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Autore: fioridiciliegio    30/07/2020    0 recensioni
Dal testo: "Usuale appariva ormai ai suoi occhi la morte. Dicono che non ci si abitui mai al dolore, ma forse alla morte si. La vita del capitano Levi è sempre stata contrassegnata da lutti ed assenze. (...)
Forse il destino stava solo custodendo per il futuro qualcosa che assomigliasse alla felicità. La prima volta che ebbe l’occasione di posare lo sguardo sulla pelle diafana di quella soldatessa dai capelli ramati....".
Un piccolo scritto senza pretese, puramente frutto di fantasia, su alcuni momenti tra il capitano Levi e Petra.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Levi, Ackerman, Petra, Ral
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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DISCLAIMER: Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Hajime Isayama ; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.




'La morte resta sempre la morte'.
Usuale appariva ormai ai suoi occhi la morte. Dicono che non ci si abitui mai al dolore, ma forse alla morte si. Una vita trascorsa annaspando nella melma del dolore, densa di mestizia e solitudine, poca fatica ha impiegato a plagiare un animo casto e puro di bimbo in un manto nero intrecciato dai fili dell’ombrosità e di un’apparente apatia, la cui riduzione a brandelli tanto sembrò agognata da quel qualcuno o qualcosa che sopra di tutti veglia.
La vita del capitano Levi è sempre stata contrassegnata da lutti ed assenze. Privato della presenza materna, strappatagli dalla fame insaziabile di un misero morbo, è poi toccato il turno dello zio, dal quale fu abbandonato non appena fu da lui appreso il necessario per sopravvivere in quel buco sotterraneo che taluni erroneamente ed illusoriamente continuavano a chiamare mondo; ed eufemismo sarebbe credere che la morte di Isabel e Farlan avesse costato poche lacrime al capitano, il cui struggimento raggiunse forse l’apice nella prima spedizione da lui affrontata, nella quale i due amici persero la vita.

Forse il destino stava solo custodendo per il futuro qualcosa che assomigliasse alla felicità.
La prima volta che ebbe l’occasione di posare lo sguardo sulla pelle diafana di quella soldatessa dai capelli ramati la sua attenzione non fu particolarmente attanagliata dalla sua figura: a stupirlo furono l’agilità con la quale utilizzava l’attrezzatura del movimento tridimensionale e la leggiadria con cui si librava nell'aria, fra i rami degli alberi del bosco che veniva utilizzato per testare i giovani cadetti. Qualità, quelle, che spinsero l’uomo a sceglierla per la propria squadra speciale.


****


L’insonnia era sempre stata parte integrante della sua vita, unica vera presenza perenne, alleata fidata della propria solitudine, che lo accompagnava nelle notti più buie. Se mai si stancava delle ormai conosciute crepe del soffitto sopra il suo letto, si dirigeva nella cucina dell’edificio che ospitava l’armata speciale ricognitiva per prepararsi una delle sue solite tazze di tè. Non poca fu la sorpresa, una notte, nel vedere una figura minuta intenta ad armeggiare con delle tazze nella credenza, che ricambiò lo sguardo dell’uomo con imbarazzo, il cui unico indice era un leggero rossore sulle gote messe in risalto dall'arrivo di un sorriso accennato, accompagnato dalla domanda “vuole anche lei un te, caporale?”.
Frequenti da quella notte divennero i loro incontri, dei quali solo i mattoni dei muri di quella cucina erano spettatori. Mai avrebbe pensato che si sarebbe trovato anche solo a pensarlo, ma la presenza della ragazza non lo turbava affatto, il contrario: una più che gradevole abitudine era diventata trovare ad accoglierlo, appena varcata la soglia della stanza, la schiena di Petra cimentata nella preparazione di un tè caldo. Quell'ora notturna non era contrassegnata da bramosia di parole, né da orecchie affamate di frasi convenzionali. Esposte alla fragilità della notte le parole che aleggiavano nella cucina erano poche, ma intrise delle proprie persone quanto bastava, le quali avevano rafforzato, con l’avanzare del tempo, quello che inizialmente era solo un piccolo e fragile legame, paragonabile ad un misero stelo di fiore. Petra si era avventurata nei fili che costituivano quel manto di cupezza che era l’animo di Levi, portandovi con sé un poco di lenimento. Il capitano aveva ormai impresso nella mente l’epidermide candido della ragazza, custodiva con una dedizione perfino a lui sconosciuta l’immagine di alcune leggere linee di espressione che solcavano le guance di Petra, ai lati della bocca, simili a fossette; gli occhi ambra di lei erano diventati lago di acqua dolce nella quale ogni volta che si tuffava vedeva l’ombra di una sofferenza soppiantata dalla gioia di vivere.
L’impassibilità continuò ad albergare sul suo volto anche quando, una sera in cui Petra si era prodigata a portare all'uomo una tazza di tè da lui richiesta, le chiese di restare nelle sue stanze; nella voce nessuna traccia di malizia. E la malizia non venne a fare visita ai due quella notte, che trascorse tra lievi sguardi e parole di passato.
Mai provato prima d’allora era stato, da parte di Levi, quella sorta di attaccamento alla ragazza, quella voglia, seppur celata, di vederla, di sentire la sua voce lieve raccontare di un’infanzia felice.
“Petra” interruppe, quella sera, il flusso di parole della soldatessa, che stava delineando meandri della propria memoria.
“Si, caporale?”. Era sorpresa dall'improvvisa interruzione dell’uomo.
“Cosa pensi del futuro?” chiese lui, lo sguardo perso in un punto indefinito della stanza pulita.
Gli occhi della ragazza saettarono sulla sua figura, analizzandone il volto appuntito, i capelli dal taglio militaresco, la camicia pulita che ne fasciava armoniosamente il busto. “Del futuro, heicho? Del futuro… preferisco non pensare”. Lui alzò lo sguardo su di lei.


****


Come muta un arbusto nel susseguirsi delle stagioni, così era mutato il legame fra Levi e Petra, la quale non poteva che sorridere teneramente nel notare come il capitano ancora ostentasse con lei quell'espressione corrucciata, alla quale la ragazza si era quasi affezionata.

La notte del rientro di una missione particolarmente disastrosa in termini di perdite di uomini, Petra si ritrovò ad aspettare inutilmente per un’abbondante quantità di tempo l’arrivo di Levi, il quale, aveva capito dopo quasi un’ora di attesa, non si sarebbe recato in cucina come suo solito. La ragazza spense con un soffio le fiamme flebili delle candele che illuminavano la stanza, e, cautamente, chiuse la porta dietro di se per dirigersi verso le stanze del capitano. Finite che fece di salire le scale a passo felpato, si ritrovò dinanzi la massiccia porta di legno di ciliegio scuro, sulla quale bussò cautamente. Senza aspettarsi una qualche risposta, che non arrivò, la ragazza abbassò la maniglia cigolante, trovandosi ad accoglierla spoglie pareti ed una stanza vuota. Straniata, si richiuse la porta alle spalle, ridiscendendo dabbasso. La luna, ridotta ad uno spicchio, spargeva tetramente, quella notte, una flebile luce argentea. Spinta dalla sola forza della supposizione, la ragazza cominciò a dirigersi verso i piani alti, fino al tetto dell’edificio, sul quale, seduto sul bordo ed illuminato dalla tenue luce lunare, trovò il capitano Levi; gli occhi cupi, velati, per la prima volta alla sua vista, di sentimento: era il dolore ad adombrarli. Passarono la notte in silenzio, a far compagnia alle proprie sofferenze reciproche.


****


Un nuovo sentimento era venuto, una determinata notte, a far visita all'animo del capitano Levi, sentimento accompagnato dalla fastidiosa sensazione di allerta e tensione, in vista della incombente missione del giorno successivo, la quale volevasi dimostrare particolarmente pericolosa, e , a detta del caporale, quasi imprudente.
“Petra” esordì, in un tono che non voleva essere perentorio, ma che ne adottò in parte il timbro.
“Si, capitano?”.
“Non morire domani”. I loro sguardi si incontrarono.


La posa che aveva assunto il corpo della ragazza era innaturale: il busto rudemente appoggiato al tronco dell’albero, la schiena forzatamente piegata, e la testa rigettata all'indietro, abbandonata all'assenza della vita.
Dicono che non ci si abitui mai al dolore, e neanche alla morte.
'La morte resta sempre la morte'.





SPAZIO AUTRICE:
'La morte resta sempre la morte' è una frase pronunciata da Levi in una puntata dell'anime, al termine della 57° spedizione, che mi ha colpito profondamente.
Questo scritto è nato spontaneamente una sera in cui mi sentivo particolarmente ispirata, è stato steso di prima battuta in questo modo, perciò spero sia leggibile e che sia piaciuto!!!
P.s.: so che nel manga Petra ha i capelli biondi, ma nel testo ho preferito descriverla con i capelli ramati solo perché, a livello di fonetica, preferivo come suonava😂.
   
 
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