Videogiochi > Final Fantasy VII
Segui la storia  |       
Autore: _Zaelit_    27/07/2020    1 recensioni
Come cambierebbe la storia di Final Fantasy VII se un'altra creatura aliena fosse caduta sul pianeta, anni fa, oltre a Jenova?
Il Progetto Yoshua R porta alla creazione di una ragazza all'apparenza normale ma che, in realtà, dovrebbe incarnare il potere dei Cetra e uguagliare la forza fisica dei prodotti del Progetto Jenova.
Rainiel non sa di essere nata da un esperimento, esattamente come non lo sa Sephiroth, ma i loro destini percorrono la stessa strada e sono pronti a incrociarsi.
- La Fanfiction è ambientata durante le vicende di Crisis Core ma gli eventi sono stati cambiati per comodità della trama. Alcuni personaggi potrebbero risultare lievemente OOC. Vi è la presenza di coppie canon e noncanon e di personaggi OC. -
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Nuovo personaggio, Sephiroth
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Crisis Core, Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Heiress of Yoshua'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
«Voi non... non lo sapete?»
Entrambi i genitori di Rain scossero la testa.
«Non è possibile. Dovete pur essere al corrente di qualcosa... provate a ricordare! Il Progetto Yoshua!»
«È... una missione sulla quale state lavorando, per caso?» domandò sua madre, confusa.
«Il nome Yoshua non mi dice proprio nulla. Di chi si tratta?» chiese poi il padre.
Entrambi sembravano piuttosto calmi, ma Rain sentiva il proprio cuore pronto a scoppiare.
«Forse lo avete... solo dimenticato! È successo circa vent'anni fa, questo lo sapete. Quando gli scienziati della Shinra hanno dato il via al progetto, e a tutti quegli esperimenti. Quando sono nata io!» gesticolò, provando a dir loro a cosa si stesse riferendo.
Entrambi gli adulti la guardarono preoccupati.
«Rain, calmati adesso... cerca di parlare più lentamente.» provò a suggerire il padre, «Di quali esperimenti stai parlando? E perché dovrebbero essere collegati alla tua nascita?»
Rainiel si lasciò cadere contro lo schienale del divano, le mani premute sul viso e le labbra che tremavano.
«Voi... voi non sapete nulla della mia nascita?» biascicò, dato che quel che temeva era accaduto.
Un altro punto interrogativo sorgeva fra gli altri. Per l'ennesima volta.
I due genitori iniziarono a sudare freddo, come se la conversazione fosse improvvisamente diventata molto scomoda.
«Cosa? Ma certo che sappiamo di... Oh, Rain, insomma... cosa sta succedendo? Non sembri più tu!» tentò di dire la madre.
Rain scosse la testa, respirando a fondo senza risultati positivi.
«No... non è vero. Non sapete nulla. Perché io non sono vostra figlia.» esclamò infine.
I suoi genitori impallidirono, consci che ella aveva scoperto la verità.
«Cosa?» balbettò il padre.
«Questo lo avete capito bene.» tagliò corto lei, ancora coprendosi il viso. «Mi avete allevata, cresciuta, istruita, nutrita. Mi avete dato tutto quello che una bambina come me potesse desiderare, tranne la cosa più importante. La possibilità di sapere chi sono davvero.» li biasimò dunque.
Un'accusa che li ferì quanto il colpo di una spada ben affilata.
«Rain...»
«Rain, Rain, Rain. Cosa avete da dirmi? Altre bugie, forse? Volete dirmi che sono nata un bel giorno d'estate nell'ospedale più vicino, e che mi avete portata a casa avvolta in una copertina rosa con su scritto il mio nome? Volete che creda che, in fondo, un po' vi assomiglio? Che non esiste un motivo valido per cui io mi sia sempre sentita diversa e fuori luogo pur essendo a casa mia?»
La ragazza si alzò in piedi, parlando mentre camminava avanti e indietro nel salottino.
I suoi genitori avevano un'espressione disperata. La guardavano sbigottiti, sapendo che la loro fatica nel cercare di velare quella verità scomoda era appena stata resa vana. Perché lei lo aveva scoperto.
Il padre provò a parlare, ma sua moglie comprese che non aveva più senso continuare a mentire.
«No. È giusto che sappia.»
La donna si alzò e raggiunse sua figlia, lisciando con le mani il proprio grembiule.
«Rainiel... era davvero il nome cucito sulla copertina rosa che ti avvolgeva quando ti portarono da noi.» singhiozzò, a testa bassa. «Era l'unica cosa che ti apparteneva. Quando ti vedemmo, io e tuo padre capimmo che eri perfetta per noi. Tenerti in braccio per la prima volta fu la gioia più grande.»
Rainiel ascoltò in silenzio, sapendo di star ricevendo risposta ad almeno una delle sue domande.
«Da giovani, lavorammo entrambi per qualche tempo alla Shinra, ma ci trasferiamo qui con l'intento di costruire una nostra famiglia. Purtroppo ci fu presto chiaro che non sarebbe stato possibile, ma entrambi desideravamo con tutto il nostro cuore un bambino da crescere e a cui regalare il nostro amore. E quando si presentò l'occasione di avere te... fu splendido.»
Suo marito si unì al racconto, con un sospiro.
«Fu un gruppo di soldati a condurti qui. Ci spiegarono che non ci era dato sapere nulla sulle persone che ti avevano messa al mondo o sul tuo luogo di nascita. Sapevamo solo che, per un periodo, quella bambina dal viso così dolce era stata cresciuta a Midgar, nel palazzo Shinra. Forse è per questo che ci sembrò normale, quando ci dissero che una squadra di Turks avrebbe fatto visita periodicamente per assicurarsi delle tue condizioni.»
Rain spalancò gli occhi e la bocca, confusa.
«I Turks mi sorvegliavano?»
«Si assicuravano che tu fossi protetta e in salute. Una volta al mese, per ben due anni di seguito, si presentavano a casa nostra per una visita. Suppongo fosse per questioni di salute... ma non sappiamo altro.» replicò la madre.
Forse loro non sapevano altro, ma lei sì. Pur non avendo alcuna memoria di quel passato, sapeva che quei Turks erano lì per assicurarsi che avesse sviluppato delle abilità per così dire sovrannaturali, qualcosa di ricollegabile ai Cetra o alla creatura conosciuta con il nome di Yoshua. Forse avevano smesso di presentarsi quando al termine dei due anni non avevano più riscontrato alcun risultato. O perché qualcuno aveva ordinato loro di ritirarsi.
Comunque fosse, aveva ricevuto una conferma.
«Capisco... e apprezzo che mi abbiate raccontato la verità.»
«Rainiel...»
Sua madre le afferrò una mano e la strinse, triste in volto.
«Non so cosa tu possa pensare o provare in questo momento. Forse ci odi, o forse sei sollevata perché hai scoperto la verità. Non ti chiederò nemmeno come tu abbia fatto a capirlo, non importa. Voglio solo che tu sappia che non è il sangue a stabilire i legami fra le persone.»
La guardò negli occhi. Era bianca in volto, più fredda del solito, e stava tremando e balbettando.
«Non so chi ti abbia messa al mondo, ma so di averti cresciuta fino a farti diventare la splendida donna che ho qui davanti a me oggi. Per me e tuo padre sei nostra figlia a tutti gli effetti. Sei parte della nostra famiglia. La nostra unica e sola bambina, la cosa più importante che esista.»
Anche il padre si alzò, affiancandola. Forse volevano abbracciarla...
... ma Rainiel indietreggiò.
Non ce la faceva. Non riusciva a rendere tutta quella questione così semplice.
Alzò le mani davanti a sé, per chiedere loro di non avvicinarsi.
«Vostra...» singhiozzò a sua volta lei, cercando di non scoppiare a piangere. «Non credo di essere più di nessuno. Non so nemmeno chi sono.» Il suo sguardo era più severo quando li guardò. «Ma so che questa non è casa mia. Questa vita forse non mi appartiene. Forse non la merito.»
«Rain!» la chiamò suo padre, «Questa sarà sempre casa tua e noi saremo sempre i tuoi genitori. Ti chiediamo solo di perdonarci per non averti mai detto la verità. Avevamo semplicemente paura di perderti.»
Lei sentì un fuoco nel petto, una fiamma divoratrice che pian piano si trasformò in un enorme buco oscuro.
«Temo fosse una paura fondata...» bisbigliò solamente, «... perché mi avete davvero persa.»
Senza attendere che dicessero altro, girò su se stessa e corse fuori dalla porta a perdifiato, sperando che non la seguissero.
Probabilmente uno dei due ci aveva provato, ma l'altro gli aveva detto che insistendo non avrebbe che peggiorato le cose. Per questo si ritrovò finalmente da sola.
Il cielo parve condividere il suo stato d'animo perché, mentre lei correva fra le piccole viuzze del villaggio, tra i giardini curati e le casette circondate da recinzioni basse di pietre levigate, una fine pioggerellina prese a cadere dalle nuvole, per poi intensificarsi pian piano.
Ben presto - e ironicamente, considerato il suo soprannome - Rain si ritrovò con i vestiti bagnati e i capelli schiacciati contro la fronte, la vista appannata da lacrime che chiedevano disperatamente di essere versate.
Era sola, sotto il cielo stellato e l'acquazzone dal pessimo tempismo. Era sola, forse nel mondo intero, e si sentiva diversa e complicata. Troppo, per sperare di essere compresa.
Si fermò, cercando un luogo, un ricordo, una persona.
Una persona.
E la trovò: una persona che, chissà come, riusciva sempre a farla sentire meno sola, meno diversa, meno complicata. Una che riusciva a comprenderla, anche se non lo dava troppo a vedere.
Solo allora riprese a correre. Non voleva vedere nessun altro. Solo lui.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Final Fantasy VII / Vai alla pagina dell'autore: _Zaelit_