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Autore: KiaraMad    08/08/2020    1 recensioni
Sollevare i sassi e gettarli in acqua, lontano da sé, non sarebbe stato sfiancante neanche per Jun Misugi.
Forse solo la vecchiaia avrebbe portato delle noie.
La fatica, però, Yayoi cominciò a sentirla prima del previsto.
E non fu una piccola fatica la sua: non fu affatto una piccola fatica.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jun Misugi/Julian Ross, Yayoi Aoba/Amy
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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I. Lo spaventapasseri

Circa quindici anni, quasi sedici*

 

Aveva litigato con gli zii, così era andata a fare un giro. 

Presa la metro, era scesa dopo due fermate, perché la gente era troppa e lei si sentiva già soffocare di per sé: gli zii che avevano cominciato a discutere con i suoi genitori, sua madre che le aveva detto che sua zia la teneva a digiuno perché era dimagrita ma non era vero, suo padre che dava alla zia e alla mamma delle pazze perché continuavano a urlarsi contro e perché per poco non si erano strappate i capelli l'un l'altra. Il club di calcio, che era divenuto più impegnativo, la scuola, che chiedeva di più, i professori, che contavano su di lei, i compagni, che le chiedevano favori cui lei non sapeva dire di no, Jun, che non guariva ma che persisteva e che per questo la faceva preoccupare, e lei, che non aveva il coraggio di chiedergli di non giocare perché... perché niente.

Yayoi si sentiva in trappola. 

Anzi, non in trappola, perché Tokyo era troppo grande. 

Come in un fiume. Un fiume le cui correnti portano all'oceano, forti ma non abbastanza da scalfire i sassi sul fondo. Come uno spaventapasseri, lei stava lì, su un masso che interrompeva la superficie azzurra dell'acqua con il suo grigiore, pavida che l'acqua riuscisse a risucchiare quel sasso e a trascinare giù anche lei. Giù anche lei. Come uno spaventapasseri preda degli uccelli per i vantaggi del raccolto, lei si era beccata lo schiaffo di Jun Misugi, aveva pianto tanto in quegli anni per lui e nei fatti non aveva mai preteso niente, aveva chinato il capo quando i suoi genitori avevano dato alla zia della smidollata: passivamente in balia degli eventi... ecco cos'è uno spaventapasseri.

Ma quel giorno sarebbe stato diverso.

Eccezionalmente arrabbiata, quel giorno voleva pace. Non aveva mangiato, perché quando stava male a lei veniva meno l'appetito, quando soprattutto le emozioni si raggrumavano in lei, fastidiosamente, abituate a essere nascoste.

Passando davanti a villa Misugi, si chiese se lui fosse in casa; ma velocemente represse quel... qualcosa che non comprendeva neanche lei. Il pensiero di Jun la irritava, pur conscia che in condizioni normali non avrebbe mai provato sensazioni così sgradevoli nei suoi confronti.

La confortava l'idea che il giorno dopo sarebbe tornato tutto normale: lei, spaventapasseri, che avrebbe continuato a parlare agli zii come niente fosse, a sfregare palloni con uno stupido straccio nel tentativo di fare qualcosa per lui, di fargli capire quanto sia importante per lei la sua felicità, la sua vita. L'arrabbiatura sarebbe passata.

«Yayoi?»

Non si era neanche accorta che aveva cominciato a piovere.

«Che ci fai qui? E perché non hai l'ombrello? Non vorrai prenderti un malanno spero...»

Jun era davanti a lei, con un ombrello aperto e uno sguardo che tradiva una certa esitazione. Forse era appena tornato da una visita di cui non le aveva parlato. 

Yayoi non rispose alla sua domanda, perché non trovava le parole più sincere per confessargli che era “scappata”, che alla fine ci sarebbe tornata, a casa, perché quel giorno era inspiegabilmente l'eccezione, lo strappo alla monotonia della sua esistenza.

Ma lui la stava fissando con una preoccupazione tale da farla sentire in colpa.

«Ti senti bene? Non è che hai già la febbre, vero?»

Le si stava avvicinando con una mano alzata, quando Yayoi chiuse gli occhi, indietreggiando di poco.

«Yayoi... perché non entri in casa con me? Magari prendiamo un tè.»

Non aveva voglia di tè; non le piaceva neanche molto in realtà: aveva cominciato ad apprezzarlo di più solo da quando la zia aveva comprato la teiera nuova. Per questo scosse la testa, incrociando le braccia al petto per scaldarsi un po' – e perché almeno le mani si sarebbero riparate dalla pioggia.

«Sei strana oggi. È successo qualcosa?»

No, il problema era che era anche colpa sua se le cose non cambiavano.

«Mi fai preoccupare...»

Jun cercava di ripararla con l'ombrello, ma più si avvicinava più lei si allontanava. Sebbene le stesse chiedendo di parlare, lei non aveva granché da dirgli. Yayoi si sentiva solo in colpa, e provava rabbia perché si sentiva sempre in colpa, ma... lo stava facendo preoccupare, e lei non voleva: non lo voleva neanche quel giorno, in quell'eccezione.

Tuttavia... tuttavia desiderava anche sentirsi meno sola.

«Stavo camminando e ho perso un po' la cognizione del tempo. Tranquillo, tanto devo tornare a casa.»

Intanto la pioggia picchiava di più sui vestiti, sui capelli, sull'asfalto, e nell'accorgersi di ciò, incomprensibilmente, Yayoi si sentì un po' umiliata.

«Vieni dentro. Asciugati, e poi ti accompagna il mio autista.»

Forse avrebbe dovuto arrendersi all'evidenza che neanche quel giorno era diverso dagli altri. 

Davvero Jun era riuscito ad arginare tutte quelle emozioni tumultuose non facendo assolutamente niente di diverso dal solito?

«Ti ringrazio, ma dopo torno da sola.»

Con un po' di stupore, lui annuì.

«Allora seguimi.»

E cominciò a farle strada, anche se un po' incerto.

«Ma sei sicura di stare bene?»

Non stava bene, ma non voleva dirglielo.

«Sì.»

«Va bene...»

Entrarono nella villa, e le parve strano che non ci fosse nessuno ad accoglierli.

«Andiamo di là... ti devi asciugare.»

«Ma... sei solo in casa?»

Jun, nel frattempo, le stava facendo strada in direzione di una porta cui lei non aveva mai fatto troppo caso, probabilmente perché lei stessa non andava più in cucina da quando il personale di casa Misugi si era ampliato.

«Probabilmente sono di sopra a sistemare le camere... i miei sono via. Prego, entra pure.»

Con cortesia, Jun le aprì la porta. Poi, entrati entrambi, accese la luce e richiuse la porta alle spalle. 

C'era un tavolo dai decori antichi in mezzo alla stanza, circondato da armadi in legno scuro. Un candeliere capeggiava su tutto, tanto imperioso che anche solo nell'intravederlo Yayoi si sentì piccola.

«Qui si mettono le giacche e i soprabiti degli ospiti... ma sono sicuro che ci siano anche degli asciugamani per i giorni di pioggia.»

Jun cominciò a spalancare le ante degli armadi, mentre Yayoi lo seguiva con gli occhi, ancora all'ingresso, immobile, un po' irrequieta.

«Non me la racconti giusta oggi, sai?»

«Come?»

Di lui vedeva solo le gambe, nascosto com'era dal legno.

«Non me la racconti giusta... ah, eccoli, finalmente.»

Jun serrò l'ennesimo armadio, col volto soddisfatto. Tra le mani teneva due asciugamani. 

Si avvicinò a lei e glieli tese, sereno.

«Grazie, Jun... non dovevi.»

Ne afferrò uno e cominciò a strofinarsi i capelli. Fuori diluviava davvero: lo vide dall'unica finestra che, anche se il cielo era buio, illuminava la stanza.

«Yayoi...»

Yayoi riportò lo sguardo sul suo viso. 

Jun era vicino. 

La stava scrutando.

«Forse... dovresti toglierti il soprabito, altrimenti ti ammalerai davvero.»

Un po' stralunata, perché gli occhi di Jun avevano qualcosa di diverso, avvertì un calore strano scaldarle l'animo e al tempo stesso raffreddare la rabbia, il rancore, l'odio che fino a quel momento aveva riversato, con frustrazione, contro se stessa. 

Si agitò.

«Yayoi?»

Annuì: si sfilò la giacca e si sistemò la camicia.

«Io non voglio sembrarti insistente, però... non ti sto capendo.»

«Non c'è niente da capire... è una giornata un po'... storta, Jun.»

Jun si accigliò, forse stranito.

«Perché?»

Alzò le spalle. 

Non aveva molta voglia di parlare, perché esprimere i suoi pensieri le sembrava un po' inutile, un po' dannoso e anche un po' stancante. 

Lentamente si avvicinò al tavolo. Prima ripiegò l'asciugamano sulla superficie, dopo si poggiò lei stessa al legno. 

«Non mi va di parlare oggi, scusa...»

Non aveva voglia di tornare a casa. Non aveva voglia neanche di stare lì. Tuttavia... non poteva non avere voglia di stare con lui.

«Vuoi fare qualcosa in particolare?»

Lo osservò.

Cercò di cogliere in lui qualcosa... qualcosa che le potesse far intendere che se si fosse avvicinata lui non l'avrebbe allontanata. 

E deglutì.

Vorrei baciarti.

Vorrei baciarti perché vorrei non sentirmi uno spaventapasseri.

Tremendamente in imbarazzo, cominciò a percepire in sé i moti fatali del cuore, mentre Jun pareva più sorpreso che a disagio, con le guance un po' arrossate ma niente di più.

Anche tu stai desiderando quello che desidero io? 

Perché lo desideriamo proprio adesso?

«Mi dispiace tanto, Jun...»

Lo sussurrò, forse per abitudine, ma Jun non le chiese spiegazioni come al solito. 

Vorrei baciarti perché vorrei non sentirmi uno spaventapasseri in questa mia eccezione.

«Io non...»

Ma Jun, inspiegabilmente, si avvicinò sempre di più.

Sempre di più.

E come le onde sul lido si ritirano in qualche istante, brevemente poggiò le labbra su quelle di lei.

Vorrei baciarti cento, mille, poi altre cento e altre mille volte. 

Ma Yayoi gli sfiorò le labbra di nuovo. 

Se solo fosse possibile...

Una volta, poi un'altra.

Io non dubiterei più dei miei desideri se riuscissi a cogliere i tuoi e nei tuoi i nostri indefiniti sentimenti.

Infine le aprì, le labbra, perché anche lui le aveva aperte e lei non sapeva bene come funzionavano i baci. Tuttavia... a un certo punto capì che non le bastava più la sua bocca umida. 

Si accorse che lui le stava stringendo i fianchi e che lei invece era ancora un po' rigida. 

Quindi avanzò. 

Sentì il cuore di Jun, che batteva forte. 

Fortissimo, come il suo. 

Ma il suo cuore non era come quello di Jun Misugi.

Perciò si scostò di poco, negli ansiti insensati che travolgono i ragazzi che non sanno davvero di amarsi ma che eccezionalmente fanno ciò che sentono.

«S-scusami, io... credo di dover tornare a casa.»

Fuori aveva smesso di piovere.

«Yayoi... s-scusami.»

Lei annuì, senza troppi pensieri, con la testa china per la vergogna e per il senso di colpa.

Come sempre.

 

Note d'autrice

*Questa storia non segue esattamente le vicende e la cronologia del manga (ciò vale anche per i capitoli a seguire) e forse i personaggi non si confanno molto alle caratterizzazioni originali. Per questo si è preferito inserire l'avviso di OOC.

  
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