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Autore: Ste_exLagu    28/07/2020    1 recensioni
Il rapporto tra Kageyama e Tsukishima si evolve nel tempo, più precisamente si evolve in bolle spazio temporali, dove loro sono privi delle proprie maschere e dei loro cliché. Nella bolla si amano, ma fuori dalla bolla sono sempre così maledettamente loro, e si rincorrono, si incontrano e si scontrano in un susseguirsi di bolle fino allo scoppio che porterà ad altre consapevolezze e ad una vera crescita dei due.
Dal Testo: [“...Non so sorridere” ...
“Io non faccio battute divertenti”]
Genere: Hurt/Comfort, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Crack Pairing | Personaggi: Kei Tsukishima, Tobio Kageyama
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Spoiler!
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Pizza e TV
[Questa fic conterrà SPOILER siete avvisati.
Ad un certo punto c’è un cambio di stile, voluto.]
[“...Non so sorridere” ...
“Io non faccio battute divertenti” {Me medesimo}]

[“Ogni anno noi ci ricaschiamo e non ho mai avuto il coraggio di dirti quello che provo.
Sono pazzo di te.
{Scrubs 3x20}]


12/22 [Primo anno]



Hanno organizzato una festa a sorpresa per il compleanno dell’alzatore della squadra, il rapporto con gli altri sta migliorando, nonostante ancora alcuni rapporti siano spigolosi. La festa si svolge a casa di Hinata, che vive sulla collina e la sua casa ha un ampio giardino, oltre che essere una villetta abbastanza capiente da far star comoda tutta la squadra di pallavolo. Tutto si volge tra le risate e gli scherzi, e finisce in un gran pigiama party. Verso le tre e trenta del mattino sono tutti addormentati per le varie stanze della casa e il festeggiato vaga osservando quei ragazzi con cui sta costruendo un rapporto, con cui sente di aver recuperato parte della fiducia nelle persone persa alla fine delle medie. Manca un componente della squadra, non è in nessuna parte della casa, in nessuna stanza. Si affaccia ad una delle ampie finestre e lo individua, un bozzolo di coperte in giardino, recupera una delle coperte che la mamma di Shoyo ha lasciato per loro e raggiunge l’altro. “Tsukishima” richiama il compagno che apre il proprio bozzolo di coperte e gli fa cenno di sedersi tra le proprie gambe, come se l’astio e le male parole che usano l’uno per l’altro non fossero mai esistite. “Guarda il cielo quelle stelle potrebbero anche non esistere più potrebbero essere scomparse con i dinosauri” L’alzatore si siede tra le gambe del centrale, come se quel momento fosse in una bolla, e fosse differente da quello solito. “che ti prende?” diretto mentre si lascia avvolgere dal plaid pesante dell’altro. Rimangono abbracciati un po’ fino a quando il festeggiato si gira e senza preavviso poggia le proprie labbra su quelle di Tsukishima, che all’inizio sembra imbambolato, ma dopo qualche secondo cerca di approfondire il bacio, cosa che Kageyama permette. Si baciano a lungo fino a quando il chiarore che precede l’alba li coglie svegli e abbracciati. “Un nuovo giorno” il centrale soffia queste parole sulle labbra del compagno che si stacca, recupera la propria coperta e se ne va senza proferire altro. Durante la colazione sembrano tornati gli stessi, cinismo e sarcasmo per uno, e solo pallavolo per l’altro.


04/27 [Secondo Anno]


La squadra di pallavolo è in ritiro, si trova in una delle palestre che hanno già visitato l’anno precedente, ed è tutto molto strano, si trovano con gli avversari, amici, ma non sono tutti, le squadre sono cambiate, gli assetti e gli equilibri si sono spezzati e ogni squadra è alla ricerca della forma e dell’intesa perfetta. La Karasuno sembra un concentrato di maretta, come se la mancanza dei diplomati del terzo anno avesse innescato delle reazioni esagerate in ogni giocatore; se da una parte ci sono Tanaka e Nishinoya che si comportano normalmente, per i loro standard, come degli esaltati dall’altra i ragazzi che sono passati al secondo anno sembrano avere delle faide incolmabili tra loro. Ennoshita cerca di fare da collante, ma siamo ancora nel primo mese di allenamenti del nuovo anno scolastico. Hinata è sempre affamato di vittorie, e si allena anche da solo e con Kenma che sembra aver momentaneamente lasciato i videogiochi per stare con l’amico e giocare con lui. Le due persone che sembrano essere più divise sono Tsukishima e Yamaguchi, ed è la cosa che più incrina l’umore della squadra, i due non lo danno a vedere in campo, cercano di collaborare anche in allenamento ma non si sente nessuno “Tsukki” e nessuna spiegazione e nessuna giustificazione al carattere spigoloso del biondo. La manager e il centrale con le lentiggini invece sembrano molto vicini, spesso sono da soli in qualche angolo del campus a parlare guardandosi negli occhi, sussurrando frasi sdolcinate. Tutti cercano di ignorare l’elefante rosa che si trova tra loro sotto forma del gelo che intercorre tra quelli che non sembravano candidati a questo tipo di problemi. Nessuno conosce i fatti intercorsi tra i due, ma se Yamaguchi sembra sereno e sempre sorridente, il carattere di Tsukishima è diventato più spigoloso, e il ragazzo si rifugia sempre nella musica attraverso le cuffie che sembrano essere la sua coperta di Linus. Verso la metà della settimana gli allenatori decidono di lasciare un pomeriggio libero ai ragazzi, li hanno portati in centro a Tokyo dandogli appuntamento per l’ora di cena in un posto prestabilito. Le dinamiche disarmoniche della Karasuno sono sempre più evidenti, si sono sparsi a gruppetti per la città. Tsukishima si ritrova a camminare poco distante dall’alzatore e con loro ci sono Akaashi della Fukuradani e tutti i suoi compagni di squadra, che conoscono la città e li stanno portando in posti che di solito non figurano nei tour della città. Akaashi si avvicina al centrale della Karasuno “C’è tensione, che succede?” il biondo sospira rumorosamente “Niente di particolare, litigi, e poi mancano Suga e Sawamura che erano come mamma e papà chioccia che riuscivano a tenere insieme questo gruppo come se fosse una famiglia.” Il più grande non sembra convinto dalla spiegazione “Tsukishima” dice con tono di chi ne sa di più di quel che dice “Siamo tutti in tensione ed Ennoshita ci sta provando, ed è bravo ma ci vorrà tempo, non ha la bacchetta magica. Ho un favore da chiederti, gli altri andranno sicuramente alla torre, possiamo evitarla?”. Lo sguardo pensieroso dell’alzatore della Fukuradani fa intendere che non demorderà sull’argomento “Da noi c’è troppa pace senza Bokuto, vi portiamo in un posto bellissimo, e non alla torre tranquillo, abbiamo capito che vi siete divisi per non vedervi”. “In realtà sei uno dei pochi che mi sta simpatico” ribatte il biondo, mentre Kageyama sembra non volersi allontanare troppo dal compagno di squadra. “Giriamo di là” dice un primino indicando una strada che incrocia perpendicolarmente quella che stanno percorrendo, si ritrovano davanti ad un parco giochi, dopo un po’ di fila riescono ad entrare. “Ci vediamo qua tra tre ore” organizza il capitano avversario. Il duo della Karasuno comincia dalle montagne russe più paurose di tutto il parco, sono uno affianco all’altro in silenzio, ma non sembra pesante, solo silenzio complice. Prendono posto, i vagoni sono fatti da due posti accanto, i due si siedono e quando la pendenza della salita fa venire le vertigini il moro prende la mano del biondo che con un gesto naturale intreccia le dita a quelle dell’altro. Quando la discesa improvvisa li coglie stringono la mano dell’altro e urlano, cose inarticolate ma che aiutano a respirare in quel cambio di pendenza repentino. Quando il giro finisce sciolgono le dita i volti arrossati, si dirigono verso una giostra che li porterà su una vettura galleggiante attraverso un percorso sotterraneo, si siedono ancora accanto infondo al vagoncino e complice il buio cominciano a baciarsi lentamente ad occhi chiusi come se fosse la cosa più naturale del mondo, ancora una volta non pensano a cosa possa succedere dopo, si estraniano dalle loro vite, e vivono il momento presente come se fosse l’unico tempo possibile, senza un passato e senza un futuro. Finisce il giro e rimangono abbracciati sulla vettura per farne subito un secondo, il moro stranamente comincia a parlare “Non so perché ma adesso sono felice, vorrei dimostrarlo” da un ulteriore bacio lento a Tsukishima che attende che l’altro continui il suo discorso “Non so sorridere” questa affermazione fa sorridere l’ascoltatore “Io non faccio battute divertenti” non aggiungo altro, ma passano buona parte del pomeriggio su quella giostra, galleggiano sotto il parco continuando a baciarsi come se fosse l’unica cosa possibile. Mezz’ora prima dell’appuntamento con gli altri decidono di mettere fine a questo idillio ed escono alla luce del sole, che sembra cancellare la complicità raggiunta fino a pochi minuti prima. Le loro vite riprendono e anche stavolta non sembra che nessuno dei due porti con se i momenti rubati alla routine quotidiana.

Il ritiro però sembra cominciar a far funzionare nuovamente la squadra, soprattutto dopo l’uscita per la capitale. I due centrali di punta della squadra si ritrovano fuori dallo stanzone che dividono con il resto della squadra, da soli dopo settimane di guerra fredda e silenzio. “Dobbiamo parlare” prende la parola Kei e si lascia seguire fuori dall’amico di sempre. “Parla allora” ribatte Yamaguchi quando arrivano in giardino “Perché sei arrabbiato con me? Perché non mi vuoi più bene?” diretto senza grandi giri di parole “Tsukki, mi hai colto alla sprovvista, e non ero pronto, non so nulla, so a malapena come approcciarmi con le ragazze e tu esci con la bomba del secolo, ti piacciono i maschi, e poi la mia mente è andata ad analizzare tutto quello che abbiamo fatto insieme e ho avuto paura, paura che tu volessi me, paura che qualcuno ti facesse male, paura per questo mondo, e poi ti sei arrabbiato perché ti ho detto che non è una cosa naturale, e non capisco questa cosa” una piena di parole, non sempre coerenti investe il biondo che ribatte “è una cosa naturale, non scegli di poter essere discriminato per la persona di cui ti innamori. Ti considero un fratello, al pari di Akiteru, ma è lui ad avere meno stima da parte mia, io ti voglio bene e ti stimo, e lo so magari avrei potuto dirlo in modo meno diretto, ma lo sai ho solo due modalità. Non devi per forza capire, tu capisci perché ti piace Yachi? Così come non so perché ma mi piacciono i ragazzi”. Il più basso di slancio abbraccia l’amico d’infanzia “non ti prometto di non farmi problemi, ma ti prometto di non abbandonarti”.

Tornano nella prefettura di Miyagi alla fine della golden week con una squadra più coesa, come se il fatto che i due del secondo anno avessero fatto pace avesse portato la calma in tutto il gruppo.


03/30 [Terzo Anno]


Un limpido pomeriggio di fine marzo i ragazzi del terzo anno del club di pallavolo decidono di uscire insieme, forse si vedranno ancora, forse no, ognuno di loro sta per imboccare la strada per la maturità. Quella strada che porta alla vita da adulti, ma che qualcuno ha paura ad affrontare, qualcuno la prende invece di petto come la nuova sfida. Shoyo si sta preparando per partire per il Brasile, mentre gli altri cominceranno la loro carriera universitaria, chi invece è già stato ingaggiato da una squadra professionistica a soli diciotto anni, ancora minorenne e già nell’olimpo dei grandi. “Allora Tsukki” la voce di Yamaguchi è sempre squillante, ma già sporcata dalle tonalità che prenderà crescendo ancora, l’interpellato rotea gli occhi “Capitano” il tono sarcastico che riesce ad imprimere ad una sola parola è pari alla sua poca propensione all’aprirsi con gli altri. “Quindi studierai qua vicino a casa” l’altro annuisce “Qua c’è la migliore facoltà che si occupa di paleontologia e archeologia del Giappone, perché spostarmi per qualcosa di meno formativo” ridono insieme ridono con lui e ridono di lui sempre così se stesso. “Io studierò a Tokyo” annuncia Yachi e gli altri le fanno tutti gli auguri di buona riuscita, lei e il capitano sono ai lati opposti del gruppo si guardano e si studiano come ci fosse qualcosa di incompiuto che aleggia tra loro. “Brasile dunque” dice Yamaguchi sorridendo e rivolgendosi al piccolo centrale. “Si parto per imparare a giocare a Beach volley, voglio una visione diversa della pallavolo, devo imparare tutto, devo poter giocare con qualsiasi alzatore” saltella tra gli altri con il solito entusiasmo, mentre l’alzatore della squadra guarda davanti a se “Mio nonno sarebbe fiero di me” dice con un filo di voce “lo sarebbe di sicuro, stai giocando tra i grandi” Kageyama riceve un paio di pacche sulla spalla dal più basso del gruppo. “Dai che la prossima volta che ci incontreremo ti straccerò comunque, la sfida non è chiusa”. “Non l’ho mai pensato, quindi evita di ritirarti uomo mandarino, prima che possa asfaltarti sul campo, ancora”. Uno sbuffo sonoro esce dalle labbra dell’altro centrale “Smettete di tubare ragazzi, e voi due” indica il suo migliore amico e la ragazza “Andate a discutere di questa cosa prima che ve ne pentiate, e con questo siamo pari Tadachan”. Porta le mani sulle cuffie che in questo momento sono attorno al collo, ma viene fermato da Hinata “E quindi tu? Lasci tutto?” una scrollata di spalle “Seconda divisione*1”. “Ma bravo, quindi sia università che pallavolo, sei proprio quello più intelligente” continua il più grande di età tra i tre. Yamaguchi e Yachi si sono allontanati per parlare da soli.

“Dove andiamo a mangiare qualcosa?” chiede ancora Shoyo pieno di entusiasmo, riceve risposta dall’alzatore, la cui voce nonostante tutto porta sempre una strana sensazione di stupore negli altri “Il tizio del ramen giù in centro” e riceve un fischio di approvazione dal suo attaccante di punta, mentre il biondo annuisce “va bene basta che offriate voi” il rosso ride “Oh tanto tu non ci mandi in bancarotta.” ridono insieme, la familiarità che hanno tra loro è massima nonostante le differenze più o meno evidenti tra loro.

Non vengono raggiunti per cena, ma quando ormai è buio il rosso sospira “Devo tornare a casa per forza, vi devo salutare ragazzi, ci vediamo domani e andiamo a salutare i ragazzi del club?” chiede speranzoso “Ok” dal moro mentre il biondo annuisce “A domani.”

Shoyo Hinata inforca la sua fidata bicicletta e si inerpica per la strada che lo porterà alla sua casa, situata oltre la collina lasciando soli Kageyama e Tsukishima.

I due ragazzi ormai rimasti soli camminano per il centro senza una vera e propria meta, senza rivolgersi la parola ma stando vicini, ad un certo punto il più alto tira a se l’altro con un gesto rapido, i corpi si scontrano con forza “Ma che…” in risposta riceve solo uno “Shhh”, Kei prende per mano Kageyama per trascinarlo lontano dal punto che stavano raggiungendo e solo dopo qualche centinaio di metri “Tsukishima per tutti i Kami…” non lascia la mano dell’altro senza nemmeno rendersene conto “C’erano Tadachan e Yachi, hanno parlato e niente, se lui mi avesse visto avrebbe sicuramente urlato il mio soprannome del cazzo, e lei si sarebbe arrabbiata di nuovo, e ora che hanno fatto pace, sembrano due tranquilli e sono così turbolenti tra loro”. Tobio non interrompe a sua volta la stretta di mano. “Ah, ok” sembra frastornato e turbato dalla situazione, e le poche parole fanno calare un silenzio pesante tra i due. Riprendono a camminare “Quindi con lui alla fine avete chiarito?” spezza il silenzio Tsukishima “Una specie, non capisco questa cosa del beach, ma siamo amici e spero che vada tutto bene” sembra alleggerirsi la tensione, ma le mani rimangono intrecciate, ad un certo punto girano in un vicolo poco illuminato e il più alto tira a se l’altro come ha fatto in precedenza, si piega in avanti e lo bacia. Il bacio è lento e i due sembrano intenti a combattere una guerra per il predominio dello stesso dimentichi del vicolo, dell’università, delle partenze, dei chilometri e del mare che li dividerà, come in una bolla sospesa nel tempo.*2


12/31 [1 Anno SH/Università]


Il ritorno a casa dopo mesi di duri allenamenti non è stato tanto traumatico, la sua casa è sempre stata così vuota da quando il nonno non c’è più, non vede grandi differenze tra vivere da solo o in quella casa, si sta preparando per andare al tempio e stranamente si sente nervoso, non ne conosce il motivo, ora è un giocatore di pallavolo a livelli altissimi, e gli impegni tra nazionale e club sono numerosi, è il primo alzatore di una neopromossa in prima divisione e si trovano nei primi posti della classifica, a giocare tra le grandi, loro che sono partiti senza grandi pretese, solo con la speranza di salvarsi. Si sta impegnando con tutte le sue forze, e sta cercando di migliorare il proprio carattere e il proprio approccio con gli altri. Alla fine opta per un paio di jeans skinny e un maglione a collo alto nero che coprirà con il cappotto antracite, di lana cotta che gli ha regalato per il compleanno la sorella. Giunto nei pressi del tempo si sente osservato “Oh ecco il re” una voce inconfondibile richiama la sua attenzione e si volta rimanendo stupito, l’altro indossa un bomber scuro con disegnata una luna sul taschino e un paio di pantaloni eleganti, pesanti che ne fasciano le gambe facendolo sembrare ancora più alto dei suoi quasi due metri. “Tsukishima lo sai che lo odio” ribatte mentre si avvicina, qualcuno lo riconosce, riconosce quel ragazzino partito con grandi sogni per andare dall’altra parte del Giappone per giocare a pallavolo, e lo fermano e gli chiedono foto impedendogli, momentaneamente, di raggiungere il suo provocatore, che si è seduto su una panchina accavallando le gambe come se nulla fosse e osservando l’altro in seria difficoltà con la gente con un’espressione che vuole essere rassicurante, dopo un po’ il moro riesce a liberarsi e raggiunge l’altro ormai la rabbia per il soprannome sembra sparita. “Mio re, dopo i rintocchi passi da me?” chiede con un filo di voce irriconoscibile il biondo che non riceve risposta, ma che si trova accanto l’altro ragazzo per tutto il tempo delle celebrazioni per l’inizio del nuovo anno. Quando anche l’ultimo strascico dei festeggiamenti si sopisce il moro dice “Fammi strada”. I due camminano spalla a spalla sovrastando la folla la cui altezza media è molto inferiore a quella dei due, raggiungono un portone di un palazzo in cattive condizioni e il centrale apre il portoncino per ritrovarsi in un lungo corridoio con porte su entrambi i lati si fermano davanti alla 9220 che viene celermente aperta, si tolgono le scarpe prima di entrare e dalla scarpiera al lato della porta il proprietario di casa si ritrovano in un micro monolocale arredato in modo molto spartano. “Ti posso offrire del the o una tazza di latte, e forse un po’ di shortcake avanzata.” parla il padrone di casa che sente gli occhi dell’altro addosso mentre si sfila il giubbotto, lo attacca ad un attaccapanni proprio dietro la porta. “Perché ti ostini a chiamarmi re?” chiede il moretto e l’altro si gira “Perché infondo sei stato un bravo re, sei il re del mio cuore” un filo di voce un’altra volta e viene travolto dall’alzatore che lo spinge sul divanetto e si siede a cavalcioni sulle gambe del proprio ospite. Lo bacia con foga come se ne andasse della propria vita, come se da quello dipendesse la possibilità di respirare, le mani affusolate del biondo scivolano ad aprire il cappotto che cade ai loro piedi. Dopo un tempo indefinito in cui si sono baciati e le mani sono scorse sui corpi “Kei, grazie” la voce arrochita dall’eccitazione gli occhi languidi. Il più giovane prende la situazione in mano e toglie gli occhiali all’altro per poi lentamente sfilargli il maglione verde che si sposa alla perfezione con quegli occhi color ambra che sembrano volergli entrare nell’anima. Quando il maglione raggiunge il cappotto le mani dei due si fanno frenetiche si spogliano velocemente e rimangono entrambi in boxer un po’ impacciati riprendono a baciarsi e si lasciano andare all’istinto e alle conoscenze vaghe che hanno del sesso, nessuno dei due è mai stato un gran campione di socialità e soprattutto nessuno dei due si è mai aperto con qualcuno fino a quel punto.

Dopo un amplesso dolce e lento si addormentano abbracciati e l’alba li coglie entrando dalla finestra la cui avvolgibile era rimasta alzata. Il moro recupera il cellulare e scrive risponde all’ultimo messaggio ricevuto la sera precedente dalla sorella. [Non torno per pranzo, ci vediamo a cena, e domani in giornata ho il treno per tornare], il padrone di casa è ancora addormentato, e sembra aver perso quell’espressione cinica che spesso gli irrigidisce i lineamenti. Con un dito Kageyama sfiora la pelle candida dell’altro che dopo qualche minuto apre gli occhi e si specchia in quelli blu scuro dell’ex compagno di squadra. “Tobio sei speciale per me”, l’altro arrossisce e ricomincia a baciare quelle labbra che durante liceo sono state veicolo di cattiverie e incomprensioni, ma che adesso sembrano essere un chiodo fisso. “Kei, io domani…” un dito ferma quella frase “Oggi è nostro, domani no”. Quando all’ora di cena si dividono hanno le labbra gonfie di baci e fanno fatica a dividersi a differenza delle volte precedenti, alla fine il moro sbaglia a prendere le scarpe dalla scarpiera e si infila un paio di quelle del proprietario di casa, con cui condivide, fortunatamente, il medesimo numero. Se ne accorge solo a casa, solo quando glielo fa notare la sorella. In quegli anni non si sono mai scambiati il numero di telefono, hanno condiviso molto tra loro ma non quello.


09/27 [2 Anno SH/Università]

Un compleanno vissuto come se fosse un giorno qualunque, il suo migliore amico è passato a trovarlo la mattina e gli ha portato un regalo e una shortcake alle fragole, hanno bevuto un caffè insieme e si sono divisi per andare a seguire i propri corsi. Gli allenamenti serali finiscono come sempre alle ventidue e trenta, dopo una doccia veloce si riveste, quell’autunno è particolarmente caldo e quindi indossa solo una maglia a maniche lunghe e un paio di jeans e le immancabili cuffie, adesso sono un modello diverso, sempre col filo nonostante ora vadano di moda quelle bluetooth, sono un modello completamente nero che spiccano sulla sua chioma bionda, le ha inaugurate subito, sono il regalo di Tadachan, che lo conosce meglio di chiunque altro, ma con cui ha taciuto il segreto che si porta nel cuore, quegli incontri più o meno casuali con il loro ex compagno di squadra. Esce dalla palestra per primo e saluta i compagni di squadra non rendendosi conto della figura appoggiata al muretto della palestra celata in parte dai cespugli. Quando passa accanto ai cespugli quello che lo sta attendendo si palesa “Tobio” è quasi un balbettio e in cambio riceve un piccolo sorriso, una cosa da niente per gli altri, ma che scalda il cuore del centrale e lo fa sorridere a sua volta. “Ho imparato a sorridere” dice come se fosse una cosa naturale, come se si fossero visti il giorno precedente “io non ho imparato a fare battute divertenti” Kageyama prende per mano Tsukishima e sorride di nuovo dolcemente. Non si dicono niente, si avvolgono nel loro silenzio come si fa in una coperta quando fa freddo la mattina e si gira imbacuccati verso la finestra solo per godere dell’alba. Raggiungono nuovamente il piccolissimo monolocale numero 9220 e chiudono il mondo fuori dalla porta insieme alle loro scarpe. “Buon compleanno” dice il moro prendendo qualcosa da una tasca, è una scatolina piccola da gioielleria e la porge al festeggiato però non apre subito il regalo, fa cenno all’altro di sedersi sui cuscini che hanno sostituito il divanetto, cosa che fa. Il padrone di casa riempe due bicchieri di latte e prende il dolce che è avanzato quella mattina e lo porta al proprio ospite. “Fatti offrire qualcosa prima che apra il tuo regalo, Re” Tobio arrossisce e accetta il latte e il dolce che mangiano con calma seduti comodi in quella stanza multifunzionale. Quando finiscono il padrone di casa porta tutto all’acquaio e mentre sciacqua i piatti viene abbracciato da dietro, quando finisce con le stoviglie si gira in quell’abbraccio e si trova davanti nuovamente il regalo, e arrossisce a propria volta, la pelle nivea non cela il rossore “Grazie” mentre apre il pacchettino, dentro c’è una catenina con una piastrina con sopra una frase “Sorrido con te anche se non sai fare le battute”. Il moro viene travolto da un abbraccio che lo fa sdraiare sui cuscini e viene baciato con urgenza, la stessa che hanno le mani di entrambi che vanno a togliere e lanciare i vari indumenti sul pavimento. Una lunga scia di baci e carezze accompagna la loro notte, quella che da anni si ritagliano sospesa nel tempo e nello spazio, fanno l’amore più volte, ma ancora non sanno dare il nome a quello che provano, non sanno usare le parole che a volte servono, non riescono a non rimanere invischiati nella rete dell’altro e in contemporanea non riescono a considerarsi una coppia. L’alba li coglie ancora intenti a baciarsi “Stavolta però voglio il tuo numero” dice il moro con voce arrochita dalla passione e fa ridere il biondo “ok Tobio” solo il nome nessun onorifico, nessun suffisso, solo il nome sussurrato con sentimento, un sentimento che entrambi celano anche a se stessi. Si scambiano il numero “Ho il treno alle sei e sei, mi accompagni in stazione?” chiede il moro e l’altro ribatte “Pensavo tu stessi di più, quando sei arrivato?” Kageyama arrossisce “Ieri sera dieci alle dieci, sono partito dopo l’allenamento della mattina, mi hanno concesso di venire, perché ho portato sponsor dopo Rio” Gli occhi ambra del centrale si allargano “ma ti sarà costato un capi…” viene zittito da un bacio e da una proposta sussurrata “Facciamo la doccia insieme” si ritrovano nel box doccia abbracciati, e Tsukishima comincia a vezzeggiare il corpo dell’altro con le proprie labbra, fanno nuovamente l’amore in modo più passionale rispetto alla sera precedente. Un segno rimane sul collo dell’alzatore che ricambia con il medesimo gesto, si marchiano a vicenda.


12/22 [3 Anno SH/Università]


Nel giorno del compleanno dell’alzatore degli Schweiden Adlers la squadra si trova a giocare una partita importante del campionato a Tokyo, nel pubblico c’è il centrale biondo dei Frogs di Miyagi che si gode una partita combattuta, finita ai vantaggi in tutti i set e con un quinto set estenuante anche solo a vederlo che finisce con un venticinque ventitré che porta la partita ad essere tra le più lunghe oltre le due ore di gioco serrato. Il pubblico si riversa sul campo per gli autografi dei propri beniamini e vengono tutti sommersi soprattutto il moro e tenebroso alzatore, che il gossip vuole single e alla ricerca dell’anima gemella. La squadra riesce ad uscire solo dopo un’ora e mezza tra la fine degli autografi, la riunione con l’allenatore e la doccia. “Andiamo in albergo, tu vieni” chiede un compagno di squadra a Kageyama che sembra perso a guardare qualcosa. “Vi raggiungo al bus domani” risponde e questo viene accolto da un sacco di fischi da parte di un compagno di squadra straniero “E stasera allora troviamo la ragazza” il moro scuote la testa. “Stasera è per una persona importante, non essere triviale” questo commento viene accolto tra le risate, mentre la squadra sale sull’autobus e si dirige all’albergo. Kageyama si dirige nel punto che stava osservando, un piccolo parco proprio fuori dal palazzetto, dove una figura fin troppo grande si dondola su un’altalena cigolante. “Kei” l’interpellato si gira e sorride al collo la catenella con la piastrina. “Tobio” risponde mentre gli occhi sorridono insieme alla bocca del proprietario come se vedere quel ragazzo solitamente serio e dagli occhi blu oltremare lo rendesse felice all’istante. La loro bolla felice si ricrea, nei mesi si sono sentiti, ma sempre per cose molto neutre, domande sulla pallavolo, domande sull’università, nessuno scambio profondo o discorso importante. Il più grande si alza dall’altalena e con naturalezza prende per mano l’altro, si dirigono verso un piccolo albergo poco lontano, è una delle sedi di una catena occidentale, una delle tante in città.

La stanza è uguale a tutte quelle della stessa catena in tutto il mondo, una stanza con un grande letto occidentale, matrimoniale, una TV e un grande bagno con la vasca da bagno. I due ordinano la cena in camera e si ritrovano abbracciati a guardare la TV, le notizie sportive parlano dell’ottima prestazione del moretto che a sentire la propria intervista nasconde il viso contro il petto dell’altro. “Su, buon compleanno” gli sussurra poco prima che arrivi la cena, mangiano con calma e dopo un po’ Tsukishima prende uno zaino e la mano dell’altro “Seguimi” prendono l’ascensore e poi salgono su per una scaletta nascosta, si ritrovano sul tetto. “Qua si vedono poco le stelle, non come a casa del mandarino” si schernisce il biondo, mentre poggia a terra una coperta e copre entrambi con un’altra, ma viene interrotto perché Kageyama si gira e lo fa sdraiare a terra cominciando a baciarlo con foga. Il loro istinto li porta ad amarsi ancora, su un tetto di un piccolo albergo anonimo. Ancora nessuno dei due da il nome ai sentimenti. Quando la passione viene sostituita dalla sensazione di completezza che raggiungono ogni volta che fanno sesso il biondo prende un pacchettino, un pacchetto di un'oreficeria dentro c’è una piastrina con incisa una frase “ Ho un mi manchi sulla punta dell’orgoglio”*3. La reazione del festeggiato è quella di baciare le labbra dell’altro con dolcezza lentamente, e si ritrovano a dover correre perché la mattina li ha colti e lui deve arrivare al bus per tornare in casa.


[Post partita Schweiden Adlers vs MSBY Black Jackals]


Hanno passato ore al telefono solo per sentire il respiro dell’altro, e il giorno della partita non si sono incontrati, si sono visti, la presenza l’uno per l’altro. Tsukishima finalmente ha parlato con il suo migliore amico dicendo che probabilmente il ragazzo che gli ha regalato la piastrina è l’uomo della sua vita e che potrebbe fare pazzie per lui. Hanno camminato tanto mentre i tasselli della loro amicizia tornavano in ordine “Tadachan, mi sento perso, ogni volta penso di non volerlo più, fino a quando non torna nella mia vita e solo allora mi sento tranquillo. Lui sa quanto posso essere sarcastico, sa quando posso essere cinico, e nonostante conosca tutti i miei difetti quando ci incontriamo mi ama come lo amo io. I suoi difetti mi sembrano sempre sopportabili, e mi sento un cretino.” Yamaguchi ride “Sei proprio perso, eh? Non ti ho mai visto così, ed è un complimento” il biondo sospira “Non so quando sono rimasto invischiato nei suoi occhi, non so quando mi si è incastrato nel cuore. Vuoi ridere? Passiamo ore al telefono, e nessuno dei due parla, ma sto bene a sentire il suo respiro.” il ragazzo con le lentiggini ride ancora “Se fosse una donna ti direi di sposarla subito, è quella giusta, è come la mia mamma per il mio papà” sorride e prende il telefono che sta squillando “Sumire, si sto tornando. Andiamo a mangiare italiano” chiude la chiamata “Le chiederai stasera?” come se parlassero dell’elefante rosa che spesso si nasconde nei rapporti umani “Si, dopo laureati inizieremo entrambi a lavorare, e sposarsi ad aprile con i sakura in fiore, vorrei sposarla ad aprile, e che tu sia mio testimone, e magari porta questo ragazzo che ti fa girare la testa.” in risposta solo una scrollata di spalle “Non so se è pronto, non so se per lui conto quanto lui conta per me, non so se sono pronto a dire a tutti chi mi ha fatto impazzire completamente, e non perché me ne vergogni, ma per paura che lui si vergogni di me”. “Tsukki, andrà tutto bene, e sarà bello, o andrà tutto male e troverai qualcosa di bellissimo, so solo che sarai felice.” si allontana lasciando Tsukishima da solo, prende posto su una delle altalene e dondola leggermente non staccando i piedi da terra, passano pochi minuti o forse pochi secondi, non lo sa, con gli occhi chiusi il tempo gira in un modo tutto suo. Kageyama arriva e prende per mano il più alto e lo conduce tra gli alberi, nella penombra delle sera illuminata solo dalla luna piena fino ad una radura. Si abbracciano in piedi e si baciano come la prima volta, senza la bramosia delle mani senza la sensazione di perdersi che li ha spinti molte volte a cercare il corpo dell’altro. Non parlano nemmeno stavolta, e non fanno l’amore, rimangono sospesi nella loro bolla, in cui si baciano come se la distanza non fosse assurda come se dovessero andare a scuola il giorno successivo ed incontrarsi al primo incrocio.

Tutti e due sembrano persi in altro, stavolta non sembrano capaci di perdersi nelle braccia dell’altro.


2021 [Roma*4]
Pov Kageyama


Non ricordo quando mi sono innamorato di lui, non ricordo nemmeno come fosse stare senza il pensiero rivolto a lui. Solo che il giorno del mio sedicesimo compleanno ho ricevuto uno dei regali più belli che potessi ricevere, lui mi ha accolto in un abbraccio e io l’ho baciato, e mi è sembrata una cosa bellissima, però è tutto nato e morto in quella giornata per poi ripresentarsi circa una volta l’anno fino alla partita con la squadra di Hinata, quella sera è stata diversa, noi eravamo diversi, lui mi ha regalato una piastrina con scritto che ha un mi manchi sulla punta dell’orgoglio e forse anch’io ho lo stesso mi manchi, mi manca e ora che sono in questo tripudio di colori, dove c’è gente bionda ovunque cerco i suoi occhi color dell’ambra e non li trovo. Non ci siamo sentiti dopo quella sera nel boschetto dietro il campo giochi, non ci siamo più visti ho provato ad andare a trovarlo, ho preso un aereo e l’ho raggiunto a casa sua, ma lui non c’era e alla fine sono partito per l’Italia e lui adesso starà lavorando per quel museo che tanto merita, ha studiato tanto per farcela, per trovare quel lavoro. Non sono bravo con le persone, non sono bravo con i sentimenti, e l’ho perso, o ci siamo persi non lo so, ma mi manca, mi sento solo come non mi era mai successo, sono sempre stato bene da solo, sono sempre bastato a me stesso, soprattutto dopo che il nonno è morto, era lui quello presente, mamma e papà sono delle figure inconsistenti nella mia vita, io e mia sorella ci siamo sostenuti, crescendo insieme, e poi sono partito, e mi sono trovato completamente solo, ma pieno di quei sentimenti senza nome che mi legano ancora al ragazzo più irritante che abbia mai incontrato nella mia vita, non si è mai scordato di farmi notare le mie mancanze, solo dopo un po’ ho capito che quello è il trattamento che usa con tutti, ma soprattutto con se stesso, se con gli altri è critico e sarcastico con se stesso è ipercritico, e spesso ascolta le voci degli altri che gli si ripresentano e che gli dicono che lui è nulla. L’ho ammirato perché ha scoperto tardi di amare la pallavolo, ma lo fa con tutte le sue forze anche quando decide di negarlo. Ho visto prima Kei, e dopo il suo corpo, lungo flessuoso, con i muscoli al posto giusto. I suoi occhi non riesco proprio a togliermeli dalla testa, sono del colore dell’ambra, screziati come se quel colore diverso fosse un qualche animale preistorico, come se la sua vita fosse impressa là, l’insieme delle sue insicurezze e del suo cuore. Ora il soprannome Re ha un’altra valenza, perché un ultimo dell’anno mi ha detto che sono il suo re, e mi piacerebbe sul serio. Sono cresciuto, mi sono fatto aiutare, e ora riesco a sorridere ed ho imparato perché sentivo il bisogno di farlo per lui. Mi sento scemo a sperare che abbia ancora la mia piastrina, io tengo la sua come se fosse una cosa sacra. Sono nel mio appartamento è piccolo e carino, a prima vista molto più bello di quel monolocale inquietante a Sendai, ma nel mio cuore quello è un posto bellissimo, il posto dove ho fatto l’amore per la prima volta, e per me è stato amore con lui, niente di diverso, non è mai stato per il sesso o per la pura attrazione sessuale, che pur essendoci è sempre e solo stata una parte. Quando mi ha abbracciato mi sono sentito amato e protetto come non mi succedeva da quando mio nonno lo faceva quando ero molto piccolo. Quando sono con lui mi sembra di poter fare tutto.


Pov Tsukishima


Mia mamma mi ha urlato dietro per mesi, durante il secondo anno in cui lavoravo per il museo perché ho dato il preavviso per licenziarmi, ho deciso per un master in scienze museali a Roma, non posso rimanere bloccato qua in Giappone, non riesco a rimanere in questo museo di provincia in cui il ruolo di un laureato è quello di fare le fotocopie per un paio di incompetenti, che mescolano ere e stili. Alla frustrazione del lavoro pessimo che mi stavano facendo fare si è aggiunto il mio viaggio a vuoto a Oita, solo per salutare quel testone, solo per capire quanto dentro sia ancora in quella non storia. È proprio vero che le nostre mancanze sono invisibili mentre vediamo bene quelle degli altri. La storia semi incompiuta tra Tadachan e Yachi per me è sempre stata fonte di ansia, e non capivo perché, si mi dispiaceva per il mio migliore amico, ma i sentimenti negativi che ne ho sempre ricavato mi hanno confuso, ora se mi guardo alle spalle lo vedo, vedo che anche tra me e Tobio c’è sempre stato qualcosa di incompiuto, un passo, un avvicinamento che non abbiamo fatto. La cosa buffa è che lo sceglierei tutti i giorni della mia vita, con tutta la quantità esorbitante di difetti che possiede e che lo rendono stupendo ai miei occhi. Lui però è il re irraggiungibile. Ho scelto scienze museali a prescindere da dove avrebbe giocato precisamente, mi aveva accennato “Ho ricevuto proposte dall’Italia” e io mi son deciso, mi sono licenziato, e ho preso tutti i miei risparmi e mi sono iscritto buttandomi in uno studio matto della lingua del luogo, anche se il corso si terrà in buona parte in inglese.

Se penso che per il mio compleanno, quello in cui mi ha regalato questa piastrina avrà speso oltre i 60000Yen mi sento fortunato, mi sento amato. Lo amo, e l’ho ammesso su quella panchina con Tadashi, e l’ho accettato in tutti i giorni senza di lui, anche perché non mi merito il suo amore, non per come l’ho trattato non per come sono.


Ho seguito le prime lezioni del master e poi sono andato a giro per la città, non ho seguito qualche itinerario turistico, sono arrivato in centro e ho cominciato a camminare a caso, un forte temporale mi ha colto e sono entrato in un bar, la zona è poco lontano dalla metropolitana ma non è di passaggio come quei posti a pochi metri dalle stazioni. Lo vedo al bancone in tutta la sua bellezza che sorseggia un the, mi si azzera la salivazione, il cuore comincia a battere all’impazzata, le mani e le gambe mi tremano, lui è in un posto in cui sono entrato a caso per colpa della pioggia. Una cameriera carina mi chiede l’ordinazione e non riesco ad articolare questa lingua per me ancora così nuova e borbotto qualcosa in giapponese, richiamato dalla lingua madre si volta in tutta la sua bellezza e sul suo viso si dipinge lo stupore più grande che abbia mai visto. “Voglio te” dico adesso in italiano, la cameriera sembra soddisfatta e se ne va, percepisco che si allontana, ma non mi importa più niente, ora mi sto specchiando in quegli occhi blu oltremare.



Parole Sparse

*1Quando ho visto che il campionato maggiore si chiama 1 Divisione sono morto, per poco non mi sono rotolato a terra. Qua in Italia, per chi non fosse pratico di campionati nel maschile abbiamo Superlega, A2, A3, B1, B2,che sono campionati nazionali C, D che sono campionati regionali e solo dopo questi c’è la 1 divisione campionato territoriale, che nelle zone con meno pallavolisti nel settore maschile è l’unico campionato dopo quelli giovanili. In alcune zone riescono a fare anche la seconda divisione e la terza divisione, ma non in tutta Italia.
*2 Gli Schweiden Adlers sono una squadra che prende come esempio una vera squadra della 1Div giapponese, e si trova nella prefettura di Oita a circa 1300km dalla prefettura di Miyagi.
*3Ho un “mi manchi” sulla punta dell’orgoglio. (pisnilab)
*4 In superlega non esiste una squadra di roma, l’unica laziale è la squadra di Latina. Ma userò la squadra romana per la mia fic.
Prossimamente anche il titolo avrà senso
NOTA: rileggendo ho notato una cavolata temporale che adesso ho aggiustato
Pomodori ben incassettati.

  
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