Chapter 4
Stavo
fissando Shin dritto negli occhi e non mi ero mai accorta di quanto i
suoi
fosseri profondi.
Corrugai la
fronte, incerta. –Ma che stai dicendo?
Shin
sospirò e abbassò lo sguardo dal mio.
-So che ti
sembrerò pazzo, o una specie di maniaco, ma
c’è qualcosa in te che mi ha
attratto dal primo momento che ti ho vista. Ne ho viste tante di
ragazze nella
mia vita, e credimi, nessuna mi aveva mai dato
quest’impressione.
A quel
punto ero totalmente pietrificata. E le parole non mi uscivano di
bocca,
proprio per niente.
Shin si
avvicinò ulteriormente a me, avanzando di un passo, quasi
pestandomi i piedi.
Mi accarezzò il profilo del viso, con la sua mano delicata,
e mi baciò di nuovo.
Questa volta più a lungo, per due volte.
Poi mi
sorrise. –Vuoi venire con me?
Chiese di
nuovo.
E io non
ero in grado di domandare nient’altro, in quel momento.
Perché vuoi
andare in Giappone? Perché vuoi che venga con te? Con chi
stavi parlando ieri al
telefono? C’entra qualcosa quella telefonata con la tua
partenza? Torneremo mai
qui, al college?
Ma, invece
di chiedere qualunque cosa, semplicemente, annuii.
-Mi
dispiace, ma avevano finito le camere con i letti separati.
Disse Shin
una volta dentro alla nostra camera d’albergo. Diedi
un’occhiata all’enorme
letto al centro. A due piazze e con una bellissima coperta rossa e
bianca. Ero
certa di essere diventata bordeaux.
-Figurati,
non c’è nessun problema.
In realtà
non era esattamente quello che avrei voluto dire, ma in effetti fu
proprio ciò
che dissi.
E Shin mi
rivolse un sorriso irresistibile, mentre sistemava le sue cose.
Provai a
cucirmi la bocca e iniziai a fare lo stesso, tirando fuori qualche
indumento
dalla mia valigia.
Di sicuro,
se mia mamma avrebbe mai saputo quello che avevo fatto, non sarei
arrivata viva
tanto in là da compiere gli anni.
Ingoiai la
saliva, terrorizzata al solo pensiero.
-Shin.
Lui alzò
immediatamente lo sguardo verso di me.
-Che ci
facciamo qui?
Mi fissò
per qualche secondo, poi distolse lo sguardo.
-Andiamo a
fare un giro, te lo spiego per strada-, disse avviandosi verso la porta.
Sorpresa,
lo seguii.
Mai, nella
mia vita, avrei pensato di andare tanto lontano come a Tokyo. Ancora
non
riuscivo a credere di essere davvero lì. Eppure,
più mi guardavo intorno e più
dovevo convincermene, aveva tutto un altro sapore dalla cupezza del
college.
Era semplicemente fantastico essere là.
-Abitavo
qui, fino ad un paio di anni fa. E facevo parte di una band. Black
stones.
Eravamo anche piuttosto conosciuti, ma soprattutto qui in Giappone. Tu
non ne
avrai mai sentito parlare, immagino.
Si voltò
verso di me, che annuii un poco, incantata da
quell’improvvisa rivelazione.
–Davvero eri parte di una band?
-Sì.
Suonavo il basso. Ma poi è successo un casino, la vocalist
se n’è andata e ci
siamo sciolti a poco a poco.
-Quindi,
qualche giorno fa, al telefono, era…
Shin si
voltò ancora verso di me, non troppo sorpreso.
–Era Nobu. Era il chitarrista.
Voleva che tornassi per provare a rimettere in piedi qualcosa.
-Ma non gli
hai risposto tanto bene, eppure adesso sei qui.
Lui
sorrise. –Non sono qui per lui.
Lo fissai
ancora per qualche istante in più. Volevo assolutamente
sapere cosa doveva fare
lì. Perché era tornato, se non per il suo amico?
Se non per rimettere in piedi
la sua band? Qual era questa ragione tanto segreta? E io cosa
c’entravo
realmente in tutto ciò?
Avevo
ancora troppe domande che mi frullavano in testa, ma non ero certa di
potergliele chiedere, così tranquillamente. Eppure, avevo
bisogno di sapere.
Quella
sera, non riuscivo proprio a prendere sonno. Forse perché
sapevo che fuori da
quella stanza c’era una città intera ancora
sveglia, attiva. Forse perché
sapevo che il giorno seguente non sarei stata costretta a seguire una
noiosa
lezione universitaria. Forse perché lì, accanto a
me, c’era Shin.
-Claire.
Sussurrò il
mio nome nell’oscurità. Come se non fosse
perfettamente certo che l’avrei
sentito, che fossi ancora sveglia.
-Sì?-,
risposi.
-Sei ancora
sveglia?
Sbattei le
palpebre, fissando il soffitto. –Non riesco a dormire.
Sentii un
fruscio delle coperte e quando mi voltai nella sua direzione, vidi il
suo
bellissimo viso che mi guardava; teneva le mani sotto al capo, e aveva
gli
occhi un po’ bassi.
-Sei
preoccupata per qualcosa? C’èntro io?
Non riuscii
a fare a meno di guardarlo. Da così sembrava incredibilmente
ingenuo e puro,
come un bambino.
-Vorrei
solo capire qualcosa in più.
Rimase in
silenzio a lungo, prima di sbuffare e voltarsi sulla schiena, fissando
il
soffitto. –Mi dispiace, hai ragione. Ti dirò tutto.