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Autore: Miryel    27/07/2020    14 recensioni
Raccolta di Flash Fic e Drabble, che vanno dalle canoniche, alle AU, ai whatif? e Missing Moment.
1. Sunshine in his Pocket.
2. Blurryface (Peter's Birthday)
3. Rose Nere
[ Tony/Peter - Tony&Peter - Altre Coppie - Raccolta di Drabble/Flash/One Shot - Angst/Fluff/Introspettivo ]
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Slash | Personaggi: Peter Parker/Spider-Man, Sorpresa, Tony Stark/Iron Man
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ode to Love
 

 
     
    
 


 
 

«Can You Save My Heavy, Dirty Soul?»

•••

 


 

1. Sunshine in his Pocket

 

1.  | «I'd live for you», and that's hard to do. Even harder to say When you know it's not true.

 

  «Peter Parker.»

  Traccia la linea sottile – di quelle lettere incise – con l’indice che trema. E anche se non vorrebbe, lo fa smosso da una disperata e smisurata rabbia. Anche se vorrebbe che a guidarlo fosse frivola tristezza, disperazione… persino un capriccio. Invece è solo rabbia incanalata in un cuore arido e rotto. La colpa? La sua. È inutile che Nat, Steve, Bruce e tutti gli altri gli dicano che non è così e che se Spider-Man non fosse stato con lui su Titano sarebbe morto – svanito, come preferiscono definirlo gli altri – in ogni caso. 
  «Ho perso il ragazzo.»
  «Tony, lo abbiamo perso.» No, l'ho perso. Io l'ho perso! Io non ho fatto niente per salvarlo! Io non sono stato in grado di salvare nessuno! Non tu. Non arrogarti colpe che non ti appartengono. Colpe che non meriti nemmeno. Colpe per cui solo io devo pagare.
Ma io, io, io! Solo io. Nessun altro.
  Come se fosse un pregio perdere tutto quello che si ha, e non riaverlo più indietro.
  E non gli interessa un accidenti che anche Cap abbia perso qualcuno di importante. Non gli interessa che sia sparita metà della popolazione dell'universo, quando l'unica persona che sarebbe dovuta rimanere non lo ha fatto e lo ha lasciato solo. 
  «A volte sembra che tu ti voglia attribuire peccati che non sono nemmeno alla tua portata. Non lo hai ucciso tu, Tony. Fattene una benedetta ragione», gli ha detto Natasha, una volta, poi gli ha lanciato un taccuino. «Se ti senti così in colpa prendi una penna e inizia a studiare con noi un modo per riportarlo indietro. Piangerti addosso non servirà a niente di niente.» 
  Non merita né il perdono, né quel becero tentativo di spronarlo a reagire. Ci sono tante cose che non merita, e che non ha mai meritato, ma che ha avuto. Come quella premura travestita da ramanzina che Natasha gli ha elargito; come il sole nelle tasche che Peter si portava dietro e che era sempre disposto a condividere con una inconsapevole dolcezza; e invece il destino gli ha portato via anche quello. 
  Il Wall of The Vanished, dopotutto, è solo il cimitero di nomi che non hanno più un volto, e nemmeno un corpo su cui piangere. Eppure si sente in dovere di visitarlo ogni volta che ne ha la possibilità e tracciare col dito quelle lettere incise, come se solo bastasse a sentire Peter sotto ai polpastrelli mentre gli carezza i capelli. Ma non c'è Peter seppellito sotto quella lapide che porta il suo nome. C'è solo una prova che non c'è. Non c'è più. E forse non tornerà mai. Come un soldato che combatte una guerra che non poteva vincere e che dunque non ritorna. Solo che Peter è solo un ragazzo. Era solo un ragazzo.
  Il soldato che ha combattuto e che ha perso, invece, è lui. E come ogni guerriero, dovrebbe incassare il colpo, e invece si racconta la bugia che sta bene e che non ha bisogno di nessuno. A meno di Peter, che comunque non tornerà e la colpa, Tony lo sa, è soltanto sua.

 

[476 parole ]
 

 

 

2. | «I'd die for you», that's easy to say. We have a list of people that we would take.

   
  «Andiamo da qualche parte?»
  «Oh, un appuntamento? E dove vorresti andare, sentiamo?» Tony sorride, e gli arruffa i capelli, mentre lasciano il complesso e il sole del tardo pomeriggio bagna la città d’oro e un rosso cremisi intenso. Peter sorride a quel gesto, ma intorno al cuore gli si stringe un laccio fatto di chiodi e fiamme incandescenti, che danzano, si arrampicano fino alla gola e, dopo un contemplato silenzio, gli abbassano il tono di voce di troppe tonalità che non gli appartengono.
  «Al Wall of the Vanished.» E, di fronte a quella richiesta che forse Tony nemmeno si aspettava, la felicità sfuma e lascia spazio a l’unico sentimento che ultimamente li unisce: la malinconia. 
  Da quando sono tornati da quella battaglia Peter passa quasi più tempo lì che a casa, o in laboratorio, o tra i palazzi della città a proteggerla dai mali del mondo, con indosso la tuta di Spider-Man. Ha la sensazione che quel posto lo tenga ancora ancorato alla sabbia rossa e il cielo spento di Titano. La sua prigione per cinque anni, l’incubo che torna a popolare i suoi sogni quasi ogni notte, più simili a incubi.
  «Va bene», gli dice Tony e non sembra contento, ma non lo persuade a cambiare idea e nemmeno gli rivolge quella frase col suo solito disappunto. Un sollievo, in un certo senso, che in qualche modo capisca quella sua necessità e sebbene Peter si sia ripromesso di non tornarci più, ha sempre più bisogno di assecondare quel desiderio di farsi visita come lo si farebbe a un vecchio compagno caduto in guerra. Un vecchio Peter, troppo diverso da quello di ora, meno corroso dal peso di quella battaglia. 
  Il Wall of the Vanished sembra un portale verso un mondo di passaggio, dove le anime di chi è scomparso fluttuano ancora allegoricamente tra quei marmi. A fare da sfondo c'è il Golden Gate Bridge, rosso come l'armatura di Iron Man. Rosso come il sangue, come la maschera di un ragno infantile, che indossa ogni tanto per salvare il quartiere. 
  Rosso come si è tinto il mondo quando Tony ha schioccate le dita e ha rischiato di non rivederlo mai più. 
  E i nomi incisi lì sono il ricordo di soldati caduti inconsapevolmente durante una battaglia che non hanno combattuto. 
  Non andarci gli preme il cuore sotto a una lastra di ghiaccio spessa come un macigno.
  E forse, Tony, questo lo sa. Ed è quasi rassicurante che sia così.
 

 

[ 413 parole ]


3. | «Pieces of peace in the sun's peace of mind I know it's hard sometimes»

 

  Al ritorno da ogni battaglia segue sempre il silenzio. È fisiologico. Peter lo sa, che è così, perché accade più spesso di quel che ricorda, ma stavolta fa più rumore di ogni altra. Forse è il battito del cuore che rimbomba contro le pareti fragili del suo petto; ogni impulso nervoso tiene il tempo e ne scandisce ogni pausa¹; quando alza gli occhi da quella tazza di té che tiene stretta tra le mani tremanti, incontra quelli di Tony, il tempo si ferma. È la prima volta che si confrontano da quando Thanos è morto; hanno ripreso le forze, tentato di guarire ferite di guerra che lasceranno per sempre cicatrici addosso – che si apriranno ancora ad ogni buona occasione, per ricordare loro quanto il male non va mai via per davvero; hanno  accampato scuse per non discutere di quello che è stato, ben sapendo quanto serva ad entrambi. Uno è tornato da cinque anni di buio, l’altro il buio l’ha vissuto in attesa del suo ritorno. Anime perse che ora sono di nuovo colme di qualcosa. Non servono mostrine addosso a sancire una vittoria, quando questa ha spaccato la vita così come se la ricordavano, e ha cosparso i cocci a terra, lasciando lungo il suo cammino piccole schegge ormai perdute. Anime spezzate, anche le loro. Solo che a volte basta uno sguardo che mette tutto a posto. Si guardano come se non fosse mai sparito nessuno e come se nessuno avesse schioccato le dita per riportare l’ordine delle cose al suo stato originale. A Peter scappa un sorriso che cerca di nascondere; a Tony ne sfugge uno che rimane impresso lì, arrogante, come se lo ricorda da sempre. Si sente come se fossero soldati tornati dalla guerra, che cercavano la strada di casa e l’hanno trovata in iridi castane, così simili, eppure permeate da pennellate diverse e uguale, con cui la vita le ha dipinte. 
  «Ti senti anche tu come se non fosse davvero finita?»
  Tony sbuffa aria dal naso. Il suo sorriso non sparisce, ma si accentua di una punta di malinconia. Ogni cosa che li circonda sembra in procinto di rompersi anche solo se viene sfiorata. Persino il cuore. Peter lo sente battere forte, simbolo che è vivo ma che, in qualche modo, non lo è come lo sarebbe stato prima di Thanos. 
  «La guerra non finisce mai davvero. È qualcosa che ti rimane addosso, sulla pelle, e ti cambia. L’unica pecca è che giovane come sei non avresti nemmeno mai dovuto affrontarla, quella battaglia.» 
  Peter alza le spalle e gli brillano gli occhi come comete. «Non mi pento un solo istante di averla combattuta. Avevo motivi più che validi, e ho fatto quello che potevo. I tuoi motivi quali erano? » 
  Tony fa una pausa e incrocia le braccia al petto, mentre appiccica la schiena alla sedia e quasi lo sfida. «Li vuoi davvero sapere?» 
  No, non li vuole sapere. Forse li conosce già, e va bene così.
 
 
[ 496 parole ]


 
 
4. | «I'm falling so I'm taking my time on my ride»

  «È… colpa mia.» 
  Tony lo guarda come si guarderebbe un povero pazzo, ma è la sua risata a spezzare quel momento dove Peter si sente la causa di tutto e di niente, sebbene un piccolo sentimento di pentimento lo abbia pervaso nell’esatto momento in cui si è attribuito quella sentenza da solo. L’uomo invece reclina la testa all’indietro e sembra solo l’ennesimo momento tutto loro che hanno già vissuto un tempo, prima dei cinque anni di buio, prima che il destino ci si mettesse di punta a tentare in tutti i modi di separarli. Quella risata sa di vittoria e di speranza. 
  «Colpa? Andiamo, Peter, chi mai avrebbe la colpa di aver avviato un meccanismo che ha portato alla salvezza del mondo?», chiede Tony, ed è retorico e quando Peter apre la bocca per replicare, lo zittisce con un gesto della mano. Si allunga verso di lui e scuote la testa, sorridendo. «Erano persi, senza il mio aiuto. È servito solo un buon motivo per convincermi, e una certa foto per renderlo possibile. Ammetto che tu abbia un piccolissimo merito a riguardo, che ci ha permesso di essere qui.» Gli sta solo dicendo che ha tutto il merito di averlo convinto a non tirarsi indietro e lasciare le cose così com’erano, dove fingeva che gli piacessero – e forse era anche così, ma non abbastanza da permettersi di rimanere con le mani in mano. Lui, proprio lui, l’uomo che non ha mai spento il cervello e si è goduto la vita. Quello che ha sempre dato tutto, pur di brillare, ma che non si è mai sentito abbastanza soddisfatto di sé per dire basta e fermarsi anche solo un secondo. Quello che è quasi morto per salvare tutti, quello che ucciderebbe pur di sapere salva la vita di chi gliel’ha salvata a sua volta. 
  E Peter si sente arrogante, a conferirsi tutta quella importanza, ma per una volta è certo che può permetterselo. È Tony che lo rende possibile; come sempre.
  «Grazie.» Si sente di dire, e Tony alza un sopracciglio, incredulo.
  «Per aver salvato il mondo? Non c’è di che!»
  Peter ride, e non si stupisce che stia fingendo di non aver capito. «No, grazie per non aver tergiversato e aver deciso di dirmi le cose come stavano.» Farò il possibile perché questo gesto non sia stato vano. «Cinque anni di vuoto non sono esattamente una passeggiata da recuperare; sapere com’è andata semplifica tutto… mi fa sentire meno sfocato.» 
  Tony capisce. Capisce sempre. Gli cerca la mano e Peter gli permette di trovarla. Le falangi si stringono. Scende il silenzio e sa di altre cose; di una variazione, di una realtà che si ribalta e torna, pian piano, alle origini. Quelle dove i due soldati sono solo un ragazzo e un uomo, umani come chiunque, che provano un caleidoscopio emozioni dietro agli occhi, che tinge ogni cosa di colori diversi e che si condensano in un unico concetto:
  L’amore, che salva ogni cosa
 

[ 500 parole ]

 

Fine


 

 


 


 


__________________________                    Note Autore:                    __________________________

Salve a tutti!

No, non sono morta (anche se qualcuno ci sperava e ci spera ancora, lo so per certo) e sì, è un po’ che non torno su questi lidi ma sto attraversando un periodo di profonda crisi con la scrittura (tabula rasa nella testa, in sostanza) per svariati motivi sia interni che esterni a questo mondo che mi hanno fatto, come si suol dire dalle mie parti, scapocciare non poco, ma, in verità, l’iniziativa a cui ho partecipato mi ha dato l’opportunità di confrontarmi ancora una volta con me stessa e con loro, dandomi modo di affrontare un tema che mi era caro: la perdita da parte di entrambi  e, allo stesso tempo, i momenti importanti che restano impressi in una foto che poi scaturirà tutto... che salverà il mondo. E di questo io sono superconvinta ♥.
In sostanza spero tantissimo che, in primis, che abbiate gradito questo piccolo momento e che, per quanto mi riguarda, possa aiutarmi a sbloccarmi e proseguire la stesura dei progetti che avevo già iniziato e che ho messo in cantiere con infinita tristezza e frustrazione. Scusate per l'angst che comunque ho voluto smorzare un po' con le ultime due ♥
Ho deciso che questa storia sarà una raccolta, che comprenderà anche alcune flash/drabble che ho scritto in passato e che non ho mai pubblicato ♥ 

Grazie mille a chi recensirà, chi listerà, chi apprezzerà e chi ha dedicato un po’ del suo tempo a questo vecchia autrice sempre più innamorata di questi due delinquenti. 

Ringrazio poi i Twenty One Pilots per avermi accompagnato con questa raccolta, di cui i titoli di ogni flash sono presi da una canzone che si chiama, "Ride" ♥ ascoltateli, vi prego ♥
Alla prossima, forse non troppo presto, ma chi lo sa ♥.
Pregate per me ♥

 


La vostra amichevole Miryel di quartiere. 

 


 

   
 
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