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Autore: Red_Coat    02/08/2020    1 recensioni
Questa è la storia di un soldato, un rinnegato da due mondi. È la storia del viaggio ultimo del pianeta verso la sua terra promessa.
Questa è la storia di quando Cloud Strife fu sconfitto, e vennero le tenebre. E il silenzio.
Genere: Angst, Guerra, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cloud Strife, Kadaj, Nuovo personaggio, Sephiroth
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Più contesti
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- Questa storia fa parte della serie 'L'allievo di Sephiroth'
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Una sera in cui Victor si addormentò dopo aver passato le ore a studiare quei fogli, e lì per lì non si accorse neanche di averlo fatto tale era la stanchezza accumulata, ad accoglierlo nel mondo del subconscio fu proprio Vittorio e il suo travolgente entusiasmo.
 
«Ehilà, soldatino! Ti stai dando da fare parecchio con quella mappa del tesoro, ah?» scherzò.
 
Riaprì gli occhi e lo vide seduto sulla solita roccia, nel bianco abbagliante della parte più limpida della sua coscienza.
 
«Mph.» bofonchiò, ad occhi bassi «Sarebbe tutto più facile se sapessi almeno a quale tesoro conduce.»
 
Gli faceva ancora male la testa per colpa di tutte le ore passate a rileggere sempre le stesse cose. Aveva una missione da compiere, un piano di vendetta da portare a termine, non poteva perdere altro tempo eppure era esattamente quello che stava facendo. Iniziava a sentirsi irritato.
 
«Tipico di Sephiroth, no?» ridacchiò Blain, e a ripensarci Victor non poté che dargli ragione, sorridendo appena.
 
Era proprio da Sephiroth assegnargli un compito senza perdersi in troppe arzigogolate spiegazioni, anche se stavolta una, anche striminzita, sarebbe servita.
 
«Però durante la battaglia finale sembravi sapere abbastanza bene il fatto tuo.»
 
Un lampo di luce illuminò i meandri del suo istinto accendendo la ragione, troppo breve però perché riuscisse ad afferrarne il senso. Si ridestò così, confuso, tornando a guardare il sorriso di Blain che invece sembrò suggerirgli qualcosa nel silenzio che seguì, guardandolo negli occhi senza aggiungere nient'altro.
 
«La battaglia finale ...?» ripeté tra sé Osaka, riflettendoci e ritornando a quegli attimi «Questo cosa centra con ...?»
 
Un brivido lungo la schiena. Forse per l’intensità di quei momenti, forse per averne sfiorato senza afferrarlo il senso implicito.
Comunque stavolta Blain non aspettò altre domande da parte sua, né gli diede altro tempo per pensare.
Piuttosto cambiò completamente argomento, almeno all'apparenza.
 
«A proposito, hai ancora intenzione di cercare la vera madre di Sephiroth?» disse
 
L'attenzione dell'ex SOLDIER fu nuovamente calamitata verso il suo alter ego. Lo fissò facendosi serio, e sentì il cuore fermarsi per un breve istante.
Aveva accarezzato quell'idea quando il suo niisan era ancora vivo, voleva ricambiare il favore che il Generale gli aveva fatto, permettendogli di scoprire chi fosse realmente. Ma ... erano cambiate parecchie cose da allora. Anche se lo avesse saputo, ora ...
 
«A cosa servirebbe ...?» mormorò flebilmente, abbassando gli occhi lucidi.
 
Vittorio sorrise comprensivo.
 
«Vuoi esaudire l'ultimo desiderio di Sephiroth e distruggere il Pianeta, no? In questo caso ... cos’hai pensato di fare con Omega?»
 
Victor tornò a guardarlo, corrucciandosi.
 
«Omega?» ripeté confuso.
 
Blain annuì facendosi serio. Si sporse in avanti verso di lui, appoggiando i gomiti sulle ginocchia.
 
«La Weapon più potente mai creata dal Pianeta stesso.» spiegò «Il suo scopo è semplicemente quello di portar via il Lifestream in caso di danno irreversibile.» si fermò per un istante, vedendolo scurirsi, e con più comprensione aggiunse, senza accennare direttamente a nessuno dei suoi affetti perduti ma cercando ugualmente di arrivare al suo cuore e soprattutto alla sua mente «Tutte le persone che ami di più si trovano nel lifestream, ora ...» gli fece notare sapendo bene di non averne affatto bisogno «Devi cercare di convincerlo a lasciarle andare, se vuoi salvarle.»
 
Osaka s'impensierì.
Parlare con una Weapon ... era un pensiero assurdo anche senza considerare che le Weapon erano l'unica cosa esistente al mondo in grado di fargli così paura da spingerlo a perdere i sensi.
 
«È impossibile ...» mormorò tristemente, scuotendo il capo.
«Non proprio.» rispose Vittorio, quindi spiegò «Esistono meccanismi del pianeta sconosciuti perfino alla maggioranza dei Cetra più eruditi. Coloro che si sono uniti al lifestream stanno facendo del loro meglio per aiutarti, ma tu devi fare la tua parte.»
«Sarebbe a dire? Sono stufo degli enigmi!» sbottò anche troppo stizzosamente Victor, sbruffando.
 
Parlare di chi non c'era più ... era ancora troppo presto per lui, anche se sapeva di doverlo fare, prima o poi. Lo incupiva, e sentiva di non aver bisogno di altri tormenti ora. Cercava soluzioni!
Blain ridacchiò.
 
«Parlare con una Weapon è impossibile, è vero.» gli rispose «Ma si dia il caso che Omega sia l'unica Weapon ad avere un vassallo. Chaos, il guardiano delle anime. Con una predilezione per quelle tormentate o impure per qualsivoglia motivo.» concluse oscillando il capo «Hai un certo ascendente su di lui per questo, e non dico che convincendolo risolveresti il problema, ma potrebbe darti una grossa mano.» suggerì con un alzata di spalle e un cenno di assenso molto convinto «Perciò non devi far altro che cercare l'umano a cui è legato, e lasciare che Fenrir faccia il resto. È una divinità e per qualche ragione ha deciso di aiutarti, farà da intercessore.»
 
L'ex SOLDIER lo ascoltò con molta attenzione pensandoci attentamente, quindi annui deciso.
Sembrava un piano sensato, anche se le potenzialità del medaglione gli avrebbero permesso anche senza l’aiuto di Chaos di preservare le anime dei suoi cari. Forse però, se Omega non le avesse lasciate andare definitivamente, ci sarebbe stato il rischio di perderle per sempre.
No. Non poteva correrlo, assolutamente.
 
«Chi è questo umano?»
 
Blain sogghignò.
 
«Lo stesso ch'è l'unico ad essere a conoscenza delle vere origini di Sephiroth.» gli rivelò, guardandolo sgranare gli occhi nell'ascoltarne il nome «Vincent Valentine.»
 
Valentine ... ancora Valentine.
Per qualche misteriosa ragione quell'uomo seguitava a capitargli davanti, e ora forse avrebbe scoperto il perché.
 
«Lui ... cosa centra con Sephiroth?» mormorò continuando a seguire rapido il filo dei suoi pensieri.
«Perché non glielo chiedi di persona.» suggerì allora Blain «Credo ti sorprenderà la risposta.»
«Bene, ma non so dove sia adesso.»
«Sulle tue tracce.»
 
Una rivelazione che lo sconvolse non poco, allertandolo. Nemmeno per un istante mise in dubbio la veridicità di quell'affermazione. Ormai aveva imparato a fidarsi di lui, ma non era solo questo.
 
«Non dirmi che non te n'eri accorto.» lo sentì ridacchiare.
 
Un mezzo sorriso gli si dipinse sulle labbra. Allora non era stata solo una sensazione infondata. Se lo stava seguendo però voleva dire che sapeva ...
 
«Per conto di chi?» fu la successiva domanda.
 
Chi altri sapeva che in realtà era vivo?
Blain sogghignò di nuovo.
 
«Scoprilo da solo.» lo sfidò «Sephiroth non te l'ha fatta semplice, chi sono io per agire diversamente?» concluse strappandogli un sorriso ironico «Mi limiterò a dirti che non tutto è perduto. Ti rimane ancora qualche chance per sfruttare il tuo tanto amato effetto sorpresa.»
 
***
 
Il mare era calmo, il cielo limpido, e il piccolo yatch con il quale era giunto su quel continente adesso era completamente circondato da soldati in un'uniforme ocra che non aveva mai visto prima di allora.
Erano una decina, tutti armati di un fucile e qualcuno anche di una vecchia spada SOLDIER, oppure un paio di pugnali. Presidiavano tutti gli accessi alla nave, e in testa avevano un elmetto senza visiera che non portava alcuno stemma.
Victor si appostò dietro ad un cespuglio e li osservò macinando già idee per levarseli di torno e al contempo scoprire di più sul loro mandante, seguito dai suoi tre fratelli.
La chiacchierata di qualche settimana addietro con il ragazzo dei suoi sogni si era alla fine rivelata provvidenziale.
 
«E quelli chi diavolo sono?» sbottò Loz dopo qualche istante di silenzio, esternando i sentimenti degli altri due.
«Usiamo il medaglione, Niisan?» chiese Kadaj, già pronto a sfoderare la sua arma.
 
Ma ancora una volta lui li stupì.
 
«Non stavolta.» rispose, continuando a fissare pensoso i soldati che facevano avanti e indietro scambiandosi in continuazione le postazioni «Non ho mai visto quelle divise prima d'ora.» spiegò fissando uno ad uno i suoi obiettivi «Prima l'escavatrice, ora questo ...»
«Vorresti scoprire chi c'è dietro?» gli fece eco Kadaj, seguendo il filo dei suoi pensieri.
 
Annuì, guardandoli tutti e tre.
 
«Se c'è ancora qualcuno in grado di mantenere un esercito e di usarlo anche a favore del Pianeta e dei suoi abitanti, ormai la storia degli zombies dovrebbe già essere giunta alle loro orecchie da un pezzo.» chiarì.
«Questo spiegherebbe la presenza di quei soldati?» lo seguì Yazoo, cercando di capire dove volesse arrivare.
 
Osaka tornò ad annuire.
 
«In un tratto sperduto della costa come questo, chi altri avrebbe interesse a presidiare una nave se non qualcuno che teme per la salute del continente est? E non scordiamoci che la nave in questione è piena di armi, se l'hanno perquisita le avranno di sicuro trovate e avranno già fatto rapporto.» 
«Armi?» Yazoo parve illuminarsi.
«Davvero, e dove le hai prese??» chiese affascinato ed eccitato Loz.
 
Victor fece un ghigno che assomigliava di più ad una smorfia, tornando a fissare i soldati ignari. Le pupille si restrinsero e la mano corse alla spada.
 
«Diciamo che prima di trovare il medaglione ho deciso di fare un regalino a quei bastardi, saccheggiando Junon e spedendo all'inferno perfino un cane.» rivelò, con un che di rabbioso e al contempo soddisfatto.
 
Di quell'ultimo atto non andava particolarmente fiero, gli animali non erano altrettanto colpevoli quanto gli umani, ma dato che quel mondo doveva estinguersi tanto valeva rendere le cose più interessanti per tutti, soprattutto per lui.
Loz ridacchiò divertito, faticando seriamente a trattenersi dall’esplodere in una fragorosa risata per non rivelare la loro presenza. Allo scopo mise anche una mano di fronte alla bocca.
 
«Ecco perché hai fatto così tardi. Te la sei spassata senza di noi.» commentò.
 
Il diretto interessato si finse pentito.
 
«Perdono.» concluse, inclinando di lato il capo.
«Ma la barca ci serve, ora. Come ce ne liberiamo?» si fece avanti Yazoo, che stava già pensando a come lasciar sfogare la sua arma.
 
La Velvet Nightmare era un po’ come lui, silenziosa ma letale in battaglia, impaziente quando si trattava d'intraprendere uno scontro; anche se mirava ad avere tutta la situazione sotto controllo prima di buttarsi nella mischia, non sbagliava un colpo neppure quando lo faceva senza aver minimamente riflettuto.
Per questo gli piaceva quel lato di Victor Osaka, molto più tattico di quanto non avesse creduto quando lo avevano trovato. Le cure del dottore erano servite, da quando si erano allontanati dal gelo del Cratere il suo innato istinto SOLDIER gli aveva permesso d'inventare piani sempre più geniali che, poteva scommetterci, avevano anche l'obbiettivo di sorprenderli.
Perfino adesso, mentre lo osservava scrutare quelle uniformi straniere in silenzio, si tenne pronto e sentì la mano fremere stringendo il manico della pistola. Si rese conto, guardandoli meglio, di come tutti loro in realtà lo stessero facendo, Victor in testa. Fremendo all’odore del sangue che avrebbe avuto modo di versare come una belva addestrata pronta alla battaglia.
Le sue aspettative non vennero deluse.
 
«Ucciderli tutti non ci permetterebbe di scoprire molto...» lo sentì comunque dire.
 
Come ci riusciva? Come faceva a mantenere tutto quell’autocontrollo nonostante i segnali emanati del suo corpo trasmettessero impazienza? Per lui, Yazoo, era facile. Era nato così, non si era mai sentito in dovere di esplodere, né aveva mai avuto l’istinto innato di farlo per sfogarsi. Victor no, lui era diverso. Aveva imparato a farlo, con molta fatica probabilmente visto il carattere sanguigno. Come si apprendeva un’arte simile, capace di modificare un comportamento innato? Chi era stato capace d’insegnarglielo? Sephiroth? Era stato davvero tutto merito suo?
 
«Prendiamo qualche ostaggio?» propose Kadaj, mentre lui continuava a rimuginare su quei nuovi, curiosi quesiti.
 
Ampliò il suo sguardo focalizzandosi su entrambi. Erano simili, anche se l’aspetto di Kadaj era molto più giovane e per certi versi anche etereo, innocente. Perfino la sua voce, tolta quella sfumatura nervosa che a volte lo faceva sembrare davvero molto più adulto e adirato di quanto non fosse, era giovane e quasi fanciullesca.
Era ciò che di lui ingannava, mentre i capelli neri e quell’aria torva in viso di Victor erano un già molto eloquente biglietto da visita. Ma sotto la scorza Kadaj era identico a lui, almeno da quel punto di vista e forse anche sotto molti altri. Lo rivelavano la postura, i gesti frenetici e l’eccitazione maldestramente controllata. Victor era un veterano abituato ormai ad indossare una maschera di autocontrollo, Kadaj lo osservava attento abbeverandosi di ogni singolo gesto o parola nella speranza di riuscire ad uguagliarlo.
Eppure … qualcosa che li differenziava c’era. Qualcosa che rendeva Kadaj superiore a Victor Osaka, un dono che la madre aveva regalato solo a lui. Perché? Perché solo a lui e non ad entrambi? Perché non a Victor?
Erano tutti sull'attenti, tutti e tre aspettavano di vedere quale altro asso nella manica avrebbe tirato fuori.
Il 1st class annuì con uno strano sorrisetto sulle labbra sottili, le iridi feline si dilatarono di nuovo e Yazoo tornò a concentrarsi sul presente ascoltandolo dire:
 
«Uno.» alzando l'indice della mano destra per poi tornare a guardare il più piccolo «Me ne serve solo uno, che sia disposto a parlare.» poi tornò a scrutare gli uomini, e Yazoo fu sicuro ne avesse già individuato qualcuno che corrispondesse alla descrizione che ne fece subito dopo «In una compagnia c'è sempre un codardo disposto a tutto pur di salvare la pelle.» 
 
Il pistolero sorrise, e lo fece anche Loz.
 
«Ne sai davvero una più del diavolo, Niisan.» osservò ammirato il proprietario della Velvet Nightmare.
 
A quel punto però a sorprendere tutti fu Kadaj, che aggiunse deciso, guardando negli occhi il suo Niisan.
 
«Ho un'idea. So come individuare il nostro uomo senza muovere un dito.»
 
Poi sorrise, e diede il via al suo piano senza chiedere il permesso.
Victor restò a guardare mentre lo vedeva radunare nel palmo della sua mano destra quella fitta nebbiolina nera nel quale era in grado di trasformarsi, e in meno di qualche secondo la osservò farsi ancor più densa, fino a che non fu pronta per essere scagliata appena fuori dai cespugli che li nascondevano.
Raschiò il terreno espandendosi con rapidità, emettendo un suono metallico che ben presto si trasformò in un ruggito. Tre losche creature emersero da essa: Mostri d'ombra, scheletrici e aggressivi, lunghi artigli e orbite vuote. Con un gigantesco balzo furono addosso ai primi tre soldati che iniziarono a divincolarsi, ma nulla poterono contro le zanne dei loro crani da topo.
Victor tornò a guardare Kadaj rivolgendogli un cenno di assenso del capo e uno sguardo piuttosto compiaciuto.
 
«Sono sorpreso.» ammise «Bella trovata.»
 
Kadaj annuì a sua volta con un sogghigno soddisfatto, alzando altero il capo e le spalle.
 
«È solo uno dei tanti doni della Madre.» rispose ostentando una modestia che non aveva.
 
Si scambiarono un sorriso fiero, riconoscendosi l’uno negli occhi dell’altro, infine entrambi tornarono a guardare le creature e il risultato della loro apparizione.
Ad uno degli obbiettivi venne recisa la carotide, all'altro venne amputato un occhio, il terzo riuscì a liberarsi quasi indenne sparando un colpo col suo fucile che fece saltare la mascella inferiore al mostro. 
Il soldato scattò in piedi e sfoderò la spada, pronto a combattere mentre i suoi colleghi ripresosi dall'orrore ora gli coprivano le spalle.
Tutti tranne uno, che se ne stava in retroguardia spaesato, le mani che reggevano il fucile tremanti e sudate, gli occhi sgranati e le labbra tremule.
Bastò uno sguardo, e Kadaj e Victor seppero di avere in mente la stessa idea.
"Ecco il nostro uomo." 
Osaka annuì in silenzio, dando il via libera al massacro.
In meno di un paio di minuti tutti gli uomini erano morti eccetto il povero sventurato scelto come ostaggio, che dopo aver assistito alla morte del suo ultimo compagno sgozzato come il primo, vide tutte e tre le creature fiondarsi su di lui e urlò come non aveva mai fatto prima, accasciandosi a terra, il fucile stretto in petto, fino quasi ad avere un infarto.
Chiuse gli occhi ascoltando quei ruggiti infernali, e strinse i denti aspettandosi un dolore che però non arrivò.
All'improvviso si accorse di essere rimasto solo coi cadaveri dei suoi amici, e lì per lì non seppe cosa pensare tanto fu lo shock.
Victor conosceva bene quella sensazione, l'odore della morte ancora fresco, il senso d'impotenza nel vederla inghiottire le persone più care. Se Zack per lui non fosse ormai diventato poco più che un'ombra sfocata nei ricordi, di sicuro avrebbe provato compassione ed empatia per quel giovane dall'aria spaesata.
Ma quello non era più il tempo della compassione né dell’empatia, l'unica cosa che cercava adesso era vendetta, la più cruda e crudele che riuscisse a trovare, in grado d'alleviare seppur in piccolissima parte lo stordente dolore che aveva fatto marcire il suo cuore.
Nessuno aveva avuto compassione per lui, nessuno ne aveva avuta per Sephiroth, né tantomeno ne avrebbe avuta per Kadaj, Loz e Yazoo. Per quale motivo lui avrebbe dovuto agire da buon essere umano, ora? In fondo, mph, non lo era che per un misero terzo, e non fosse stato per Hikari, Keiichi, per suo nonno e per i suoi genitori avrebbe ben volentieri rinnegato anche quello.
Si avvicinò fino ad essere sopra il ragazzo, che a malapena riuscì a vedere la sua ombra.
La paura aveva confuso i sensi, il dolore aveva annebbiato la vista e la mente, per questo forse il poveretto non lo vide neppure il ghigno che gli rivolse, e quando lo afferrò per un braccio costringendolo ad alzarsi lo sentì urlare nuovamente, e non riuscì più trattenere le risate del demone che si era impossessato di lui.
Quella paura ora alle sue orecchie suonava quasi ridicola, una delle tante maschere di una ben riuscita commedia nera.
Rise, beffardo e sadico, e lo stesso fecero Kadaj, Loz e Yazoo.
Poi tornò ad indossare la maschera che invece aveva scelto per sè, quella del soccorritore.
 
«Non preoccuparti, ragazzo.» disse, in un tono che di rassicurante aveva poco se si conoscevano le sue vere intenzioni.
 
Ma quel giovane inesperto che poco o nulla sapeva della guerra e soprattutto del mostro che aveva davanti, ci cascò con tutte le scarpe, fermandosi alle sue apparente umane.
Non doveva avere più di diciotto anni, aveva un volto innocente contorniato da riccioli castani e due occhi azzurri che fin troppo gli ricordarono quelli del suo peggior nemico. Questo non fece che imbestialirlo ancor di più.
Lo avrebbe usato come cavia vivente nell'attesa di poter mettere le mani su quello vero, come aveva fatto tempo addietro col manichino nella palestra del “Combattente”.
 
«Noi siamo qui per aiutarti, vero Yazoo?» proseguì mellifluamente, lanciando una rapida occhiata di sbieco al suo complice, che col medesimo ghigno stampato sulle labbra incrociò le braccia sul petto e annui.
«Certo che si.» rispose lui, genuflettendosi appena per nascondere il ghigno accennato e l’espressione divertita negli occhi.
 
Tirandosi dietro i sorrisi sghignazzanti degli altri due.
Osaka tornò a guardare il ragazzo nelle sue mani, tremava così tanto da non riuscire a reggersi nemmeno in piedi quando infine lo lasciò andare.
 
«Dì, Niisan. Forse lo abbiamo spaventato troppo?» chiese Kadaj perfidamente.
 
Victor sogghignò portandosi un dito sulle labbra.
 
«Shhh.» fece, osservando il suo ostaggio sgranare gli occhi fino quasi a farseli uscire dalle orbite.
«Giuro che se urli di nuovo ti strappo la lingua a mani nude.» lo minacciò sibilando.
 
In risposta questi chiuse ermeticamente le labbra, ricominciando a tremare.
Il first sogghignò soddisfatto.
 
«Bravo ragazzo ...» lo lodò, per poi dare inizio all'interrogatorio «Ora dimmi, con calma e scandendo bene: Qual è il tuo nome?»
«M-m-m ...» iniziò quello, ma la paura era tale da avergli annodato la lingua.
 
Consapevole di esserne l'artefice, Osaka afferrò con forza il mento e strinse, costringendolo a guardarlo dritto negli occhi.
 
«Sei sordo, forse? Odio i balbettii, te l'ho già detto.» ripeté più lentamente, quasi ringhiando nel sottolineare quella parola.
«S-si, signore!» mormorò allora quello, annuendo più volte.
 
L'ennesimo ghigno si dipinse sulle labbra dell'ex SOLDIER.
 
«Michael, Signore. Il mio nome è Michael.» rispose dunque l’ostaggio, riappropriandosi della sua capacità di linguaggio.
«Bravo.» lo lodò, beandosi nel vederlo letteralmente pendere dalle sue labbra nella speranza che lo lasciassero andare.
 
Povero illuso. La speranza era l'ultima a morire, ma prima o poi anche lei lo faceva sempre, come aveva ben imparato a sue spese.
 
«Adesso dimmi, Michael. Sei un ex SOLDIER?»
 
Quello scosse la testa, sudato fradicio.
 
«No, signore.»
 
Guardò i suoi occhi e fu come se lo vedesse per la prima volta. Gli occhi. Il Mako nei suoi occhi. Era talmente spaventato che quasi non ci avevo fatto caso, ma in allerta ora il suo corpo mise in circolo l’ennesima dose di adrenalina che permise alla sua vista di schiarirsi e vederlo ora. Quel verde Mako. E quelle pupille feline.
Era solo un bambino quando le aveva viste per la prima volta, e se non fosse stato persuaso della pericolosità del gesto avrebbe davvero urlato.
Il ghigno di Victor si accentuò.                                                                                          
 
«No?» gli fece eco, abbassò lo sguardo sul suo fucile, ancora stretto tra le braccia come unico appiglio in mezzo a quel mare di paura.
 
Glielo prese con un strattone e glielo mostrò, inclinando di lato il capo e alzando sarcastico le sopracciglia.
 
«Allora come fai ad averlo?» lo incalzò, in un tono calmo che cozzava così tanto coi suoi gesti minacciosi, da destabilizzare «Eri nell'esercito? Per chi lavori?»
 
Nel porgli l'ultima domanda lo afferrò per un braccio e lo obbligò a restare dritto di fronte a lui.
Kadaj, Loz e Yazoo restarono sull'attenti, mettendo mani alle loro armi e compiendo un passo in avanti.
 
«WRO!» urlò l'ostaggio coprendosi il volto con le mani guantate di nero.
 
Le pupille feline dell'ex first class ebbero l'ennesimo scatto, il suo sguardo si fece attento.
 
«WRO?» mormorò, assottigliando le palpebre.
 
Era la prima volta che sentiva questa sigla. Ma quanti assi nella manica avevano gli umani? La Shinra non aveva fatto in tempo a cadere che già era nato un altro abominio? O forse era una delle tante compagnie energetiche a cui la Shinra aveva soffiato il posto e che ora facevano a gare per prendersi il posto lasciato vuoto? Sarebbe stato ancora più vomitevole se a guidare questo nuovo colosso fossero stati i resti di quello precedente.
Tsh! Irritante.
E poi era Sephiroth quello da biasimare?
 
«E che cazzo sarebbe?» sbottò Loz, esternando alla perfezione la confusione generale.
 
Victor gli lanciò un sorriso di sbieco. La sua prima parolaccia, non sapeva se esserne commosso o meno. Dei tre, Loz era il più rude in apparenza, tant'è che privilegiava il combattimento corpo a corpo all'uso di qualsiasi tipo di spada o arma da fuoco.
Ma fino ad ora non gli aveva mai sentito dire una parolaccia, e ciò poteva solo significare che stava perdendo la pazienza. Non era l'unico a quanto sembrava.
 
«WRO.» ripeté stranito l'ostaggio, sorpreso che non ne avessero mai sentito parlare «World Regeneration Organization. Difendiamo il Pianeta e i suoi abitanti, siamo pacifici.» spiegò, continuando a mostrare le mani, sottomesso.
 
Osaka restò un istante in silenzio a guardarlo, serio e pensoso, mentre quello seguitava a scusarsi e sputare il rospo.
"World Regeneration Organization ... è più grave di quanto pensassi, allora ... le formiche superstiti hanno già iniziato a costruire un nuovo formicaio. Sigh. Sephiroth, non la smetteranno mai."
 
«Non volevamo far del male a nessuno, siamo qui perché ci è stato ordinato di monitorare gli spostamenti lungo la costa. C'è un'epidemia, mostri terribili ci hanno detto, e la gente di questo continente sta scappando ma così rischia d'infettare anche gli altri. Il nostro compito è solo quello di controllare che chi parte sia sano?» 
 
Quelle parole accesero nella mente dello scaltro Osaka una lampadina di troppo. Guardò Kadaj e lo vide sogghignare a sua volta, vittorioso.
 
«Mostri?» domandò ritornando in sé e tornando a rivestire il ruolo del "poliziotto buono" «Che genere di mostri?»
 
Gli servivano conferme che però stavolta non trovò.
 
«Non lo so.» replicò rammaricato quello, scuotendo il capo e incurvandosi quasi fino a genuflettersi «Non ci hanno detto altro, solo di stare attenti.»
 
Ovviamente. Mph. Possibile che chi li stava seguendo non sapesse degli zombie e non avesse riferito nulla in merito? Valentine era un tipo taciturno ma sembrava avere molta esperienza in queste cose. A ben pensarci, perché avrebbero dovuto “arruolarlo” se non ne avesse avuta. Si corrucciò pensandoci.
Si era ritrovato con AVALANCHE, ma … che fosse un ex turk o roba del genere?
A ben pensarci aveva tutta l’aria di esserlo. E Chaos come faceva ad essersi rifugiato in lui? Si erano davvero incontrati per caso o la Shinra aveva iniziato a fare esperimenti anche sui turks oltre che sui propri soldati.
Conoscendo Hojo e ricordando all’improvviso lo sguardo che Valentine gli aveva lanciato prima di accorgersi di essersi messo sulla sua stessa strada, molto probabilmente la seconda ipotesi era quella giusta. Perché avrebbe dovuto odiarlo così tanto, altrimenti? Le opzioni erano due, e una di queste comprendeva Sephiroth, ma non ebbe tempo per analizzarle.
 
«Allora vorrà dire che dovremo chiedere a chi ne sa di più.» osservò intanto Yazoo con la sua solita aria pacata, ma lanciando al Niisan l'ennesimo sorriso poco rassicurante. 
 
Victor tornò al presente, sogghignò e annuì.
 
«Forse dovremmo, si ...» ripeté, calando stavolta la maschera più terrificante che riuscì a trovare.
 
Afferrò per il colletto della divisa il giovane e fissandolo chiese sibillino, scuotendolo.
 
«Tu sai a chi possiamo chiedere, vero? Chi è il tuo capo?» 
 
Questi vacillò, il suo cuore tornò ad accelerare i battiti e il suo sguardo si fece sfuggente.
Non gli era stato detto nulla in merito al tenere nascosta l'identità di Reeve ai più, ma questi ... sembravano davvero essere i mostri che stavano cercando, se non nell’aspetto almeno nelle intenzioni.
 
«I-io ...» balbettò, mentre cercava di decidere il da farsi «Io non lo so, non l'ho mai visto.»
 
Bugia. Falsa e spudorata, e Osaka lo capì all'istante ma sulle prime sembrò non prendersela affatto. Scosse piano il capo, il suo ghigno si accentuò.
 
«Michael, Michael ... Mentire è spregevole, lo sai?» lo minacciò con fare paterno.
«N-no! No!» si agitò nuovamente quello «Non sto mentendo! Ve lo giuro! Non so altro, questioni di sicurezza!» vedendo anche gli altri tre avanzare di un altro passo verso di lui alle spalle di quello che si era tramutato in un battito di ciglia da salvatore ad aguzzino.
 
Ora non erano meno terrificanti dei mostri scheletrici che avevano ucciso i suoi commilitoni.
Il medaglione al collo di Victor prese ad emettere sinistri bagliori, nelle sue orecchie il SOLDIER udì sinistri grida ma le scacciò come il ronzio di una mosca. Quelle anime irrequiete erano e dovevano restare burattini nelle sue mani, null'altro.
Anche il giovane le udì, ma per lui furono più un sussurro indistinto, comunque spettrale. Senza che se ne accorgesse l'orrore provocato indusse le sue carni a rizzarsi.
Come se non bastasse, consapevole di averlo in pugno ormai, Victor avvicinò le labbra al suo orecchio destro e sussurrò, come ultimo avvertimento.
 
«Tu non sei un SOLDIER, ma io si. Un 1st class ...» sghignazzò, guardando il terrore impadronirsi di lui «Il re dei mostri.»
 
E pure degli zombie, anche se quel ragazzetto che ascoltò sgomento l’isterica risata in cui si lasciò scivolare non lo sapeva ancora. Momento d’ilarità malata che tuttavia durò davvero pochissimo.
 
«Parla, coraggio. Non costringermi a farti vedere cosa sono capace di fare.» gl'intimò interrompendosi all’improvviso, afferrandolo per il collo.
 
In uno slancio di coraggio, o di pazzia suicida, il giovane lo guardò negli occhi serrando le labbra e quasi provando testardamente a vincere il successivo duello di sguardi in cui si trovò coinvolto.
Pessima idea. Davvero pessima, perché vedendolo scuotere il capo Victor tornò a sogghignare, tramutandolo poi in una smorfia cattiva che gli rivolse prima di afferrarlo di nuovo per il colletto e trascinarselo dietro, urlante.
Le sue grida tuttavia si spensero all'istante quando, una volta vicini al bagnasciuga, gli afferrò i capelli e spinse la testa sott'acqua, tenendo salda la presa anche quando iniziò ad agitarsi e scalpitare tentando di sottrarsi alla tortura.
Lo fece tacere per mezzo della suola rinforzata dei suoi stivali, con un calcio ben assestato negli stinchi, mozzandogli il poco fiato che gli era rimasto nei polmoni, e subito dopo gettandolo a terra e ponendosi su di lui in modo da bloccargli la fuga. Era davvero debole a quel tipo di attacchi, non era un uomo addestrato al combattimento, perciò capì di doverci andare piano se non voleva perdere l'occasione di strappargli preziose informazioni. 
Spaventato, il disperato inizio a piangere senza riuscire a fermarsi, scosso ogni tanto dagli spasmi dei polmoni che cercavano di liberarsi dall’acqua e al contempo riottenere quanto più ossigeno possibile.
In più l’acqua di mare bruciava gli occhi già invasi dal pianto, e la gola ardeva come non aveva mai fatto prima.
 
«Vi prego ...» ripeté annaspando «V-vi prego, risparmiatemi. I-i-io  non so nulla di guerra, s-sono ... sono solo un carpentiere.» 
 
Victor lanciò una breve occhiata maligna ai suoi tre complici che ora si erano riuniti a cerchio intorno a lui, curiosi come piccole belve feroci che apprendono dalla Madre l'arte della caccia.
 
«Ah, si?» riprese «E come mai i tuoi superiori hanno mandato un carpentiere a compiere un incarico così pericoloso? Parla, chi sono gli incompetenti che ti manovrano?» 
 
Nel frattempo, sbattendo più volte le palpebre e scuotendo la testa, il giovane stava cercando di far ritornare la vista a livelli accettabili che almeno gli permettessero di guardare in faccia il suo assalitore, perché per il momento vedeva solo ombre indistinte e questo non faceva che peggiorare la situazione. Era come trovarsi nella stessa stanza buia con un mostro dagli artigli affilati, per di più già feriti, incapacitati a tenere gli occhi aperti per più di una minuscola frazione di secondo e senza armi da poter utilizzare per difendersi.
Quella fu la prima volta in cui iniziò a rimpiangere di essersi arruolato. Lo aveva fatto perché voleva dare una spiegazione ai morti di Junon, la sua città natia, ma ... non avrebbe mai immaginato d'imbattersi in qualcosa di così pericoloso. Soprattutto non avrebbe mai immaginato, né lo immaginava adesso, che quel qualcosa fosse lo stesso che aveva distrutto il suo villaggio.
Il poco coraggio che aveva stava lentamente sciogliendosi come neve al sole, eppure ne trovò ancora un poco per continuare a resistere dal rivelare il nome del suo benefattore. Serrò di nuovo la bocca, scuotendo il capo e mormorando quasi a mo’ di scusa un 
 
«Mi dispiace ...»
 
Victor Osaka si fermò a guardarlo. Quel ... ragazzetto patetico! Era un soldato del tutto incompetente, ma osava ancora opporsi? Ghignò.
Quel soffio sarebbe stato l’ultimo da lui emanato.
 
«No ...» disse famelico «È a me che dispiace ... risposta sbagliata Michael, ancora una volta.»
 
Quindi, prim'ancora che questi ricominciasse a urlare, lo sollevò di nuovo da terra e lo riportò con la faccia in acqua, lasciandogli a malapena il tempo di un respiro tra un affogamento e l'altro.
Una, due, tre, cinque volte, fino a che non fu sicuro di averlo portato al limite.
Lo gettò di nuovo a terra, come un sacco di patate, e stizzito si pulì il mento dalla bava rabbiosa e batté via polvere e acqua dalle mani guantate sospirando nervosamente.
 
«Sei un idiota Michael.» bofonchiò «Ma devo ammetterlo, hai fegato. Tuttavia ...» fece una pausa, voltandosi lentamente verso di lui e rivolgendogli un lungo sguardo adirato «Non sono sicuro che le due cose combinate assieme siano una fortuna.»
 
Gli angoli delle labbra scattarono pericolosamente all’insù.
 
Il cuore del giovane accelerò ancora di più i battiti tanto da indurlo a pensare che di lì a poco sarebbe esploso, e fu ancora peggio quando sentì Loz suggerire, in tono sghignazzante.
 
«Hey, fratellone. Forse con una buona dose di pugni la lingua gli si scioglierà definitivamente.»
 
Per fortuna non riuscì a vedere il sogghigno divertito con cui il 1st class rispose alla proposta, ma di certo questo non migliorò la situazione quando sentì la presa sul suo colletto allentarsi di colpo. Ricadde a terra come un sacco vuoto e Loz non ebbe nemmeno il tempo di avvicinarsi che finalmente quel sacco si svuotò davvero, urlando e piangendo.
 
«Reeve! Reeve Tuesti, è lui ad occuparsi degli arruolamenti! Non so altro, vi scongiuro risparmiatemi!» 
 
Non riusciva neppure a camminare, così strisciò in ginocchio fino ai piedi di Osaka, che s'impensierì di nuovo guardandolo senza vederlo davvero.
La sua mente era già corsa a raccattare informazioni acquisite negli anni della sua militanza e che non avrebbe mai creduto avessero potuto servirgli davvero.
Alzò un sopracciglio, stranito.
 
«Reeve Tuesti?» ripeté riflessivo «Il direttore del dipartimento di urbanistica della Shinra, nonché progettista dei reattori? Quel Reeve Tuesti?» 
 
Il ragazzo titubò, confuso. Forse nemmeno lui era a conoscenza del passato del suo mandante, perciò ne fu non poco destabilizzato.
 
«I-io ... si, credo di sì.» si affrettò a rispondere.
 
Victor fece una smorfia disgustata.
Adesso riusciva a spiegarsi tante cose. Strinse i pugni, sentendo crescere un'improvvisa ondata di rabbia dentro di sé.
Kadaj lo osservò in silenzio mutare rapidamente espressione e stato d'animo, e s'impensierì.
 
«E dimmi ...» proseguì tuttavia il Niisan, voltandosi lentamente verso il giovane «Dove si nasconde adesso il tuo capo? Vorrei scambiare due chiacchiere con lui.»
 
Michael fu tentato ancora una volta di opporsi, ma la Velvet Nightmare che Yazoo gli puntò alla tempia gli fece cambiare del tutto idea.
 
«Hanno tre basi in tutto il pianeta, quella principale è in via di costruzione. Reeve al momento è in quella di Kalm. Sono vecchie strutture della Shinra riadattate.» replicò, sudato e finalmente del tutto privo di qualsiasi esitazione.
 
I guanti neri di Osaka scricchiolarono come ossa rotte sotto l'intensità della stretta al quale li sottopose.
Il suo sguardo divenne una maschera di cera, gli occhi si riempirono dell'odio più puro, le pupille si allargarono fino a ricoprire quasi tutta la superfice dell’iride. Shinra … Shinra … in fondo era un bene esser stato un loro soldato, ora sapeva dove scovarli, e in un certo senso anche come. Per questo si accontentò di quella semplice informazione, senza fare altre domande.
Guardò Yazoo, e con un ghigno malefico concluse.
 
«Grazie, Michael. Sei stato di grande aiuto.»
 
Quindi annuì, e l'ostaggio non ebbe nemmeno il tempo di carpirne il significato.
Il proiettile gli trapassò da parte a parte il cervello, schizzando fuori assieme al sangue dall'altra parte del cranio e atterrando proprio ai piedi del reale mandante, che lo ignorò completamente, ormai del tutto privo d'interesse.
La sua mente era corsa a tutto ciò che la maledetta Shinra gli aveva tolto e alla fine che aveva immaginato di fargli fare. Strinse i pugni, gli occhi puntati contro un passato che ancora bruciava come fuoco rovente in petto.
Dovevano pagare, per lui e per Sephiroth. Tutti quanti, fino all'ultima vita. La morte di quel ragazzo in fondo era colpa loro. Non avrebbero mai dovuto mandare un totale inetto a fronteggiare una minaccia ritenuta da loro così letale.
 
«Niisan ...» lo riscosse Yazoo, preoccupato come il resto dei suoi fratelli da quel silenzio rancoroso.
 
I pugni scricchiolarono un'altra volta, una luce verdastra li accese, melliflua e velenosa, divampando come un fuoco.
 
«Shinra ...» mormorò, la voce talmente rauca e cupa da non sembrare nemmeno più la sua «Voglio i loro cadaveri. Tutti quanti, fino all'ultimo topo di fogna. Anzi no ...» un ghigno tornò a dipingersi sulle sue labbra pallide e sottili.
 
Accese il medaglione e in meno di un battito di ciglia si appropriò anche dell'anima della sua ultima vittima, trasformandolo in uno zombie che perdeva sangue dalla testa e che, sotto suo preciso ordine, si mise sull'attenti a guardarlo con occhi vitrei e ormai spenti, privi di quel terrori di cui li aveva riempiti in vita.
 
«Meglio. Voglio i loro zombies ... finalmente capiranno davvero cosa prova una marionetta.» soffiò.
«Nulla di più facile.»
 
La voce di Kadaj lo sorprese. Lo vide farsi serio, avanzare verso di lui e rivolgergli un sorriso poco rassicurante.
 
«Andiamo a prenderli allora, Niisan.» propose indicando con un cenno del capo l'imbarcazione finalmente libera.
 
Il fuoco nelle mani dell'uomo però si spense all'istante, lo zombie tornò ad accasciarsi inerte a terra e la sua anima venne liberata dalle catene, raggiungendo quelle dei suoi poveri commilitoni nel lifestream.
I tre fratelli guardarono stupiti il più grande mutare ancora una volta umore. Non era la prima volta che accadeva, ma non lo avevano mai visto arrabbiarsi così ... cupamente. Non fosse stato per la fiducia che nutrivano nei suoi confronti avrebbero iniziato a preoccuparsi non poco del controllo che fino a quel momento aveva esercitato sugli evidentemente molti e oscuri poteri che possedeva.
Yazoo però, seppur tacendo, un po' iniziò a farlo, soprattutto quando voltandosi appena verso di loro e con la mano sinistra che tremava appena, Victor decise, spiazzandoli.
 
«Sarete voi a portarmeli. Io ho ancora qualcosa da fare su questo continente.»
 
Kadaj sgranò gli occhi, incredulo, e vide riflesso negli occhi di Loz il medesimo sentimento.
 
«Noi?» chiese il pugile.
«Come?» si fece avanti il più piccolo allora, raggiungendolo «Niisan, non perdere di vista il nostro obiettivo.» gli ricordò cercando il suo sguardo che tuttavia continuò a sfuggirgli fino a che quell'ultima frase non sembrò riscuoterlo.
 
Lo vide voltarsi a guardarlo. Serio e determinato come non mai. Sorrise, ma stringendo i pugni.
 
«Non l'ho mai fatto, Kadaj.» gli disse «Tu ti fidi di me, ora è il momento che lo faccia io. Prenderai il comando.» decretò, e ancora una volta negli occhi del più giovane esplose la gioia, mista a stupore ma anche timore.
«Niisan, io ...» balbettò.
 
Ma Osaka lo interruppe, guardandolo negli occhi e appoggiando le mani sulle sue spalle.
 
«Quegli imbecilli credono di conoscermi, di avermi già in pugno.» gli disse, trasformando infine il sorriso amaro in una smorfia rabbiosa «Portali da me, Kadaj. Portatemi quei parassiti, quanti più potete, ed io vi giuro che la guerra stavolta la vinceremo. La Madre ...» s'interruppe, scrutando le loro pupille feline perfettamente uguali e ricordando, estraendo fuori dall'album della memoria tutto ciò che serviva per ritrovate la voglia di tornare ad essere il più degno dei 1st class, un degno allievo di Sephiroth «Lei sarà fiera di noi, ve lo garantisco.»
 
Vide lacrime nei loro occhi. Lacrime di commozione seguite da sorrisi determinati.
Kadaj lo guardò fiero, e appoggiando una mano sulla sua spalla annuì.
 
«Lei me lo aveva detto che avresti saputo cosa fare.»
 
Un sorriso si dipinse anche sul suo volto, annuì.
"Puoi scommetterci, Kadaj. Ora lo so."
 
\\\
 
Una volta saliti a bordo, come un bravo Generale Victor spiegò per filo e per segno ai suoi soldati il piano da seguire, poi concesse loro di dare un'occhiata all'artiglieria, beandosi del luccichio eccitato nei loro occhi.
Tutte le armi ch'era riuscito a trafugare dalla cittadella erano accumulate in parte nella stiva e in parte nell'unica camera da letto presente, Yazoo passò in rassegna i fucili commentandoli con fugaci apprezzamenti a fil di labbra ma finendo comunque per preferire ancora una volta la sua Velvet Nightmare, Kadaj mostrò un'inquietante predilezione per le materie, Loz invece fu prevalentemente attirato dai manganelli e dalle mazze chiodate.
 
«Wow, fratellone! Davvero, se hai fatto tardi per consegnarci tutte queste bellezze posso anche perdonarti!» commentò mentre provava il guanto di Mithril dai lunghi ed affilati artigli.
 
Victor sorrise, senza distogliere lo sguardo da quell'arma fin troppo famigliare. Valentine ... dove trovarlo? Se stava seguendo le loro tracce non poteva essere lontano, poteva semplicemente tornare indietro e sperare d'incontrarlo.
Avanzò, prendendo in mano dal fratello quell'arma e iniziando ad indossarla, ripensando nel frattempo alla creatura contro cui si era scontrato la prima volta che si erano visto.
Quell'uomo conosceva qualcosa di Sephiroth che nemmeno lui stesso sapeva, ma aveva anche un demone in corpo, o forse più di uno, e aveva avuto a che fare col professor Hojo ... che fosse stato lui? Quell'uomo sarebbe stato di certo capace di piegare anche i demoni al proprio volere. Il solo pensarlo, nonostante sapesse di avergli dato la fine che si meritava, lo disgustava così tanto da indurre le sue labbra a piegarsi in una smorfia disgustata, ritrovandosi nel frattempo a sperare che almeno i demoni dell'inferno in cui lo aveva spedito fossero abbastanza intelligenti da non dargli ascolto.
Non sapeva neppure se esistesse un inferno in quel mondo, anche se lo sperava vivamente, perché non aveva ancora finito con quegli esseri immondi.
 
«Però. Ti sta proprio bene, fratellone.» fece nel frattempo Loz, risvegliandolo.
 
Osaka tornò a guardare la mano ora interamente coperta dal guanto. Sogghignò.
 
«Questo non è ancora nulla.» disse divertito, quindi estrasse la materia Ifrit dalla tasca del suo soprabito e la inserì nell'apposita fessura all'altezza del polso, osservandola in controluce brillare sinistramente prima di rivolgersi ancora ai suoi fratelli con una domanda che sembrava quasi buttata lì per fare conversazione «Voi cosa indossereste se doveste combattere contro un esercito di demoni?»
«Ah?» Loz si voltò a guardarlo sorpreso.
«Vai di nuovo a divertirti senza di noi?» sorrise Yazoo, accarezzando il manico della sua pistola con le dita.
«Mph.» sorrise il 1st class in risposta «Dovreste ringraziarmi, invece. Faccio il lavoro sporco per permettervi di godervi il momento senza grattacapi.»
«Tsh. Certo, come no.» ridacchiò Loz, seguito dagli altri due.
«Allora, non mi avete ancora risposto.» osservò comunque Victor, riportandoli sul reale problema.
 
Yazoo incrociò le braccia sul petto, Loz si sfregò il mento pensoso.
 
«Demoni, eh?» fece invece Kadaj, appoggiando le mani sui fianchi «Non hai già la magia nera ad aiutarti?» chiese indicando il medaglione.
 
Osaka preso l'oggetto tra le mani, lanciandogli una rapida occhiata e poi togliendoselo. Si sentì immediatamente sollevato come da un fardello enorme.
 
«No, in teoria. Preferisco non coinvolgerla stavolta.» disse, aggiungendo poi «Anzi, sarà meglio che lo teniate voi.»
 
Lo porse a Kadaj, che lo prese lanciando al suo Niisan una lunga occhiata interdetta.
 
«Questo fa sempre parte del piano, vero?» chiese, intuendo per metà i suoi pensieri.
 
Victor gli puntò contro l'indice destro agitandolo su e giù un paio di volte, in un deciso cenno di assenso.
 
«Victor, chi è che devi cercare?» chiese Yazoo tornando serio.
 
Lo osservò sospirare.
 
«Qualcuno ch’è molto meglio non sappia che noi quattro siamo una squadra, ora.» spiegò «Non vi siete accorti anche voi di qualcosa di strano lungo il cammino?»
 
A quanto pareva no, perché li vide scambiarsi sguardi interrogativi per poi tornare a fissarlo in attesa di spiegazioni.
Sospirò di nuovo.
 
«Qualcuno che collabora con la WRO ci sta seguendo, s’è chi credo che sia sarà molto meglio per tutti che lo affronti da solo, mentre voi vi occupate del resto. Svieremo i sospetti, e se andrà bene guadagneremo tempo.» rivelò.
«Ma s'è collegato alla WRO svelerai a tutti che sei vivo.» gli fece notare Yazoo «Non volevi mantenere il segreto?»
 
Victor assunse un'aria furba, esibendo un mezzo sorriso sicuro.
 
«Non ho certo bisogno del medaglione per usare la magia nera.» rivelò «Se tutto va come spero non avrò bisogno di celare ulteriormente la mia identità, ma in ogni caso ... tutto giocherà a mio favore.»
 
Poi lanciò un'occhiata seria a Kadaj.
 
«Attenetevi scrupolosamente al piano.» si raccomandò.
 
Infine li lasciò per imbottire la sua bisaccia di provviste, e anche farsi una birra.
Fu lì che lo trovò Yazoo, che aveva deciso di parlargli senza consultare gli altri. Era preoccupato. Non sapeva perché ma lo era, forse più degli altri.
Entrò nella piccola cucina e lo vide seduto al tavolo con la bottiglia verde scuro nella sinistra e il plico di fogli ormai sommersi dalle sottolineature nell'altra.
Sorrise.
 
«Ancora nessun progresso?» disse, riscuotendolo.
 
Victor si voltò a guardarlo, sorrise appena e scosse il capo, prendendo un altro sorso di birra.
 
«Sono riuscito solo a farmi venire il mal di testa, come sempre...»
 
Poi si immusonì, come profondamente ad ascoltarsi.
 
«Se solo sapessi dove cercare?» mormorò scuotendo il capo «Non ha senso. Sono informazioni che conosco già a memoria, perché farmele avere adesso?» sospirò «Sephiroth ... Che volevi dirmi?»
 
Yazoo lo guardò lasciare i fogli e sprofondare la mano nei capelli, grattandosi la testa con aria dolorante.
Il pistolero fissò in silenzio le carte con un unico pensiero in testa. Era così strano per lui sentir parlare di quella persona.
La prima volta era stata proprio Victor a farlo, e così avevano scoperto che anche Kadaj sapeva chi fosse. Lui e Loz invece non ne avevano idea, sapevano solo che sarebbe stato il loro fratello più grande se fosse stato lì. Ma non c'era, e questo non faceva che accrescere le domande.
Chi era? Cosa voleva da loro? Potevano fidarsi? Victor ... lui era l'unico a poter rispondere, lo aveva conosciuto.
 
«Tu ti fidavi davvero tanto di Sephiroth, vero?»
 
Lo vide alzare gli occhi a guardarlo, quasi spaesato. Erano lucidi. Quelle pupille feline erano improvvisamente un mare in tempesta.
Osaka annuì, ma faticò un istante a rispondere. Sembrò in enorme difficoltà emotiva.
 
«Mi fidavo ...» mormorò, correggendosi immediatamente scuotendo la testa come per scacciare quell'improvvisa angoscia «Mi fido, io ...» sospirò di nuovo «L'ho sempre fatto, ma ora davvero non capisco cosa devo farmene di queste scartoffie. Avrebbe dovuto darmele quando gliele ho chieste, non adesso. Lui ... perché? Perché solo adesso ...?»
 
S'intristì. Molto. Yazoo lo vide accarezzare i fogli con gli occhi e con i polpastrelli delle dita guantate di nero, e fu allora che, guardando quelle carte, Yazoo fu spinto a pronunciare quasi per caso le parole che ben presto sarebbero diventate per Victor Osaka la chiave del mistero.
 
«Forse potresti provare a focalizzarti su quello che ancora non sai. Cambia punto di vista, leggi tra le righe. Magari aiuta.» concluse scuotendo le spalle.
 
Victor lo fissò in silenzio, lo sguardo all'improvviso attento, riflettendo molto bene su quelle parole.
Guardò le carte, poi di nuovo Yazoo, e infine sorrise.
 
«Lo sai ... credo di averti sottovalutato.» osservò compiaciuto.
«Lo fanno in molti.» replicò quello, dopo un'altra scrollata di spalle «Ad ogni modo anch'io l'ho fatto con te. Siamo pari.» concluse, trascinando entrambi in una risatina divertita.
 
\\\
 
Partirono circa tre ore dopo, lasciandolo solo sul continente est con la promessa di tornare a recuperarlo nei tempi stabiliti, a Costa del Sol.
Mentre la nave si allontanava sempre più velocemente dalla riva, i tre osservarono il loro fratello maggiore voltarsi di spalle e riprendere a camminare verso il folto della foresta, tornando indietro sui suoi passi.
Era di nuovo solo, ma la mente non era più così confusa. La paura però c'era ancora, e non solo in lui.
 
«Pensi che se la caverà, Kadaj?» chiese Yazoo al fratello più piccolo che gli stava di fianco.
 
Questi sorrise fiducioso.
 
«Sa quello che fa.» annuì «Ora tocca a noi.»
«Ma non ha ancora il pieno controllo dei suoi poteri.» replicò l'altro «La tua visione ... non ha ancora la sua ala.»
 
Kadaj si voltò a guardarli entrambi, facendosi serio.
 
«Saprà meritarsela, ne sono certo.»
 
Senza più sapere, ancora una volta, se quelle parole fossero sue o di quel qualcun altro nascosto nell'ombra del suo inconscio più profondo.
 
\\\
 
Aspettare richiede pazienza a volte, qualità per cui certo Victor Osaka non aveva mai brillato.
Tuttavia non gli dispiacque farlo ora, in previsione dello scontro più eccitante degli ultimi tempi, se ovviamente si escludeva lo scontro finale in cui avevano rovinosamente ed inspiegabilmente perso, nonostante tutto l'impegno profuso.
Ci aveva pensato tanto e continuò a farlo mentre aspettava, ma stavolta intervenne il mare a mediare tra il senso di colpa e l'effettivo peso degli eventi.
Come un vecchio amico seduto al tavolino di un bar si prese il tempo di ascoltare con lui il flusso di pensieri, parlando con la sua voce sommessa e potente una lingua che solo lui era capace di comprendere.
Volgendo le spalle alle onde e al tramonto, Victor Osaka puntò il suo sguardo verso la selva che invadeva la costa e si mise in attesa, chiudendo gli occhi e lasciando andare la propria mente.
Seduto a gambe incrociate sulla sabbia bianca della piccola spiaggetta ormai vuota, circondato solo dal profumo intenso della salsedine che si mescolava a quello del sangue ancora fresco degli uomini che aveva mandato a morire e che giaceva ancora in pozze lì dove i cadaveri si erano dissolti, come unica testimonianza tangibile della loro esistenza.
Lo aveva imparato all'epoca della sua dipartita da SOLDIER, durante la sua prima esperienza di allenamento in solitaria col suo elemento, il mare. Per un Cetra anche quei momenti di vuoto potevano essere proficui, ma stavolta il suo grande amico blu gli avrebbe dato una lezione inaspettata, che facilmente avrebbe dimenticato.
Anche se maledetto, il cuore di un Cetra rimaneva pur sempre il centro dei suoi poteri, e per dominarlo bastava connettercisi, proprio come fece lui pur non accorgendosene nemmeno.
Chiuse semplicemente gli occhi ed iniziò a ricordare, scendendo a poco poco la scala che portava al suo subconscio, sempre più giù seguendo l'eco delle emozioni ed incontrando lacrime e anche qualche sorriso.
Le fissò, si lasciò coinvolgere e le vide andarsene via, così com’erano venute. Come spettri, o nuvole.
Fino a che, non seppe dire quando, non giunse all'ultimo gradino, dove trovò ciò che non si aspettava.
C'era un ampio spazio vuoto, illuminato da una luce brillante che risplendeva sopra di esso.
E al centro di quello spiazzo, acciambellato e dormiente, Fenrir, che non appena si accorse di lui alzò il capo, rivelando un bambino nascosto nel suo folto pelo.
Un bambino che gli assomigliava in maniera impressionante, e che al momento si stringeva al lupo immerso in un sonno profondo in cui sembrava essere caduto dopo aver pianto disperatamente e a lungo.
Se ne accorse dalle profonde occhiaie, dalle labbra screpolate, e dal leggero tremore del petto e delle mani che stringevano quasi aggrappandovisi il pelo del dio.
E ne rimase sconvolto. Si guardò indietro, e non vide altro che quelle scale. Davanti a lui invece il bambino continuava a dormire confortato dal calore di Fenrir, e ne fu sicuro, a sussurrare qualcosa come
 
«Niisan, scusami ...»
 
Gli si mozzò il fiato, e quelle lacrime divennero anche le sue.
Il lupo sembrò capirlo, gli parve quasi di vederlo sorridere prima di sentirsi talmente sopraffatto da cadere in ginocchio, il viso nascosto tra le mani.
Iniziò a piangere a sua volta, e allora come per magia il bambino scomparve e il lupo poté così avvicinarsi a lui.
Ne avvertì, l'alito caldo vicino al viso, la stessa sensazione di tranquillità data da una carezza o da un abbraccio gli pervase il cuore, alleggerendo il respiro e consentendogli così di ritornare a guardarlo negli occhi.
 
«Aiutami ...» mormorò, il cuore in pezzi, il fiato corto, guardando quelle pupille così umane, piene di saggezza e comprensione «Tu sai come fare. Aiutami a riportarli qui, ti prego ... o dammi un modo per salvarli. Solo tu puoi farlo.»
 
E il lupo, per tutta risposta, mise una zampa sulla sua spalla ed ululò fino a calmare il suo dolore e risvegliare i suoi sensi, appena in tempo per accogliere i visitatori.
Si riebbe, ma lo fece in un modo del tutto inaspettato, che gli ricordò i tempi della sua militanza, e più precisamente del suo primo scontro con Genesis, in cui aveva perso l'uso della mano destra.
Un'esplosione sorda di luce lo riportò indietro al suo stato cosciente, ma differentemente dalla prima volta, ora poté sentirla
Fu come se i suoi poteri Cetra si espandessero fino al loro limite massimo. Preveggenza, uso degli elementi, sensibilità al flusso vitale e via discorrendo.
I suoi sensi magici si ampliarono e si risvegliarono tutto d'un tratto fiorendo in un nuovo stato di iper-vigilanza, e quando riaprì gli occhi poté sentire la sua percezione del mondo aumentata a livelli esponenziali.
Potè sentirsi vivere, e riuscì a fare lo stesso con tutto ciò che lo circondava, dal minuscolo microbo sotto la superfice della sabbia calda ai pesci del mare, alla creatura dall’aura sinistra nascosta dentro un corpo umano che portava il nome di Vincent Valentine. Era una sensazione che aveva già sperimentato in minima parte, ma stavolta era diverso. Era lui a volerlo, era stato lui a renderlo possibile con un conscio e consapevole sforzo atto a raggiungere quello stato di centratura energetica.
Tutte le parti che componevano il suo DNA erano giunte al massimo della loro potenza grazie ad uno sforzo emotivo cosciente, ed era come trovarsi al centro dell’occhio del ciclone. Avrebbe potuto esplodere, invece restava lì ad osservare i suoi sensi accendersi e i suoi muscoli empirsi di una forza che non aveva mai posseduto prima, con cui volendo sarebbe stato capace perfino di combattere senza respirare, eguagliando in tutto e per tutto il suo maestro.
Ogni energia flui visibile sotto i suoi occhi, con i suoi colori e le sue sensazioni, e quando finalmente potè riaprirli tutto ciò gli apparve chiaro, esattamente come la luce che brillava al centro del suo petto ed irradiava la sua figura facendolo sembrare uno di quegli spettri dai quali per circa un quarto della sua vita aveva cercato di scappare.
Ma ora Victor Osaka era molto di più di un semplice spettro. Era pura energia in un corpo fisico, una bomba ad orologeria pronta ad esplodere che tuttavia aveva pieno potere sulla miccia, una delle creature più potenti al mondo grazie al lunghissimo addestramento e alla combinazione di fattori genetici che costituivano il suo corpo.
Un gradino più in su perfino di Chaos, che invece aveva bisogno di un ospite per riuscire a palesarsi nella sua forma umana senziente. Lui era ospite di sè stesso, un dio in terra in quell’attimo, e se avesse conosciuto l'incantesimo necessario allo scopo probabilmente avrebbe potuto manipolare anche spazio e tempo pur di trovarsi faccia a faccia col più recondito dei suoi desideri. Ma quanto ancora avrebbe potuto mantenere quello stato di beatitudine ed invulnerabilità? E soprattutto quali sarebbero state le conseguenze?
L’ultima volta si era ritrovato sdraiato su un lettino operatorio, i polsi incatenati ad esso ed una mano mal ridotta. Tuttavia prima di questo era riuscito ad affrontare un first class e a raggiungere nuovamente il picco prima di svenire. Stavolta sarebbe stato diverso. Aveva il controllo della situazione e non l’avrebbe perso prima di riuscire a raggiungere lo scopo per il quale era riuscito a raggiungerlo.
Calmò quindi il proprio respiro, guardò l’ombra di Valentine stagliarsi all’orizzonte nel chiarore cupo del tramonto, e sogghignò, stringendo i pugni.
 
«Alla buon ora …» mormorò «Stavo iniziando a stufarmi d’aspettare.»
 
Fenrir cantò di nuovo, il suo lungo ululato si disperse nel vento raggiungendo le orecchie del nemico, e all’improvviso, senza che questi potesse farci nulla, Chaos rispose a quel richiamo tornando a ribellarsi al suo padrone.

 
   
 
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