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Autore: piccolo_uragano_    02/08/2020    4 recensioni
(UMILE SEQUEL DI "PIU' DI IERI...")
«Non farei mai niente per infastidirti» spiegò subito. «Quantomeno, non intenzionalmente» aggiunse, sottovoce.
Lei allargò il sorriso. «Grazie»
«Grazie?»
«Sì: grazie»
«E per che cosa?»
«Per quello che hai detto: non è affatto scontato»
Lui fece spallucce, e lei riconobbe il Draco Malfoy di cui le avevano raccontato i suoi fratelli. «Mi pareva il minimo, sai, non ferire le persone a cui tieni e stare sempre dalla loro parte, cose così. Ci ho messo un po’, ma l’ho imparato»
«Quindi starai sempre dalla mia parte?»
«Cascasse il mondo, Anastasia Black, sarò dalla tua parte»
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Famiglia Weasley, Nuovo personaggio, Sirius Black | Coppie: Draco/Astoria, Hannah/Neville, Harry/Ginny, Lavanda/Ron, Remus/Ninfadora
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ti amo più di ieri e meno di domani.'
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Don't you know too much already?
I'll only hut you if you let me 
Call me friend but keep me closer 
And I'll call you when the party's over
(When the party's over, Billie Ellish) 


Al coraggio di crescere e alla voglia di cambiare, 
e a chi mi ha insegnato a farli miei. 




14.
esci



Pansy Parkinson si stava lamentando di … Nill? Niall? Liam, forse? Di qualcuno, insomma, che non le dava abbastanza attenzioni. C’era stato un tempo, un tempo molto, molto lontano da quel momento, in cui a Draco piaceva ascoltare Pansy. Primo, perché lo facevano sorridere quelli che Pansy considerava “problemi”, come un brutto voto in Pozioni o i punti da sottrarre ai Grifondoro per ogni minima cosa. Poi, perché di solito, ascoltarla voleva dire che poi lei avrebbe avuto voglia di andarci a letto, e … lui non si era mai tirato indietro. A differenza di questo Nill o Niall o Liam, che pareva un vero cretino. Ma era americano, e lui aveva una pessima opinione degli americani. Aveva una pessima opinione di chiunque non fosse britannico e non avesse il sangue puro, a dirla tutta, ma questa è un’altra storia.
Aveva smesso di ascoltare Pansy da parecchi minuti, quando, fissando un punto indefinito dietro di lei, vide Blaise ridere rumorosamente. Non riusciva a vedere con chi stesse parlando, ma rideva davvero di gusto, e quando riuscì a scostarsi quel tanto che bastava per vedere con chi stesse parlando, gli prese un colpo. Non gli era possibile metterli a fuoco da lì, ma erano due persone apparentemente identiche, sorprendentemente alte e con una folta chioma rossa ben impiantata in testa.
Oh, Merlino.
«Pansy, a questo disgraziato non gliene frega niente, di te» sentenziò. «E non fare quella faccia, se ci pensi, lo hai capito anche tu tempo fa» si alzò e voltò le spalle sia a Pansy che ai gemelli Weasley.
Se Anastasia fosse arrivata e li avesse visti, sarebbe andata nel panico. Draco aveva fatto fatica a convincerla che nonostante fosse una strega molto conosciuta, a nessuno dei presenti a quella festa importava di andare a dire ai suoi fratelli o ai suoi genitori che era stata vista in compagnia di Draco Malfoy, almeno che non volessero qualcosa in cambio. E se c’era una cosa che nessuno dei presenti a quella festa voleva, era avere a che fare con Harry Potter o la sua famiglia.
Per Anastasia però, si era convinto, avrebbero fatto un’eccezione.
Primo, perché emanava così tanta bontà da rendere impossibile non volere avere a che fare con lei. E poi, perché sarebbe stata in sua compagnia: il suo nome valeva meno rispetto a qualche anno prima, era vero, ma valeva ancora tanto. Nessuno le avrebbe fatto domande, o tantomeno ne avrebbe fatte a lui.
Ricordandosi di staccare la testa a Blaise alla prima occasione, uscì a grandi passi dalla Malfoy Manor e si diresse verso il cancello, salutando con un gesto Marcus Flint e la sua futura moglie, di cui Draco non ricordava assolutamente il nome. Dopo aver schivato abilmente qualche altro vecchio compagno di Casa, raggiunse il cancello, e, come se fossero stati sincronizzati, la vide.
Con i capelli raccolti in un morbido cucù, un vestito nero con le maniche di pizzo, delle zeppe nere e un rossetto rosso fuoco, si era Smaterializzata a pochi metri da lui.
«Mi aspettavi?» domandò, sorridendogli.
Lui annuì, trovandosi spiazzato da quanto la bellezza potesse essere semplice.


 
«Non puoi esserteli dimenticati!»
«Tu non puoi esserteli dimenticati!» replicò lui, avvicinando il calice alle labbra. «Tu hai voluto dar loro dei nomi!»
«Sì, ma sono i tuoi pavoni
«I tuoi pantaloni?» domandò Blaise avvicinandosi.
«Pavoni!» ripeté Anastasia. «Blaise!» esclamò poi, come se si fosse resa conto solo in quel momento che Zabini li avesse raggiunti. «Tanti auguri!»
Lui sorrise, come se non si aspettasse affatto quel commento. «Grazie, Anastasia» le disse, cordiale. «Ma me lo hai già detto» aggiunse. «Tre volte»
«E con questa siamo a quattro» rispose lei scocciata. «Nessuno si lamenta perché riceve troppi auguri»
«Posso sapere perché siete gli unici che non hanno ancora messo piede in casa?»
«Perché Pansy riprenderà a parlarmi di … per Salazar, perché non ricordo mai come si chiami …»
«Oh, ma Pansy si è appartata con Theodore» rispose Blaise. «Non c’è pericolo»
Draco cercò di fare mente locale, ma Anastasia interruppe immediatamente i suoi pensieri.
«Blaise Zabini, posso sapere perché sei sobrio alla tua festa di compleanno?» domandò, visibilmente sconcertata dalla cosa.
«Perché è divertente essere quello sobrio mentre tutti sono ubriachi»
«Ohhhh, tu sei un vero stronzo» gli disse allora la ragazza. «Quindi è per questo che le tue feste sono così famose? Perché tu sei astemio
«Io non sono astemio» rispose lui calmo. «Semplicemente, non arrivo mai al punto in cui faccio gli auguri tre volte al festeggiato nel corso della stessa serata … o do dei nomi ai pavoni di Draco»
«Quei pavoni hanno diritto ad avere dei nomi!» protestò Anastasia. «E tieniteli, tutti quegli auguri: non verrò mai più ad una tua festa, se tu rimani sobrio» poi si rivolse a Draco. «Apprezzo che tu non voglia che sappia che George Weasley è qui, ma …» e alzò il bicchiere. «… che io sappia, un solo mago al mondo sa fare questo incantesimo così bene»
«George è andato via» le rispose Blaise tranquillamente, battendo di nuovo Draco sullo scatto alla risposta. «E comunque è stato qui molto prima che tu arrivassi»
Anastasia annuì, soddisfatta. «Draco?» chiamò.
«Non riesco a ricordarmi come si chiama l’amico americano di Pansy!» si lamentò lui, fissando il nulla con espressione preoccupata. «Eppure me lo ha ripetuto così tante volte
Anastasia scoppiò a ridere, e con il suono della sua risata, lui si dimenticò per che cosa si stava lamentando.
 
Anastasia non aveva bisogno che qualcuno gliele indicasse o gliele presentasse. Le conosceva già, e poi, le sorelle Greengrass le avrebbe riconosciute ovunque: folta chioma bionda, sguardo freddo come il marmo, labbra sottili e zigomi altissimi.
Forse per l’alcol, forse perché si pentiva di non aver chiesto più cose a Draco sulla sua relazione con la seconda sorella, ma si sentì le ginocchia tremare. Draco era davanti a lei, ma in pochi secondi, si sarebbe girato e le avrebbe viste, mentre avanzavano verso di loro con quella dannata espressione gelida – Merlino, siamo a una festa, un po’ di brio!
Draco si stava per voltare, e la stava per vedere, e Anastasia aveva a malapena la forza per reggersi in piedi, figuriamoci per tentare una presentazione decente o darsi qualche aria.
Perché darsi delle arie, poi? Con che titolo? A che pro?
Mentre scorreva rapidamente tra le sue frasi ad effetto per presentarsi, Daphne aveva quasi raggiunto Draco.
E lei si rese conto di una cosa.
Draco le si era avvicinato, di nuovo. E, proprio come qualche giorno prima, le stava tenendo la mano. Da quella distanza, riusciva a vedere quei maledetti occhi azzurri – si fottessero Ted e Fred: erano davvero azzurri come l’alba d’estate.
La stava per baciare, di nuovo. Forse questa volta con l’intenzione sincera di farlo, con la complicità dell’atmosfera e dell’alcol.
E invece, Daphne Greengrass gli aveva posato una mano sulla spalla, e lui era stato costretto a voltarsi e a rompere la magia dei loro sguardi, fingersi felice di vederle, baciando il palmo di mano sia a Daphne che alla sorella, che gli porgevano la mano con aria altezzosa.
Anya era nauseata da quei convenevoli: come stai, ti trovo bene, stai lasciando crescere i capelli?
«Adoro la tua camicia, Draco» disse Daphne.
«Gliel’ho regalata io» commentò Astoria con tono freddo. «Oh, ma come siamo maleducate»
Anastasia sorrise senza mostrare i denti, sentendo una improvvisa voglia di slegare la bacchetta dal nastro delle zeppe e lanciare una fattura.
«Tu … non sei forse la piccola Kayla?»
«Anastasia» replicarono all’unisono Draco e Anya.
«Sì, ma è la sorella di Kayla» rispose Astoria, smettendo immediatamente di degnare Anya del suo sguardo in grado di uccidere per riservarlo a Draco. «O mi sbaglio?»
«Non sbagli» rispose prontamente Draco, con tono altrettanto freddo. «Ma il suo nome non è “piccola Kayla”, è come se qualcuno chiamasse te “piccola Daphne”»
«Io e Daphne abbiamo dieci mesi di differenza» rispose allora Astoria. «La giovane … Anastasia, invece, quanti-»
«Greengrass!» tuonò Blaise, alle spalle di Draco. «Finalmente!»
Oh, che Merlino benedica Blaise Zabini e il suo tempismo.
 
Il solo pensiero di aprire gli occhi, le costò uno sforzo enorme. Sentiva sotto di lei il pavimento rigido ed era quasi sicura di indossare una sola scarpa. Attorno a lei, pareva non esserci alcun rumore e anche con gli occhi chiusi, poteva sentire la luce invadere la stanza. Chissà quale, poi.
Poi, lo sentì. Accanto a lei. «Razza di stronzo» borbottò. «Non si usa la Legilimanzia con una persona che dorme» gli disse, senza neanche aprire gli occhi.
«Fai dei sogni interessanti» lo sentì dire con una nota di malizia.
«Esci» gli intimò.
«Mi hai già cacciato» replicò lui. «Sei una brava Occlumante»
Si sforzò di aprire un occhio e lo trovò steso accanto a lei, con i piedi accanto alla sua testa. Si resse sui gomiti e lo guardò torva.
«Buongiorno» le disse, con un insopportabile sorrisetto.
«Perché sei così di buon umore?»
«Fai dei sogni interessanti» ripeté lui.
«Lo hai già detto» si lamentò Anastasia. «Non vale»
«Perché l’ho già detto?»
«Perché io non me lo ricordo, cosa ho sognato»
Lui sorrise di nuovo. «Io sì»
«Vaffa-» fece per tirarsi in piedi, ed era a metà strada quando notò che, steso sul letto ai piedi del quale si trovava, c’era una persona nuda. «Oh, Merlino!»esclamò, rimettendosi seduta. «Ma chi è?»
Draco alzò la testa di poco. «Ehm … Millicent, senza dubbio»
«Ma non le vedi la faccia, da qui!»
Lui le rivolse un sorriso malizioso. «Non ne ho bisogno» le disse, rimettendosi sdraiato.
Lei sbuffò, si mise seduta e ringraziò il cielo che la zeppe che le era rimasta allacciata fosse quella in cui aveva infilato la bacchetta. Con un rapido incantesimo, Evocò una coperta e diede un minimo di dignità al corpo nudo di Millicent. Senza nascondere il poco equilibrio, si alzò e Appellò silenziosamente la scarpa sinistra, allacciandosela sotto lo sguardo pensieroso di Draco. Quando si fu assicurata di averla legato bene il laccio della zeppa attorno alla caviglia, lasciò la stanza senza guardarsi indietro. Si perse per un paio di volte nei fitti corridoi bui per raggiungere la cucina, ma quando la trovò, Kora l’accolse con calore. Prima che potesse rispondere all’elfo, sentì Draco apparire dietro di lei. «Ma che ti è preso?!» le chiese, quasi spaventato.
Lei lo guardò senza capire. «Niente» disse lei. «Ho solo bisogno di una Pozione Post Sbornia» spiegò, mentre Kora le passava un bicchiere colmo di quel caldo liquido viola che le avrebbe restituito la voglia di vivere e fatto passare il mal di testa. «Dove hai sistemato le Greengrass? Magari ne serve un po’ anche a loro»
«Ahhhh»fece lui. «Ecco!» Batté le mani una volta. «Kora?»
«Non tirare in mezzo Ko-»  
«Sì, padrone?»
«Kora, ti risulta che Astoria e Daphne Greengrass abbiano dormito qui?»
«No, padrone» rispose lei abbassando la testa. «Ma Kora può controllare, padrone»
«No, Kora» le disse Anastasia. «Draco voleva solo provocarmi»
«Ah perché tu no
«Lasciami stare, Draco»
«No» rispose lui secco. «Non ho voglia di litigare con te»
«Ed è per questo che te ne dovresti andare» replicò quindi lei. «Perché finiremmo per litigare, e neanche io ne ho voglia»
«Se me ne vado adesso, tu resterai arrabbiata e io resterò infastidito dalla tua rabbia e dalla tua gelosia»
«Draco, io non-»
«Non sprecare neanche fiato a dire che non sei gelosa di Astoria, Anastasia, anche io sono geloso di Edward, e anche io avrei quella faccia se lui si fosse presentato qui ieri sera fingendo di non sapere chi io fossi»
Lei rimase immobile con il bicchiere con la Pozione in mano. Draco aveva parlato con tono calmo, freddo, razionale. Come se avesse avuto settimane per pensarci, eppure, presumibilmente, si era svegliato al massimo un’ora prima di lei.
«Bene» decretò allora lei. «Hai già detto tutto tu»
«Allora puoi toglierti quel broncio, per favore
«Non usare questo tono con me» lo richiamò lei.
«Tu non usare questo tono con me» rispose lui, facendo la voce grossa. «Non potevo sapere che Astoria e Daphne si sarebbero presentate, e …»
«Non ti voglio sentire»
«E invece io ho proprio voglia di spiegartelo»
Anastasia trangugiò la Pozione e rimase a fissare il bicchiere vuoto, sentendo il calore della pozione attraversarle l’esofago. «Bene»
«Bene?»
«Parla, se ne hai tutta questa voglia»
«Non se tu non ne hai altrettanta di ascoltarmi»
Anya si trovò con le braccia incrociate sul petto e una voglia matta di fare a pugni.
Perché era lui quello razionale e lei era la pazza furiosa? Perché i ruoli si erano ribaltati?
«Perché io sono più grande, e-» disse lui, rispondendo ai suoi pensieri.
«Esci, ti ho detto!» ringhiò lei. Involontariamente, scaraventò il bicchiere contro il muro, rompendolo in mille pezzi.
Draco non fece neanche finta di prestarvi attenzione. «… E perché ho preso la Pozione un po’ prima di te. E anche una Pozione di Memoria, se posso essere sincero, e quello che mi ricordo è una bellissima serata …»
«Interrotta da Astoria e Daphne
«Non lo potevo sapere» si difese di nuovo lui. «Così come non sapevo dei gemelli, credevo che Blaise-»
Anya strabuzzò gli occhi. «I gemelli! Avevi detto solo George
«No, tu hai detto George,» puntualizzò Draco. «per via dell’incantesimo. Io e Blaise abbiamo solo evitato di aggiungere il dettaglio “Fred”»
«Begli amici di merda» sputò lei, mentre Kora raccoglieva i pezzi del bicchiere con uno schiocco di dita, in palese imbarazzo per la situazione.
«Anastasia, io e te non siamo amici» rispose Draco, con un filo di voce. «Non credo che due amici abbiano questo tipo di discussione»
«Non l’avremmo avuta, se tu te ne fossi andato quando te l’ho chiesto»
«Questo non cambia le cose» rispose lui. «E poi, è casa mia»
«Per quanto mi costi ammetterlo, hai ragione» disse lei tra i denti. «Me ne sarei dovuta andare io»
«Non sto dicendo ques-»
«Anzi, me ne vado ora»
«Anastasia»
Rimase a guardarlo qualche secondo. Se non l’avesse creduto impossibile, avrebbe pensato che la stesse implorando di restare. Si riempì gli occhi di quell’immagine. Poi, Appellò la sua borsa, e preoccupandosi di fare più baccano possibile, raggiunse la porta, scusandosi con l’elfa per il bicchiere senza aspettare risposta.
«Amico, dovresti rincorrerla» disse la voce assonnata di Blaise, alle spalle di Draco.
Lui neanche si voltò. «Da quanto sei lì?»
«Dieci secondi, circa» rispose Blaise. «Ma credo che anche i pavoni vi abbiano sentiti strillare»


 
«Doveva chiedermelo»
«Anastasia, a volte …»
«Se me lo avesse chiesto, sarei rimasta»
«Non ne dubito» replicò Minerva. «Ma mi chiedo, mia cara, se a volte i gesti non possano sostituire le parole»
«Minnie, non iniziare» replicò Anastasia, sulla sponda del Lago Nero che tirava sassi in modo che rimbalzassero sull’acqua. Accanto a lei, composta ed elegante come sempre, la madrina migliore che una persona come Anastasia potesse desiderare, con il suo famoso soprabito verde di velluto e la solita acconciatura.
«Forse non te lo ha chiesto a parole, ma di sicuro lo ha pensato, e quindi ci ha tentato: non è sempre facile, trasformare in suoni le parole che abbiamo in testa»
«Sfortunamente, il Legilimens è lui» replicò allora la giovane.
«Non sempre serve la Legilimanzia, per capire cosa una persona stia pensando o provando»
«Se me lo avesse chiesto, sarei rimasta» ripeté lei. «Sarei rimasta, mi sarei calmata e avrei anche ascoltato tutte le sue spiegazioni del cazzo»
«Anastasia» la richiamò la Preside.
«Scusa, mi è scappata» rispose lei, lanciando un altro sasso. «Doveva solo chiedermelo, per Morgana!»
«Oh, mia cara» sospirò Minerva. «Forse tendiamo a dimenticarci di chi stiamo parlando. Ti sei invaghita di uno dei maghi più enigmatici e paranoici che io conosca – e ne conosco davvero moltissimi»
«Non mi sono invaghita»
«Oh, no, infatti, infatti: ti sei proprio presa una bella sbandata»
Minerva sorrise vedendo la figlioccia che scuoteva la testa per nascondere del rossore.
«E poi, che senso ha fare leva sul fatto di essere più grande? Lo so anche io che è più grande!» si lamentò, raccogliendo un altro sasso dalla riva.
«Bambina mia, certe cose, credimi, le imparerai solo invecchiando. E lo so che odi questo genere di discorsi, ma questa è l’amara verità. E se avessi voluto qualcosa di diverso dall’amara verità, di certo non saresti venuta a cercare me»
Anastasia si concesse di voltarsi per guardarla, mentre il sasso che aveva appena lanciato rimbalzava sull’acqua. «Grazie, Minnie» le disse.
«Dovere» rispose lei. «Ora, dovrei andare a spedire alcune lettere»
«Nessuna che mi riguardi, spero»
«Oh, no: ho smesso di spedire richiami ai tuoi, per fortuna» sorrise Minerva. «Puoi restare quanto vuoi, ovviamente, conto ch tu lo sappia: Hogwarts è ancora casa tua»
Anastasia le sorrise di nuovo. «È sempre bello sentirselo dire» ammise.



«Sei una testa di troll!»
«Grazie»
«Che cosa ti costava ascoltarlo?»
«Nicole, sei appena tornata dopo settimane: dobbiamo parlare di questo
«A quanto pare sì!» rispose la cugina, mentre passeggiavano per Hogsmeade. «Non posso lasciarti da sola per … quanto tempo è stato? Due mesi? E guarda cosa mi combini!»
Anastasia sorrise, aprendole la porta dei Tre Manici di Scopa con finta galanteria. «Mi sei mancata»
«Vorrei ben dire» rispose lei saccente.
Nicole, tra le due cugine, era quella più spavalda e audace. Non a caso, era una Grifondoro. Menomale, poi: a detta di tutti, sua madre si sarebbe rivoltata nella tomba se la figlia non avesse indossato i suoi stessi colori. E poi, a detta di Minerva, Nicole Redfort-Levre era troppo uguale a Rosalie per non portare la cravatta rosso-oro: non solo per la forma del viso, degli occhi e delle labbra, il colore di capelli o la voce riconoscibile tra mille. Era, diceva, per il modo di camminare, di gesticolare, e anche per quello di volare e di sistemarsi i capelli quando parlava. Per un talento nelle Pozioni che, sicuramente, aveva detto Gabriel, non era merito dei suoi geni francesi. Lui, Caposcuola Corvonero, con i calderoni ed i manici di scopa aveva combinato solo guai.
All’interno del pub, Ted e Lyall le attendevano con trepidazione. Essere di nuovo tutti e quattro insieme sembrava un sogno, uno di quelli dai quali non si ha voglia di svegliarsi. Ordinarono quattro Burrobirre e ascoltarono ogni racconto di Nicole, della Francia, di Gabriel e del suo lavoro e di Damian e delle sue preoccupazioni, dei suoi nonni Babbani e di quanto lei li trovasse adorabili quando fingevano di non pensare che fosse strana.
La serata sembrò volare, e Anastasia, unica maggiorenne tra i quattro, riaccompagnò tutti a casa. Salutò Damian da una finestra, fuori casa di Nicole, per poi afferrare gli altri due e Smaterializzarsi di nuovo davanti al cancello della piccola villetta.
«Lyall, entra» disse Ted.
Lyall salutò Anya con un cenno ed eseguì l’ordine, capendo che l’atmosfera si sarebbe fatta tesa in un attimo. Quando si fu assicurato che il fratello non potesse sentire, tornò a fare lo sguardo serio nei confronti della giovane Black.
«Ora farò quello che fai sempre tu con me quando piagnucolo»
«Mi prenderai a calci?»
«No, sarebbe troppo semplice»
«Mi fai fare tre giri del campo in più?»
«Neanche – e poi, mi sono allenato con te si e no tre volte»
«Perché sei un pappamolle» replicò lei. «Quindi, che vuoi fare?»
«Ti sbatto in faccia la realtà finche non la smetti di piagnucolare»
Anastasia alzò gli occhi al cielo. «Ted, seriamente
«Farà più male di quanto credi»
«Ho sonno»
«Allora ti conviene ascoltarmi, perché sono cose che devo dirti da un bel po’: non posso tornare a Hogwarts senza dirti queste cose, Anastasia»



NdA: pubblico oggi perchè stasera parto - mi prendo un po' di sacrosanto riposo, per tranquillizzare chi temeva che dormissi troppo poco. Non temete, farò in modo di tornare alla base per pubblicare puntuale lunedì, perchè come vedete, le cose iniziano a farsi interessanti. :D


 
   
 
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