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Autore: Sheep01    29/07/2020    3 recensioni
[IT, Principalmente Movieverse, possibili accenni a Doctor Sleep]
Ogni giorno gli sembrava andasse un po' meglio, fino a quando non si trovava di nuovo a pensare a cosa avrebbe potuto fare per impedire quell'orribile, definitivo epilogo.
Se solo quel drammatico giorno avesse interpretato in modo fulmineo quello che le luci gli avevano suggerito. Quello che aveva visto, attraverso l'infinito mistero dei Pozzi Neri. Ma Eddie lo aveva strappato al suo tragico destino troppo presto, troppo rapidamente perché potesse assorbire appieno quello che la sua coscienza sul futuro gli stava rivelando.
Genere: Dark, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Cross-over, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Doverosa nota iniziale: nel capitolo, presenti possibili spoiler sul finale del romanzo Shining.



CAPITOLO 5
 

Richie non riusciva ad inquadrare quel Torrance.

Non era nemmeno sicuro gli piacesse poi così tanto. Non a una prima impressione almeno: sorridente, pacato, un viso pulito, in qualche modo affascinante. I modi tranquilli di chi ha imparato a camminare lentamente, a prendersi del tempo per riflettere sulle cose.

Trasudava una tale saggezza che a Richie dava vagamente sui nervi.

Era solo a una seconda occhiata che ti rendevi conto che Danny Torrance non esisteva solo in superficie. Dietro quel viso ripulito intravedevi la sregolatezza di giorni andati. Dovevi arrenderti alla tristezza dei suoi occhi. Occhi antichi, più di ciò che i segni del tempo - quelle piccole rughe attorno agli occhi, un ciuffo di capelli grigi fra quelli biondo scuro – sembravano rivelare. Una malinconia di fondo che Richie, nonostante tutto, sapeva riconoscere fin troppo bene.

Si chiese se quella sua apparenza avesse a che fare con i poteri che Mike era sicuro possedesse o se fosse solo frutto di un'esistenza difficile.

«Insomma, che ne dite? Possiamo cominciare a parlare di affari o continuiamo con i convenevoli sul delizioso clima del Maine, in autunno?»

Richie interruppe, nemmeno molto velatamente, un'amichevole conversazione fra Ben e Danny l'intruso. Di che diavolo stessero parlando, Richie non avrebbe saputo dirlo: aveva perso attenzione meno di cinque minuti dopo che erano entrati in quel locale per fare colazione.

Il pensiero era ancora fossilizzato sugli eventi dei giorni precedenti, di una sera in particolare. La sera in cui aveva rivisto Eddie. In cui era riuscito a parlare con Eddie. Le due sere successive aveva disperatamente cercato di ricreare le stesse identiche condizioni e le dinamiche per tentare di ritrovarlo, ma la porta a vetri della biblioteca non aveva fatto altro che rimandargli il suo stesso riflesso. Per quanto lo richiamasse, per quanto desiderasse rivederlo. Si era convinto bastasse quello, evidentemente non era affatto così.

Danny alzò su di lui uno sguardo comprensivo, in qualche modo consapevole. Richie avvertì un brivido scorrergli lungo la spina dorsale.

«Hai ragione», disse solamente, posando la tazza di caffè che aveva consumato da tempo. La cameriera del locale passò di nuovo a riempirgliela, mentre un silenzio statico calava su tutti i presenti.

«Immagino nessuno di voi abbia davvero idea di cosa sia... lo Shining».

Richie apprezzò la rapidità e la franchezza di Torrance. Sembrò voler arrivare direttamente al punto, senza girarci inutilmente attorno. Sembrava.

«Se l'avessimo non saremmo qui a pendere dalle sue labbra, Mister Torrance», non riuscì a fare a meno di commentare, guadagnandosi uno sguardo di rimprovero da parte di Mike e, anche se non presenti nel suo campo visivo, diede per scontato di aver meritato anche quello degli altri.

Danny però sorrise di nuovo. Con quella sua placida calma, quella tranquillità che Richie trovava snervante.

«Bè... lo Shining può presentarsi sotto diverse forme. Alcuni individui riescono a percepirlo in modo più potente di altri. Ma in una qualche misura è un potere che quasi tutti gli esseri umani possiedono», riprese, posando i gomiti al tavolo, guardando uno per uno, cercando di guadagnarsi la loro attenzione.

«Questo non dice niente di consistente sull'argomento», ribatté Richie, non meno ostile dopo quell'esordio.

Danny sorrise di nuovo. Richie sentì l'impulso di prenderlo a pugni.

«Vi è mai capitato di prevedere lo squillo di un telefono, ancora prima che suonasse davvero? O di sapere chi fosse, dall'altra parte della cornetta, ancora prima di rispondere? Avete mai sentito la voce di qualcuno, quando eravate soli in casa? Avete mai avvertito un profumo inaspettato in un luogo dove quel profumo non poteva avere origine? Vi siete mai svegliati, nel bel mezzo della notte, avvertendo un sospiro gelido sul collo, immaginando di non essere affatto soli?», proseguì, «quella sensazione di trovare un oggetto, prenderlo fra le mani e ricordare un evento particolare, o di assistere a un avvenimento, convinti di averlo già vissuto? Molti parlano di coincidenze, altri, più razionali, di una connessione di sinapsi... uno stimolo cerebrale. Quelli come me... lo chiamano Shining.»

Ora sì che aveva l'attenzione di tutti. Persino quella di Richie.

«Appena vi ho visto l'ho percepito, in ognuno di voi. Distillato in piccole dosi, in ognuno di voi. Più brillante quando siete insieme.»

«E questo in che modo dovrebbe aiutarci?», Richie tornò di nuovo al punto.

«Piantala Richie, lascialo parlare», intervenne Mike, posando le mani aperte sul tavolo, con aria infastidita.

«No, ha ragione... sto cercando di arrivare al punto», disse Danny, guardando ora Richie direttamente.

Richie avvertì una strana sensazione. Come se la sua mente si stesse lentamente intorpidendo. La stessa sensazione che si percepisce quando si è in bilico fra sonno e veglia. Con la sola differenza che era sveglio e presente.

'Volevi fare il ventriloquo, Richie, non è così? Sai che ci sono altri modi per parlare senza aprire bocca?'

Richie sentì la voce di Danny nella sua testa. Amplificata, forte e chiara come gli fosse stata sparata a forza in cuffie molto potenti. Le labbra di Danny se ne erano rimaste chiuse, mentre la sua voce lo raggiungeva, rimbalzando fra le pareti della sua mente.

«Come diavolo hai fatto?», esalò tirando appena indietro la sedia, sgomento.

«Fatto cosa?», domandò Beverly, guardando alternativamente Richie e poi Danny.

«A parlare, senza aprire bocca, non lo avete sentito?»

'Loro non possono sentirmi, Richie. Non hanno il potenziale che hai tu. Forse solo la signora Marsh potrebbe unirsi alla nostra conversazione. Anche lei, come te, ha visto le luci.'

«Ma dai!» Richie si era rimesso in piedi, fissando Danny come fosse una specie di mostro disgustoso, «avete sentito che ha detto, lo avete sentito?»

«Di che diavolo stai parlando?», Bill.

«Rimettiti a sedere per l'amor del cielo», Ben.

«È tutto a posto, stavo solo cercando di spiegare a Richie come funziona lo Shining.»

«P-parlandomi nel cervello con il vocione del mago di Oz?»

Una cameriera si era avvicinata al tavolo chiedendo se andasse tutto bene. Mike la liquidò ordinando dell'altra torta di mele. Aveva afferrato Richie per la manica della giacca e invitato a tornarsene seduto e a spiegare loro cosa fosse successo. Danny rispose per lui.

«Telepatia», disse, «precognizione, telecinesi, queste sono solo alcune delle possibilità dello Shining. Conosco una persona che ne possiede di potentissime. Le mie... ho sempre cercato di tenerle a bada», inspirò a fondo, «sono qui perché state cercando di mettervi in contatto con una persona che non c'è più, non è così?»

Richie non dovette nemmeno chiedersi come lo sapesse.

«Nessuna delle capacità che hai elencato sembrano fare al caso nostro però...»

«Perché mettersi in contatto con i morti non è esattamente una delle mie preferite.»

 

*

 

Eddie era tornato al parco di Bassey. Aveva cercato per due giorni consecutivi quell'anziano signore, l'unico nel raggio di chilometri che sembrasse vederlo, percepirlo. Ma dell'uomo non c'era alcuna traccia.

Era rimasto ore seduto su quella panchina, di fronte alla grottesca statua di Bunyan, setacciando con lo sguardo i dintorni, cercando un volto che, anche solo per un istante, gli desse l'impressione di percepirlo, di dirigere verso di lui uno sguardo consapevole. Ma come i giorni precedenti, niente era successo. Sbocconcellava uno snack senza provarne particolare gusto, ripensando alle parole di Richie.

Parole che aveva vissuto e rivissuto di continuo nella sua mente.

Era morto. Durante lo scontro con Pennywise era morto. Non ricordava molto di ciò che era successo, se non vaghe immagini, flash di eventi che lo avevano trascinato (lui e gli altri) in quei tunnel oscuri nelle profondità di Derry. Come in sogno, ricordava nitidamente la sensazione di terrore che lo aveva accompagnato per tutto il tempo. E quella rassicurante di essere in compagnia dei suoi migliori amici. Ricordava di aver parlato loro dello scontro con il lebbroso, giù nel magazzino della farmacia dei Keene, di aver suggerito ai Perdenti come comportarsi con Pennywise, come renderlo debole.

Ricordava la mano di Richie che gli comprimeva il ventre con la stessa giacca che stava ancora indossando. Ricordava vagamente l'indolenzimento e la rassegnazione. Ricordava quella sensazione di calore di aver fatto qualcosa di buono, di coraggioso.

E poi c'era stato solo il buio. Il buio fino a quando non si era risvegliato in quell'anfratto oscuro e aveva visto la tartaruga.

La frustrazione di non avere la più pallida idea di come tornare indietro – se mai sarebbe stato possibile farlo – e quella di non aver più rivisto Richie, sebbene fosse tornato alla biblioteca, a più riprese, in svariati orari, i giorni successivi. Qualcosa, semplicemente, non tornava.

A partire dal fatto che morto, Eddie, non ci si sentisse affatto.

Se tratteneva il respiro gli mancava il fiato, se si tastava il collo, poteva percepire il battito del proprio cuore, se si pizzicava sentiva dolore, se lo stomaco brontolava aveva bisogno di mangiare per evitare che gli scoppiasse una feroce emicrania. Aveva bisogno di dormire, aveva bisogno di usare i bagni pubblici più spesso di quanto gli piacesse ammettere. Di riposare. Di ripararsi dal freddo. Un morto non può avere bisogno di tutte queste cose. Che razza di fregatura sarebbe stata, altrimenti?

Forse sarebbe dovuto tornare alla cava, alla cisterna, a quel tunnel dal quale era sbucato. Avrebbe funzionato ripercorrere la strada al contrario? Ci aveva pensato, continuamente. Ma il solo pensiero di tutte quelle grida, nell'oscurità, di quelle mani che lo sfioravano al passaggio, di non avere alcuna guida, per uscirne, questa volta lo facevano desistere. Chi gli diceva, poi, che una volta tornato indietro avrebbe trovato qualcosa? Forse avrebbe finito per rivivere solo la sua stessa morte.

Doveva parlare con quel vecchio. Doveva capire chi fossero quelle persone che diceva di vedere, quelle che aveva sputato fuori il tunnel, dopo la tempesta.

Ma quale tempesta?

«Quale cazzo di tempesta?» esalò ad alta voce, appallottolando la carta dello snack, lanciandola verso il cestino della spazzatura, poco distante. Non la centrò per poco e si rimise in piedi per raccoglierla, per senso civico più che per paura di essere stato visto. Ma quando rialzò lo sguardo, dopo aver raccolto la carta, un uomo, abbastanza distante da rendere difficile distinguerne i tratti, se ne stava lì, impalato e fisso con lo sguardo rivolto nella sua direzione. Indossava un abito da vecchio professore universitario, un paio di occhiali e un berretto che gli ombreggiava il viso. Poteva dire con assoluta certezza che stesse osservando proprio lui, con una certa insistenza persino.

Si guardò attorno, più per riflesso incondizionato che reale necessità di assicurarsi che non ci fosse qualcun altro, degno dell'attenzione dell'uomo nei dintorni, ma non c'era nulla che lasciasse presupporre la questione.

«Mi scusi... ?» si azzardò allora. Il timore vinto dalla necessità di essere visto, di poter parlare con qualcuno. Di sentirsi un essere umano. Vivo.

L'uomo restò fermo per qualche istante, prima di voltargli le spalle e spostarsi nella direzione opposta al parco. Eddie per un istante si rassegnò a essere ignorato nuovamente, ma quando lo vide voltare lo sguardo, in un chiaro invito a seguirlo, Eddie dimenticò persino la carta dello snack e si affrettò nella sua direzione.

Gli tornò in mente la tartaruga, il modo in cui si era assicurata la seguisse, sebbene non avesse la benché minima possibilità di farglielo capire a voce. Di come Eddie si fosse fidato. Di come, quello stesso istinto, adesso lo stesse spingendo a seguire quell'uomo che finalmente sembrava vederlo.

«Ehi, per favore, si fermi!» gridò quasi, mettendosi a correre quando fu quasi certo di perderlo dietro un cespuglio particolarmente frondoso.

 

*

 

Danny Torrance aveva voluto guardare attraverso la porta in cui Richie aveva dichiarato di aver visto Eddie. Non si era sentito a suo agio a raccontargli tutta la storia, ma era stato costretto a farlo.

Ora che c'era un vero e proprio veggente, paragnosta, vattelappesca a far loro da consulente, non era saggio rimandarlo indietro, per quanto poca simpatia gli stimolasse.

La sorpresa fu quella di scoprire che Danny era riuscito a descrivere Eddie con precisione, sebbene non lo avesse mai visto, mai incontrato. Di averne percepito l'essenza, anche attraverso uno specchio del cazzo. Richie non ci voleva credere ma al contempo voleva disperatamente farlo.

La conferma di non essersi immaginato quell'incontro. Di non aver avuto un'allucinazione.

Era già al secondo pacchetto di sigarette, seduto su una panchina del parco della biblioteca, quando lo vide tornare da una lunga passeggiata attraverso Derry. Una passeggiata che Richie aveva accuratamente evitato, lamentando un'emicrania da urlo, che era riuscito a sedare solo sdraiandosi per un paio d'ore sul divano di Mike con una buona dose di aspirine.

«Cittadina interessante la vostra...», esordì con un sorriso che Richie si sarebbe preoccupato di spegnere con una battuta sferzante se non fosse stato così stanco, di tutto.

«Rapimenti, omicidi, alieni... non ci siamo mai fatti mancare niente», rispose, sfregandosi un occhio con aria distratta.

«Mike mi ha raccontato tutto. Sa molte cose di questo posto, lo ha studiato a lungo.»

«Già... tutte cose che non gli faranno trovare un lavoro dopotutto, ma... materiale da libro horror sicuramente.»

Era evidente che Mike lo avesse messo al corrente di IT. Della storia che la cittadina si era portata appresso. Delle loro disavventure di ragazzini e di scapestrati adulti.

«Vorrei andare alla casa di Neibolt Street», gli disse con aria curiosa, non una domanda, ma una richiesta ben precisa. Una richiesta che non sembrava aver senso d'esistere dato che quella casa... non c'era più.

Richie non riuscì a reprimere la nausea al solo pensiero di quel posto. Aveva accuratamente evitato di tornarci, dopo quello che era successo.

«Spiacente di doverti deludere, ma non credo di poter soddisfare la tua richiesta, non vi sono che macerie in quel posto. Mike non è riuscito a inserire questa informazione nel suo giro turistico, signor Torrance?»

Spense l'ennesima sigaretta sotto la suola delle scarpe, calcando con voluta malizia sul nome Torrance. Anche Richie aveva fatto le sue ricerche. Dopotutto ormai bastava avere un cellulare e una connessione internet funzionante.

Daniel Torrance, figlio di Jack Torrance. Vittima di una tragedia, che risaliva a più di una trentina di anni prima. Il padre scrittore era impazzito mentre faceva il guardiano invernale di un hotel nel Colorado. Aveva tentato di uccidere moglie e figlio ma era morto nell'esplosione dell'hotel stesso, causata da una caldaia malfunzionante. Daniel Torrance lavorava in una casa di cura ora. Ma immaginò che si portasse appresso le conseguenze di una simile tragedia.

«Oh no, Mike è stato esaustivo con le spiegazioni. Mi ha detto che la casa è crollata. Ma credo che dovremmo andare ugualmente insieme in quel posto, se è del mio aiuto che hai davvero bisogno».

Richie serrò le labbra, indeciso se essere più infastidito per la sua aria saccente o per la necessità di dover dipendere da lui. Non avrebbe saputo che farci con quel suo potere, se non indirizzato a dovere. E dopotutto come poteva ancora dubitare di qualcuno che sa leggerti (cazzo ma era successo davvero?) nel pensiero.

«Stiamo per fare una di quelle cose alla Karate Kid? Dove tu sei il maestro Miyagi che mi insegna a mettere la cera e togliere la cera e io Daniel-San? Non sono sicuro di saper rimanere in bilico su una gamba ad osservare il tramonto per ore, però. Forse ti è sfuggito che sono un uomo di mezza età. Ancora prestante, ma sempre di mezza età.»

Danny sorrise come se comprendesse qualcosa che a Richie sfuggiva. E Dio solo sapeva se non ci mise del suo per capire cosa fosse. All'improvviso percepì di nuovo una specie di nebulosa attraversargli i pensieri. Una sensazione che riconobbe solo quando Danny parlò di nuovo.

«So che non sei particolarmente entusiasta di andarci. Ma non c'è nulla di che temere. Non veramente.»

Richie si rimise in piedi, infastidito. Gli puntò un dito contro.

«Tu smettila di frugare nel mio cervello ed io sarò più che entusiasta di fare l'elicottero con l'uccello se servirà a sbarazzarmi di te, una volta che avrò imparato a gestire da solo questa cosa.»

Danny non sembrò particolarmente sconvolto dalle sue dichiarazioni. Al contrario le accolse con un'alzata di spalle.

«Possiamo andare?»

Richie scosse la testa, indeciso se aggiungere qualcosa o meno, ma Danny non sembrava un campione di scoccate. C'era poco materiale con cui lavorare, con uno come lui.

«Muovi il culo e cerca di starmi dietro. Cammino veloce», disse, prima di mettersi in marcia e fargli strada.

 

*

 

Eddie era certo di aver visto l'uomo imboccare una strada adiacente a quella che stava percorrendo, la sensazione di non sapere dove quella caccia all'uomo lo avrebbe portato non era piacevole. Ma per certi versi, molto meno controproducente che restarsene fossilizzato su una panchina del parco per il resto della giornata.

Era convinto che non fosse una buona idea non seguire un flusso, una volta che si era messo in moto.

Un pensiero fisso che gli si era insinuato dentro nel momento in cui aveva visto svoltare quell'uomo in una zona piuttosto familiare: lo stava riportando a Neibolt. Nonostante le strade non fossero proprio identiche a come le ricordava, aveva percepito l'essenza di quel luogo come un richiamo, istintivo e feroce. Non aveva idea di cosa avrebbe dovuto aspettarsi, una volta arrivato. Per quanto ne poteva sapere poteva non esserci alcuna traccia della stamberga che aveva alimentato i suoi incubi di bambino.

Sicuro di non voler tornare nel luogo maledetto dove tutto era cominciato, ma abbastanza certo che, come per tutte le altre volte, seguire l'istinto non sarebbe stata la peggiore delle idee.

La sagoma della casa comparve nel momento esatto in cui Eddie svoltò l'angolo. Sebbene sapesse fosse lì, ritrovarla fu un piccolo shock. Le sensazioni di terrore provate nell'addentrarsi lì dentro da adulto, alla caccia di IT, e poi a ritroso, a quando, da ragazzini, avevano fatto la stessa cosa per stanarlo e Eddie aveva concluso la sua disavventura con un braccio rotto. Per non parlare del suo incontro con quel lebbroso che lo aveva terrorizzato a morte, quando aveva tredici anni.

Tremò vistosamente, fermandosi per un istante a prendere fiato.

L'uomo non era nei paraggi, ma la sensazione di essere osservato o di non essere solo non lo abbandonò per un solo istante.

Le finestre delle abitazioni circostanti lo osservavano, silenti. Un quartiere all'apparenza desolato, abbandonato. Che smentiva quest'immagine sono per la cura dei giardini o delle tendine tirate, dietro alcune finestre aperte. Occhi invisibili.

Un cane abbaiò lontano, riportando Eddie alla realtà.

IT era morto. Di questo era sicuro. Richie glielo aveva confermato, non c'era alcun motivo per non credergli, giusto? E allora cosa stava scatenando l'universo per lasciarlo precipitare nell'ennesimo incubo? Un luogo che era Derry, ma non la sua Derry. Un luogo dove lui era vivo, in un universo dove si presupponeva non lo fosse affatto. Si pentì di non aver visto abbastanza film di fantascienza da ragazzo per riuscire a formulare ipotesi plausibili.

Si passò entrambe le mani sul viso, sfregandole con forza.

Il richiamo della casa di Neibolt ancora vivo, presente. Se era lì che il destino, il fato, lo spirito della tartaruga o quell'uomo misterioso lo stavano guidando, avrebbe seguito la strada. Termine o inizio di qualcosa, almeno avrebbe messo fine a quella impasse mostruosa che gli stava portando via il sonno e le speranze.

Ripercorse la strada che aveva attraversato tutti i giorni da scuola, fino a casa. Tutti i giorni, fino a quando sua madre lo aveva portato via da Derry. Forse l'unica cosa positiva che Sonia aveva fatto per lui.

Si ritrovò a fischiettare un motivetto, per tenersi compagnia, come quando era bambino. Il silenzio del quartiere troppo opprimente e spaventoso per un ragazzino alto un soldo di cacio. Ora troppo inquietante per un uomo che non sapeva se stava per correre incontro a una seconda morte.

Morte. Un altro pensiero buffo.

Era morto. Era quello che aveva detto Richie, no? E se fosse finito in una specie di limbo in cui doveva solo aspettare di trapassare definitivamente a miglior vita?

Certo, lo scenario non era esattamente uno dei migliori. Ironia della sorte il limbo somigliava come alla cittadina della sua infanzia, dei suoi incubi. Davvero divertente.

Il pensiero gli tenne compagnia finché non fu di fronte al cancello della stamberga. Non era poi tanto diversa da come la ricordava. Il tetto era parzialmente crollato e le impalcature sembravano piuttosto fragili. Di certo non un luogo di villeggiatura.

Un posto del genere non avrebbe superato nemmeno il minimo sindacale delle misure di sicurezza e sanitarie vigenti. L'idea della sporcizia, degli insetti e muffe che avrebbe potuto trovarci dentro gli diede il voltastomaco, più dell'idea dell'ignoto che lo aveva richiamato fin lì.

Era molto meglio non ricordare affatto come era vivere nella pelle e nelle fobie di Edward Kaspbrak. Per un po' ci era persino riuscito. Complice un'amnesia nata dal brodo primordiale delle acque mefitiche dei tunnel sotterranei di Derry.

È sempre stato tutto nella tua testa, Eddie caro. Non sei mai stato veramente malato, lo sai, vero?

Cominciava a credere alle voci della sua coscienza.

«Forza, Eddie...» sussurrò allungando la mano sul cancello. Lo spinse appena e il movimento gli rimandò il sonoro cigolio di cardini arrugginiti: un classico. Proprio da film horror.

Percorse il vialetto invaso dalle erbacce, guardandosi attorno solo un paio di volte, per capire se qualcuno stesse osservando la sua bravata e stroncasse i suoi tentativi sul nascere, ma nessuno venne.

Quando fu di fronte alla porta ebbe l'impressione di trovarsi al cospetto di fauci di un mostro, pronto a inghiottirlo con l'inganno.

Rabbrividì ma non si fermò lì.

Nonostante il ricordo di giorni ormai passati o di occhi puntati addosso come una calamita.

Qualsiasi cosa fosse, avrebbe dovuto superarla. Non c'era nessun inganno se non la determinazione di mettere la parola fine a quella storia. Qualsiasi risposta stesse cercando, l'avrebbe trovata solo andando avanti.

Posò la mano sulla maniglia della porta che si aprì non meno rumorosamente del cancello, portandosi dietro alcune ragnatele vecchi di anni e polvere e calcinacci che cercò di evitare cautamente. Una volta spalancata, la casa sembrò volergli ricordare esattamente che significasse disturbarne il sonno durato decenni. L'odore di chiuso e muffa era così forte che per un istante, ne restò stordito.

Ma solo quando fece un passo per entrare, gli occhi semi accecati dalla polvere, sentì qualcosa afferrarlo per un braccio e strattonarlo all'indietro.

Gridò una sola volta con forza, inciampando nei suoi stessi piedi, fino a cadere a terra, per i gradini.

Il rinculo e il dolore della botta gli fece scordare per un istante quello che era appena successo.

Quando ebbe la lucidità sufficiente per accorgersene, si rese conto di non essere più solo.

L'ombra di un uomo gli incombeva addosso e quando alzò lo sguardo, riuscì finalmente a scorgerne il viso.

«Ciao, Eddie...» disse, «è un po' che non ci si vede».

 

*

 

Richie aveva lasciato camminare avanti Danny. Si era acceso un'altra sigaretta, aspirandone furiosamente il fumo, sperando di rilassarsi, ma lo stomaco aveva preso a brontolare in modo ambiguo una volta svoltato l'angolo della via che li avrebbe condotti alle macerie di Neibolt.

Nausea. Quella maledetta nausea. La nicotina non aiutava affatto e gli veniva da vomitare, di nuovo. La conseguenza terribile di quella sua ansia avrebbe dovuto trovare una soluzione, prima o poi.

«Tutto bene?» gli si rivolse Danny, affiancandolo. Doveva essersi accorto di quanto fosse pallido e avesse preso a sudare, nonostante il freddo.

«Alla grande, Doc.»

Danny rallentò il passo, fissandolo stranito per qualche istante.

«Come mi hai chiamato?»

Richie si voltò nella sua direzione, gettando via la sigaretta con una certa urgenza.

«Poco avvezzo ai nomignoli? D'accordo, torniamo al più formale Signor Torrance.»

«Non era quello che intendevo. Doc. È il nome con cui mi chiamano tutti a lavoro. Come mi chiamava mia madre.»

«Bè, non sei un dottore? O qualcosa di simile?»

«Non proprio. Ma... immagino che abbia senso.»

Richie inarcò un sopracciglio. Non era sicuro di aver compreso quello scambio di battute ma una cosa era certa: Doc era un nomignolo che gli si era dipinto nel cervello coma una scritta a caratteri dorati. Un istinto piuttosto limpido. Si chiese se non fosse stato proprio Danny a suggerirglielo. Quella connessione cominciava a fargli paura.

«Ci siamo», disse solo, per sviare l'argomento, indicando con un cenno del capo lo spiazzo di terra dove una volta sorgeva la tenebrosa casa infestata. Ora non v'erano che macerie, circondate da un nastro per tenere a bada i curiosi. Richie si chiese quando e se avrebbero deciso di spianare tutto e dire addio, una volta per tutte, a quel posto maledetto. Magari ci avrebbero costruito una deliziosa casetta medio borghese con tanto di steccato bianco.

Non ci avrebbe abitato nemmeno fosse stato il fottuto castello delle favole.

«Un bella energia non c'è che dire...» disse Danny, piuttosto ambiguamente, ma per quel che ne poteva capire Richie, immaginò ne sentisse le vibrazioni negative o qualsiasi cosa fossero le cose che percepisce un tizio con lo Shining.

Quel posto aveva un effetto negativo anche su di lui dopotutto. A livello emotivo sicuramente. Se ci pensava troppo intensamente si rivedeva di nuovo a gridare il nome di Eddie, imprigionato sotto il crollo. La disperazione di averlo perduto per sempre.

Il dolore ancora fresco. Pulsante.

Cercò di ignorarlo come meglio poté.

«Che siamo venuti qui a fare, me lo spieghi?» gli domandò vagamente esasperato dal silenzio di Danny e dalle sue perlustrazioni in circolo.

«È in questo posto che è morto il tuo amico, no? Quello che hai detto di essere riuscito a contattare.»

Richie trasalì appena alla domanda diretta e brutale.

«È morto sotto chilometri di tunnel sotterranei, questo era solo l'ingresso di quel posto di merda», lo mise al corrente.

«Bè, dato che non possiamo scendere da nessuna parte, immagino che dovremo farci bastare questo.»

Richie affiancò l'uomo, guardandosi attorno.

«Cosa vorresti fare? Una specie di seduta spiritica per richiamare lo spirito di Eddie?»

Danny gli scoccò uno sguardo consapevole.

«Non ne avremo bisogno. So che Eddie è qui.»

Richie strabuzzò gli occhi, dietro le lenti degli occhiali.

«Lo hai... visto?» si guardò attorno, come a cercarlo con lo sguardo, sperando di vederlo comparire così come era successo solo qualche sera prima.

«L'ho percepito. Ho percepito la sua essenza così come era rimasta impressa sul vetro della porta della biblioteca.»

«L'essenza di Eddie rimane impressa sulle cose tipo un adesivo per bambini?»

Danny sorrise appena.

«Qualcosa di simile», disse, raccattando da terra un sasso dalle macerie della casa e passandolo a Richie, «Quando Mike mi ha portato in giro per Derry ho cercato di fare distinzione fra tutte le cose che sentivo in questo posto. Non è stato facile, perché, lasciatelo dire, ma questa città è una cloaca di eventi terrificanti.»

«Ma non mi dire», rispose Richie sarcastico «ma continua, te ne prego, questa suspense mi sta uccidendo.»

«Ho cercato di rincorrere la stessa sensazione che mi ha dato lo specchio della biblioteca, di percepire il tuo amico. E mi sono reso conto che si è lasciato dietro delle scie. Non distinte, non nitide, ma sono riuscito a tracciare un percorso. Che si è fatto più nitido quando siamo finiti in questa via, quando ho toccato queste pietre.»

«Quindi sei già stato qui? Perché diavolo hai voluto portarmici?» sbottò Richie, facendo fatica a respirare quasi, stringendo la mano su quel pezzo di maceria che non capiva perché Danny gli avesse passato.

«Perché sei tu ad aver creato la connessione. Sei tu la chiave per comunicare direttamente con Eddie. Perché quello che percepisco non fa parte di questa realtà, non sta accadendo in questa realtà.»

«Okay, ora non riesco più a seguirti.»

«In verità non è chiaro nemmeno a me ma... è come se ci fossero due realtà distinte. Percepisco le cose che sono successe a Derry, anche anni orsono. Sento le grida dei ragazzini che sono scomparsi, che sono stati uccisi, ventisette anni fa. E quelli che sono spariti ventisette anni prima ancora. Anime aggrappate al nostro mondo. E poi percepisco cose come percepisco il tuo amico. Come si svolgessero a un altro livello. Come se le vedessi attraverso uno specchio.»

Richie aggrottò la fronte.

«Ti prego sii più specifico.»

«Bè, se fossimo in un film di fantascienza direi che Eddie si trova in una... specie di realtà alternativa.»

Richie lo guardò con perplessità.

«Tipo quella di Spock con il pizzetto?»

«Scusa?»

«La tua cultura pop lascia a desiderare se citi la fantascienza e non conosci lo Spock cattivo con il pizzetto», scosse la testa, tornando serio, «io però l'ho visto... morire. Eddie, dico. L'ho visto...»

«E sono convinto che sia successo... qui. Ma che per qualche motivo il tuo amico sia finito in un posto dove invece... non è morto per niente. Un'alternativa alla morte. Una morte in questo universo, per una vita... nell'altro», Danny si massaggiò una tempia, «non so nemmeno io se ha senso quello che sto dicendo. Non mi è davvero mai capitata una cosa simile. Cose più folli, certo, ma così complesse no, mai.»

«Non vedo cosa possa esserci di più folle di una realtà alternativa...»

«Non credo vorresti saperlo davvero», lasciò la frase in sospeso per nulla propenso a parlarne, «quello che voglio dire è che: questa non è una storia di fantasmi. Il tuo amico è vivo. Ma per arrivare a lui non sono la persona più qualificata a farlo. Posso percepirlo, ma non posso pretendere che lui percepisca me. Sei tu ad aver stabilito il contatto. Sei tu a doverti esporre per ristabilirlo.»

«Cosa credi che abbia fatto nei giorni scorsi? Alla porta della biblioteca ci sono tornato tutte le sere, alla stessa ora... eppure di Eddie non ho visto l'ombra.»

«Perché forse lui non era nello stesso posto, per sentire la tua voce...»

Richie ci rifletté un istante. Non aveva pensato, nemmeno per un secondo, che Eddie non fosse lì. Una delle altre cose che gli avrebbe rinfacciato una volta rivisto. Quell'imbecille.

«D'accordo. Posto che tutto questo sia vero, che tu abbia ragione», disse, sistemandosi gli occhiali sul naso, allungandogli di nuovo la pietra, «che cosa dovrei fare adesso, maestro Miyagi?»

Danny si strinse nelle spalle.

«Usa quella pietra come hai usato lo specchio della biblioteca.»

«Eddie è su questa pietra? Interessante. Ciao Eddie, ti vedo un po' rigido.»

Danny scosse la testa, alzando gli occhi al cielo.

«Usalo come fosse... una connessione fra questo e quell'altro... mondo.»

«Va bene, Doc, come dici tu, Doc...», sospirò Richie, divertito e vagamente esasperato, «poi?»

Danny si strinse nelle spalle: «Che ne dici di chiamarlo e basta?»

A Richie scappò una risata.

«Certo. Come ho fatto a non pensarci prima?»

 

*

 

Eddie indietreggiò, cercando disperatamente di rimettersi in piedi. Ma era come se le sue gambe non ne volessero sapere di ascoltarlo.

«Chi sei?», esalò quando riuscì ad afferrare un gradino e fare forza per rimettersi in piedi.

L'uomo se ne stava lì di fronte, apparentemente poco intenzionato a muovere un passo nella sua direzione. Le mani levate in un gesto di resa, di quelli che sembrano dirti: non ho intenzione di farti del male.

Era lo stesso uomo del parco, poteva riconoscerlo nell'abbigliamento. Un completo che gli ricadeva addosso forse un po' troppo ampio e un berretto che si era levato, mostrando una massa di pallidi capelli ricci.

«Ci conosciamo?»

«Credevo avessi deciso di seguirmi perché mi avevi riconosciuto, Eddie.»

Cercò di studiarne i tratti, gli occhi chiari, stanchi e tristi. Ai lati del viso delle cicatrici che non aveva notato subito. Un viso che gli sembrò improvvisamente così familiare da togliere il respiro.

«Ti ho seguito perché sembravi essere l'unico a vedermi... in quel parco», gli disse.

«Allora non ti stupirai se ti dico che probabilmente era davvero così...»

Eddie seguì con lo sguardo le sue mani che lentamente si abbassavano. I polsi nudi, sotto la camicia che rivelavano due lunghe cicatrici. E fu quel dettaglio, quell'agghiacciante, inutile dettaglio a risvegliare definitivamente la sensazione.

In quel volto, reso spigoloso dall'età, riuscì a riconoscerlo. Dopo ventisette anni.

«S-Stan... ?», mormorò incerto, come una rivelazione che, pronunciata ad alta voce, avrebbe potuto spezzare l'incantesimo.

«È confortante sapere che almeno non hai dimenticato il mio nome», rispose.

Stan l'uomo. Stan uno dei Perdenti. Stan che aveva mancato l'appuntamento a Derry perché si era tagliato i polsi in una vasca da bagno, piuttosto che affrontare di nuovo il terrore di IT. Stan che pensava che senza di lui, i suoi amici sarebbero stati meno vulnerabili.

Stan che doveva essere morto e che invece se ne stava lì, di fronte a lui, con un sorriso stampato in viso, consistente, vivo e apparentemente in buona salute.

Eddie avvertì qualcosa di mostruosamente simile al pianto montargli dentro, nello stomaco, fino a risalirgli su per la gola, inumidirgli gli occhi, ma prima che potesse anche solo realizzare tutte le implicazioni che questa cosa portava con sé, il fatto di essere al cospetto di un altro presunto morto, un tuono irruppe nella sua testa, vivace e reale.

«EDDIE!»

La voce di Richie.

«Eddie, dimmi che mi senti o farò la figura del coglione, qui con il dottor Paranormale.»

Si voltarono entrambi. Stan e Eddie.

Perché Richie, improvvisamente, era lì.

 

Continua...

Note: Spero che tutto quello che ho scritto abbia un senso. Nella mia testa ce l'aveva, quantomeno. Nel caso, fatemelo notare senza problemi e correrò in vostro aiuto.
Sulla questione Shining e le sue potenzialità in parte è davvero così, in parte penso di essermi presa delle libertà sulle capacità di Danny, una licenza poetica ai fini della trama. Alla prossima.

  
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