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Autore: PaikeApirana    25/07/2020    1 recensioni
Da che se ne ha memoria i serpenti a sonagli, nel deserto del Mojave, sono sempre stati considerati creature demoniache. Jake Sonagli, L'Angelo della Morte, viene persino considerato il Demonio fatto serpente.
Ma in questo inferno in cui le pallottole volano rapide e bruciano più del sole di mezzogiorno, si trova a vagare anche una creatura del paradiso, Beatrice Campbell, giovane femmina di serpente a sonagli cresciuta in una famiglia rispettosa e osservante delle leggi di Dio. Come Dante, pellegrino, lei si ritrova da sola nel pericoloso Vecchio West, in mezzo a tagliagole e pistoleri mercenari.
Rango, lo sceriffo di Polvere, farà inavvertitamente incontrare (di nuovo) l'angelo e il demone, quando un culto sospetto inizia a mietere vittime nei dintorni della città e l'inferno sale in terra per giudicare i peccati dei serpenti.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Movieverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Così sen vanno su per l’onda bruna,
e avanti che sien di là discese,
anche di qua nuova schiera si aduna.

Per il resto della giornata, Jake non ricevette nessuna nuova disposizione da Rango, ma d’altra parte era molto meglio così. Gli sarebbe toccato restare più tempo di quanto desiderasse in quella stupida città, ma per quella giornata l’unica cosa che voleva fare era dormire. Poiché l’alcol lo disgustava in una maniera viscerale, il sonno era l’unico metodo che conosceva per dimenticare le brutte nottate come quella. Il solo ricordo di quel falco bastava a fargli torcere le budella. Era sbucato di colpo dalle tenebre, come se le talpe e il serpente lo avessero evocato con quel canto lugubre.
Il fuorilegge dormì durante le ore più calde della giornata nella stamberga, chiudendo porte e finestre in modo che entrassero solo sottili raggi di luce. L’afa, tuttavia, si fece ugualmente sentire e l’aria satura all’interno dell’abitazione non era certo un aiuto. L’unico lato positivo era il letto comodo, anche se non poteva competere con quello nell’alcova di Circe.
Quando il sole cominciò a calare, Jake si degnò di uscire all’aperto, per assorbire un po’ di calore, acciambellato su sé stesso. Con la coda dell’occhio vide la lucertola e Beatrice rientrare in canonica dalla città. La giovane femmina di serpente, vedendolo, strisciò più veloce all’interno dell’edificio, facendo sbuffare Jake.
Tilde, invece, lo fissò per tutto il tragitto lungo il sentiero tra le tombe storte del cimitero, mantenendo la sua andatura. Il serpente si tenne pronto a scattare. Se voleva prendersi la rivincita. non si sarebbe fatto problemi a mostrarle da cosa derivava il suo titolo di Mietitore. La lucertola però non disse né fece niente e dopo poco tempo raggiunse Beatrice nella canonica. Era evidente che nessuna delle due moriva dalla voglia di averlo intorno. L’idea di ospitarlo doveva essere stata solo del prete, anche se Jake non ne capiva il motivo. Forse anche lui voleva chiedergli un favore.
Non si sarebbe sorpreso più di tanto. Negli anni aveva incontrato la peggiore feccia del deserto e di essa facevano parte molti più preti di quanti avrebbero potuto credere i bigotti delle loro parrocchie. Aveva visto le offerte andare dappertutto tranne che ai poveri. Magari quel Terence se li era persi a poker e si era anche indebitato…
 Tuttavia, Jake aveva già abbastanza lavoro per i suoi gusti. Se il parroco voleva sfrattarlo perché non voleva accettare doveva solo provarci.
Rientrò nella stamberga all’imbrunire, quando la terra sembrava diventare rossa come la corolla di luce che si creava attorno al sole. Le ombre si allungavano sempre di più come dita di demoni sulla piana arida, perdendo man mano la loro forma fino a fondersi in un’unica tenebra.
Era il momento perfetto per andare a caccia.
Jake stava giusto finendo di controllare la sua pistola e le munizioni quando, di colpo, sentì bussare alla porta.
«Ancora non capisco perché tocca a me farlo…» sentì bofonchiare. Era la voce di Tilde. Un sorriso si disegnò sul volto del pistolero. La serata si faceva più interessante del previsto.
«Sei venuta a chiudere i conti, ragazzina?» fece, mentre si avvicinava alla porta, con il ticchettio della sua pistola.
«In realtà…» rispose quella proprio mentre lui spalancava la porta «Sarei venuta a portarti la cena».
Eh?
Solo in quel momento Jake percepì l’odore di cibo caldo proveniente dal fagotto che Tilde stringeva tra le mani. Vedendo il suo muso a un pelo dal proprio, quella era arretrata di qualche passo sotto il portico scricchiolante. Tuttavia, gli allungò lo stesso la cena che aveva portato.
Era una specie di scherzo? Oppure cercavano di avvelenarlo? Lanciò un’occhiata torva alla lucertola davanti a lui, per poi brontolare: «Con chi credi di avere a che fare? Mi hai scambiato per uno di quegli accattoni a cui fai l’elemosina?!».
«Ti è andato di traverso il veleno, per caso?» lo rimbeccò prontamente Tilde.
«Non mettere alla prova la mia pazienza o te lo faccio assaggiare il veleno» sbraitò Jake.
Tilde arretrò di un passo. Tuttavia, aveva lo stesso sguardo del loro primo scontro. Voleva combattere di nuovo e di certo lui non glielo avrebbe negato.
«Tilde, ferma!» gridò Beatrice disperata. Quando sentì addosso lo sguardo di Jake, si coprì immediatamente la bocca, rimpiangendo di essersi tradita. Uno scialle di lana copriva la parte alta del suo corpo, mentre con la coda reggeva una lampada. Era rimasta in disparte ma fino a quel momento non l’aveva ancora notata.
«Vi siete portate dietro tutta la dannata parrocchia?» ringhiò quello rivolto a entrambe.
«N…noi volevamo solo…» disse Beatrice, cercando di parlare abbastanza forte da farsi sentire «portarti da mangiare… Ce lo ha chiesto padre Terence…».
Ancora quel prete? Che diavolo voleva da lui? Tante attenzioni iniziavano a infastidirlo. Se proprio voleva chiedergli un ingaggio, sarebbe dovuto venire lui stesso invece di mandare le sue protette.
«Meglio che ce ne andiamo Beatrice» fece Tilde girandosi per andarsene «Ce la mangiamo noi la ribollita».
Discese i gradini del portico per poi avvicinarsi alla compagna, ma Jake la sentì ugualmente borbottare: «’Sto stronzo…».
A quel punto emise un sibilo rabbioso, uscendo a sua volta dalla stamberga con la coda che ticchettava furiosa in avvertimento.
«Ripeti un po’ se ne hai il fegato» ringhiò minacciosamente «Odio quando la gente borbotta come se non sentissi. Specie se si tratta di una ragazzina fastidiosa».
Vide la bocca di Tilde aprirsi per rispondergli a tono, ma di nuovo arrivò il prete in soccorso. Si udì il tremolio del suo voluminoso sonaglio, mentre quello strisciava un po’ affaticato sul terreno fresco per la sera. Rivolgeva a Tilde un’espressione severa e di rimprovero, sotto la quale lei chinò immediatamente il capo.
«Ti avevo detto di non attaccare briga» disse semplicemente.
«La tua lucertolina sta diventando una spina nel fianco» fece ancora Jake.
Vide quella rivolgergli un’occhiataccia e per risposta sibilò minaccioso. Forse avrebbe dovuto finalmente spiegarle perché lo chiamavano il Mietitore.
«Purtroppo, la calma non è annoverata tra le virtù di Matilde» disse padre Terence in tono perentorio mettendosi in mezzo ai due «Ma posso assicurarla, signore, che le nostre intenzioni erano buone. Non avevamo lasciato cibo nella casa e abbiamo pensato di portarle qualcosa».
Il suo tono era saldo come al loro primo incontro, quando gli aveva rubato il cinturone delle cariche, cosa che insospettì Jake. I pochi che non se l’erano fatta sotto trovandoselo davanti avevano una pistola da puntargli, ma il parroco era disarmato, almeno all’apparenza. Si vedeva che era troppo vecchio per un combattimento corpo a corpo e la sua lucertolina, per quanto brava, non poteva competere con un serpente venti volte più grande di lei.
«Spero che vorrà accettare il nostro piccolo presente» disse ancora padre Terence, porgendogli di nuovo il fagotto. Il panno avvolgeva una grossa zuppiera che emanava un odore di verdure, pane e legumi bolliti. Jake non sentiva altri odori, ma ugualmente non si fidava.
«A che gioco stai giocando, vecchio? Sai, gli ultimi preti che hanno provato a farmi fuori non hanno avuto molta fortuna…» brontolò ancora guardandolo negli occhi.
Beatrice deglutì con un’espressione inorridita a quelle parole.
«Mi limito a essere altruista, signor Jacob» rispose il parroco in tono neutro.
Jacob? Nessuno lo chiamava così da una vita. Ormai per tutti gli abitanti del deserto lui era Jake Sonagli e nessuno si era mai azzardato a chiamarlo diversamente. Poi signor Jacob… Tanta formalità lo infastidiva come la polvere tra le squame.
«Prendi il tuo altruismo, quella zuppa, le tue protette e levati di torno!» fece ancora il pistolero, innervosito.
«Posso garantirle che il cibo non è avvelenato» insistette ancora padre Terence, prima che Beatrice lo chiamasse, indicando un punto all’orizzonte.
«Padre… sta arrivando qualcuno. Laggiù. Vede quelle torce?» chiese titubante la ragazza, assicurandosi di non incrociare mai lo sguardo di Jake. All’orizzonte, da nord, le luci di alcune torce si stavano lentamente avvicinando alla chiesa. Si potevano vedere le chiome bionde delle fiaccole tremolare, mentre avanzavano a due a due, e sentire i loro portatori intonare una litania lugubre e cadenzata.
«Spegni la lampada» ordinò immediatamente Jake a Beatrice, non tardando a riconoscerla.
Lei sembrò non capire e prima che potesse chiedergli il perché di quel comando, Jake era già strisciato verso di lei per strapparle la lampada. Vedendolo correrle incontro, Beatrice aprì la bocca per cacciare un urlo, ma Jake fu più svelto: la strinse tra le spire, serrandole la bocca con la punta della coda prima che la voce potesse uscire.
«State zitti o siamo morti!» sibilò a bassa voce, mentre Beatrice si irrigidiva per la paura. Tilde si mise prontamente in posizione di guardia, ordinando al serpente di lasciare l’amica.
«Ho detto zitti!» sibilò ancora Jake. Perché erano così dannatamente stupidi da non ascoltarlo?
«Jacob, che sta succedendo?» chiese padre Terence in tono urgente, quando ormai lo sciame di fiaccole aveva quasi raggiunto la chiesa. Ancora qualche secondo e li avrebbero notati…
«Nella stamberga» ordinò lui secco, accennando alla chiesa «Entrate o io sarò l’ultimo dei vostri problemi».
Il canto possente di quella processione ormai si era fatto molto più forte, una sequela di parole sconosciute pronunciate con un timbro possente. Ormai Jake ne era sicuro, era la stessa tetra melodia che aveva preannunciato l’arrivo del falco esattamente una notte prima. Non poteva farsi cogliere in un luogo scoperto.
Finalmente anche Tilde e Padre Terence si resero conto che quella non era gente che conoscevano e accettarono di seguire Jake all’interno della stamberga. Per non rischiare che le scappasse un urlo, il serpente continuò a tenere stretta Beatrice, anche quando furono all’interno della casa. La sentiva tremare e respirare a fatica contro le sue squame.
«Sta calma» le disse burbero, spiando la processione fuori dalla finestra «Datti una calmata o finirai per farci uccidere tutti».
Non capiva tutta quella paura. Mica le aveva puntato contro la pistola. Inoltre, se non avesse provato a urlare, lui non sarebbe stato costretto a stringerla in quel modo.
Beatrice tuttavia non dava segno di tranquillizzarsi, limitandosi a serrare le mascelle per soffocare altri versi. Fuori dalla finestra, intanto, si riusciva a scorgere una processione di sette talpe incappucciate. In testa a essa, era riconoscibile la sagoma slanciata di un serpente. Aveva ragione il corvo, non era un serpente a sonagli: la sua testa era tonda invece che larga e appiattita e il resto del corpo sembrava molto più slanciato e sinuoso. Nella penombra, Jake non riusciva a scorgere il colore della sua livrea, ma vedeva che era grosso quanto lui se non di più.
«Beatrice» sussurrò a un certo punto padre Terence «Devi calmarti. Va tutto bene, sta tranquilla. Fa qualche respiro profondo. Inspira. Espira. Inspira ed Espira».
La giovane donna fece come le veniva chiesto, facendo sentire il suo respiro caldo sulle squame di Jake. A poco a poco smise di tremare, sforzandosi di fare come le avevano detto e calmarsi.
«Ecco, così figliola» le bisbigliò ancora il prete «Non devi avere paura. Il signor Jacob sta solo cercando di aiutarci».
Come se non ci credesse, Beatrice rivolse i suoi occhioni azzurri al pistolero, continuando a fare respiri profondi. Lui conservò un’espressione distaccata, lasciando intendere che non avrebbe continuato a rassicurarla nemmeno per scherzo. Lei però sostenne quello sguardo, ormai quasi del tutto calma.
Allora forse le è cresciuta un po’ di spina dorsale, pensò Jake.
«Tieni la boccuccia chiusa» le intimò infine, prima di lasciarla andare da padre Terence, che l’accolse in un abbraccio.
Suo malgrado, a quel punto Jake sentì il freddo pungente della notte sulle squame, mentre tendeva l’orecchio alle strane parole che cantava quella strana combriccola. Ma che diamine ci facevano davanti alla chiesa.

Iudex crederis esse venturus
In te Domine speravi
Non confundar in aeternum
Salvum fac populum tuum.
Iudex crederis…


«Sono canti gregoriani» bisbigliò a un certo punto Tilde, anch’ella affacciata alla finestra, mentre padre Terence stava ancora rassicurando Beatrice. Vedendo l’espressione confusa di Jake si affrettò ad aggiungere: «Antichi canti religiosi scritti in latino. Oggi li usano solo i cattolici».
«Riesci a capire cosa dicono?» chiese Jake e subito la lucertola iniziò a tradurre: «O Giudice, crediamo che verrai. In te speriamo Signore. Non resteremo confusi in eterno. Salva il tuo popolo… Questo è il Te Deum»
«Riuscite a vedere cosa stanno facendo?» chiese padre Terence, ma loro scossero la testa.
Jake divenne teso come una corda di violino, gettando rapide occhiate dal cielo, aspettando di scorgere l’ombra del falco. Tuttavia, quella sera stranamente non la vide.
Una delle talpe si avvicinò alla porta della canonica con un secchio e quando tornò indietro anche il resto della processione se ne andò, sparendo di nuovo nelle tenebre da cui erano venuti.
«Aspettate qui» ordinò Jake, dopo qualche istante, per poi uscire dalla stamberga e andare a vedere. Strisciò circospetto nella notte buia. Non c’era nessuna luce se non quella fredda e distante delle stelle, ma lui riusciva ad orientarsi grazie alla lingua, che captava gli odori di ogni oggetto circostante. Sentiva l’odore delle sette talpe che erano state lì, mentre quello del serpente era mascherato da quello più fastidioso dell’incenso.
Arrivato davanti alla canonica, tuttavia, ne captò uno molto diverso. Sentendolo, non riuscì ad evitare un brivido di paura che gli corse lungo la spina dorsale. Il sangue copriva l’arcata della porta e delle finestre.
   
 
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