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Autore: Drizzit    26/07/2020    1 recensioni
Una partita a carte. Una famiglia in disgrazia. E una ragazzina inquietante.
Se volete sapere di che cosa si tratta leggete...
Genere: Horror, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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La sera dopo, mentre la malinconia del crepuscolo ammantava la casa, Iskra si agitava ansiosa nella sua camera. E se Luda fosse stata davvero svampita come sembrava, e si fosse dimenticata dell'appuntamento? E se fosse stato tutto solo uno scherzo crudele? E se...?
Iskra irrigidì la schiena e costrinse i propri nervi a rilassarsi. Si guardò intorno nella stanza: i mobili migliori erano rimasti, così come una coppia di lampade a olio che bruciavano vivaci, un carrello con l'ultima bottiglia di vino pregiato rimasta e due bicchieri. E naturalmente, sul tavolo scuro e lucido, un mazzo di carte.
Iskra aveva scelto quel mazzo di carte di proposito, perché erano adornate con lo stemma della sua famiglia. Le piaceva pensare che, se si trattava di mettere in gioco il futuro di Casa Sorokin, allora lo avrebbe dovuto fare con delle carte che rappresentassero la posta in gioco.
La posta in gioco. Iskra guardò di nuovo lo scrigno ricoperto di velluto che aveva posto accanto alle carte. All'interno c'erano tutti gli oggetti preziosi che ancora possedeva, una fortuna per un cittadino comune della strada, eppure solo una piccola posta per tentare di riconquistare le ricchezze della sua famiglia. Iskra sapeva che avrebbe dovuto vincere, e vincere più di una volta, per rimettere in sesto la propria famiglia. Ma non poteva permettersi di vincere troppo in fretta, perché avrebbe spaventato la sua giovane salvatrice. No, era una questione da trattare con finezza, delicatezza e cura.
«Iskra! Guarda!»
I suoi pensieri andarono in frantumi ed ebbe uno scatto nervoso, quando la sorella raggiante piombò nella stanza. Sofya era ricoperta dalla testa ai piedi in quelle che sembravano essere grandi foglie svolazzanti rosse, marroni e arancioni. Alla sua vista, Iskra indietreggiò, ma fece anche un lieve sorriso per accompagnare la gioia entusiastica del viso luminoso di Sofya. Anche se di tanto in tanto le riusciva difficile accettare la superficialità apparente con cui Sofya sembrava affrontare la loro situazione, Iskra non poteva non essere estasiata dalla bellezza e dalla sincera vivacità di sua sorella. Sarebbe stata la sposa perfetta per qualsiasi gentiluomo di Volgograd e anche per alcuni membri della nobiltà minore, se solo avesse avuto una dote sufficiente. Ma la dote era stata spesa per pagare i debiti di Boris e ora Sofya avrebbe dovuto affrontare una lunga vita solitaria, o peggio, finire insieme a qualche ambizioso plebeo che avrebbe così comprato il proprio posto nella famiglia Sorokin. Iskra rabbrividì a quel pensiero e cercò di mantenere il sorriso mentre Sofya saltellava in giro per la stanza in una danza festosa.
«Riesci a capire che cosa sono?»
Iskra si morse la lingua per non dare la risposta acida che le venne in mente, quindi si limitò a un indifferente «Non lo so... Un buffone di corte?»
Sofya interruppe a metà un balzo per guardare con sconcerto sua sorella. «Un buffone? Mi prendi in giro, sorella?» Cercò di sembrare offesa, ma si aprì in un sorriso e ridacchiò in un accattivante arpeggio di risate, girando intorno a Iskra fin quasi a farle perdere l'equilibrio. «Il ballo in maschera dai Vasilyev è tra due settimane e finalmente potrò andarci.»
Afferrò Iskra per le spalle con la gioia sincera di una bambina, sperando di far capire il suo stato d'animo a quella sorella maggiore noiosa e priva di fantasia. «Dici sempre che non posso andare perché non possiamo permetterci abiti nuovi. Ma la signora Vasilyev ha detto che questa volta ciascuno dovrà creare il proprio costume! Quindi ci andrò!»
Balzò di lato e si mise in posa. Iskra si ricompose e si assicurò che la disposizione delle carte e del vino non fosse stata modificata.
«Il tema del ballo è la natura,» continuò Sofya con finta serietà. «Ora riesci a indovinare che cosa sono?»
Iskra spostò la propria attenzione sulla ragazza e la guardò. Dopo un'attenta ispezione, notò che Sofya era per metà ricoperta di brandelli di carta e stoffa appuntati con cura a un vecchio abito marrone. Avrebbe voluto assecondarla, ma quello non era il momento giusto per gli indovinelli. «Un albero?»
Sofya lasciò andare la sua posa con un sospiro d'esasperazione e scosse i riccioli. «No, cervellona. Sono una fata. Non si capisce dalle foglie?» Per un secondo, Iskra vide un accenno di sincera preoccupazione nei grandi occhi castani della sorella, la lieve insicurezza di una ragazza che, dopo tutto, indossava un abito della scorsa stagione frettolosamente adornato con pezzi di carta e cenci di stoffa. Iskra sentì il suo cuore sciogliersi e gettò le braccia al collo di Sofya.
«Certo che si capisce. Sei la Fata più bella che esiste al mondo. Sarai l'argomento principale della serata.»
«Certo che lo sarò!» Sofya si sfilò dalle braccia di Iskra con un gesto imperioso, poi ridacchiò. «Oh, grazie Iskra. Ora devo proprio tornare a ritagliare le foglie. Ivan mi sta aiutando, ma ci vuole moltissimo tempo a farlo.»
E in un attimo non c'era più, svolazzata fuori dalla camera come uno spiritello. Iskra sospirò e si scoprì non più tesa né ansiosa. Prese il mazzo di carte e cominciò a mescolarle pigramente. Per quanto avesse a cuore la casa, Sofya era il peso più grande che sentisse sulle spalle. Recuperare abbastanza denaro da far sposare bene la sorella avrebbe alleviato il suo animo più di ogni altra cosa e avrebbe cancellato la vergogna che provava ogni giorno considerando le limitate prospettive di Sofya. Un buon matrimonio per Sofya pensò, digrignando i denti con impazienza. Sarebbe stato a sua disposizione quella sera, e lei aveva tutta l'intenzione di prenderselo.

 
+

«Oh, no, mia cara. Non bevo nessun tipo di alcolico…» Luda rifiutò con un cenno della sua piccola mano il calice di vino offertole, e Iskra lo riappoggiò sul tavolo, un po' delusa. A volte l'alcol forniva un leggero vantaggio, ma non era su quello che contava Iskra. Era attenta, vigile, pronta, quasi ansiosa che il gioco iniziasse. «Sono troppo… giovane, be'... Certe cose semplicemente bisogna lasciarle stare al momento…» Luda sorrise in modo complice e Iskra ridacchiò educatamente in risposta, anche se in realtà non aveva idea di quanti anni potesse avere quella strana ragazza. Dimostrava sedici anni, ma i suoi occhi scuri sembravano antichi.
«Allora...» Iskra sorrise. «A cosa vogliamo giocare? Durak, forse?» Iskra sperava segretamente che accettaste la sua proposta, perché sapeva di essere particolarmente veloce nelle puntate e nelle contro puntate di quel gioco tanto diffuso nel Volgograd. Ma era pronta a giocare a qualsiasi cosa scegliesse o proponesse la sua ospite.
«Oh no, è un gioco troppo complesso per me. Preferirei qualcosa di più semplice. Molto più semplice.» Annuì con convinzione, come se fosse d'accordo con sé stessa, e Iskra aspettò che proponesse qualcosa. La tensione salì di nuovo e la obbligò a prendere un altro sorso di vino.
«Ma prima,» disse Luda con voce melodiosa, mentre incrociava le braccia su quei seni appena accennati, «la posta in gioco. Dobbiamo discutere,» e qui sembrò che i suoi occhi si accendessero di una luce soprannaturale, mentre sogghignava. “della posta in gioco.”
Iskra svuotò il bicchiere di vino e lo mise di nuovo sul tavolo. Prese lo scrigno di velluto, mostrandolo con orgoglio, e ne aprì il coperchio. Il contenuto scintillava. «Ho i miei gioielli…» rispose con tutta la dignità che poteva, «…e alcuni di questi pezzi appartengono alla mia famiglia da generazioni. Questo, per esempio…» ed estrasse un pettine di filigrana d'oro con un unico grande zaffiro «…fu regalato a mia nonna il giorno delle sue nozze. O questo…» continuò prendendo in mano con cura uno stiletto, il cui fodero era punteggiato da tre rubini. «…che fu conservato dal mio prozio quando si trovava a corte. È solo di bellezza, ma gli piaceva molto fingersi un soldato…» Rise con autoironia, ma si ritrovò addosso lo sguardo fisso e inquietante di Luda. Rimise il pugnale nel fodero e attese che la ragazza riprendesse a parlare.
«No…» sussurrò, senza mai distogliere lo sguardo da Iskra. «No, credo che dovremmo giocare per... una posta più significativa.» Allontanò le obiezioni balbettate da Iskra con un piccolo movimento della mano. «Penso che dovremmo giocare per la posta in gioco più alta di tutte. Che cosa vorreste di più al mondo?»
Il modo di fare, lo sguardo, e quella voce erano insolitamente maturi per una ragazza di quell’età.
Iskra esitò, incerta se la giovane stesse scherzando o fosse impazzita o ci fosse sotto qualcosa di completamente diverso. Che fosse il suo modo di offrirsi di pagare tutti i suoi debiti di famiglia? La testa di Iskra brancolò tra le possibilità.
«Prima di rispondere, fate attenzione a ciò che chiedete. Spesso le cose che vogliamo in qualche modo si rivoltano contro di noi… io ne sono la prova… vivente…» Luda sorrise e Iskra capì d'un tratto che si trattava di una prova. Certo. La ragazza non si stava solo offrendo di prendersi cura del debito, ma stava mettendo alla prova Iskra per scoprire cosa avrebbe detto. Quindi la padrona di casa curò meticolosamente la propria risposta, come se fosse il desiderio sincero di una moglie fedele e non una decisione basata solo su una questione economica.
«Vorrei che il mio caro marito Boris ritornasse. Sobrio, riabilitato e con tutta la sua ricchezza.» Cercò di far passare l'ultima specifica come un elemento secondario, piuttosto che il suo più disperato desiderio.
«Molto bene, cara. E in cambio? Qual è il vostro bene più prezioso? Qual è il vostro tesoro più profondo, l'unica cosa solo vostra che solo voi potreste dare via?»
Iskra, che sapeva di essere piuttosto veloce con gli indovinelli, quasi sbottò con la risposta più ovvia, «Il mio cuore». Ma il pensiero di quella ragazzina pallida che reclamava il suo cuore la fece quasi ridere ad alta voce.
Invece, guardò la strana luce negli occhi di Luda ed esitò di nuovo. Quale sarebbe stata la risposta migliore? Le venne in mente, e offrì a Luda un sorriso indulgente, come quando si accondiscende a dare a un bambino un dolcetto prima di cena.
«Lascio a voi la scelta. Contro i miei desideri più profondi, scommetterò qualsiasi cosa mi chiediate.»
«Interessante…Così sia,» rispose Luda quasi ancor prima che Iskra finisse di parlare. Quell'accordo nitido la spaventò e nella durezza dello sguardo della giovane sembrò brillare per un istante una scintilla mostruosa.
Era successo davvero? Iskra si riprese e si versò un altro bicchiere di vino. Quella ragazzina stava giocando con la sua mente. O, più probabilmente, erano lo stress e l'ansia, insieme alla prospettiva mozzafiato di ripagare i debiti della propria famiglia, che le stavano semplicemente agitando i nervi. Iskra studiò Luda ma non vide altro che un giovane volto pallido e bellissimo come quello di una bambola di porcellana.
Iskra si rimproverò per aver pensato male della ragazza. Forse non ragionava più tanto bene, ma era la sua futura salvatrice, un'innocua ed eccentrica giovane, e se voleva giocare con esorbitanti puntate immaginarie prima di donare la sua fortuna a Iskra e Sofya, che lo facesse pure. Avrebbe cantato filastrocche e giocato a battimani, se la ragazza l'avesse desiderato... almeno finché ci fossero oro e argento ad attenderla.
«Va bene, allora.» Luda prese le carte, tagliandole abilmente con una mano sola. «Sarà un gioco semplice. Io pescherò una carta, poi toccherà a voi, e continueremo così finché non ne avremo tre a testa. Poi riveleremo le nostre carte una alla volta…»  Annuì a Iskra, come a chiederle se stesse seguendo. «Alla fine, chi ha in mano la carta più alta vince.»
Che cosa? Iskra divenne ancora più certa della stupidità di quella ragazzina. Non era un gioco di abilità, ma di mera fortuna. Doveva giocarsi le ricchezze della famiglia puntando sul pescaggio di una carta? Tutto di Luda suggeriva che fosse alla ricerca di un gioco stimolante, mentre quello proposto non era altro che una stupida scommessa sulla casualità. Eppure, era lei quella che poteva dispensare o negare le sue ricchezze, e Iskra aveva intenzione di fare tutto quanto in suo potere per assecondarla.
«La carta più alta vince. Chiarissimo.» Fece un gesto a Luda affinché pescasse. La ragazza annuì dolcemente, facendo ondeggiare i riccioli biondi, e si allungò per prendere una carta. Iskra seguì il suo esempio, e presto ognuna ebbe tre carte a faccia in giù sul tavolo davanti a sé. Senza dire una parola, Luda girò la sua prima carta.
«Oh, accidenti,» mormorò, e ridacchiò come una bambina. Era il tre di picche, difficilmente una carta buona. Fissò Iskra con occhi avidi, le mani raccolte in grembo. Un po' innervosita dal suo ardore, Iskra capovolse la sua prima carta, ansiosa di terminare la partita in modo da poter arrivare al più presto alle questioni importanti, e scoprì il Re di cuori. Certo non una brutta carta.
Luda scoprì la carta successiva, il sette di fiori, e guardò di nuovo Iskra con quegli occhi ansiosi e fiammeggianti. Iskra esitò. Non c'era nulla cui pensare, nessuna strategia, eppure non le piaceva affatto l'idea di girare alla cieca delle carte fino alla fine del gioco. Rifletté sulle sue due carte rimanenti e infine girò l'otto di fiori.
Allora si rilassò leggermente. Era tutto troppo stupido. Un gioco stupido, una puntata stupida e una ragazzina stupida. Ma il gioco era vero, la posta in gioco era vera, e non poteva essere più seria. Iskra pensò a quale sarebbe stata la sua mossa dopo la fine della partita. Era sempre stata abile nel leggere i volti e giudicare il comportamento degli avversari, quindi ora scrutava Luda mentre la mano della ragazza aleggiava sulla sua ultima carta.
Iskra sussultò involontariamente quando vide la regina di cuori: sarebbe stato difficile batterla. Luda alzò gli occhi dalla carta, con un barlume da predatore nello sguardo. La padrona di casa si ritrasse, poi si ricompose. Che follia era quella? Davanti a lei c'era solo una ragazzina stupida, pronta a dare le proprie ricchezze alla sua famiglia, che trattava quel gioco come se le poste immaginarie avessero avuto importanza. Rise di sé e sorrise alla propria benefattrice. «Be', adesso siete proprio in vantaggio, mia cara.  Vediamo cosa riesco a fare...»
Quando Iskra vide l’asso di cuori, sentì una palpabile ondata di sollievo.
Luda semplicemente sorrise e subito si ricompose, alzandosi. Iskra non ebbe nemmeno il tempo di suggerire una seconda mano prima che la ragazza si scusasse e lasciasse la camera. Iskra la inseguì, chiedendosi freneticamente se in qualche modo l'aveva offesa o aveva perso la propria occasione.
«Bella partita, era da tanto che non mi divertivo così. Mi farò viva io.» Luda non si voltò nemmeno a guardarla. Iskra cercò di evitare un tono di supplica nella voce, ma non vi riuscì.
«Ancora una mano, no? Avevate quasi vinto. Forse un calice di vino? O un...”
«Ve l'ho già detto. Non bevo. Ma mi farò viva domani sera, se volete.»
«Oh, sì, certo. Sicuramente. Io...»
«Ho detto, se volete, la scelta è vostra Iskra. Quindi pensate attentamente a ciò che volete, prima di domani sera.» E con questo uscì dalla porta. Iskra scosse la testa. Quella miniera d'oro avrebbe richiesto più lusinghe del previsto, se davvero voleva persuaderla ad aiutare la propria famiglia. La ragazza sembrava un libro aperto, ma Iskra prevedeva che ci fosse ancora tanto da scoprire.
In piedi sui gradini a guardare la carrozza in partenza, Iskra si rese conto che era sceso un freddo improvviso. Un freddo amaro e secco che la ferì. E ancora quella nebbia, apparsa da terra come una cosa viva, che si raccoglieva per qualche scopo malevolo.
Si era già voltata verso il calore e la luce della casa, e forse un bicchiere di vino, quando i suoi pensieri furono interrotti da un pesante rumore, molto diverso dal cigolio morbido delle ruote della carrozza di Luda in lontananza. Iskra sforzò gli occhi per scorgere qualcosa tra i turbini mutevoli dei tentacoli di nebbia.
Alzò la testa stupita quando una grande carrozza comparve lentamente dalla nebbia e avanzò lungo la strada nel cortile, con un conduttore curvo come un troglodita. Che razza di commerciante avrebbe fatto una consegna a quell'ora di notte? E arrivando alla porta d'ingresso principale, per di più. Il fatto che fosse caduta in disgrazia permetteva di trascurare le semplici regole di correttezza ed educazione?
«Chiedo scusa, la signora Sorokin?» L'uomo corpulento scese dal carro, estraendo un documento piegato dalla cintura.
«Sì, sono la signora Sorokin. Esattamente, cosa state portando a casa mia a quest'ora?»
«Be', temo che sia vostro marito, signora.»
Iskra sentì le ginocchia piegarsi, mentre guardava la cassa di legno squadrata nella parte posteriore della carrozza. Ivan corse al suo fianco e la sostenne mentre si accasciava, con il respiro improvvisamente bloccato in gola.
«Boris? È... morto?»
L'uomo la guardò con il volto sconvolto dalla preoccupazione e dalla compassione. «Oh, accidenti, non lo sapevate? Mi dispiace tanto, signora. Non avrei voluto che lo sapesse così. Non è giusto, no che non lo è.»
Consegnò i documenti a Iskra, che li prese con le dita tremanti. Cercò qualcosa da dire, qualsiasi cosa potesse rompere l'agonia soffocante che sentiva nel petto.
«Che... Che cosa ne è delle sue proprietà? Dove sono?»
L'uomo scrostò il fango dagli stivali sui gradini d'ingresso e scosse la testa. «Be', allora, tutto ciò che possedeva è con lui, è così che si dice, no? La sua ricchezza è il suo sudario.»
Iskra si sentì impallidire e l'uomo si guardò intorno con ansia. «Mi limiterò a portarlo sul retro, allora, va bene?» Si voltò per risalire al suo posto. Iskra annuì in silenzio e guardò la carrozza tornare nel cortile e poi andare verso il retro della casa. Si rese conto che stava ancora tenendo in mano i documenti. Li aprì e cercò di leggerli attraverso le lacrime che le bruciavano gli occhi.
La scrittura contorta era difficile da leggere, ma Iskra capì di che cosa si trattava: era una bolla di consegna.
 
 
  
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