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Autore: Mahlerlucia    31/07/2020    4 recensioni
{Questa raccolta di OS partecipa alla #BokuAkaWeek2020}
Se guardi il cielo e fissi una stella, se senti dei brividi sotto la pelle, non coprirti, non cercare calore, non è freddo ma è solo amore.
(Khalil Gibran)
[Bokuto x Akaashi]
PROMPT:
Day 1 - Childhood friends
Day 2 - Roommates/College!AU
Day 3 - Florist shop!AU
Day 4 - Clothes sharing
Day 5 - Touch/Bed sharing
Day 6 - Five Things (5+5)
Day 7 - Hurt/Comfort
Day 8 - Secret admirer
Day 9 - Cooking/Baking
Day 10 - Free day (Japan National Team)
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto
Note: AU, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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Questa raccolta di One-shots partecipa alla #BokuAkaWeek2020
 
31 luglio: Childhood friends




Manga/Anime: Haikyū!!
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life
Rating: giallo
Personaggi: Koutarou Bokuto, Keiji Akaashi
Pairing: #Bokuaka
Avvertimenti: Missing moments, Lime, Spoiler!, Tematiche delicate
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi



 
 
 
1 . Amico mio
 
 
Keiji si soffermava spesso ad osservare quei piccoli petali rosa man mano che si perdevano all’interno del giardino della scuola, tra gli alti ciuffi di erba incolta. Era solito posizionare le mani a coppa per raccoglierne qualcuno da portare alla sua mamma. Durante la precedente primavera era riuscito a crearle un piccolo braccialetto floreale che risultò essere sentitamente apprezzato. Infatti, ancora oggi la signora Akaashi continua a conservarlo gelosamente all’interno di uno speciale portagioie sul quale aveva riportato il nome del suo unico e amatissimo figlio.

Quella mattina i petali cadevano a iosa a causa di una piacevole brezza che stava rinfrescando il quartiere dalla sera precedente. Il piccolo Keiji corse sotto il grande ciliegio che solitamente donava ombra a gran parte del cortile e attese che quei minuscoli elementi naturali cadessero tra i suoi capelli e tra le sue dita. Uno di essi si posò per un istante sul suo nasino, prima di decidere di seguire fino in fondo le legge di gravitazione universale. Il bimbo si sentì improvvisamente estasiato da quel contatto, tanto da toccarsi più volte il viso sorridendo di gran gusto. Non aveva mai avuto amici fidati con cui poter condividere quelle piacevoli sensazioni, ma aveva imparato a compensare la sua immensa solitudine imparando a comunicare con la natura.

Hey, hey, hey! Che gioco è? Deve essere molto divertente!”

Keiji riaprì di colpo i suoi grandi occhi color dell’oceano, sussultando per lo spavento che l’improvvisa venuta di quella voce gli aveva causato. Due grandi occhi chiari come il sole iniziarono a scrutarlo con fare sinceramente incuriosito, mentre lunghe e folte ciocche di capelli argentei si agitavano sul suo viso al ritmo di quelle delicate folate di vento che il più piccolo avrebbe preferito di gran lunga godersi in totale solitudine.  
Abbassò lo sguardo e strinse il pugno lungo un fianco, cercando di non dare nell’occhio. Non aveva alcuna intenzione di colpirlo o di minacciarlo affinché lo lasciasse in pace, ma le cattive esperienze con i bambini più grandi gli avevano insegnato a diffidare sempre e a prescindere, così come a porsi costantemente sulla difensiva. Tutto questo non rientrava di certo nella sua indole fragile e ipersensibile, ma oramai era diventata una spiacevole consuetudine a cu isi era presto adattato.

“Ne-nessun gioco. Stavo per andare in classe.”

“Oh, anch’io sai. Ma poi ho sentito la tua risata e ho pensato che magari stavi giocando ad un gioco bellissimo!”

Keiji non riusciva a reggere l’intensità dello sguardo di quello “strano” bambino che gli si era parato davanti. Cercò di evitarlo il più possibile puntando alle sue nuove scarpette blu, pensando al momento in cui le avrebbe dovute lasciare in uno di quei brutti armadietti posti vicino alla palestra. Si trattava di un regalo ricevuto dal suo papà in uno di quei rari giorni in cui si era ritrovato a casa tra un infinito viaggio di lavoro e l’altro; un piccolo pensiero divenuto il simbolo di un legame che entrambi avrebbero voluto diverso, sicuramente più costante.

“Questi ciliegi in fiore sono fantastici! Senza di loro non ci sarebbe la primavera. Lo dice sempre mia madre.”

“A-anche la mia lo dice.”

“Davvero? Che bello! Magari potrebbero diventare amiche! Anche a me piacerebbe diventare tuo amico, sai?”

Amico.
Nella testa del piccolo Akaashi era sempre suonato come un concetto strano, qualcosa che non apparteneva propriamente al suo mondo, dato che era abituato a giocare e a svolgere i suoi compiti in completa solitudine, salvo la presenza della mamma.
I suoi compagni di classe avevano tentato più volte di invitarlo alle loro feste di compleanno o di coinvolgerlo nelle più svariate attività didattiche da poter svolgere in gruppo. Ma Keiji, per quanto ci avesse provato in tutti i modi, non si era mai sentito completamente a suo agio in contesti confusionari in cui sapeva di poter ritrovare coloro che puntualmente lo deridevano per la sua serietà e per l’evidente difficoltà che riscontrava nel socializzare a dovere.
Non aveva mai sentito una definizione chiara e condivisibile del concetto di “amico”, così come non aveva mai avuto la fortuna di trovare qualcuno che avvertisse spontaneamente il desiderio di sedersi accanto a lui per illustrarglielo nella maniera più limpida possibile, senza mai dimenticarsi di avere comunque a che a fare con un bambino di soli sette anni. Chissà, forse era finalmente giunta l’occasione propizia.

“Che scemo, non mi sono presentato! Io mi chiamo Bokuto, Bokuto Koutarou. Frequento la classe uno del terzo anno.”

Akaashi riuscì finalmente ad alzare il capo e ad osservarlo in ogni sua movenza. Koutarou aveva un grande sorriso e una spavalderia bonaria che tutto sommato non gli dispiacevano affatto. E doveva ammetterlo: era persino simpatico.
Sorrise appena, riscontrando un’insolita reazione dipinta sul viso dell’altro. Difatti, la sua bocca si dischiuse in una “O” carica di stupore e ammirazione che Keiji non riuscì a fare a meno di trovare insolita.

“Io... io mi chiamo Akaashi Keiji e... e sono iscritto alla classe numero sei del secondo anno.”

“Oh, la classe della maestra Hana! Era la più simpatica dello scorso anno!”

“Anche a me piace molto, mi aiuta sempre...”

“Già, è molto brava! Ma dimmi, a cosa stavi giocando poco fa?”

Di nuovo quella domanda, come se la risposta fosse poi così importante. Ma forse Keiji non aveva ancora pienamente realizzato quanto in realtà potesse esserlo per quel ragazzino dalla frizzante curiosità e dai modi decisamente coinvolgenti e rassicuranti.
Decise di armarsi di coraggio e di provare a raccontargli cosa stesse realmente facendo, sperando con tutto il cuore di non essere preso per matto o, peggio ancora, di non essere deriso per il modo in cui era solito vivere ogni cosa che lo circondava.

“Non era un gioco. È solo che... è solo che mi piace venire sotto questo grande albero per raccogliere i petali di sakura.

“Wow, che cosa bellissima! Li porti alla tua mamma?”

Akaashi strabuzzò gli occhi per la sorpresa: nessuno dei suoi coetanei gli aveva mai rivolto un apprezzamento così diretto e allo stesso tempo carico di entusiasmo. Nelle sue parole non c’erano né forzature e né secondi fini, solo tanta voglia di approfondire la conoscenza di un bimbo timido e riservato; comunque tremendamente interessante.

“Sì... le faccio dei braccialetti.”

“Che idea fantastica! Hai provato a farle anche una collana? È più grande e servono più petali, ma se vuoi ti posso aiutare! Magari ne faccio una anch’io. Anzi no, perché poi mi tocca farne due altrimenti mia sorella ci potrebbe rimanere male. Però... ci penso.”

Keiji avrebbe voluto replicare a quelle parole capaci di rasserenarlo e riportato a stretto contatto con la realtà, sensazione che gli mancava davvero da molto tempo.
Furono interrotti dal suono della prima campanella del mattino, quella che avrebbe autorizzato tutti gli studenti ad affollare i locali scolastici allo scopo di prendere parte alle prime lezioni del mattino. Un vociare variegato ed allegro sovrastò la calma e il silenzio che li aveva accompagnati sino a quel momento, a partire da un bambino dai capelli color sabbia che aveva iniziato ad agitare la mano per attirare l’attenzione di Koutarou. Quest’ultimo si limitò a salutarlo, facendogli chiaramente intendere che lo avrebbe raggiunto solo in un secondo momento.

“Ci possiamo fermare anche oggi pomeriggio se ti va, dopo la pausa pranzo.”

Akaashi ci mise qualche secondo a comprendere che si stesse rivolgendo ancora a lui. Era convinto di essere già uscito dai suoi interessi, visto che i suoi storici amici reclamavano la sua presenza per qualcosa di sicuramente più allettante rispetto alle sue stramberie da perenne anima solitaria.
Sollevò gli occhi per capire se stesse parlando sul serio, se davvero avesse intenzione di trascorrere parte del suo prezioso tempo a raccogliere petali rosa assieme a lui. “Un’attività da femminucce”, avrebbero chiosato molti dei suoi compagni di classe troppo, troppo formalizzati circa le nette divisioni di genere imposte dai loro stessi genitori.
Koutarou non lo stava guardando, ma non aveva nemmeno intenzione di allontanarsi fino al momento in cui non si fosse deciso a dare un responso alla sua richiesta; possibilmente positivo.

“Non andrai a giocare con il tuo amico?”

“Sto quasi tutto il tempo con lui e mi sono un po’ stufato. Oggi voglio stare con te!”

Keiji arrossì di colpo tentando in tutti i modi di non darlo a vedere. Nessuno – ma proprio nessuno! – prima di allora aveva mai osato dirgli una cosa tanto bella e in maniera così istintiva. Com’era possibile che in tutta la scuola ci fosse anche un solo altro bambino che fosse interessato a passare un momento di ricreazione assieme a lui? E poi... perché proprio un ragazzino estroverso e vulcanico come Bokuto Koutarou? Che ci trovava di tanto speciale in lui e nei suoi passatempi che ai più, invece, parevano solamente delle mere perdite di tempo?

“Sai, stavo pensando che possiamo provare a chiedere alla maestra Hana se ha del filo per le nostre collane di fiori. Cosa ne pensi? Sono sicuro che non ci dirà di no! Lei è la maestra migliore del mondo!”

“Sì, ma...”

“Posso venire io nella tua classe a chiederglielo, se vuoi!”

“Oh! Davvero lo faresti?”

“Certo!”

Bokuto-san, sei davvero molto gentile. Gra-grazie!”
 
***
 
Il giorno seguente i due bimbi si ritrovarono nello stesso punto alla medesima ora. E così fu anche per i giorni a venire, fino a quando il naturale corso delle stagioni non aveva trasformato i sakura in tante ottime ciliegie da poter raccogliere e mangiare nel tragitto percorso fino a casa.
Nel corso delle brevi vacanze estive si scrissero diverse lettere alle quali allegavano foto e cartoline che ritraevano i diversi paesaggi che si ritrovarono ad ammirare rispettivamente a Nagasaki e nell’Hokkaidō.

L’anno successivo le loro classi furono collocate l’una affianco all’altra e questo permise loro di stare assieme per ancora più tempo, tanto che il piccolo Akaashi arrivò a sentirsi maggiormente accolto dai suoi senpai piuttosto che dai suoi stessi compagni di classe. Koutarou invitò sempre più spesso Keiji a casa sua ed insieme cominciarono a seguire ed a appassionarsi voracemente alla Volley League maschile. Qualche settimana dopo decisero di comune accordo di iscriversi assieme al club della propria scuola, coinvolgendo anche le vecchie conoscenze di Bokuto.

La loro relazione crebbe di anno in anno, fino al giorno in cui, agli esordi della loro carriera liceale presso il Fukurōdani Gakuen, un episodio fortuito fece loro intuire che con ogni probabilità, la loro stretta e indissolubile vicinanza non era dovuta solamente ad un pur profondo sentimento di amicizia; Keiji aveva intuito che il suo cuore e la sua mente erano già andati oltre quel limite da parecchio tempo, ma la giovanissima età e la totale inesperienza gli avevano impedito di dare un significato a ciò che spesso lo portava a piangere in gran segreto e a dannarsi per non essere come tutti gli altri. I discorsi sulle ragazze, i primi appuntamenti e i diversi livelli d’intimità raggiunti dai suoi coetanei non gli interessavano minimamente, tanto che arrivò a respingere tutte le richieste che gli arrivavano puntualmente il giorno di San Valentino.

Koutarou non lo aveva mai giudicato per questo, tutt’altro. Per un breve periodo aveva frequentato una ragazza di nome Yukie, ma qualcosa tra loro non funzionò. Il ragazzo dai capelli argentei arrivò a liquidare la questione sostenendo che i due fossero troppo simili tra loro per poter andare d’accordo; difatti, sosteneva da sempre di volere una persona che fosse in grado di stargli accanto e di migliorarlo, qualcuno che potesse comprenderlo senza troppi giri di parole e, soprattutto, che potesse accettarlo per quello che era e non per ciò che avrebbe voluto che fosse.

“Probabilmente una ragazza del genere non esiste, almeno non qui. So che ci vuole tanta pazienza con me...”

“Non posso darti torto, Bokuto-san. Ma questa è anche la tua parte migliore.”

Per Koutarou era ufficialmente iniziato l’ultimo anno di liceo, la fine di un percorso sempre condiviso con quel kōhai bello quanto un angelo e paziente come nessun’altra persona con cui avesse mai avuto a che fare, compresi i suoi stessi genitori. Per quanto non sopportasse l’idea di lasciarlo per un intero anno scolastico alle prese con innumerevoli distrazione che lo avrebbero anche potuto allontanare da lui, si sforzava ogni giorno di non pensarci, di non darlo troppo a vedere, soprattutto quando si trovava in sua compagnia.

“Forse la parte migliore non sono io.”

“Cosa intendi dire?”

I loro occhi s’incrociarono perdendosi gli uni dentro quelli dell’altro. Keiji rimase completamente disarmato di fronte alla serietà mostrata da quello sguardo intenso e granitico, penetrante ed indimenticabile.

“L’ultima volta che sono uscito con Yukie siamo stati al parco e ci siamo seduti davanti all’enorme ciliegio che si trova di fronte all’entrata nord. Vedere tutti quei petali rosa che fluttuavano nell’aria mi ha ricordato il giorno in cui ci siamo rivolti per la prima volta la parola, praticamente dieci anni fa. Voglio dire... mentre ero con lei... pensavo a noi da bambini, pensavo a te e... lei se n’è accorta.”

“Si è accorta che pensavi a me?”

“Nah, non così nel dettaglio. Avrà sicuramente notato che non ero concentrato su di lei, quello sì.”

“Bokuto-san, tu...”

“Io sono uno cretino con la “C” maiuscola, lo so. Ma ho pensato che se mi fossi dedicato troppo a lei non avrei più avuto tempo per te e... non mi è sembrato giusto. Non so come spiegarlo bene ma... io voglio stare con te!”

Keiji arrossì esattamente come quel giorno, quando realizzò quanto fosse sincera la devozione che quel bambino dal sorriso inconfondibile stesse rivolgendo proprio lui. E come quel giorno, dieci anni dopo le cose non erano minimamente cambiate. Si erano semplicemente adattate alla loro nuova posizione nel mondo, alla loro adolescenza e allo sviluppo della loro capacità di saper finalmente dare un nome alle cose, soprattutto a quello che sentivano dentro.

“Koutarou... ti capisco.”

“Lo so, tu mi hai sempre capito. Ed è per questo che voglio stare con te. Con te e... con nessun’altro.”

Bokuto gli prese le mani ed incastrò perfettamente le dita alle sue. Mise un comico broncio nel momento in cui realizzò che il suo setter prediletto stava lottando per non scoppiare a piangere dopo la sua meravigliosa dichiarazione d’affetto. Passando velocemente i pollici sulle sue guance spazzò via quelle calde lacrime di gioia e finì con l’abbracciarlo forte senza evitare di commuoversi a sua volta.
Tutto quello che avevano sempre desiderato era avvolto in quel groviglio di braccia e sentimenti che avrebbero portato nei loro cuori per il resto delle loro vite.
Non serviva altro in quel frangente. Il resto sarebbe venuto da sé.









 

Angolo dell’autrice


Ringrazio anticipatamente tutti coloro che passeranno a leggere questa mia raccolta di piccole one-shot!

Parteciperò (o cercherò di farlo) a pieno ritmo all’annuale #BokuAkaWeek2020 indetta dal fandom di Haikyuu. Creerò una raccolta di dieci one-shot dedicata ciascuna a uno dei diversi prompt proposti per i diversi giorni. Spero che l’esperimento possa piacervi! :)

Prima one-shot/prompt: Childhood friends.
Piccola kid!fic (almeno nella prima parte) in cui ho voluto re-inventare quell’infanzia che purtroppo nel canon Bokuto e Akaashi non hanno potuto condividere. È un aspetto della loro storia che mi è mancato e che invidio parecchio ad altri pairing come l’IwaOi o la TsukiYama che invece hanno avuto questo privilegio. Detto questo, ho spesso immaginato un incontro di questo tipo, dove un più intraprendente Bokuto si lascia vincere dalla curiosità di saperne di più a proposito di quel bambino che amava starsene sotto i petali di sakura (chi legge le mie storie sa che è un elemento che mi piace riproporre spesso).
Nella seconda parte li ho riportati al contesto della Fukurōdani, intenti a tenere a bada i loro primi impulsi ormonali. Ho volutamente deciso di lasciare il finale nel limbo che intercorre tra amicizia e “ben altro” per poter approfondire eventualmente la cosa in una delle prossime shot. In fondo il tema di questo prompt era proprio l’amicizia, dico bene?!
Stay tuned! ;)

Il testo è scritto in terza persona e al tempo passato.
Per ora il rating è giallo, ma potrebbe variare in base a quello che scriverò per i prossimi prompt (non ho ancora terminato, shame on me!).

Un ringraziamento speciale va agli ideatori di questa fantastica iniziativa. Grazie per aver permesso tutto questo! **

A domani,

Mahlerlucia


 
   
 
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