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Autore: Serperossa20    04/08/2020    1 recensioni
Vi siete mai chiesti come sarebbe andata a finire se quel giorno Jessica non avesse fatto quella scelta? Se ne avesse compiuta un'altra? Se avesse scelto di stare con lui e sacrificarsi e ingoiare tutto l'odio, il rancore e l'ostilità per rendere Kevin un uomo migliore? Vi siete mai coricati pensando, prima di addormentarvi, cosa sarebbe successo, come sarebbe finita SE? Beh, io sì e non sapete quanto, tanto che non ho potuto più stare ferma. Dovevo cambiare le cose in qualche modo quindi se volete, potete farmi compagnia mentre scopriamo insieme come sarebbe andata a finire SE. Buon lettura :)
Genere: Erotico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jessica Jones, Kilgrave
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Le sembrava di volare. 
Vedeva il cielo ergersi sopra di lei lontano miglia e miglia e lei era convinta di riuscire a toccarlo se solo si fosse allungata ancora un po. Sempre più in alto.
Ma poi ricadeva giù, in seguito una pressione sulla schiena e di nuovo era in cielo, sempre più sù.
Rideva, era felice, sentiva la risata di suo padre mentre la spingeva su quell'altalena tremolante accontentando il suo capriccio di voler toccare il cielo.

Era su un prato, a giocare con una palla quando i genitori tornarono a casa con un fagottino in braccio.
Lei si alzò subito correndo verso di loro. I genitori si abbracciarono inteneriti mentre lei teneva in braccio il suo fratellino, quel tenero fagottino che profumava di borotalco e innocenza. Era così piccolo, così indifeso con quegli occhioni così dolci che la guardavano come se avessero visto la cosa più curiosa dell'intero universo.
Si chiese per un momento se i neonati potessero formulare un pensiero e si chiese cosa stesse pensando di lei. Mentre stringeva quel fagottino, si ripromise di proteggerlo sempre, anche se aveva solo cinque anni.

Era il giorno di San Valentino e lei e il piccolo Philip avevano organizzato una piccola sorpresa ai genitori. 
Il piccolo di appena 8 anni si era occupato di apparecchiare tutto per bene mentre lei sperimentava in cucina. Già allora sapeva che la cucina non sarebbe mai stata il suo pezzo forte ma non importava. Anche se era tutto bruciacchiato e non completamente commestibile, per i genitori era come se avessero ricevuto il regalo più bello di sempre. La mamma addirittura si commosse mentre il padre ridendo aiutava la sua piccola Jessica a pulirsi.

Poi ci fu quel giorno, quell'indimenticabile, sfortunato giorno. 
Aveva comprato un gioco nuovo, era già a metà anche se aveva promesso a Philip che ci avrebbe potuto giocare pure lui. Erano in macchina, diretti a Disneyland ma il gioco se lo volle portare lo stesso. 
Perché lo aveva fatto? 
Continuava a giocare ignorando le proteste di suo fratello, ormai ben lontano da quel fagottino che teneva in braccio anni addietro. 
Perché non l'aveva accontentato? 
Lui ne ebbe abbastanza e lo afferrò tirandolo da una parte mentre Jessi lo tirava dall'altra. Discussero, urlarono, la madre gli ordinava di smetterla ma non ne vollero sapere e allora intervenne il padre che distolse lo sguardo dalla strada solo per un momento, solo per dirgli di smetterla. 
Perché è dovuto accadere? 
Uno schianto, si sentì sbalzata in avanti, un'esplosione, rumori assordanti, vide tutto e niente, tutto confuso, varie luci in mezzo al nero. Non riusciva a respirare, il petto pesante, i polmoni pieni di fumo, la gola le bruciava. Non aveva fiato per emettere suono, era bloccata, non riusciva a muovere un muscolo, non sentiva niente, nessun dolore. 
Tutto le si muoveva attorno, aveva caldo e freddo allo stesso tempo, provò a guardarsi attorno ma non seppe riconoscere la sagoma che le stava a fianco, forse suo fratello. 
Si risvegliò col rumore dei macchinari, era tutto bianco, calmo, silenzioso. Troppa pace, troppo silenzio, quasi assordante. 
"Va tutto bene" le disse un uomo in camice bianco. 
Provò a muoversi ma era troppo debole, notando dopo l'ago infilato nel suo braccio; rabbrividì per un'istante. 
Ma all'improvviso la figura cambiò, lei cambiò. 
Le sensazioni che provava, l'ambiente, gli odori. Si sentiva più intontita di prima, non poteva muovere la bocca, era bloccata, chiusa saldamente. Si sentì stringere in tutto il corpo, tante persone attorno a lei sfocate come se guardasse attraverso un vecchio televisore che andava a scatti. 
"Fai meno lo sbruffone, eh bastardo?" 
L'ultima cosa che vide fu una chioma bionda prima di vedere tutto nero. Qualcosa la stava risucchiando, portando indietro. Qualcuno la chiamava, tante voci, tanti rumori, porte che sbattevano, sirene a tutto volume.

Si svegliò lentamente, cercando di mettere a fuoco la sua stanza.  
Si accigliò strofinandosi gli occhi. 
Per quanto aveva dormito? 
Guardò l'orologio sul comodino, faceva quasi le otto di sera. 
Si alzò lentamente con la testa stranamente più leggera, si sentiva come se avesse fatto la dormita più lunga e rigenerante di sempre e questo la stranì parecchio. Lei non era mai riposata, era perennemente accompagnata da un bisogno costante di dormire mai appagato totalmente, e allora perché stavolta era diverso? 
Si diresse verso la porta provando a ricordare. 
Perché era andata a dormire? 
E mentre faceva scattare la serratura si chiese perché Killgrave non la era ancora venuta a chiamare per la cena, accorgendosi anche di avere una fame da lupi. 
Già si immaginava la faccia di quell'uomo, tra l'interdetto e il seriamente preoccupato che le riservava ogni volta che la vedeva ingozzarsi come un animale. 
Ghignò divertita scendendo le scale ma si accigliò subito quando non lo trovò in soggiorno a guardare la tv. 
E ancora di più quando lo chiamò a gran voce e non ottenne alcuna risposta. Si diresse in sala da pranzo ma si bloccò quasi subito. 
La finestra parallela alla tavola, era spalancata facendo entrare una leggera brezza anche se non abbastanza fredda da congelare la stanza a cui però non vi badò molto. La sua concentrazione era focalizzata più in basso, sulla catasta di vetri rotti sul pavimento. Per non parlare dell'enorme e ormai irreparabile chiazza viola sul liscio parquet. 
Si accovacciò circospetta analizzando la situazione. Annusando meglio, captò un lieve odore di vino, ormai impregnato nel legno, intuendo quindi che fossero cadute delle bottiglie di vino e che qualcuno stesse ripulendo fermandosi poi a metà lavoro, osservando la scopa e la paletta poggiate in malo modo a terra. 
Che fosse stato Killgrave? In fondo quel giorno c'erano solo loro due a casa, aveva mandato via tutti gli altri. 
Di scatto si mise a guardare fisso davanti a se accigliandosi. 
Perché lo aveva fatto? 
Provò a ricordare come era cominciata quella giornata. Si ricordò che stavano facendo colazione come al solito quella mattina, che avevano parlato e che poi erano usciti. 
Dove erano andati? 
Guardò di nuovo in basso chiedendosi perché se Killgrave stava mettendo in ordine, si era fermato. Lui era ossessionato dall'ordine e dal pulito, non avrebbe mai lasciato il pavimento in quello stato. 
Inoltre, quando mosse un piede sentì distintamente lo scricchiolio di vetri rotti sotto lo stivale e mentre lo alzò ringraziò il fatto che avesse dormito vestita senza essersi tolta le scarpe. 
Ma quando vide i pezzi di vetro cadere li trovò strani: alcuni erano macchiati. Cioè sì, un po tutti i pezzi lo erano per via del vino ma quelli avevano proprio delle macchie scarlatte, non viola. Inoltre notò delle macchie più scure sul pavimento e annusando meglio, non sentì per niente odore di vino. 
In quel momento il suo cervello fece tutto da sé. Quello era palesemente sangue e se lo collegava con Killgrave le venne subito alla mente il volto di lui insanguinato e tumefatto. All'improvviso comparvero tutti i ricordi di quel giorno come un fiume in piena che sfonda una diga. Si ricordó del discorso di quella mattina, dei giri che avevano fatto, di tutte le emozioni negative che aveva provato, lei che aveva picchiato e poi curato Kevin e la litigata. Si sentí il volto pizzicare ricordandosi paurosamente il fatto che lui l'aveva toccata e lei non aveva fatto niente per scansarlo, un pugno, un osso rotto, neanche una spinta o una stretta alla gola. Le venne subito l'istinto di lavarsi la faccia perché non riusciva a smettere di sentire le sue mani su di sé ma anche di prenderlo e strozzarlo con le sue stesse mani uccidendolo per averla toccata ed aver infranto la promessa che le aveva fatto il primo giorno della loro convivenza. Non ci aveva mai contato molto fin dall'inizio che la rispettasse davvero e adesso ne ha la conferma certa. 
Si diresse al lavabo della cucina furibonda al solo pensiero di quello che le avrebbe potuto fare. Ma cosa aveva in testa in quel momento? 
Non poteva essere stata la stanchezza, non era la prima volta che passava una notte insonne, anzi aveva fatto anche di peggio. Si sciacquò la faccia più volte specchiandosi poi nel metallo lucido della cappa. Si osservò bene, non notava niente di strano ma in qualche modo sapeva di essere diversa. I suoi occhi, notò, non nascondevano più preoccupazione e apprensione ma mostravano solo una furia cieca verso quel bastardo e lì le si sbloccò qualcosa nel cervello. 
Non aveva più preoccupazioni, conti in sospeso, qualcosa da temere o temere per qualcuno. Non dipendeva più dalla Hogarth, aveva salvato Hope in qualche modo, aveva detto addio a Trish e aveva la certezza che Malcolm non sarebbe più ricaduto nella droga. E Luke non voleva avere più niente a che fare con lei, anche se fu un pensiero veloce su cui non volle soffermarsi più del dovuto. 
È stato questo quindi? Il fatto di non avere più preoccupazioni e obbiettivi al di fuori di Killgrave l'aveva destabilizzata a tal punto da diventare fragile e persa tutto d'un colpo? In effetti aveva senso se messo assieme al fatto che non avesse dormito affatto. 
Ritornò in sala da pranzo, con un senso di disagio e vergogna nel petto perché sapeva che in quel momento lui poteva farle qualsiasi cosa e lei avrebbe acconsentito a tutto, ne era certa ed era inutile negarlo. Era arrabbiata, non seppe se più con lui o con se stessa ma non tanto da offuscarle il raziocinio. Era palese che fosse accaduto qualcosa dopo che se n'era andata a dormire. 
Osservò la stanza ricostruendo l'ordine dei fatti, notando distrattamente in un angolo la bistecca che teneva l'uomo sul volto quel pomeriggio. 
Capì che Killgrave si fosse messo a pulire di sua iniziativa, chissà perché poi scomodarsi visto che poteva ordinarlo benissimo ad un passante. 
Poi dall'angolazione della scopa e della paletta, intuì che era rivolto verso il soggiorno e che era caduto in avanti immaginando poi la sua faccia ulteriormente sfigurata dai restanti pezzi di vetro che non aveva ancora raccolto da terra, visto che solo alcuni più avanti erano macchiati di sangue. 
Poi notò solo in quel momento una piccolissima scia di minuscoli frammenti che portavano alla porta quindi immaginò che fosse stato trascinato via da uno o più persone. Girò lo sguardo cercando di capire come fosse stato colpito. Scartò subito l'idea che fosse stato colpito direttamente da dietro, il pavimento era vecchio e scricchiolante, era impossibile che il moro non si fosse accorto di qualcuno alle sue spalle. Quindi è stato colpito da lontano, un colpo esterno, e si focalizzò sulla finestra spalancata. Kevin l'avrà aperta per far andare via l'odore di vino e ne avranno approfittato. L'avranno narcotizzato probabilmente, se no ci sarebbe una pozza di sangue insieme ai vetri. 
Quindi ricapitolando, doveva cercare qualcuno molto paziente, che era stato fuori ad aspettare il momento giusto per chissà quanto tempo e in cerca di vendetta, visto che non si era limitato solo ad ucciderlo. 
La sua mente ci mise un secondo a fare due più due e al risultato sbuffò sonoramente, di nuovo stanca e di malumore. 
Si passò una mano fra i capelli cercando di calmare il suo nervosismo. 
- Ora devo pure salvare un idiota da un altro idiota - sospirò pesantemente incrociando le braccia. 
E in quell'esatto momento le tornò alla mente qualcosa, sicuramente qualcosa che aveva sognato ma fu troppo rapido, meno di un secondo e già non lo ricordava più. 
Si infastidì ma non quanto sentire il rumore di un bussare lieve alla porta che andò ad aprire con tutta l'intenzione di mandare via chiunque le si fosse presentato davanti, fosse Tony Stark in persona. 
Ma quando aprì, ammise che non si aspettava una sua visita e il suo fastidio aumentò soltanto. 
- Signora De Luca? Che vuole? 
- Perdonami bambina mia, ma Killgrave mi ha chiesto di darti questo nel caso le cose fossero finite male - disse cordiale porgendole una busta di carta. 
- Male? In che senso? - ma ciò che ottenne fu solo un largo sorriso prima di vederla andare via come se nulla fosse. 
Jessi inarcò un sopracciglio in sua direzione per poi osservare con circospezione la busta che teneva in mano. 
Rientrò in casa poggiando piano la busta sul tavolo e allungò il collo per analizzarne il contenuto. 
Alla fine ne tirò fuori soltanto un telefono che aprì andando subito a controllare la posta trovando la notifica di un messaggio in segreteria. 
Si mise seduta e azionò l'audio, pronta ad ascoltare. 
"-lete finire di lamentarvi?! Non andrete in bagno finché Jessica non sarà tornata quindi finitela di piagnucolare come cani! Oh, vedete!? Per colpa vostra non ho potuto neanche fare un semplice saluto come inizio del mio messaggio! Dopo penserò come punirvi quindi chiudete quelle bocche! Allora... 
Ciao mia dolce Jessi. Sai? Mi stavo un po annoiando visto che non ci sei quindi voglio giocare un po d'anticipo così, per ammazzare il tempo"
Jessica roteò gli occhi sbuffando. 
"Sai, non so se hai la tendenza a sottovalutarmi o sono solo io che te lo faccio credere ma non sono di certo un ingenuo. Sono ben consapevole che ancora non capisci bene quel meraviglioso sentimento che ci lega e che quindi rispondi con aggressività nei miei confronti. Come sono ben consapevole che potresti benissimo tramare ancora alle mie spalle perciò ho pensato di fare un favore ad entrambi. Anche se, se stai ascoltando questo messaggio il favore lo farai tu a me temo" e qui Jessi arquò un sopracciglio non capendo quello che stava dicendo. 
"Ho dato un ordine a quella pettegola mentre non ci sei, che sarebbe finito in modi diversi a seconda di cosa mi fosse successo. 
Uhm, per farti un esempio, se ti fosse venuta di nuovo la brillante idea di rapirmi, le avevo ordinato di cercare quel tuo amico poliziotto e consegnargli questo cellulare con al suo interno una piccola bomba che la cara signora De Luca avrebbe azionato facendo saltare in aria lei, il tuo amico e chiunque fosse stato nelle vicinanze. Ma visto che mi stai ascoltando tutto ciò non è mai avvenuto. Ah, che peccato ci saremmo tolti dei pesi a vicenda. Tu la tua megera impicciona e io il tuo amico ficcanaso" e qui la mora sgranò leggermente gli occhi. 
"Pensavi davvero che non mi fossi accorto della sua presenza quel giorno? Non posso perdonarlo, in fondo ha provato a far saltare in aria la casa a cui ho dedicato tempo e fatica solo per te. Va beh ci penserò più avanti, adesso non voglio dilungarmi troppo, perché se stai ascoltando questo messaggio vuol dire che sono stato rapito e non da te. Non sai quanto mi renda felice questa cosa, o meglio forse non dovrei esserlo in effetti ma puoi biasimarmi? Al solo pensiero che tu per una volta mi vieni a salvare è esaltante! E sono sicuro che lo farai se no sai? La servitù ne soffrirà molto e a te non piace far soffrire gli innocenti non è vero?" e qui non riuscì a trattenere un ringhio rabbioso. 
"Bene, allora ti dico soltanto di fare in fretta Jessica, il tempo scorre e chi meglio della mia fantastica investigatrice privata può salvarmi? Ah e, per favore, non farmi attendere troppo ok? Bye" 
In un istante frantumò il telefono con un pugno netto, fumante di rabbia. 
Alla fine, il metodo per farle fare quello che voleva lo trovava sempre e lei non poté non maledirlo per questo. 
Si chiese per un attimo se ne valesse davvero la pena. Poteva lasciarlo lì ad essere torturato per un po, anche se l'idea stranamente non la soddisfò come pensava. 
Ma poi le venne in mente quello che aveva fatto Kevin quel giorno, o meglio, quello che NON aveva fatto. Non aveva combinato niente di male, non aveva fatto il bastardo come al solito e....non se ne era approfittato quando avrebbe potuto. 
Ancora il pensiero di quello che era successo poche ore prima la inondava di vergogna ma non poteva ignorare come invece lui si era comportato. 
Sì, aveva approfittato della sua momentanea debolezza mentale per scavarle dentro. Sì l'aveva demolita con verità che non sapeva di aver schiacciato sotto strati e strati di false convinzioni. 
Sì, l'aveva toccata, infrangendo la sua promessa. 
Ma poi si era fermato. 
Non aveva finito il lavoro. Poteva fare qualsiasi cosa ma invece l'aveva fatta tornare in sé e l'aveva mandata a dormire. 
Era più confusa che mai e voleva delle risposte e sapeva che non le avrebbe ottenute se non si fosse decisa a darsi una mossa. 
Inoltre, guardò il pavimento emettendo un altro sospiro
- Col cazzo che pulisco

Oooookeeeeey sorratemi. 
Questo è solo un capitolo di mezzo, tranquilli, la parte movimentata arriverà presto e cercherò di non farvi attendere troppo. 
Bye bye👋👋👋

   
 
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