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Autore: PRISHILLA    25/07/2020    1 recensioni
L'età li separa, e Trunks che è un uomo adulto lo sa bene che è un amore impossibile, un sentimento che non dovrebbe avere ragione di esistere, e i sensi di colpa lo attanagliano al punto da fargli prendere una decisione drastica.
Ma è davvero una colpa amare qualcuno? E' immaturo o folle amare quella amica che senza fatica si è fatta strada nella sua vita e nel suo cuore, creandovi una tana dalla quale farla uscire, scacciarla, era impossibile?
Questa fic è dedicata a tutte le persone che amano qualcuno con enormi differenze di età, o ancora a quelli che non accettano le differenze d'età, sperando che vivendo il contesto dall'interno possiate intenerirvi un pò comprendendo che in amore (quando è sincero) ci sono forze contro cui neanche un potente saiyan può combattere.
(i personaggi ovviamente non sono i miei ma sono grata esistano!!!)
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Pan, Trunks | Coppie: Pan/Trunks
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 5

 

 

 

Aveva appoggiato Pan sul divano mentre era andato a prendere la cassetta del pronto soccorso.

Era ancora arrabbiato con suo padre per quello che aveva fatto, e con lei per quello che gli aveva lasciato fare, anzi implorato di fare.

Ma era soprattutto arrabbiato con se stesso per aver appoggiato quell'idea balorda!

Pan pareva riposare distesa ad occhi chiusi. Un sorriso appena accennato sul viso stanco ma soddisfatto.

-Sei una sciocca.- le disse sedendosi su una sedia accanto a lei prendendo ad armeggiare con i medicinali.

Lei ridacchiò senza aprire gli occhi.

-Hai deciso di farti uccidere?- insistette lui che in qualche modo doveva gettare fuori la frustrazione che lo logorava dall'interno.

-E anche fosse...- gli rispose facendogli andare il sangue alla testa, ma prima che potesse aggiungere altro continuò. -Piantala Trunks.- sorrise voltando il capo nella sua direzione prendendo finalmente a guardarlo.

-Come posso piantarla?! Ne vedrò altre di queste scene? Dimmi Pan!- la stava rimproverando come faceva un tempo, anche se sapeva di non averne nessun diritto, di non avere nessuna autorità su di lei.

Ma non gli importava. Voleva che sentisse.

-Probabilmente si.- gli rispose facendogli la linguaccia facendolo innervosire e digrignare i denti.

Strinse forte i pugni sulle ginocchia. Respirò affondo per calmarsi. -Devi togliere la tuta.- le disse riflettendo solo dopo su quello che le aveva chiesto di fare.

Si alzò e la lasciò lì per il tempo che ci volle a prendere una canottiera e un paio di pantaloncini di Bra.

-Riesci a cambiarti?- le domandò mentre lei annuiva cercano di sollevarsi a fatica dal divano facendo leva sulle mani e sulle braccia tremanti.

Si sporse in un impeto e l'aiutò.

Sapeva che non sarebbe riuscita a farlo da sola, ma era troppo orgogliosa per chiedere aiuto. Lo fece ugualmente sfilando la corazza dal petto e poi abbassando la lampo sulla schiena aiutandola a rialzarsi per sfilarla.

Vedere la sua schiena nuda, e il leggero tessuto del reggiseno gli mise i brividi.

Non sarebbe stata la prima volta che l'avesse vista in intimo, ma si parlava di anni addietro quando il suo corpo non era quello di adesso. Quando non gli provocava quelle voglie insensate che lei non aveva idea di suscitare in lui.

Continuava a dimenticare che era prossima ai vent'anni e che adesso il suo corpo era cambiato.

Pan portava il reggiseno.

Arrossì all'idea che gli inaridì la gola.

Ingoiò a vuoto deglutendo a fatica quando la tuta cadde per terra e Pan rimase seminuda dinnanzi ai suoi occhi che presero a divorarne ogni lembo di pelle con avidità.

Ricordò che la porta era aperta e l'andò a chiudere.

Quando si voltò ancora anche lei s'era voltata e adesso poteva vedere chiaramente cosa il tempo avesse fatto con quel corpo che per lui rasentava la perfezione mentre s'infilava i pantaloncini rosa confetto di sua sorella.

Vide anche i danni che un solo giorno di allenamento avevano comportato.

Lividi, escoriazioni, tagli, e una gran voglia di andare d lui e fargliela pagare nonostante fosse suo padre, nonostante fosse una delle persone che più amasse al mondo.

-Tua sorella ha davvero dei gusti orrendi sul vestiario.- si lamentò lei con un'espressione schifata.

Sorrise. Dove trovava la forza di lamentarsi? -Non è proprio il tuo stile...- le rispose vedendola scuotere il capo decisa con uno sguardo semi impaurito che gli fece scaturire una debole risata involontaria.

Trunks avanzò verso di lei che intanto si era piegata per afferrare la canottiera dal divano. L'afferrò un attimo prima che cadesse. Probabilmente un momento di debolezza o... -Un giramento di testa?- le domandò.

La sua pelle nuda scottava come fiamme ardenti al contatto con le sue mani. Avvertì gli occhi velarsi quando gli fu così vicina da sentirne l'essenza così forte da pervadergli ogni angolo dei polmoni, il suo corpo seminudo stretto al proprio, e quei seni che adesso poteva vedere chiaramente aderire al suo petto.

Allentò la stretta sulle sue braccia quando vide il viso di Pan contrarsi in una smorfia di dolore. -Scusa.- le disse ritornando in sé.

-Non importa... è colpa mia no?- sorrise.

Continuò a tenerla con una mano mentre con l'altra afferrò la canottiera bianca dal divano infilandogliela poi dalla testa aiutandola ad indossarla.

Lei lo lasciò fare. Era solo arrossita per l'intimità di quella situazione. Non era più una bambina, adesso ne era certo.

-Siediti.- le disse aiutandola ancora, sedendosi a sua volta prendendo a disinfettare le ferite con cura godendo senza volerlo davvero ogni volta che aveva l'occasione di toccarla, di sfiorare la sua pelle, immaginando cose che non avrebbe mai dovuto immaginare, non potendo fermare la sua mente dal farlo.

La sua vicinanza era diventata oramai ingestibile per i suoi sensi, per i suoi istinti più infimi, quelli indomabili.

La fasciò laddove ve ne fosse stato bisogno e poi riportò lo sguardo sul suo viso.

Lei non gli aveva tolto gli occhi di dosso un istante, e lui lo sapeva.

Non disse nulla mentre con il respiro corto la fissava accigliato. Era ancora arrabbiato con lei ad ogni modo.

La vide arrossire sentendosi probabilmente osservata e giudicata, distolse lo sguardo dal suo mordendosi le labbra con forza per smorzare quell'imbarazzo, andando però ad intaccare sulla crosta che aveva sul labbro inferiore, quel taglio che si riaprì prendendo a sanguinare nuovamente.

Trunks si ritrovò a fissare quel labbro gonfio che pian piano si tingeva di rosso, del suo sangue, provocandogli un vuoto allo stomaco, arrestandogli il respiro in gola.

Allungò una mano verso di lei e con il pollice sfiorò quelle labbra sanguinanti sentendola gemere appena mentre sfiorava il taglio.

-Sei una stupida.- le disse con voce roca.

-Lo so.- gli rispose muovendo le labbra sulle sue dita provocandogli una pelle d'oca mai provata prima, perfettamente visibile a occhio nudo.

Tolse la mano dal suo viso e osservò il sangue che gli aveva bagnato il dito.

Avvertì un'insana voglia di leccare via quel sangue dalle sue labbra, una forza disarmate che voleva spingerlo su di lei, in modo da succhiare via quel dolore dalle sue ferite una volta per tutte.

E dannazione a lui lo avrebbe anche fatto se la porta non si fosse aperta in quell'istante facendo entrare una Bra preoccupata in cerca della sua amica.

-Pan!- esclamò avvicinandosi a loro mentre lui prendeva a togliere tutto di mezzo ricordandosi di respirare, cercando di calmare i battiti del suo cuore che potevano essere uditi con facilità. Forse anche per questo amava la compagnia di sua madre, lei non certe cose non poteva saperle, avvertirle. Restavano nascoste, come dovevano essere.

-Tranquilla Bra sto bene.- le disse sorridendo.

-Ma perché lo fai?- le domandò sedendolesi accanto e prendendole le mani tra le sue guardandola con uno sguardo triste.

-Lo sai perché.- fu la risposta che Pan le diede mentre lui faceva finta di non seguire i loro discorsi, ma non poteva far a meno di immagazzinare quello che si dicevano.

Bra sbuffò chiudendo gli occhi un istante. -Pan è assurdo... perché ami tanto combattere?- sua sorella non aveva minimamente la concezione del combattimento, non poteva capirla.

In realtà lui sì, poteva. Ma si rifiutava di farlo per il semplice fatto che quella lì fosse la sua Pan, e non voleva vederla ridotta in quello stato.

-Bra fa parte di me.- disse ridendo la bruna, e Trunks prese a guardarla mentre i capelli a caschetto si agitavano sotto le sue risate allegre. -Siamo saiyan è nella nostra natura...-

-Non nella mia...- la corresse l'altra.

-Perché tu hai preso tutti i geni della mamma.- le ricordò Trunks intromettendosi per la prima volta nel discorso. -Pan... ha lo spirito del guerriero saiyan.- concluse tristemente ammettendo quella cosa che nonostante fosse veritiera, non gli garbava affatto.

-Esatto, quindi falla finita di frignare come una mammoletta.- la voce severa e seccata di suo padre gli giunse alle orecchie come un pugno.

Lo guardò con astio, e con lo stesso astio fu ricambiato. Non gli era di certo passata. Non gli importava se quello fosse o meno il principe dei saiyan, in quel momento era solo la persona che aveva ridotto Pan in quello stato.

Fu lui a distogliere lo sguardo per primo dirigendosi poi verso la cucina seguendo sua moglie che aveva appena fatto il suo ingresso nella stanza saltellando allegramente come solo lei sapeva fare, sembrando piuttosto soddisfatta di qualcosa.

-Vedi di ricordartelo la prossima volta che minacci il mio sensei!-

Trunks si voltò verso Pan guardando accigliato anche lei. -Non dirmi come comportarmi con mio padre- l'ammonì nervosamente senza un minimo di garbo afferrando la valigetta del pronto soccorso riportandola al suo posto.

-No, non con tuo padre.- le sentì dire mentre si alzava e faceva qualche passo verso di lui. -Ma con il mio sensei.- ripeté. Si voltò per guardarla. Faticava a stare in piedi eppure camminava verso di lui con occhi inferociti. -Non dirmi come devo comportarmi con il mio maestro, Trunks.- il suo nome uscì come un soffio dalle sue labbra prima che si suoi occhi rotolassero all'insù e accasciandosi perdesse i sensi.

Si mosse per tempo e l'afferrò prima che toccasse terra. -Pan!- e in quell'urlò non poté nascondere la sua disperazione.

La prese tra le braccia sollevandola con la stessa facilità con cui l'aveva afferrata Vegeta prima e la trasportò fino alla stanza degli ospiti dove la mise a letto.

La guardò.

Il viso era rilassato e pareva dormisse serena.

Non fosse stato per i lividi e i tagli avrebbe creduto davvero che dormisse, non che fosse stramazzata al suolo per lo sfinimento, per il dolore.

Si portò sul letto alle sue spalle stringendola a sé finché non si fu calmato.

Si addormentò accanto a lei lasciandosi cullare dai suoi respiri regolari consapevole del fatto che non sarebbe riuscito a smuoverla dalla sua posizione per nulla la mondo.

 

 

 

Trascorse una settimana da quel giorno e Pan continuò a presentarsi agli allenamenti tutte le mattine all'alba.

Si chiudevano in quella stanza e vi passavano ore. A volte uscivano solo per pranzare, il tempo di digerire e riprendevano.

Non era più arrivata al punto di stramazzare al suolo, suo padre aveva imparato a conoscerla e sapeva i suoi limiti fermando i giochi prima che fosse troppo tardi.

Questo non impedì al suo corpo di somigliare ad un campo di battaglia.

Sapeva che quando Gohan l'avesse vista sarebbe andato su tutte le furie, e non aveva voglia di assistere alla scena anche se sapeva benissimo che sarebbe stato lì al fianco di Pan pronto a difenderla, a difendere la sua causa anche se non l'appoggiava. L'avrebbe difesa da qualunque attacco esterno, poi di sera una volta rimasti soli l'avrebbe rimproverata dicendogliene di tutti i colori come faceva ormai da una settimana a quella parte.

Il loro rapporto era migliorato in qualche modo, anche se i litigi non mancavano di certo con tutto quello che doveva patire a causa degli allenamenti, ma sembrava che anni di assenza non fossero riusciti ad intaccare la bellezza di quello che c'era prima, anzi se possibile le cose andavano anche meglio adesso che era cresciuta e potevano affrontare discorsi ancora più complessi, più maturi.

Si stupiva di tanto in tanto di quanto fosse brillante e svelta la sua mente. Poteva intavolare qualunque argomento e lei aveva sempre un modo, sì tutto suo, ma piuttosto concreto di affrontare le cose.

Apprendeva in fretta ed era molto sveglia.

Questo doveva averlo ereditato da suo padre.

Ma poi d'un tratto era come se quella persona fredda e calcolatrice, seria e pensierosa svanisse lasciando il posto alla sua Pan allegra, divertente, scherzosa.

Bastava un nonnulla perché riuscissero a tirar fuori qualcosa su cui ridere, sdrammatizzando anche le cose più tristi, più buie. Si facevano del bene l'un l'altro, ognuno perfettamente consapevole delle debolezze dell'altro, evitando di toccare tasti intoccabili, e sapendo perfettamente come smussare quegli angoli spigolosi che altri non sapevano neanche avvicinare.

Come aveva potuto vivere senza di lei? Come poteva vivere senza di lei?

Senza la sua presenza ad illuminargli le giornate ormai grigie e cupe?

Come avrebbe potuto tornare alla sua vita di tutti i giorni, il grigiore dell'ufficio della Capsule, gli appuntamenti svogliati privi di senso con le ragazze insignificanti che Goten gli presentava.

Se solo si fosse lasciato andare era certo che una settimana sarebbe bastata a commettere l'errore più bello della sua vita. La voglia di baciare le sue labbra e stringerla come non aveva mai fatto prima era diventata insostenibile e solo tutto il suo sangue freddo e i suoi sensi di colpa erano riusciti ad evitare che facesse azioni troppo azzardate.

La notte però, aveva ripreso a sgattaiolare nel suo letto, con la solita scusa di non riuscire a dormire, e lui, vigliacco, non era mai riuscito a dirle di no, anche sapendo benissimo che non era più come allora, che loro due non erano più quelli d'allora.

Il suo letto però, a differenza di quello della navicella che era appena una branda, era ampio e lo spazio per due era assicurato.

Questo non gli aveva impedito di dormire stringendola tra le sue braccia mentre lei si accoccolava contro il suo petto disegnando cerchi immaginari sulla sua schiena.

Lui la lasciava fare godendo di quelle attenzioni rubate alla notte in silenzio fingendo di essere addormentato.

 

 

 

 

 

Trascorse ancora una settimana. E nulla era cambiato, a parte la sua forza che era incrementata in modo straordinario in così poco tempo.

Vegeta si era rivelato davvero la scelta migliore.

Allenarsi con lui era la cosa più insensata e più bella che avesse mai fatto in vita sua. Era il maestro che aveva sempre voluto.

Con lui si sentiva capita, mai giudicata, guardata come aveva sempre voluto essere guardata: come un'adulta.

Lui la chiamava mocciosa, e poi la trattava come se fosse una donna indipendente, lasciandola decidere per sé in ogni occasione, o quasi.

Quando decideva che l'allenamento era terminato, non c'era modo di fargli cambiare idea.

Ma per il resto era perfetto con lei. Era certa che suo nonno l'avrebbe allenata quasi allo stesso modo.

Il suo stile di combattimento però era diverso dal proprio.

Lei aveva avuto le basi da suo nonno, suo padre e suo zio, che combattevano tutti in un certo modo, mentre Vegeta era stato addestrato dai saiyan, e il suo stile di combattimento era totalmente diverso, ma non le era del tutto estraneo, le ricordava quello di Trunks, ovviamente.

Rivedeva molto di lui in Vegeta, riconoscendo totalmente la paternità di quell'individuo nel suo Trunks.

E pensare che vi era un tempo in cui non riusciva a comprendere come fosse possibile che un ragazzo così dolce potesse essere il figlio di quello che per lei era solo un uomo presuntuoso e arrogante.

Adesso invece...

Sorrise. Non era solo quello, era anche quello, ma non solo...

Vegeta era un uomo risoluto, serio, caparbio, capace, testardo. Molto di tutto ciò ereditato dalla sua razza. Ma era anche gentile, dolce e premuroso, in un modo così sottile da essere impercettibile a chi non gli fosse stato accanto per diverso tempo ininterrottamente, come adesso faceva lei.

Sapeva che quando diceva “basta” era per il suo bene, perché non voleva vederla stramazzare ancora al suolo, perché non voleva ferirla più del necessario, stessa ragione per cui non si era mai trasformato, per cui non aveva mai usato il cento per cento della sua forza su di lei.

Si assicurava che mangiasse a dovere, che dormisse abbastanza da sopportare l'allenamento.

Una volta le aveva anche sorriso quando ad un certo punto nella capsula gravitazionale di suoi occhi avevano mutato colore assieme alla sua aura per quella che parve una leggera frazione di secondi. Ma lei ne fu così entusiasta da iniziare a saltellare dalla gioia abbracciandolo come se fosse stato il nonno Goku in persona davanti a sé per poi riprendersi immediatamente, guardarlo imbarazzata, chiedendo scusa al suo sensei che però, per qualche ragione, scosse il capo divertito e sorrise terminando lì l'allenamento di quella giornata.

Seduta sulla balconata guardava il giardino al tramonto, con il sole che faceva capolino dietro le montagne lontane, dov'era la casa di suo nonno Goku, dov'erano cresciuti suo padre Gohan, Goten e perché no, anche lei in un certo senso.

-Pan?-

Quella voce che tanto amava la riportò al presente. Si voltò appena trovandosi Trunks ad un passo da lei con le mani sulla ringhiera che guardava un punto indefinito davanti a se sorridendo.

-Ciao.- gli disse in un soffio.

-Ciao.- le rispose volandosi per guardarla.

Calò il silenzio tra di loro, ma non di quelli imbarazzanti, piuttosto rilassanti, solenni, cullati solo dal suono delle cicale che cantavano per loro quella dolce melodia mentre una leggera brezza faceva sventolare ciocche di capelli qua e la.

-Che ci fai qui tutta sola?- le domandò lui poi prendendo a sederlesi accanto a lei.

Fece spallucce. -Niente di che...- gli rispose. -Bra è uscita per un appuntamento e Vegeta mi ha liquidata un'ora fa.- gli rispose sorridendo.

-E perché non sei venuta da me?- le chiese così di getto.

Pan lo fissava. Faceva sul serio?

Poteva sbagliarsi, ma le era parso che fosse stato lui quello mettere fine al loro rapporto chiudendo ogni ponte.

-Credevo preferissi stare per conto tuo, o che avessi da fare.- gli rispose tenendo per sé i suoi commenti.

Lui ridacchiò piano guardando in basso mentre sorrideva debolmente senza risponderle.

-Ieri mi sono quasi trasformata.- gli disse per cambiare discorso.

Lui si voltò si scatto. -Come?!- le domandò preso alla sprovvista con un vocino piuttosto emozionato.

Lei annuì. -E già... un brevissimo istante.- aggiunse. -Ma credo che tuo padre fosse davvero orgoglioso di me.- sorrise imbarazzata prendendo ad arrossire lievemente sulle gote.

-Te l'ha detto lui?- le domandò sollevando un sopracciglio.

Scosse il capo. -No!- esplose in una risata. -Non lo farebbe mai.- gli ricordò dandogli una gomitata nel fianco.

-Mi pareva strano...- ironizzò lui.

-Ma oramai credo di conoscerlo abbastanza da capire che se Vegeta ti sorride allora è qualcosa di grandioso.-

-Ti ha sorriso?- le domandò ancora più incuriosito e sorpreso della cosa.

Annuì. -Già.-

Lui sorrise a quel punto affermando: -Allora devi piacergli molto.- ridendo poi di gusto mentre lei sentiva di star arrossendo di nuovo di piacere per quella che poteva essere la verità.

-Hai intenzione di restare qui anche domani?- le domandò poi tornando a guardare davanti a se dove il sole era un puntino luminoso quasi del tutto scomparso dietro le montagne.

-Che vuoi dire?- gli rispose non capendo che differenza ci fosse tra quello che sarebbe stato il giorno seguente e i giorni passati.

Lui si voltò verso di lei con un viso tra il serio e lo stupito. -Domani è... il tuo... compleanno.- le disse abbassando la voce, forse preso dai sensi di colpa.

Lei intanto strabuzzò gli occhi per ben due ragioni: primo perché lo aveva del tutto dimenticato; secondo perché in quei due anni appena trascorsi lui non...

Ma allora...

Tornò a guardare il sole mentre alcuni ricordi le tornavano alla mente, ritrovandosi ad indurire il viso più di quello che avrebbe voluto.

Precisamente ritornò ad un anno prima.

Era proprio tra quelle montagne, che adesso ammirava da lontano, a far esplodere collinette, abbattendo alberi con la scusa di procurare legna per sfogare quelle sensazioni che la logoravano dall'interno.

-Pan! Ma che diamine stai facendo?!- suo zio Goten l'aveva raggiunta.

-Non lo vedi Goten? Mi alleno... provaci anche tu ogni tanto.- gli rispose sarcastica, acida, colpendo una montagna abbattendola in un colpo solo.

-E piantala... vuoi far saltare all'aria la Terra?- le domandò a braccia conserte rimproverandola.

-Non mi importa!- gli rispose prendendo a colpire l'aria con calci e pugni rapidi, dando sfogo al dolore.

-Che ti è preso d'un tratto si può sapere?- continuò lui imperterrito. -Ti sembrano modi di...-

-E piantala!- gli urlò contro zittendolo. -Vi avevo avverti! Ma voi non mi date mai retta!- urlò voltandosi dandogli le spalle.

Udì suo zio sbuffare restando in silenzio ancora un po'.

Era il giorno del suo compleanno, ma dentro di lei non era nessuna festa. Non aveva nulla da festeggiare in fondo, nulla che le tirasse su il morale, che le facesse venire la voglia di dire “sì, un altro anno è passato”, nessun bel ricordo da rievocare.

Aveva avvertito tutti di non fare nessuna festa, di non fare nessuna torta. Ma non l'avevano ascoltata.

Quando erano arrivati da lei con quello stramaledettissimo dolce con quelle diciannove candeline accese piazzandogliela davanti cantando allegramente, non ci aveva visto più.

Si era alzata urlano di lasciarla in pace ed era corsa via lasciandoli lì a guardarla allontanarsi.

-Potevi almeno soffiare le candeline.- le disse lui.

-E perché?- gli domandò con un nodo in gola che diventava sempre più prepotente mentre tentava di impedirle di parlare. -Per esprimere per l'ennesima volta lo stesso desiderio che non si avvererà mai?!- adesso avvertiva le lacrime pungerle gli occhi che dovette chiudere nel tentativo di fermare.

-Pan...-

-No Goten... non insistere.- riuscì a dirlo in un soffio, un unico solenne soffio prima di perdere le forze e la capacità di trattenere il dolore, la rabbia la frustrazione.

Quante volte aveva espresso quel desiderio? Quante volte aveva chiesto all'universo di far si che potesse stare finalmente insieme alla persona che amava più qualunque altra al mondo? Quante volte era già stata delusa?

E poi...

-Non mi ha nemmeno fatto gli auguri.- disse mentre il suo corpo era scossa da tremori. -Di nuovo.- come l'anno precedente.

Avvertì i suoi passi farsi più vicini. -Allora è così.- lo sentì dire mentre lei incapace di muoversi restava dov'era completamente stravolta da quel singhiozzare che si faceva sempre più tirannico, più opprimente. -Piangi per lui?- le domandò.

Cosa rispondergli?

Sapeva benissimo che tutti erano a conoscenza di quello che provava per Trunks. Tanto valeva confessare. Tanto più che in quel momento era troppo indebolita. Annuì con vigore.

-Non ti è ancora passata la cotta per Trunks, Pan?- parve canzonarla, forse divertito.

Aprì gli occhi e un paio di lacrime scivolarono via rotolando libere sulle sue guance mentre lei si voltava per guardare suo zio negli occhi con il viso arrossato.

Lo vide fare un passo indietro trovandola così sconvolta che per un attimo lo vide esitante.

-Ti stai sbagliano zio...- gli disse. -La mia non è una cotta.- lo corresse sorridendo appena tra le lacrime che le illuminavano gli occhi e le imperlavano il viso. -Io sono innamorata di lui... da sempre.- concluse vedendolo guardarla tra l'accigliato e l'incredulo.

-Ma dai Pan falla finita.- la rimbeccò. -Cosa vuoi saperne tu dell'amore?- le disse spezzandole il cuore. -La tua è un'infatuazione.-

-Che va avanti da sei anni.- gli spiegò zittendolo. Sorrise. -Perché credi che sia partita per lo spazio?-

Non le rispose subito, parve riflettere. -Credevamo fosse per stare con tuo nonno e per lo spirito d'avventura.- le spiegò.

Lei annuì. -Si.- confermò. -E per avere la possibilità di stare con lui indisturbata, senza avere voi attorno che mi trattavate come una bambina rendendomi ridicola ai suoi occhi.- gli disse indurendo lo sguardo, ferita da quel pensiero. -Per avere una possibilità... per poter stare con lui, per averlo tutto per me, anche se per così poco tempo.- ancora le lacrime a scivolarle via dagli occhi senza che potesse fermarle.

Goten la guardava incredulo, incapace forse di pensare che quella che per tutti loro era una bambina, fosse invece una piccola donna innamorata di quello che era da sempre il suo migliore amico.

-Ma lui è molto più grande di te...-

-Non mi importa.- rispose senza fiato, con tutto il dolore che il suo petto le procurava in quel momento. -Non mi è mai importato. Non l'ho scelto, non me la sono cercata, è successo e non ho potuto farci nulla.- gli spiegò. -Quando lo guardo non vedo un numero, io vedo solo Trunks.- sospirò pesantemente. -E ci ho provato zio Goten, ci ho provato e far finta di nulla, a ignorare quello che sentivo, quello che solo sorridendomi riusciva a farmi provare!- urlò stringendo i pugni lungo i fianchi. -Ma non ci riesco!- pianse più forte sentendo la disperazione pervaderla finché avvertì le braccia di Goten avvolgerla, stringendola, sostenendola.

A quel punto le sue difese caddero, lacerate dal peso del suo dolore, si levò sulle punte e lo strinse forte a se cercando di riprendere fiato faticosamente. Era come se i polmoni si rifiutassero di immagazzinare aria, come se le mancasse la facoltà di respirare.

-Io non ci riesco.- ripeté con le labbra umide e la bocca impastata. -Lo amo troppo, morirei per lui in qualunque momento se solo me lo chiedesse, muoio ogni giorno da quando si è allontanato da me!- strinse più forte quel corpo che le dava la sicurezza che cercava, quella sensazione di famiglia, di casa, che poteva in qualche modo cullarla. -E oggi... ho sentito ancora il cuore spezzarsi, per l'ennesima volta.-

-E' per questo che ti sei sottoposta a quegli allenamenti assurdi?- le domandò a bruciapelo.

-Si.- le sfuggì dalle labbra quasi involontariamente.

-Sei una stupida Pan.- l'attirò di più a se posandole una mano sul capo accarezzandole le testa.

-Lo so.- gli rispose tra le lacrime. -Ma ho capito che non posso, non potrò mai essere di nessun altro in vita mia...- un moto di rabbia e di ribrezzo si agitò in lei. -Il solo pensiero mi fa schifo! Mi odierei se solo ci provassi!- ed era così, le saliva la nausea al pensiero di braccia non sue ad avvolgerla, e labbra non sue a baciarla, assaporando quel gusto che le era ancora proibito conoscere.. -Allora ho deciso di dedicarmi a me, ai miei allenamenti, sperando che sfinendo il mio corpo riuscissi in qualche modo anche a sfinire la mia mente... ma...-

-Non è andata così.- concluse per lei che scosse il capo sulla sua spalla.

-E poi ci sei tu!- urlò battendo i pugni sulla sua schiena.

-Io?-

-Si tu!- confermò -Con tutte quelle ochette che gli proponi costantemente!- urlò dando finalmente sfogo anche a quei pensieri che l'avevano torturata per anni. -Come hai potuto farlo? Come hai puoi?!- continuò respirando affannosamente. -Mi hai spezzato il cuore, mi sono sentita tradita!-

-Mi dispiace.-

Bastò quell'unica frase a lasciarla ammutolita, a stroncare quel discorso, ad incrinare quel che restava delle sue difese, a farle sentire che lo aveva perdonato, per tutto.

Lo abbracciò ancora più forte. Non era colpa sua, lui non poteva saperlo.

-Lo ami a questo punto?- le domandò con una strana voce atona, un po' triste, un po' pensierosa, forse rassegnata.

Pan annuì forte. -Si.- ammise con tanta enfasi e tanto sentimento che Goten non poté far altro che annuire lui istesso accettando la cosa, riflettendovi su in una muta rassegnazione.

-Pan...- le disse poi. -Mi hai chiamato zio.- le fece notare con voce divertita facendola anche ridere mentre le lacrime scendevano come se vivessero di vita propria.

-Non ti ci abituare!- lo rimbeccò.

Rimasero così avvolti in quell'abbracciò finché il sole non scomparve definitivamente dal cielo e furono avvolti dall'oscurità.

Una volta tornati a casa Goten la difese dalle accuse di tutti, lasciandole il modo di salire su in camera sua per restare isolata da tutti convincendo Gohan e Videl a lasciarla restare lì a casa sua. La raggiunse qualche tempo dopo essersi assicurati che se ne fossero andati davvero e le lasciò spiegare per bene tutta la situazione, tutto quello che avevano vissuto, tutte quelle emozioni che lei diceva di provare per quello che fino a poco prima era “solo” il suo migliore amico e che adesso era l'uomo di cui la sua nipotina era innamorata.

Parlarono distesi nel suo letto mentre una bella brezza entrava dalla finestra e la luce della luna rendeva il tutto quasi etereo, creando una complicità mai esistita tra loro, una confidenza e una comprensione che non pensavano di avere l'uno per l'altra. E si capirono. Parlarono finché non si furono addormentati.

Quel giorno aveva cambiato tutto.

-Pan.- la voce di Trunks la riportò al presente.

Lei gli sorrise appena. -Non lo ricordavo.- ammise. -Ma credevo neanche tu.- era una frecciatina bella e buona, lo ammetteva, ma non poteva non fargli notare che lei s'era accorta benissimo che i suoi auguri erano mancati per tutto quel tempo.

Si alzò e lo lasciò lì.

Quei ricordi avevano riaperto delle ferite, ricordandole tutto il dolore che a causa sua aveva sofferto.

Si allontanò da lui lasciandolo lì senza dire altro.

Quella notte non andò nel suo letto come era solita fare.

Forse stava sbagliando tutto, forse faceva male a stare lì, a riaprire tutte quelle ferite mai veramente sanate, consapevole che ce ne sarebbero state altre poi contro cui combattere.

E lei non ne aveva più le forze ormai.

L'unica cosa certa era che, se possibile, adesso, lo amava anche di più.

 

 

 

 

Caio a tutti ^-^ eccomi qui con questo capitoletto che spero gradirete...

Ci occupiamo dei sentimenti di Pan a questo giro perché giustamente non aveva potute esprimersi a pieno nei capitoli precedenti. Spero di averli resi sufficientemente bene considerando il non volermi dilungare come invece sono solita fare ^.^

Grazie a tutti quelli che seguono un bacione!

 

  
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