completamente diversa prima di avere lui. 
Quel bambino gli aveva invaso cuore, testa e casa. Soprattutto casa. 
La reggia del dio del sole era diventata un grande parco giochi: peluche , orsacchiotti, seggioloni invadevano ogni stanza.
La cucina (mai usata) era stata invasa da vasetti colorati con dentro Apollo-non-voleva-nemmeno-sapere-cosa di molliccio e frullato, biberon, cucchiaini colorati e un grande seggiolone giallo canarino accecante perché 'qui ci vuole un po' di allegria, tesoro'.
L'entrata delle scale, così come quella di qualunque porta, era stata bloccata da cancelletti bianchi per sicurezza.
La moglie lo aveva costretto a montarli da quando Troilo aveva scoperto che con le sue gambette poteva correre ovunque volesse come un piccolo razzo e Apollo era passato in pochi giorni da 'Oh dei Liz guarda come corre' a 'Oh dei Liz dove diavolo è quella peste'

Aveva anche imparato a cambiare i pannolini e a preparare i biberon con il latte alla temperatura giusta (con un semplice schiocco di dita tutto diventa semplice).

Insomma, era diventato un papà con i contro fiocchi.
Altro che sua moglie. 
A detta sua, la maternità l'aveva fatta impazzire. 
Nessuna delle madri dei suoi innumerevoli figli lo aveva mai sfiancato così tanto. 
Anche se era difficile fare paragoni, visto che con le madri degli altri figli non ci aveva passato così tanto tempo.
Ma era sicuro che un comportamento del genere non fosse normale. Nossignore.
Da quando aveva scoperto di essere incinta Elisabeth aveva iniziato a correre da un negozio all'altro, accompagnata da Annabeth, tornando a casa ogni volta con almeno due tutine nuove. 
L'ultima volta che aveva fatto delle compere in un negozio per bambini si era fatta accompagnare da Artemide. 
Quelle pazze erano tornate a casa con tre, tre seggioloni e una tutina argentata. 
E le scarpette. Oh dei, le scarpette.
Le scarpette per bambini erano diventate il nuovo amore della figlia di Poseidone.
Che ci voleva fare, poi, con una trentina di scarpette per un bambino che aveva iniziato a camminare solo da poco? 
Niente, ecco cosa. 
Stava là e le guardava, con una preoccupante espressione alienata, mente gli mostrava quanto erano piccole e adorabili.
Bah. 
A volte Apollo aveva pensato di farle sparire. 
Erano solo piccole scarpe, come quelle da adulti ma più piccole di una spanna. Cosa avevano di tanto speciale?
Magari durante la gravidanza Ermes le aveva somministrato di nascosto qualche droga, si... non c'era nessun'altra soluzione possibile per spiegare quel comportamento.

Dopo il parto, poi, Apollo aveva sperato che quella pazza di sua moglie si sarebbe calmata, almeno in parte.
Ma ovviamente no. Ormai era posseduta. Senza speranze.
Non lasciava mai il bambino da solo nemmeno per un minuto e gli parlava sempre con vocine strane, faceva i versi (soprattutto quando gli dava da mangiare) e le smorfie.
Si, doveva per forza essere posseduta se ogni volta che imboccava il bambino faceva cose tipo 'Aaaaam'.

Senza parlare del fatto che non si fidava minimamente di suo marito. 
Lui non poteva nemmeno prendere in braccio suo figlio che la ragazza lo fissava, apprensiva e preoccupata, finché non lo metteva giù.
Di cosa aveva paura, che lo mollasse all'improvviso? 
Se anche fosse successo era il dio della medicina, quindi dov'era il problema?

"Certo che si. Sono un super papà, io." Assicurò lui.
"Percy è un super papà." Disse lei lanciandogli un'occhiataccia. 
"Ma come? Stamattina ho anche provato a cambiargli il pannolino senza magia!" Protestò.
Lei lo fissò, per nulla impressionata "E ci sei riuscito?"
"Beh..." Apollo fece segno ai cavalli del sole di rallentare, mentre il paesaggio sotto di lui si era fatto improvvisamente interessante.
"L'importante è che ci abbia provato." 
"Senti." Lo riprese lei "Torno domani sera. Tu assicurati che tuo padre non uccida mio figlio nel frattempo." Disse secca prima di chiudere la connessione.
Apollo sospirò. 
Elisabeth era tornata al Campo Mezzosangue per chiedere non sapeva cosa a Will. 
Così, di punto in bianco.
Lo aveva lasciato da solo a badare al loro bambino, il problema era che il carro del sole non si trascinava in giro per il cielo da solo. 
Così quando, quando quella mattina lui era già in ritardo di un'ora e suo padre si era presentato alla porta della sua reggia offrendosi di tenere il bambino per quella giornata, Apollo aveva colto al volo la proposta. 
Aveva schioccato le dita e Zeus si era ritrovato in braccio Troilo e in mano la lista che Elisabeth gli aveva lasciato.
Più che lista di cose da fare con il bambino quel foglio era pieno di non scritti in maiuscolo e sottolineati più volte. Alcune cose erano addirittura cerchiate.
Come se lui non sapesse che NON poteva lasciare Troilo giocare con le prese elettriche. 
Suo padre era anche il dio dell'elettricità, anche se suo figlio avesse giocato con le prese elettriche il dio non lo avrebbe fatto morire fulminato, vero?
Chiuse gli occhi.
Già, forse affidare suo figlio a nonno Zeus non era stata proprio una buona idea ma, ehi, mica era lui il dio della saggezza. 
E poi, ormai erano quasi le sei di sera. In poco tempo sarebbe tornato a casa, avrebbe trovato suo padre e suo figlio sul divano a guardare la TV e avrebbe sbattuto in faccia a sua moglie che era un super papà anche nella scelta dei babysitter.
 

Elisabeth strinse gli occhi, cercando di non avere un crollo nervoso e precipitarsi a casa per togliere suo figlio dalle grinfie di quel dio incapace.
"Come sta il mio fratellino?" Chiese Will affacciandosi alla porta. 
"Prega per quell'idiota di tuo padre che stia bene." Disse lei mentre con un gesto della mano spegneva il rubinetto dell'infermeria.
Will ridacchiò facendole segno di raggiungerlo.
"Dove mi metto?" Chiese lei.
Il figlio di Apollo le indicò un lettino.

"Devo sapere!" Gridò una voce fuori dall'infermeria. 
"Percy, ti ho già detto che non puoi entrare!" Ringhiò Nico dalla porta.
"Ma sono suo fratello! Ho diritto di sapere se Luke avrà un cuginetto o una cuginetta." 
"Jackson non mi interessa se sei padre. Se entri ti uccido."

Elisabeth si concesse una risata, mentre si distendeva sul letto e Will le alzava leggermente la maglietta.
"Sicura di volerlo sapere? L'altra volta avete aspettato fino al parto." Chiese.
"Ti sei accorto prima di me che ero incinta di nuovo, direi che è un tuo diritto sapere se sarà una sorellina o un altro fratellino." 
Will sorrise e le passò le mani sulla pancia.
"Beh la tua faccia è stata epica." 
Ripensando all'espressione delle figlia di Poseidone, quando nemmeno due settimane prima Apollo ed Elisabeth erano passati al Campo per una festa in onore del piccolo nuovo arrivato della cabina 7, un bambino di 9 anni di nome Jake che Apollo aveva portato personalmente al campo.
Kyla e Austin avevano provveduto a fargli fare un fantastico giro di cabine, infermeria, mensa e soprattutto spiaggia.
Mentre Jake veniva scarrozzato dai fratelli per tutto il campo Sun si era appropriata di Troilo, garantendo che se ne sarebbe occupata lei. 
E, con grande sorpresa di Apollo, Elisabeth glielo aveva lasciato senza battere ciglio. 
La bambina aveva portato il fratellino sul prato a giocare a rincorrere la palla.
Ecco, lei sarebbe stata una fantastica babysitter. 
Il dio del sole era rimasto a bocca aperta, mentre la moglie se la rideva sotto i baffi. 
Will si era avvicinato al padre indicandogli una direzione dicendogli che Jake era caduto e si era sbucciato il ginocchio e Apollo, che ovviamente non era apprensivo come la moglie, nossignore, gridando disperato si era messo a correre come un forsennato verso l'infermeria. 
E lì, con Apollo lontano, con un tono tranquillo come se le avesse chiesto il tempo, Will si era rivolto alla figlia di Poseidone. 
"Da quanto sei incinta?"

Elisabeth scosse la testa, ricordandosi che lo aveva guardato come un pesce lesso per almeno una manciata di secondi, per poi scattare come una molla e spingere Will dietro un albero, chiedendogli se stesse scherzando.

Will sorrise, e le fece segno di alzarsi. 
"Già fatto?" Chiese lei mettendosi in piedi.
Lui annuì e scarabocchiò qualcosa su un foglietto, per poi porgerglielo. 
Lei spalancò gli occhi "Tu scherzi." 
Will rise e aprí la porta dell'infermeria.
Non si sorprese quando fuori vide una trentina di ragazzi: tutti i suoi fratelli, i 7 della profezia, Calypso e il suo bellissimo ragazzo imbronciato. 
Non si chiese nemmeno perché Percy fosse ai piedi di Nico in posizione fetale mentre si teneva lo stomaco o i genitali, non riusciva a capirlo, e il suo ragazzo lo guardava soddisfatto.
Annabeth, vicino a loro con in braccio un bebè dagli occhi grigi, guardava Percy come a dire 'te lo sei cercato, Testa d'Alghe.' 
Elisabeth lo affiancò e spostò lo sguardo dal fratello a Nico, borbottando un "Sono circondata da idioti."
Trenta paia di occhi la fissarono, in attesa "Allora?" 
 

Apollo aprí la porta di casa e ci si fiondò in un lampo
e si guardò intorno, cercando qualcosa di rotto o macchie di omogeneizzati in giro.
Poteva aspettarsi anche la cacca sulle pareti, ma non quello.
Un brivido gli percorse la schiena.
Troppo silenzio. 
Troppo ordine. 
Troppo pulito.
Si fiondò in cucina trovando quella stanza linda, pulita, luccicante. Male, molto male.
Corse per le scale, cercò in giardino, nelle camere e in bagno. 
Tutto pulito, ordinato e vuoto.
Dove diamine erano suo figlio e quel padre degenerato a cui lo aveva lasciato?
Come diavolo lo diceva a sua moglie di aver perso il bambino? 
No, non lo avrebbe detto a sua moglie. Come minimo lo avrebbe spedito nel tartaro.

"Stai cercando il bambino?" Una voce lo fece sussultare. 
"Lo hai visto?" Annuí il dio del sole al consuocero. 
Ade indossava una giacca di pelle, anfibi e un grosso cinturone con tanto di teschi.
"Già." Alzò gli occhi al cielo "Se avevi bisogno di un babysitter perché non hai chiesto a uno dei tuoi figli più grandi, invece che a quel cretino di mio fratello?"
Apollo non ascoltò nemmeno la domanda, corse verso Ade e gli prese le spalle, scuotendolo 
"Dove?" 
Il dio degli Inferi lo squadrò completamente, staccò le mani di Apollo dalle sue spalle e schioccò le dita.
In un secondo i due si trovavano nella sala del trono. Apollo si girò da una parte all'altra, in cerca del figlio.
"Dove...?"
"Gaaaah!" Sentì da dietro il trono di Zeus. Subito il dio corse verso il suono, in preda al panico. 
Ade lo seguì tranquillamente, facendosi apparire una macchina fotografica in mano.
Apollo si fermò di colpo, spalancando la bocca in una grande O.
Suo padre, Zeus, aveva una mano in aria e con muoveva l'indice come se stesse scrivendo qualcosa. 
Poseidone invece correva da una parte all'altra con le braccia aperte mentre guardava preoccupato un alto, mentre suo figlio era sostenuto in aria dai venti che lo muovevano nel vuoto. 
Ade fece alcune foto, sghignazzando, e accecò con il flash il padre degli dei. 
Il suddetto nonno/babysitter/dio del cielo mosse le mani per coprirsi gli occhi e Apollo si lasciò sfuggire un grido molto poco mascolino mentre Troilo cadeva nel vuoto, atterrando fortunatamente tra le braccia del nonno Poseidone che stava correndo sotto il bambino da una buona mezz'ora proprio per evitare una frittata di nipotino.
"Ti avevo detto che era un gioco pericoloso!" Gridò il dio del mare al fratello.
"É colpa di Ade!" Disse il re degli dei stropicciandosi gli occhi.
"Mia?" Ringhiò il signore dei morti "Io ti avevo detto che bastava mettergli davanti la tv, idiota! Tu lo hai fatto volare per tutta la stanza!" 
"Per giocare!" 
"Tanto valeva portarlo negli inferi!" Ribatté Ade.
"Gli Inferi per il mio nipotino? Mai!"
"Sei proprio un cretino." 
"Cretino sarai tu." 
I due continuarono a battibeccare l'uno con l'altro dimenticandosi del bambino mentre Poseidone cullava Troilo, del tutto ignaro di cosa era appena successo.
"Il nonno Zeus è tutto matto piccolino ora il nonno Poseidone ti porta a giocare con gli Ippocampi facendo molta attenzione a non farti affogare." 
Apollo, ancora pietrificato, si riscosse tutto in un colpo.
"Si può sapere che sta succedendo qui?" Gridò con un tono molto acuto che avrebbe fatto invidia pure alle muse.
I tre smisero di parlare e gridarsi contro, per guardare il dio del sole. 
"Ciao." Disse Zeus.
"Ciao? Mio figlio... tu... ma voi tre..." Apollo diventò rosso, ringhiò e si sbatté una mano in faccia.
"Ho chiesto aiuto." Disse Zeus. "A degli esperti." 
"E-Esperti?" Balbettò Apollo. 
"Certo. Sono i genitori divini migliori, loro." Annuí Zeus.
Di nuovo, Apollo rimase con la bocca spalancata, non sapendo cosa dire. 
Si girò verso Poseidone per farsi restituire il bambino e portarlo in salvo lontano da quei parenti pazzi.
"Forza piccolino andiamo a trovare Arcobaleno." Disse Poseidone prima di sparire in un plop. 
Apollo rimase lì, fermo, con le braccia spalancate, a fissare il punto vuoto dove fino a un attimo prima c'erano suo figlio e suo zio.
"Beh... chiamami la prossima volta che avrai bisogno di un babysitter." Sentì dire da Zeus prima di sparire anche lui con un sonoro puf.
"Tua moglie sa che hai lasciato il bambino a loro?" Chiese Ade.
No. E non avrebbe dovuto mai saperlo.
Scosse la testa. 
"Allora ti preparo un posto agli inferi per quando lo verrà a sapere." 

 

   
 
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