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Autore: Emmastory    30/07/2020    4 recensioni
Muovendosi lentamente, anche ad Eltaria il tempo ha continuato a scorrere, dettando legge nella selva, al villaggio e nelle vite dei suoi abitanti. Il freddo inverno ha fatto visita a sua volta, e solo pochi giorni dopo un lieto evento che cambierà le loro vite per sempre, in modi che solo il futuro potrà rivelare, la giovane fata Kaleia e Christopher, suo amato protettore, si preparano ad affrontare mano nella mano il resto della loro esistenza insieme, costellata per loro fortuna di visi amici in una comunità fiorente. Ad ogni modo, luci e ombre si impegnano in una lotta costante, mentre eventi inaspettati attendono un'occasione, sperando di poter dar vita, voce e volto al vero e proprio rovescio di una sempre aurea medaglia. Si può riscrivere il proprio destino? Cosa accadrà? Addentratevi di nuovo nella foresta, camminate assieme ai protagonisti e seguiteli in un nuovo viaggio fatto di novità, cambiamenti, e coraggiose scelte.
(Seguito di: Luce e ombra: Il Giardino segreto di Eltaria
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Luce e ombra'
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Luce-e-ombra-IV-mod
 
 
 
Capitolo IX 
 
Un cuore fra mille pagine 
 
Altri cinque giorni, e gennaio stava finendo. Del vento e dei poteri di mia sorella ancora nessuna traccia, ma ormai non mi preoccupavo. Non che la ignorassi, ovvio, ero solo sicura che presto le acque si sarebbero calmate ancora, e che la nera piuma che ancora tenevo nascosta in una tasca della giacca ne fosse soltanto una fra le tante prove. Seduta in cucina, bevevo il mio caffè nella pace di quest’ancora bianco inverno, mentre Chris, innamorato dei suoi giochi logici come di me, mi sedeva davanti, dividendosi fra un’altra fetta di pane e marmellata e un ennesimo indovinello. “Difficile?” gli chiesi, concedendomi il primo sorso. “Già. Non riesco proprio a capire quale numero manchi.” Bofonchiò, parlando a bocca piena. Nel farlo, sputacchiò senza volere briciole di pane ovunque. Svelto, il nostro caro Cosmo non si fece attendere, e prendendo subito posto accanto a lui, rimase seduto sul pavimento ad aspettare. “Posso averne anch’io? Sembra buono, per favore!” anche stavolta, una frase immaginaria, che mi divertii ad attribuirgli soltanto osservando l’espressione che aveva dipinta sul muso. Pura tristezza, convincente come mai l’avevo vista, ma solo perché figlia di un’ormai solita rappresentazione teatrale tutta sua. Ormai era con noi da molto tempo, così tanto che avevo letteralmente perso il conto, ed era diventato un vero membro della famiglia, ma se la perdita delle abitudini era difficile per gli umani, ora capivo che lo stesso valeva anche per gli animali, normali o magici che fossero. “L’Arylu perde il pelo ma non il vizio, vero, bello?” commentò Christopher, regalandogli un lieve sorriso. Confuso, il cane si voltò a guardarlo piegando la testa di lato, e in silenzio, non chiese che lumi. “Che stai dicendo? Io non perdo il pelo, e non ho nessun vizio, ritiralo subito!” parve rispondere, stringendo le labbra in un ringhio sordo. Contrariamente a ciò che poteva sembrare, in quel momento tutt’altro che indice di aggressività, e anzi, di confusione. “Sta calmo, Cosmo, non voleva offenderti.” Replicai, non esitando a difenderlo come potevo. Alle mie parole, l’Arylu si voltò ancora, muovendo qualche passo solo per sedermisi accanto, e in quel momento, notai un particolare. Era strano a vedersi, eppure era così. Stranita, dovetti sforzarmi e osservare al meglio prima di capire davvero, ma se prima da seduto riusciva a sfiorarmi appena le ginocchia, ora invece se ne stava lì, calmo, intelligente e fiero, nonché decisamente più grande di quanto lo ricordassi. Chiusa nel silenzio dei miei dubbi, non seppi cosa pensare, e non proferendo parola, mi scambiai una veloce occhiata con Christopher, che alzò le spalle. “Ne so quanto te.” Mi lasciò intendere, per poi scuotere la testa e tornare al più arduo dei suoi soliti enigmi, ancora irrisolto. Tornando a guardarlo, cercai spiegazioni, e in un gesto quasi automatico, mi alzai per controllare il vecchio calendario, non ancora staccato dal muro e appeso accanto a quello nuovo. Attenta, controllai le pagine una per una, e trovando ciò che cercavo, annuii a me stessa. Era lì che avevo segnato la data in cui Chris ed io l’avevamo adottato, tracciando una piccola croce e improvvisando un piccolo disegno che ricordava tanto una zampa canina. Sorridendo a quel dettaglio, per poco non risi, e confrontando ognuna di quelle due linee temporali, finalmente capii. In un istante, tutti i pezzi di quel metaforico mosaico trovarono un posto, e sempre in silenzio, tornai a sedermi. Una parte di me si rifiutava di crederci, ma ormai era davvero passato circa un anno dall’arrivo di Cosmo in famiglia, se non perfino qualcosa di più, e all’improvviso, il cucciolo che ricordavo era cresciuto, restando però nascosto sotto la superficie. Di lì a poco, ripresi a bere il mio caffè fino a finirlo, posando la tazza sul tavolo e concedendomi una manciata di biscotti, tutti presi da un solo pacco, l’unico che davvero contenesse i miei preferiti. Leggeri, certo, ma non per questo meno gustosi, e con un nome che non avrei dimenticato facilmente. “Pan degli Astri.” Recitava la confezione, non fallendo mai nel farmi sorridere e sentire un pò bambina. Ad essere sincera, non li avevo mai assaggiati durante l’infanzia, ma qualcosa, forse il disegno, forse il nome stesso, non sapevo davvero quale delle due, mi spingeva a pensare che fossero stati creati apposta per soddisfare il palato dei più piccoli. Stando ai miei ricordi, il mio primo assaggio risaliva a mesi prima, durante gli ultimi di attesa che mi separavano dai miei piccoli, in un momento in cui, accantonata la voglia di fragole, avevo inspiegabilmente iniziato a chiedere dolciumi e cioccolata. Divertita da quel ricordo, mangiai con gusto, scacciando via Cosmo e Willow con rapidi gesti della mano libera. “Indietro.” Ordinai, deglutendo quasi a forza. Drizzando le orecchie, il mio amico non se lo fece ripetere, mentre la gatta, più decisa e determinata e non certo abituata a prendere ordini da noi padroni, tentò di arrivare ai miei dolci mattutini a modo suo. Seduta come Cosmo, si preparò a saltare, e per poco non raggiunse davvero il tavolo, ma solo perché Chris fu lì per fermarla appena in tempo. Poco prima che ci riuscisse però, sentii bruciare, e non appena abbassai gli occhi, la vidi. Piccola ma visibile, bruciava come fuoco vivo, e come se non bastasse, sanguinava anche. Grazie al cielo non copiosamente, ma abbastanza da macchiarmi leggermente la pelle di rosso. Stringendo i denti, sopportai il dolore, e avvicinandomi in fretta al lavello, bagnai la mano. “Contenta adesso, ladruncola?” al mio fianco come al solito, Chris non mancò di riprenderla, e poi, preoccupato, mi offrì un fazzoletto. “Tranquilla, non è niente. Fa pressione, e sparirà subito.” Mi disse soltanto, aiutandomi in quel compito con mani delicate. Annuendo, feci ciò che mi era stato chiesto, e in breve, quella piccola macchia cremisi passò dalla mia mano al panno. “Meglio?” azzardò poco dopo, con il suo istinto di protettore sempre fine e ben allenato. “Meglio.” Tardai a rispondere, distratta per qualche attimo dal breve luccichio delle sue iridi speranza. Tutt’altro che sorpreso, il mio amato mi sorrise, e stringendomi a sé per un abbraccio, posò lentamente le labbra sulle mie. Colta alla sprovvista, mi irrigidii come marmo, ma allo scadere di un attimo, mi sentii al sicuro fra le sue braccia. “Christopher...” chiamai, senza fiato non appena ci staccammo. “Dimmi, Kia.” Concesse, dolcissimo. “N-Niente.” Mi affrettai a replicare, sentendo le guance bruciare e tingersi di un rossore puramente emotivo. Distratto da qualcosa che non riuscimmo a vedere, Cosmo scelse di ignorarci, mentre Willow, ancora scottata dal rimprovero, si voltò a osservarci, per poi girare sui tacchi e andar via, con la coda in alto e il fare impettito di una bimba capricciosa. “Visto? Tanto rumore per nulla.” Replicò Christopher a quella vista, divertito dal personale modo della gatta di fare i capricci. Abbozzando un sorriso, mi unii alla sua ilarità, e poco dopo, qualcosa spezzò la magia fra di noi. Un rumore nel corridoio, nulla che inizialmente riuscissi a riconoscere, ma che poi scoprii essere opera di Cosmo, già avviatosi a passo svelto e sparito nel corridoio. “No, aspetta!” lo pregai, scoppiando a ridere e affrettando il passo per raggiungerlo. Come al solito, arrivai tardi, e avvantaggiato dalle quattro zampe, lui raggiunse per primo la porta della nostra stanza da letto, sua prima cuccia fino all’avvento di quella che tenevamo in salotto assieme ai suoi giocattoli, con i quali di tanto in tanto si divertiva ancora. Stava crescendo, certo, ma una minima parte della sua essenza di cucciolo era ancora in lui, e potevo letteralmente sentirlo. In piedi su due zampe, provò a spingere per aprirla, ottenendo invece come unico risultato quello di graffiarla, anche se per fortuna le sue unghie non lasciarono segni. Scoprendola chiusa, implorò il mio aiuto mugolando, e pregandolo di farsi da parte con un solo gesto, abbassai lentamente la maniglia. Fu quindi questione di attimi, e il suo desiderio fu esaudito. Fatti pochi passi, mi avvicinai alle lanterne dei miei figli, e seguendomi senza parlare, Christopher decise di imitarmi. “Insieme?” azzardò, incerto sul da farsi. “Ovvio.” Mi limitai a rispondere, ormai abituata al mestiere di genitore almeno tanto quanto lui. Tranquillo, sfiorò la catenina d’oro che teneva chiusa quella di Darius, mentre io mi occupai di Delia. Incuriosito, Cosmo non attese oltre, e avvicinandosi, quasi mi fece perdere l’equilibrio. Veloce, mi aggrappai alla cassettiera lì accanto, e fulminandolo con un’occhiata, gli indicai l’angolo. “E sta fermo.” Aggiunsi, con il solito tono che fra noi chiudeva all’istante qualunque discussione. Ovvio era che non parlasse, ma lo facevo spesso quando disobbediva, se non addirittura sempre, e quasi adulto o meno, quel principio avrebbe avuto un valore per il resto della sua vita. Rimanendo fermo e inerme, l’Arylu si rifiutò di obbedire, e colpendomi gentilmente la mano libera con il muso, sperò nel mio perdono. “Kia, non fare così. Non voleva, e tu non sei caduta, sbaglio?” premuroso come sempre, Christopher si intromise istintivamente, e frapponendosi fra me e quel peloso ostacolo, si abbassò per fargli il dono di una carezza. “Cercavi solo di capire che succedeva, giusto, bestione?” gli disse, prendendolo bonariamente in giro mentre lo accarezzava. Lasciandolo fare, Cosmo chiuse gli occhi, e mugolando appena, stavolta in segno di felicità, agitò la coda. Ancora impegnata con la bambina, ebbi occhi solo per lei, ma quando mi voltai, anche se solo per un istante, notai qualcosa di simile a un largo sorriso stampato sul suo bel muso. “Ti voglio ancora bene, cucciolone. Sarà sempre così, capito? Sempre così.” Non riuscii a non dirgli, come sempre intenerita dal suo modo di fare, a volte strano e goffo ma ugualmente divertente e pieno d’amore. Sentendomi, molti avrebbero detto che esageravo, proiettando su quel cane sentimenti ed emozioni non realmente suoi, ma Chris ed io non saremmo stati d’accordo. Ciò che era appena successo non era stato che un incidente, e tutt’altro che arrabbiata, lo coccolai a mia volta, abbassandomi quanto bastava per grattargli la pancia. Desiderosi di scoprire altro del mondo attorno a loro, per ora ancora ristretto alla camera da letto, Darius e Delia ci svolazzarono intorno, e rotolando fino a sdraiarsi per terra, Cosmo lasciò che si avvicinassero anche a lui. Piccoli com’erano, temevo che potesse fargli del male, e proprio quando tentai di dirgli qualcosa perché restasse fermo, Christopher mi prese per mano. “Tesoro, no. Lascia che accada, sarà buono con loro.” Mi rassicurò, sincero. Indecisa, cercai conferme nel suo amore e nei suoi occhi, e guardandolo, decisi di fidarmi. Senza dire altro, lo sorpresi con un bacio, e per un breve momento, una nuova magia fra noi due, il tempo parve fermarsi. Ignari di tutto, Cosmo e i bambini continuarono a divertirsi insieme, e quando arrivò l’ora di tornare alle loro piccole basi, lasciammo che il nostro amico a quattro zampe restasse con loro, in parte per noia e in parte perché restasse di guardia. “Torniamo subito, tu resta.” Gli dissi, tranquilla ma seria come in ogni sessione d’addestramento. Limitandosi a guardarmi, il mio amico Arylu agitò piano la coda, poi ruppe il silenzio abbaiando una volta sola. “Ricevuto!” sembrò volermi dire, già preso dal nuovo incarico. Rimettendomi in piedi, mi voltai fino a dargli le spalle, e riaperta la porta per uscire, mi guardai indietro un’ultima volta prima di richiuderla, sicura che con Cosmo come amico, ai bambini non sarebbe accaduto nulla. Tornata in corridoio, sentii un peso svanirmi dalle spalle e dal cuore, e diretta in salotto, passai per la cucina, dove ciò che vidi mi lasciò senza parole. La tazza da cui avevo bevuto non era più sul tavolo ma nel lavello, e raccolte in un fazzoletto, minuscole briciole di biscotti. Avvicinandomi, le ispezionai cautamente, e pur guardandomi intorno, non vidi traccia della gatta. Pensandoci, capii che non poteva essere stata opera sua, altrimenti avrei visto quelle briciole anche per terra, e fu allora che ricordai. Sky. Ancora chiusa nella camera degli ospiti, non sembrava desiderare nulla di dissimile da pace, quiete e solitudine, ma solo oggi, armata di coraggio, aveva varcato i suoi stessi confini per un rituale che acquistava tutto un altro significato. Probabilmente soltanto fame, magari il suo modo di mostrare che era pronta a unirsi a noi e lasciare quella stanza, o in altre parole, continuare da dove la sua vita sembrava essersi interrotta. Lentamente, un passo per volta, come capii anche a sera dopo un pomeriggio di tranquilla lettura. Come ogni volta, la storia era appassionante, ma non certo quanto quella di mia sorella, volontariamente rinchiusasi in quattro mura per giorni, fino al mattino in cui aveva deciso di uscire allo scoperto, anche se solo per far colazione. Sbadigliando, mi scoprii stanca e pronta per andare a dormire, ma attratta come una falena da uno spiraglio di luce proveniente come un invito da quella porta leggerissimamente aperta, mi avvicinai, scoprendo ai miei piedi la presenza di un biglietto. Abbassandomi, lo raccolsi da terra, e dispiegandolo con cura, lo lessi. “Sono pronta a riprovare.” Diceva, interrompendosi poi di colpo. Semplici eppure forti, soltanto quattro parole impresse da una penna nera come il carbone, formavano un messaggio che uno stupido pennuto si era rifiutato di consegnare. In quel momento, rabbia e dolore iniziarono a dibattersi nel mio animo, così spietate che quasi piansi, ma che aiutata da Christopher, dominai perfettamente. Proprio grazie a lui ritrovai la calma che credevo persa, e prima di dormire, imitando mia sorella in un gesto importante ma simbolico, mi portai una mano in tasca, estraendone quella piuma e posandola a terra. “Fate che l’aiuti.” Sussurrai appena contro la porta di legno, nella forse vana speranza che riuscisse a sentirmi. In completo silenzio, Christopher mi lasciò agire, e con l’arrivo della notte, il calore delle coperte unito a quello del suo dolce abbraccio mi aiutò a dormire, decisamente più serena ora che sapevo cosa Sky aveva per così tanto, tenendo il suo giovane cuore ben chiuso fra una e mille pagine.  


Salve, lettori! Come avevo detto, ecco a voi un nuovo capitolo pieno di novità. Siamo come sempre ad Eltaria, ancora immersi nella gioia familiare di Chris e Kaleia, accompagnata al turbamento interiore della cara Sky, che forse finalmente pare intenzionata a far pace con i propri problemi di cuore. Ci riuscirà? Lei e Noah si chiariranno davvero? Questa e altre risposte nel prosieguo della storia, ma intanto grazie di cuore di tutto il vostro supporto,
 
Emmastory :)
   
 
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