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Autore: C_Totoro    08/08/2020    2 recensioni
Bellatrix Black ha diciannove anni e ama il Signore Oscuro. Rodolphus Lestrange la conosce da quando erano bambini e non vuole più attendere per sposarsi. Andromeda Black è preoccupata per sua sorella Bellatrix e, allo stesso tempo, per sé stessa: è ben consapevole che nessuno della sua famiglia accetterà mai la sua relazione con Ted...
“Lo sanno tutti cosa fai, Bella. Tutti” le rispose con cattiveria Rodolphus, stringendo le labbra. [...] Bellatrix avrebbe voluto ribattere ma, di nuovo, sentì la voce di lui.
Lasciali fare, Bella. Sapevi che prima o poi questo giorno sarebbe arrivato, no? Prendili in giro. Gioca il loro gioco. Fai credere loro di avere il potere, fagli credere siano loro a dettare le regole. Impareranno che non si può mettere il guinzaglio a una guerriera… Bella sorrise. Aveva ragione, come al solito. Quante volte glielo aveva ripetuto durante quegli anni?
“Play the role, Bella” le diceva Voldemort “L’ho fatto anche io per anni, all’occorrenza lo faccio ancora oggi. È importante mantenere la facciata che gli altri si aspettano. È importante fare finta di essere persone per bene, dà loro quello che vogliono. L’importante è che nel profondo tu sia leale a te stessa, che tu sia fedele a me”.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andromeda Black, Bellatrix Lestrange, Rodolphus Lestrange, Tom Riddle/Voldermort | Coppie: Bellatrix/Voldemort, Rodolphus/Bellatrix, Ted/Andromeda
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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PLAY THE ROLE

 

Il tocco della sua lingua era leggero come quello di una piuma. Un tocco fermo e delicato allo stesso tempo, tremendamente eccitante, come sempre quando si trattava di lui. Come quella lingua abbandonò l’ombelico per risalire lentamente verso il suo seno Bellatrix sentì i suoi capezzoli inturgidirsi. Gli piaceva farla impazzire così, ogni gesto compiuto con deliberata indolenza, proprio per portarla al limite e sentirla pregare di avere di più, sempre di più. Bellatrix sospirò quando la bocca del Suo Signore, infine, giunse sul suo seno e Voldemort, approfittando di quel sospiro che le aveva fatto dischiudere le labbra, le infilò prepotentemente in bocca due dita. Bella prese a succhiare e a leccare, sperando con tutta sé stessa che quelle dita venissero presto sostituite da altro, da qualcosa di ben più grosso, caldo e pulsante…

“Bella”

Bellatrix mugugnò qualcosa – le dita non le permettevano di articolare correttamente le parole – si dimenò leggermente quando sentì qualcosa sfiorarle la spalla.

“Bella”

Il tocco sulla spalla si fece più forte e deciso e Bellatrix non sentì più la lingua del suo Padrone sui suoi capezzoli turgidi, che cosa stava succedendo?

“Bellatrix!”

Bella aprì gli occhi di scatto, intontita e, invece di trovarsi di fronte gli occhi rossi e terribili di Voldemort, incontrò lo sguardo preoccupato e dolce di sua sorella Andromeda.

“Sei tu…” mormorò Bellatrix stropicciandosi gli occhi con una mano e sistemandosi lo scialle sulle spalle.

Era un così bel sogno! Cosa diamine voleva sua sorella Andromeda, per Merlino?

“Chi ti aspettavi?” domandò Andromeda alzando un sopracciglio con fare inquisitorio. Bellatrix fece spallucce distogliendo in fretta lo sguardo.

“Be’, non te, dato che dovresti essere a Hogwarts, no?”

“Veramente Cissy ed io saremmo tornate ieri sera, ma evidentemente tu avevi di meglio da fare che non stare a casa ad aspettare le tue sorelline minori di ritorno da scuola”.

Bellatrix allungò le gambe e si mise supina, stiracchiandosi pigramente come un gatto assonnato. Già, aveva avuto di meglio da fare. Da quando aveva lasciato Hogwarts la sua vita era drasticamente cambiata. Cambiata in meglio, ovviamente. Aveva incontrato l’uomo della sua vita, un uomo che aveva rimescolato le carte della sua esistenza e le aveva dato uno scopo, un obiettivo. Bellatrix aveva sempre immaginato che la sua vita sarebbe stata uguale a quella di sua madre Druella, la vita di una donna purosangue: un buon matrimonio con un partito purosangue e figli per portare avanti la stirpe magica. Non ci si aspettava altro da lei e più si avvicinava la fine del periodo della sua istruzione a Hogwarts, più Bellatrix si sentiva soffocare. Rodolphus le piaceva – e anche tanto – ma l’idea di passare il resto della sua vita con lui in una villa ad allevare figli, ad andare a eventi mondani, a cercare di influenzare il Ministero affinché facessero leggi anti-Babbane le faceva venire il voltastomaco. Sapeva di avere tanto altro all’interno di sé da poter dare, sapeva che il mondo ancora aveva tanto da donarle.

Fu alla sua festa per la fine della sua istruzione magica e dei M.A.G.O. che la vita di Bellatrix cambiò rotta improvvisamente. Proprio quando credeva di essere finita alla deriva, arenata su un’isola deserta senza via di scampo, arrivò il suo Salvatore. Ne aveva ovviamente sentito parlare. Anzi, non si parlava proprio di nessun altro. C’era chi lo amava, chi lo detestava, chi credeva fosse la soluzione al problema pur essendo un Mezzosangue. E poi c’era lei, Bellatrix, per la quale Voldemort era diventato tutto. Il suo Maestro di Arti Oscure, il suo confidente, suo padre, il suo amico, il suo padrone… il suo amante. Tutto era racchiuso in quell’uomo enigmatico, tenebroso e minaccioso che l’aveva circuita con un semplice sorriso. Bellatrix si era sentita rinascere. Quel senso di oppressione al petto, con il quale conviveva da più di un anno e mezzo, era scomparso nel nulla come se qualcuno avesse lanciato un Evanesco. Voldemort le aveva donato uno scopo, qualcosa che la faceva vivere e non semplicemente esistere. Erano due anni che viveva praticamente in simbiosi con lui, con il suo Maestro, il suo Padrone. Aveva anche deciso di rimandare il matrimonio con Rod. Che se li prendesse tutti un acromantula, Bella era giovane e voleva lasciare il segno sul mondo, non sposarsi con un ragazzino della sua età che se la faceva con la prima strega che gli rivolgeva un sorriso più sfrontato. Non che Bellatrix avesse diritto di essere gelosa: Voldemort la faceva sua spesso e volentieri, dove capitava, come capitava, tutte le volte che voleva. E Bellatrix non poteva essere più felice di così. Per la prima volta nella sua vita si sentiva capita, compresa, valorizzata.

“Allora?” insistette Andromeda sedendosi sul divano accanto alla sorella “Dov’eri?” le chiese ancora lanciandole una lunga occhiata penetrante. Passò in rassegna il viso stanco e consumato di Bellatrix. Aveva due occhiaie prominenti, le guance scavate, ma nei suoi occhi vi vedeva una scintilla che non aveva mai scorto prima e che rendeva lo sguardo di sua sorella quasi… folle, invasato. Andromeda distolse lo sguardo da quello di Bellatrix, a disagio. Erano sempre state unite lei, Bella e anche Cissy. Andromeda si ricordava di come passassero sempre il tempo libero insieme sia a Hogwarts sia a casa. Soprattutto a casa, quando l’educazione rigida che impartivano loro i genitori si trasformava in una gabbia dorata che le faceva impazzire. Si erano sempre sostenute a vicenda e ad Andromeda non era passato inosservato il periodo di depressione di Bellatrix due anni prima, durante l’ultimo anno di Bella a Hogwarts, come avrebbe potuto non notarlo? Ma doveva essere proprio… proprio quell’uomo la soluzione? Andromeda l’aveva visto abbastanza spesso negli ultimi anni: dovunque ci fosse Bellatrix troppo spesso c’era anche lui. E poi Bella non faceva altro che blaterare su di lui, su come fosse potente, oscuro, seducente, affascinante, bello. Più Bellatrix entrava in intimità con lui, più diventava intollerante ed estremista nel pensiero. Diventava sempre più sfrenata, folle, sadica. Sempre più oscura. E Andromeda si ritrovò a doversi chiudere sempre più in sé stessa: come poteva parlare di Ted a una che non faceva altro che sproloquiare su come avrebbe cruciato tutti i Sanguesporco esistenti sulla faccia della Terra?

Bellatrix si tirò su a sedere e lo scialle le ricadde sulla schiena lasciando scoperte le spalle. Gli occhi di Andromeda volarono sui lividi che Bella aveva sulle spalle e sul collo, sulle braccia, sui polsi… ematomi violacei, un misto tra morsi, succhiotti e segni di costrizioni con corde o lacci…

“Ero impegnata con Lui, Dromeda” bisbigliò Bellatrix soffocando uno sbadiglio: la notte scorsa non aveva dormito per nulla.

Andromeda non fece in tempo a rispondere che la porta si spalancò ed entrò Narcissa, un largo sorriso stampato in viso. Bellatrix sussultò e si coprì di nuovo frettolosamente con lo scialle: era sicura che Cissy non fosse in grado di comprendere le pratiche a cui si dedicava con Voldemort. Né quelle sessuali né, tanto meno, quelle magiche.

“Bella!” esclamò Cissy stringendola tra le braccia. Era la più piccola e più graziosa delle tre e Bellatrix, nei suoi confronti, era particolarmente protettiva: Cissy aveva solo quindici anni e Lucius Malfoy sembrava troppo insistente, per i suoi gusti.

“Dov’eri? Abbiamo un sacco di cose da raccontarti, Dromeda ed io!” proseguì Cissy mettendo su un broncio buffo.

“Era con il suo fidanzato” sibilò Andromeda risentita alzandosi in piedi e Bellatrix la guardò torva per alcuni istanti.

“Ma se giù c’è Rod ed è impaziente di vederti dato che ormai è da più di una settimana che non vi incontrate?” chiese confusa Narcissa spostando il suo sguardo da Andromeda a Bellatrix.

Bellatrix si alzò in piedi e si cambiò vestito con un semplice tocco di bacchetta “Non ascoltare tua sorella, Cissy, si diverte a prendermi in giro”.

 

La Vigilia di Natale i Black l’avevano sempre passata in famiglia, solo loro cinque. Da quando poi Bellatrix era fidanzata ufficialmente con Rodolphus il ragazzo si era aggiunto a loro e ormai erano un paio di anni che passavano la Vigilia tutti insieme.

Druella ridacchiò civettuola colpendo sul braccio Rodolphus “Sei proprio un ragazzo simpatico, Rod, davvero un perfetto gentiluomo purosangue” rise portandosi una mano sulle labbra per nascondere la bocca. Bellatrix alzò gli occhi al cielo, Se ti piace così tanto, madre, perché non te lo sposi tu? Pensò giocando con le patate arrosto che aveva nel piatto con fare sconsolato.

Era stata sua madre a presentarle Rod, ancora prima che andassero a Hogwarts insieme. I Lestrange, oltre a essere una rispettabile famiglia purosangue, erano anche di origini francesi proprio come i Rosier e Druella aveva architettato tutto sin dalla nascita della primogenita sua e di Cygnus. Bellatrix doveva dargliene credito: il suo piano era riuscito perfettamente. Lei e Rod si erano subito piaciuti, sin da bambini. Bellatrix quasi si soffocò col bicchiere di vino elfico ripensando a come Rod a nove anni si fosse alzato la veste da mago e tirato giù le mutande per farle vedere “il pistolino” e lei aveva ricambiato facendogli vedere “la patatina”. Inizialmente si erano esplorati con l’innocenza dei bambini, con il passare degli anni quell’innocenza si era trasformata nella curiosità degli adolescenti; i primi baci, le prime esperienze, erano nate tra di loro con molta naturalezza: Bellatrix era sempre stata molto attratta da Rodolphus, un ragazzo intelligente – non come gli altri bambocci idioti che pensavano solo al Quidditch! - bello e Purosangue. Tuttavia, quando Bellatrix iniziò a capire il gioco di sua madre, si era rivoltata: non accettava di essere manipolata da nessuno, benché meno da Druella Rosier in Black.

“Ma, Bella, Rod ti piace” le aveva detto Andromeda una sera che erano sedute di fronte al fuoco nella Sala Comune dei Serpeverde.

“Sì, ma è stata nostra madre a creare tutto, capisci?” aveva sibilato Bella, tenendo il tono di voce basso per non svegliare Narcissa che si era appisolata sul divano una mezz’oretta prima.

“Okay, capisco, ma se ti piace…”

“No” l’aveva interrotta subito Bellatrix con un tono che non ammetteva repliche “Voglio decidere io, io! Oh, non gliela darò vinta così facilmente a quell’arpia, dovrà penare per vedermi sposata a Lestrange…”

“Però comunque lo sposerai” aveva risposto Andromeda con un sorrisetto e Bellatrix era arrossita “Be’, Rod mi piace” aveva mormorato Bellatrix spostando il suo sguardo verso il fuoco mentre il respiro le si mozzava in gola. Sì, Rodolphus Lestrange le piaceva proprio tanto. Le piaceva chiacchierare con lui, baciarlo in bocca e succhiarlo in altre parti, le piaceva sentirlo dentro di sé. Eppure l’idea di passare il resto della sua vita con lui la metteva a disagio, le creava un nodo in gola e la deprimeva in modo indescrivibile. Aveva provato a immaginarsi sulla veranda di Villa Lestrange, vecchia insieme a Rod, magari mentre leggevano un libro con i loro nipoti che giocavano a fianco a loro. Per poco non le era venuto un conato di vomito. Non che Rod fosse il tipo da vivere una vita equilibrata e tranquilla ma, inequivocabilmente, era ciò che tutti si aspettavano da loro due. Se lo aspettavano i Black, i Rosier, i Lestrange… tutta la comunità magica. Rodolphus avrebbe avuto il coraggio di seguirla e abbandonare le convenzioni? Poco dopo il diploma a Hogwarts, effettivamente, anche lui aveva intenzione di entrare a far parte dei Mangiamorte, tuttavia non sembrava essere così disgustato dall’idea di una vita tranquilla, da una vita “standard da Purosangue”.

“Bellatrix!” la voce di suo padre Cygnus la riportò bruscamente alla realtà. Narcissa la stava osservando con gli occhi sgranati mentre Andromeda le indicò con lo sguardo Rodolphus.

“Scusami, Rod” disse quindi Bellatrix con voce suadente “Stavo pensando a come ci divertivamo a Hogwarts” proseguì facendogli una veloce strizzatina d’occhi. Rodolphus si schiarì la gola. Non ci cadeva più nelle trappole di quella strega: la conosceva troppo bene.

“Sì, be’, Bella effettivamente a Hogwarts ci siamo divertiti molto e, insomma, vorrei che riprendessimo a farlo: siamo fidanzati ufficialmente ormai da due anni, io ho un ottimo impiego al Ministero, siamo pronti al grande passo, io credo” le disse guardandola fisso negli occhi con aspettativa. Non avrebbe aspettato un minuto di più. Non che gli dispiacesse la vita che conduceva, viveva da solo, fidanzato con la donna purosangue più bella e si sollazzava con mille altre streghette. Ma non accettava di essere deriso alle spalle: Bellatrix era l’amante del Signore Oscuro, dell’uomo a cui anche lui aveva giurato lealtà assoluta. Gli altri Mangiamorte sghignazzavano e lo deridevano; ormai era evidente a tutti che Bellatrix rimandasse il matrimonio per quello, perché si sbatteva il Signore Oscuro. E lui ci faceva la figura del fesso, del fidanzato che aspettava invece di mandarla a quel paese e cercarsi una nuova strega. No, anche basta. O lei si decideva a diventare sua oppure se ne poteva anche rimanere col diavolo: aveva una lunga lista di donne tra cui scegliere, nel caso.

“Anche Bellatrix è pronta” disse Druella scoccando un’occhiata torva alla figlia maggiore “No, Cygnus, caro?” chiese rivolta al marito.

Cygnus fece un piccolo colpetto di tosse; avrebbe dato tutto il suo patrimonio affinché ciò che aveva detto Druella potesse essere vero ma Cygnus sapeva che così non era. No, Bellatrix non era pronta al matrimonio e Cygnus era ben consapevole non lo sarebbe mai stata. Se già era stato complicato prima, ora che era diventata la cagna del Mago Oscuro…

“Certo che anche Bellatrix è pronta” rispose tuttavia Cygnus con un sorriso tirato in direzione di Rodolphus Lestrange “Anzi, Rodolphus, ti ringraziamo molto per la pazienza”.

Bellatrix prese a boccheggiare, stordita per qualche istante. Non poteva credere che stessero facendo tutto come se lei non esistesse, come se fosse un soprammobile.

E lo sei, un soprammobile, Bella? Le chiese una voce fredda e acuta all’interno della sua testa. Una bella bambolina?

Bellatrix sussultò, si guardò intorno, poi raddrizzò leggermente la schiena.

“Veramente io credo di non essere ancora pronta, Rod”.

“Ah no?” domandò Rodolphus accarezzandosi la barba e facendole un sorriso sghembo “Come passi le tue giornate, Bella? Non lavori, non studi… cosa fai?”

Bellatrix arrossì violentemente.

Sei più furba di lui, vero Bella?

“Lo sai cosa faccio” gli sibilò. Quella voce nella sua testa la distraeva, era la voce di lui e il solo sentirla la faceva eccitare in modo parossistico.

“Lo sanno tutti cosa fai, Bella. Tutti” le rispose con cattiveria Rodolphus, stringendo le labbra.

“Rodolphus, tesoro” lo interruppe Druella con un sorriso e un’occhiataccia a Bellatrix “Parleremo noi con Bella. Come te, Cygnus ed io siamo convinti non sia prudente attendere oltre. Diciannove anni è l’età giusta per sposarsi, direi”.

Bellatrix avrebbe voluto ribattere ma, di nuovo, sentì la voce di lui.

Lasciali fare, Bella. Sapevi che prima o poi questo giorno sarebbe arrivato, no? Prendili in giro. Gioca il loro gioco. Fai credere loro di avere il potere, fagli credere siano loro a dettare le regole. Impareranno che non si può mettere il guinzaglio a una guerriera… Bella sorrise. Aveva ragione, come al solito. Quante volte glielo aveva ripetuto durante quegli anni?

Play the role, Bella” le diceva Voldemort “L’ho fatto anche io per anni, all’occorrenza lo faccio ancora oggi. È importante mantenere la facciata che gli altri si aspettano. È importante fare finta di essere persone per bene, dà loro quello che vogliono. L’importante è che nel profondo tu sia leale a te stessa, che tu sia fedele a me”.

La cena si prolungò a lungo e, quando venne il momento per Rodolphus di andarsene poco dopo la mezzanotte, chiese a Bellatrix di accompagnarlo alla porta. La guardò in silenzio per qualche istante poi, senza pensarci due volte, si chinò su di lei e le diede un profondo e passionale bacio sulle labbra. Le labbra di Bella non erano particolarmente piene erano, anzi, piuttosto sottili. Ma erano sempre calde, accoglienti e facevano fremere Rodolphus nel profondo. Ogni volta che stava con altre streghe, inevitabilmente, finiva per pensare alla sua Bella. La conosceva così bene. Rodolphus si perse in quel bacio, lo gustò a fondo, sentendo ancora il sapore del dolce nella bocca di lei. Quando infine si separarono si divertì a stuzzicare Bellatrix, sfiorandole il seno con una mano, sapeva che era estremamente sensibile, nonostante non scopassero praticamente da quando avevano lasciato Hogwarts. Chissà se ha cambiato gusti, pensò distrattamente chinandosi su di lei e scostandole i capelli col naso. Chissà a quali pratiche si dedica con Lui, cosa le fa fare, cosa le fa… Bellatrix aveva un vestito con il collo alto e Rodolphus glielo abbassò leggermente con le labbra. I segni dell’altro erano ancora evidenti, erano lì che lo aspettavano. Rodolphus socchiuse gli occhi, ferito nonostante tutto. Colpito e affondato.

“Se vuoi fare la sua puttana, fallo, ma non credere che io starò qui ad aspettarti” le sussurrò all’orecchio, giocando con il suo lobo. C’era un tempo in cui vedere come Bellatrix si degradava per un altro lo avrebbe fatto soffrire oltre ogni immaginazione, lo avrebbe fatto imbestialire e gliel’avrebbe dimostrato. Avrebbe strepitato, urlato, l’avrebbe insultata. Ora, invece, aveva imparato a interagire con Bellatrix. Farsi vedere sottomesso a lei, farle vedere che ci teneva, sarebbe stata la disfatta. Rodolphus sapeva che avrebbe sposato Bellatrix. Lo sapeva, e questa era l’unica vittoria che gli interessava. Sorrise tra sé e sé: Voldemort poteva essere la scelta di Bellatrix ma non sarebbe mai stata la scelta dei Black. Inoltre, ne era perfettamente consapevole, Voldemort voleva che Bellatrix si sposasse con lui. Black e Lestrange, un sodalizio perfetto per la Causa.

“Come osi” sibilò Bellatrix, cercando di divincolarsi dalla presa di Rodolphus che però affondò di più la mano nella sua chioma tirandole leggermente i capelli.

“Come osi tu, Bella. Mi hai preso per uno stupido? Il Signore Oscuro è un mago molto potente e sono convinto sia la soluzione: estirperà Babbani e luridi Sanguesporco. Ci vuole un uomo come lui alla guida della nostra comunità, qualcuno che abbia polso, un piano, un’idea, un progetto di vita futura” fece una breve pausa perdendosi a guardare Bellatrix. Le guance arrossate dalla rabbia le donavano in modo particolare e pensò che rinunciare a lei sarebbe stato davvero molto complesso. “Per questo ho deciso di diventare un Mangiamorte, per questo, Bella, ho appoggiato il tuo ingresso nel Cerchio. Tuttavia, abbiamo quasi vent’anni, è arrivato il momento di appoggiare la nostra Causa non solo a parole, non solo lottando, ma anche con i fatti. Dobbiamo sposarci, i Lestrange si meritano un erede”.

Bellatrix fece una risatina e Rodolphus alzò le sopracciglia “Scegli in fretta, Bellatrix. Se non mi vuoi, sciolgo il fidanzamento, di donne purosangue che fremono per finire nel mio letto è pieno il mondo” concluse Rodolphus per poi uscire con passo deciso fuori da Casa Black, lasciando Bellatrix da sola e spaesata.

 

*

 

“Così mi ha minacciata! Capite, Mio Signore, mi ha minacciata! Ha minacciato me” gemette Bellatrix, mordendosi le labbra con le lacrime agli occhi “E i miei genitori gli hanno dato man forte! Condividono…”

“Basta, Bella” la interruppe Voldemort accarezzando Nagini distrattamente “Non mi piacciono le persone che si lamentano”.

Bellatrix abbassò lo sguardo, avvilita e affranta. Sperava avrebbe trovato un alleato e, invece, stava incontrando solo un altro carnefice. Bellatrix, ogni volta che era in presenza di Lord Voldemort, sentiva agitarsi in lei forze meravigliose, sentimenti sfavillanti, un’onda malinconica, e le faceva male constatare come invece, il suo amato, vi resisteva con serena inaccessibilità.

“Cosa devo fare?” chiese infine, afflitta, chiudendo gli occhi e aspettando l’ordine di Voldemort come se fosse una condanna.

“Sposarti con Lestrange, Bella. Cos’altro vorresti fare?” poi aggiunse malevolo “Non di certo sposarti con me, vero?” le chiese stringendo gli spietati occhi rossi fino a ridurli a due fessure. Bellatrix rimase in silenzio. Voleva sposarsi con Voldemort? A ben vedere no. La verità era che non voleva sposarsi con nessuno, eppure tutti continuavano a cianciare sul matrimonio come se rimanere single non fosse neanche contemplato. Soldi ne aveva in abbondanza, poteva permettersi di non lavorare ed essere una Mangiamorte a tempo pieno. E di un marito, poi, ne sentiva il bisogno meno che mai. Aveva già una persona a cui era legata per il resto della sua vita, aveva già una persona a cui essere leale e fedele. L’idea di rimanere incinta e avere figli le faceva salire i brividi lungo alla schiena: lei figli non ne voleva e non ne aveva mai voluti. L’aveva ripetuto fino allo sfinimento a chiunque e le risposte erano sempre le stesse “Cambierai idea, sei ancora giovane”, “Quando lo avrai, vedrai che ne sarai contenta, “Sei donna, sei Purosangue è ciò che ci si aspetta da te”. Bellatrix non ne poteva più, non ne poteva più di adeguarsi a ciò che gli altri volevano…

Voldemort rise. Una risata fredda e priva di felicità.

“No, infatti, non vuoi sposarti nemmeno con me” sibilò a bassa voce “Smettila di fare la bambina. Quante volte dovrò ripetertelo? Play the role. I tuoi genitori vogliono che ti sposi con Lestrange? Accontentali, per il quieto vivere. Rodolphus vuole sposarsi con te? Ben venga. Sfruttalo Bella, sfrutta questo matrimonio. Cosa si direbbe di te in giro se non ti sposassi?” le chiese avvicinandosi a lei e chinandosi per guardarla meglio in viso. “Cosa direbbero? La Black che vive da sola, che non lavora ma che non è mai in casa, la si vede in giro con segni di magia oscura, con segni…” Voldemort s’interruppe accarezzandole un livido che aveva ancora la forma della propria bocca.

“Oh no Bella, essere scapola ti renderebbe un bersaglio troppo facile” scosse la testa e le prese il mento tra le mani “E tu non vuoi essere un bersaglio facile, vero? Tu vuoi essere la mia migliore Mangiamorte. Cosa me ne farei di te se finissi ad Azkaban?”.

Bellatrix annuì, convinta. Voleva servire Voldemort e voleva farlo sempre, per sempre. Ciò che provava per lui andava al di là dell’amore, andava al di là di qualsiasi sentimento conosciuto. Nonostante ciò, non era ancora convinta, titubava.

“Ma Rod vuole un bambino, un erede…”

Gli occhi di Voldemort divennero sempre più rossi e parvero scintillare nella penombra.

Gli piaceva. Bellatrix gli piaceva e si sentiva attratto da lei più di quanto non fosse mai stato attratto da nessun altra donna. Farla sua era stato non solo estremamente facile ma anche tremendamente divertente. Gli era bastato uno sguardo per sfondare le barriere mentali di Bellatrix, capirne i punti deboli e circuirla. Quella strega aveva un potenziale magico – ma anche caratteriale – che non doveva assolutamente essere buttato via. Voldemort non riusciva a definire il loro primo incontro casuale quanto, piuttosto, inevitabile. Fra la musica dei violini, le voci allegre e chiassose della gente e sorrisi di circostanza, l’infelicità riconosceva l’infelicità, l’oscurità fiutava l’oscurità. Ma non era poi una cosa così strana, gli esseri umani non s’incontravano sempre in quella maniera? L’aveva quindi avvicinata e l’aveva fatta sua con maestria e ora quella sciocca pendeva dalle sue labbra come se lui fosse una divinità. Farla sua fisicamente era stato ancora più facile e ancora più divertente, forse complice anche l’età, Bellatrix era una donna insaziabile e dedita a qualsiasi turpitudine. Bella si prodigava per dargli piacere, anche a discapito del proprio. Tuttavia Voldemort aveva scoperto in fretta di come la strega avesse avuto un ascendente anche su di lui, su di lui che sarebbe dovuto essere superiore e distaccato da questioni così basse, così umane. L’idea che Bellatrix potesse andare a letto con il maggiore dei Lestrange e rimanerne incinta gli provocava un profondo e sconosciuto fastidio. Gelosia? Pensò distrattamente continuando a osservare Bellatrix. Aveva provato spesso invidia da ragazzino. Invidia per quei Purosangue la cui vita sembrava essere sempre troppo facile. Tutto ciò che lui, Lord Voldemort, aveva desiderato a loro veniva servito su un piatto d’argento, era loro di diritto. Avevano conosciuto la magia da sempre, rimpinzati di cibo, oggetti, giochi, soldi. Con il minimo sforzo avevano tutto. L’invidia la conosceva bene: da ragazzino aveva posseduto poco e nulla e, di conseguenza, aveva sempre desiderato ciò che era d’altri. Ma Bellatrix. Oh, Bellatrix apparteneva a lui. Era una sua creatura, non avrebbe permesso a nessuno di accaparrarsi quella donna. Gelosia, quindi. Per la prima volta nella vita, gelosia.

“Tu sei mia, Bellatrix. Mia. Non vedo proprio come potresti rimanere incinta di Rodolphus” le disse con tono duro e minaccioso affondando di più le dita nel suo mento e girandole il viso violentemente verso di sé. Vide i suoi grandi occhi scuri scrutarlo con adorazione, era evidente che quelle parole le avevano fatto piacere. Socchiuse le labbra e Voldemort si ritrovò a fissarle la bocca insistentemente. Quello era il volto di chi della vita non sapeva ancora nulla, l’espressione dell’età in cui si crede ancora che la neve appena caduta non diventerà mai sudicia fanghiglia…

“Ma, Padrone, se mi sposo con lui…”

Voldemort le fece un ghigno sadico, cattivo. “Via, Bella. Play the role, ti ho detto. Rodolphus ti sta mettendo alle strette? Fai finta di dargli quello che vuole, puoi anche concederti a lui la prima notte, al limite. Legalo a te. Sii tu a sfruttare lui. Ti serve un marito. Qualcuno che ti permetta di conservare la tua famiglia, la posizione sociale, che ti aiuti e ti faccia da scudo. E poi nessun dubiterà della vostra vita sessuale: ci penserò io a lasciarti segni che siano visibili a tutti. Tutti invidieranno Rodolphus…” e Rodolphus sarà invidioso e geloso di me, concluse tra sé e sé soddisfatto di starsi accaparrando qualcosa che mai avrebbe potuto essere sua, in altre circostanze. Bellatrix Black, più giovane di lui di venticinque anni e purosangue. Tom Riddle, orfano mezzosangue cresciuto tra i Babbani. Rodolphus Lestrange, giovane rampollo di una casata purosangue geloso e invidioso di un mezzosangue, la gioia di Voldemort era incontenibile.

Lord Voldemort può fare cose che Tom Riddle mai avrebbe neanche sperato, pensò trionfante, soddisfatto, passando il pollice sulle labbra di Bellatrix. Lord Voldemort era un Purosangue, l’Erede di Serpeverde e riusciva a fare sua la più nobile e pura delle fanciulle. Ho avuto fiducia in me stesso fino alla malinconia, pensò sogghignando. Mi domando a quando risale la prima volta che ho cominciato a lavarmi le mani a ogni occasione di contatto con l’umanità, nel timore di restarne contaminato… eppure… eppure con Bella non accade. Mi piace la sua contaminazione...

“Sei la mia strega, Bella” le sussurrò ancora avvicinandosi sempre di più a lei “E stai pur certa che non permetterò a nessuno di portarti via da me, di allontanarti. Li crucerò tutti uno a uno, li farò mettere in ginocchio e pregarmi di ucciderli piuttosto che perderti...”

Bellatrix ascoltava con il cuore palpitante, sempre avida di parole di conforto, di complimenti e rassicurazioni e, per quanto quelle parole le arrivassero come dolce miele alle orecchie, le suonavano incredibilmente false. Parole che, pur non accompagnate da grandi aggettivi, le sembravano racchiudere un che di eccessivo. Tendenziose e mistificatorie… Bella si gettò su Voldemort, unendo la sua bocca a quella di lui. Mentiva, mentiva sempre, ma ormai anche le sue menzogne le davano un senso d’insperato benessere.

Mi bastano le sue bugie, pensò Bellatrix. L’autoillusione era ormai il suo ultimo raggio di speranza. Come delle bende sporche che sembrano arrestare l’emorragia ma che invece finiscono solo con l’infettare la ferita. Prese con avidità le bende imbevute di illusione che Voldemort le porgeva, erano familiari e le donavano un senso di pace che non avrebbe scambiato con nulla al mondo.

Voldemort iniziò a fare a brandelli la veste di Bellatrix e a ogni suono di lacerazione della veste Bella sentiva il suo cuore mancare un battito, come se improvvisamente le fosse venuto a mancare il terreno sotto ai piedi. Bella viveva per quella palpitazione. Da quando aveva iniziato a provarla la vita aveva smesso di essere un essere deforme e inerte e si era trasformata nella più dolce delle bevande. Un idromele particolarmente buono e costoso. Ne era diventata avida più che mai. Il solo contatto tra le loro labbra, i loro movimenti ormai familiari, l’avevano già fatta sentire meglio. Quando non era con Voldemort, riusciva a ottenere quella stessa palpitazione solo quando asserviva ai suoi ordini, ai suoi desideri. Quando cruciava e le urla di dolore delle sue vittime si andavano a mescolare al suono della lacerazione delle sue vesti, quando le preghiere dei Sanguesporco si confondevano con il suono dei suoi baci e morsi. Nel momento in cui partiva quella palpitazione il mondo si rovesciava, gli alberi si spezzavano, i ponti crollavano e la vita di Bella diveniva sinonimo di girandole che vorticavano al vento, fulmini che squarciavano il cielo. Si fondevano, come in un mal di testa da postumi di ubriacatura, una soddisfazione estremamente egocentrica e una spiacevole timidezza che la proiettavano di colpo in un mondo onirico.

Voldemort si divertiva sempre a prolungare i preliminari oltre il limite dell’assurdo, adorava osservare Bellatrix contorcersi, chiedergli di più, portarla al limite per poi smettere di toccarla all’improvviso. Bellatrix era una creatura che lo faceva sentire padrone e signore come nessun altro. D’altra parte è risaputo che gli umani provino un senso di piacere perverso ad avere completo dominio su qualsiasi cosa, foss’anche una mosca, figurarsi su un essere umano, una donna, una strega potente come Bellatrix. Il senso di onnipotenza che ne scaturiva era inebriante e alimentava l’ego di Voldemort, pompandolo fino a raggiungere dimensioni innaturali.

Quando infine entrò in lei, la trovò grondante umori e Bellatrix avvinghiò le sue gambe intorno alla sua vita come se volesse trattenerlo all’interno di lei per sempre. Non perdeva mai occasione per sfiorarlo, accarezzarlo e osservarlo in quegli istanti d’intimità in cui Voldemort si perdeva in lei e le donava una visione del suo viso che nessun altro poteva vantare di aver visto. Bellatrix era consapevole di come Voldemort rimandasse il più possibile l’atto vero e proprio, credendo che quello per lei fosse una tortura. Ma Bellatrix, invece, ne era in cuor suo sempre molto contenta. Il tutto durava sempre troppo poco, Bellatrix avrebbe voluto sempre di più. Ne voleva sempre ancora e ancora. Il momento in cui iniziava a sfiorarla, e l’attimo dopo in cui le strappava la veste per iniziare a torturarla con i preliminari era per Bellatrix un momento doloroso. Annunciava quello che l’avrebbe seguito: il momento in cui l’avrebbe lasciata, in cui sarebbe entrato in lei, l’avrebbe fatta sua per poi allontanarla in malo modo. Così arrivava a sperare che l’amplesso che amava così tanto giungesse il più tardi possibile affinché divenisse più lungo l’intervallo di tempo durante il quale Voldemort non era ancora entrato in lei. A volte quando, dopo averla presa, Voldemort era pronto per andarsene, avrebbe voluto richiamarlo e pregarlo di darle un altro bacio, di farla sua ancora una volta, ma Bellatrix sapeva bene come il viso del Suo Signore sarebbe subito apparso contrariato, se non addirittura furibondo.

L’orgasmo sconquassò le membra di Bellatrix, luci abbaglianti danzavano sotto le sue palpebre e si ritrovò a urlare in preda al piacere. Nessuno riusciva a farla godere come Voldemort, non di certo Rodolphus. Come Voldemort uscì da lei, Bellatrix si sentì di nuovo schiacciata dalla realtà, dalla consapevolezza di ciò che le avrebbe riservato il futuro. Rimase sola Bellatrix e, dopo poco, si smaterializzò lontano dal suo padrone “a malincuore”: contrariando il suo cuore che avrebbe voluto rimanere con Voldemort perché egli non gli aveva dato, baciandola, il permesso di seguirla.

 

*

 

Non so perché ho aspettato così tanto a dirti che ti amavo. Volevo esserne sicura e non dire parole facili, vuote. Ma ora mi sembra che l’amore sia sempre stato lì, sin dall’inizio. In ogni caso ora c’è, è amore e fa male al cuore. Con te il piacere era amore e ora anche il dolore è amore.

Baci, baci, baci. Era così bello quando mi baciavi.

Ti amo,

Dromeda

 

Andromeda rilesse la lettera più volte, poi la chiuse con cura e la spedì a Ted velocemente, sperando che nessuno notasse il gufo che lasciava Casa Black. Proprio quando stava richiudendo la finestra, ormai il gufo un puntino nero distante nel cielo azzurro, la porta della sua stanza si aprì di colpo.

“Cosa stai facendo?” le domandò Bellatrix curiosa, osservando la sorella chiudere con grazia le tende.

“Guardavo fuori dalla finestra, è una così bella giornata!” si giustificò Dromeda arrossendo leggermente: non era brava a dire le bugie, soprattutto non a sua sorella Bellatrix che la conosceva così bene! Anche se, forse, a ben vedere, ormai erano diventate quasi due sconosciute. In quei due anni di lontananza sembrava essersi creato tra di loro un divario, una distanza, che non poteva essere più accorciata da nulla: erano irrimediabilmente estranee.

“Uhm” fece Bella sedendosi sul letto di Andromeda senza aspettare che la sorella la invitasse a farlo. Andromeda si sentì improvvisamente a disagio. Era passata quasi una settimana da quando lei e Cissy erano tornate da Hogwarts per le vacanze di Natale, tuttavia aveva visto Bellatrix per poco, di sfuggita…

“Dromeda” iniziò Bellatrix titubante mentre Andromeda si sedeva sul letto accanto a lei.

“Cosa?”

“Sei capace di tenere un segreto?” chiese Bella scrutandola con quello sguardo addolorato che negli ultimi tempi le era così tipico e che era in grado di cancellare ogni malumore nel cuore di Andromeda.

“Vale la pena mantenerlo?” domandò tuttavia Andromeda simulando un’irritazione che però non sentiva: voleva comunque far capire a Bellatrix che si sentiva ferita da quella distanza, da quel suo menefreghismo.

“Oh, sì! Mi pesa moltissimo e sento che tu sei l’unica in grado di capirmi, di consigliarmi. Alla fine ho acconsentito, sposerò Rodolphus nelle vacanze di Pasqua, così potrete esserci anche tu e Cissy”.

Andromeda alzò le sopracciglia vagamente confusa “Questo non mi sembra propriamente un segreto. Tu e Rod siete fidanzati ufficialmente da due anni e data l’ultima discussione che c’è stata giusto qualche giorno fa…”

“Ma tu devi dirmi se ho fatto bene a fare quello che ho fatto!” esclamò Bellatrix interrompendola con tono irritato e battendo i piedi.

Andromeda sbuffò vedendo i comportamenti da bambina capricciosa che Bellatrix ancora aveva, nonostante avesse quasi vent’anni e si stesse per sposare.

“Non posso dirti io cosa sia giusto per te, Bella. E comunque bisognerebbe considerare molte cose prima di dire se tu abbia fatto bene o meno”.

“Tipo? Cosa bisognerebbe considerare?”

“Ami Rodolphus?” le chiese Andromeda a bruciapelo.

“E chi potrebbe farne a meno?” rispose di getto Bellatrix, senza tuttavia guardare la sorella “Certo che lo amo!”

Andromeda scandagliò Bellatrix a lungo. Avrebbe tanto voluto crederle eppure c’era qualcosa nel suo atteggiamento che non gliela raccontava giusta: se amava Rodolphus perché, per Salazar, era in camera sua a chiederle se aveva fatto la scelta giusta?

“Perché lo ami, Bella?”

“Che domanda sciocca sarebbe, questa? Lo amo perché lo amo. Lo amo e basta” sbottò Bellatrix lasciandosi ricadere lunga distesa sul letto.

“Perché?” insisté Andromeda osservando attentamente Bellatrix. Ultimamente portava sempre vestiti che coprivano il più possibile il suo corpo, il collo, le braccia…

Bellatrix alzò le spalle “Va bene, allora. Perché è bello e perché stare con lui mi piace”.

“Male”.

“E’ giovane e intelligente”.

“Ancora male”.

“E poi perché lui mi ama!”

“Questa poi…” commentò Andromeda alzando gli occhi al cielo.

“Ed è anche ricco… purosangue… saremo la coppia più invidiata della comunità magica”.

“E come lo ami?”

Bellatrix batté i pugni sul materasso “Oh finiscila di prendermi in giro, Andromeda! Come amano tutti, come vuoi che lo ami?”

“Insomma ti vuoi sposare con Rodolphus perché è bello, giovane, ricco, purosangue e intelligente. Ah, e perché lui ti ama – come se questa cosa fosse rilevante, dato che se quest’ultima componente mancasse ma rimanessero le altre tu lo ameresti comunque – tuttavia ci sono altri ragazzi con queste stesse qualità. Cosa ti impedisce di amare loro?”

“Che sciocchezze stai blaterando! Gli altri non sono Rod!”

“La maggior parte delle qualità che mi hai descritto potrebbe perderle, potrebbe non essere più bello e ricco, sicuramente smetterà di essere giovane e l’intelligenza… be’, se Rodolphus Lestrange è il massimo dell’intelligenza a cui aspiri…” disse Andromeda arricciando le labbra.

“A me interessa del presente, Andromeda”.

“Questo taglia la testa all’ippogrifo, allora! Hai fatto benissimo ad accettare se è solo il presente che t’interessa. Non capisco la tua aria infelice, però, Bella. E neanche capisco perché sei venuta a chiedere il mio parere se tu sei così convinta della tua scelta. Qual è la difficoltà?”

Bellatrix rimase in silenzio per qualche secondo, giocando distrattamente con i suoi capelli e mordicchiandosi le labbra afflitta. Poi si alzò di nuovo a sedere di scatto.

Qui e qui” rispose appoggiandosi una mano sulla fronte e l’altra sul petto “Sento di stare sbagliando nella mia anima e nel mio cuore” chiarì, sempre evitando di guardare Andromeda. Bellatrix sentì i suoi occhi riempirsi di lacrime all’improvviso, ma mai avrebbe voluto mettersi a piangere di fronte ad Andromeda.

“Tu non ami affatto Rodolphus” disse piano Andromeda.

“Se ti dico che lo amo è perché lo amo” sbuffò Bellatrix ma la voce le uscì strozzata, il nodo che aveva in gola la soffocava e il tono con cui parlava era piagnucoloso.

“Una volta ho sognato di essere nell’Aldilà, insieme a Salazar, Merlino e Morgana…”

“Oh Bella” fece Andromeda provando ad alzarsi ma Bellatrix la bloccò, le afferrò il braccio, una presa forte e sicura.

“Ma non faceva per me perché non mi sentivo a casa mia. Mi si spaccava il cuore per il gran piangere, per il desiderio di ritornare qua sulla terra, con te, Cissy e con… insomma, Salazar, Merlino e Morgana si sono arrabbiati così tanto che mi hanno rispedita qua a casa nostra, dove mi sono svegliata singhiozzando di gioia”.

“E questo cos’ha a che fare con tutto il resto?” domandò Andromeda stordita: stare dietro a Bellatrix spesso e volentieri era faticoso. Faticoso e frustrante.

“Questo, meglio di ogni altro esempio, dovrebbe farti capire il mio segreto. Non ho più interesse di sposare Rodolphus di quanto ne abbia a stare nell’Aldilà con Salazar, Morgana e Merlino. L’anima mia e di Rod sono diverse, distanti, come il gelo lo è dal fuoco. Ma invece…” s’interruppe e si guardò intorno, intimorita e affranta “Di qualsiasi materia siano fatte le anime, la mia e quella del Signore Oscuro sono identiche”.

Andromeda rimase in silenzio. Quella era una confessione di amore. Ma come poteva Bellatrix essere innamorata di un uomo così terribile e oscuro? Come poteva l’anima della sua Bella essere simile a quella di un mostro di quella levatura? Come? Come? Andromeda aveva sperato che l’ossessione e il servilismo di Bella per quell’uomo altro non fossero che una mera infatuazione post-adolescenziale. Da una parte poteva capire quale fosse il fascino che un mago di quel tipo potesse esercitare su uno spirito libero e malandato come quello di Bellatrix. Invece sua sorella si era confessata innamorata di quell’uomo. Non un’infatuazione, non semplice attrazione fisica… amore. Che poi, quell’uomo conosceva l’amore? Dai lividi che vedeva su sua sorella, dal suo sguardo affranto e preoccupato, ne dubitava fortemente.

Andromeda si schiarì la gola e tentò di rimanere diplomatica.

“Tuttavia hai accettato di sposare Rodolphus, quando ti dovrai separare dall’altro, da… Lui…

“Noi, separarci?” la interruppe Bellatrix sgranando gli occhi confusa, basita, quasi indignata. “E chi dovrebbe separarci, di grazia?” rise forte e si scostò la manica sinistra della veste. Andromeda vide un grosso tatuaggio, un teschio dalla cui bocca usciva un serpente con le fauci spalancate. Sentì un brivido lungo la schiena e distolse in fretta lo sguardo da quel marchio. Il marchio di quel mago terrificante… “Fino a quando sarò viva niente e nessuno potrà separarci, Dromeda! Potrebbero sparire tutti i Purosangue dalla faccia della terra, prima che io acconsenta a lasciare il Signore Oscuro! Oh, non è certo questo quello che io intendo fare, non questo! Non potrei mai diventare la signora Lestrange se questo fosse lo scotto da pagare! E Rodolphus dovrà farsene una ragione, oh se la farà, abbasserà la testa e dovrà starsene zitto”.

Andromeda per un attimo si sentì nauseata da quel discorso e provò una profonda tristezza nei confronti di Rodolphus, per il tristo destino a cui stava andando incontro. Già sposarsi con una donna complicata come Bellatrix non sarebbe stato facile se in più quella era anche completamente impazzita appresso a un altro uomo…

“Il mio amore per il Signore Oscuro riassume non solo i sentimenti che provo per Rodolphus, ma me, tutt’intera. Non so spiegartelo ma certamente tu, come chiunque altro, riesci a intuire un’esistenza che vada al di la di noi stessi. Che senso avrebbe se fosse tutto qui? Io sento ogni dolore del Signore Oscuro, ogni suo cruccio. È lui la mia sola ragione d’essere: se ogni cosa dovesse morire ma lui sopravvivesse anche io sopravvivrei; ma se ogni cosa dovesse sussistere e lui solo scomparire, l’intero universo mi diverrebbe indifferente, non potrei più sentirmi parte di esso! Il mio amore per Rodolphus assomiglia alle foglie di un bosco. Il tempo lo trasformerà, lo so benissimo, come l’inverno trasforma gli alberi… ma il mio amore per il Signore Oscuro assomiglia alle rocce profonde ed eterne, è una sorgente di gioia poco visibile, forse, ma indispensabile. Dromeda… Lui è sempre, sempre, nei miei pensieri. Non come una cosa dolce – nemmeno io lo sono sempre per me stessa – ma come il mio stesso essere; dunque non mi parlare più di separazione, è assolutamente impossibile e…” scoppiò in un singhiozzo e affondò il viso nelle pieghe della veste di Andromeda che rimase agghiacciata e interdetta: non aveva mai visto Bellatrix così vulnerabile.

“Tutto ciò che riesco a ricavare da quest’insensatezza, Bella, è che tu non abbia la minima idea dei doveri che derivano dal matrimonio, che non ami in alcun modo Rodolphus e che non dovresti proprio sposarlo” mormorò Andromeda accarezzandole delicatamente la testa. Piano piano i singhiozzi di Bellatrix si trasformarono in una risata divertita e Andromeda interruppe le carezze accigliata.

“Solo tu potevi uscirtene con delle tali assurdità” rispose Bellatrix asciugandosi le guance e scuotendo il capo esilarata. Poi, facendosi più seria “Manterrai il segreto, vero?”

Andromeda annuì a disagio.

“Comunque… dov’è Cissy?” domandò Bellatrix cambiando improvvisamente argomento e lasciandosi scivolare in terra, mettendosi in ginocchio ai piedi di Andromeda.

“Da Lucius” rispose Andromeda alzando gli occhi al cielo “Evidentemente non riescono a stare distanti per più di una settimana”.

Bellatrix abbozzò una risata “Buffo, no?” chiese giocando con i lacci delle scarpe della sorella.

“Cosa?”

“Io sono la primogenita e mi sposerò con Rodolphus, giustamente. Ma com’è che Narcissa, che è la più piccola, è stata accasata prima di te?” chiese Bellatrix alzando lo sguardo su Andromeda. Quest’ultima si sentì improvvisamente avvampare. Dopo qualche istante fece spallucce.

“Non saprei” mormorò evasiva “Dovresti chiedere a mamma e a papà”.

“Hai detto loro della tua relazione con la Selwyn?” chiese Bellatrix “Perché se hanno rinunciato a farti sposare con un uomo purosangue perché sanno che te la fai con una donna purosangue, allora posso evitare anche io di sposarmi”.

Andromeda scossa la testa con decisione “Se tu leggessi le mie lettere o, per lo meno, mi ascoltassi, sapresti che con Selina è finita da un pezzo”.

Bellatrix lasciò che tutto il suo stupore trasparisse sul suo viso. Andromeda ci aveva messo una vita a parlarle di quella relazione con Selina Selwyn, per altro, era stata anche una relazione piuttosto duratura. A Bellatrix non era mai importato molto se a sua sorella piacessero gli uomini o le donne, tanto la condanna all’infelicità era sempre evidente, a qualunque genere il sentimento fosse rivolto.

“E come mai?” chiese Bellatrix sinceramente interessata alle peripezie sentimentali di sua sorella. Vide Andromeda arrossire di nuovo, mordersi le labbra, guardare in qualsiasi direzione tranne che verso di lei. “A chi mandi tutte queste lettere se non le mandi a Selina Selwyn?” incalzò Bellatrix tirandole un colpetto sulla gamba per attirare l’attenzione della sorella.

“Come fai a sapere che mando lettere?”

“Mi hai preso per un’idiota?”

Andromeda si morse le labbra fino a farle sanguinare. Non voleva parlare di Ted con Bellatrix – quell’orribile uomo si era impossessato di sua sorella e l’aveva resa più babbanofoba di quanto non fosse prima – non avrebbe mai accettato la sua relazione con un Sanguesporco. Eppure… eppure anche quello non era un Purosangue. Lo sapevano tutti: era un Mezzosangue e magari Bella… Bella poteva anche capire. Sì, poteva capire che quando ci s’innamora non si guarda la purezza del sangue – che poi, che concetto assurdo era? Il sangue è sangue! Il colore rosso è sempre quello e Ted era un mago quanto lei – perché le anime gemelle si riconoscono da altro: il sangue non c’entra nulla.

“Mi sono innamorata di… un altro” rispose piano Andromeda, prendendola alla larga.

“Un altrO?” chiese Bellatrix, calcando in modo vistoso sulla “o” finale della parola. Andromeda annuì incerta. “Sorellina, sei proprio una donna piena di sorprese! Quindi ora ti piacciono gli uomini?”

“Non gli uomini… solo lui. E non è che le donne non mi piacciano più. Mi piacciono le donne e gli uomini… be’, lui. Non so se mi piacerebbe un altro uomo”.

“Curioso”.

Andromeda la fulminò con lo sguardo e Bellatrix alzò le mani in alto, come a volersi discolpare “Non intendevo nulla di male con quel commento, Dromeda. Trovo davvero… curiosa… tutta questa faccenda. A me gli uomini piacciono molto e non ho mai provato attrazione per le donne” s’interruppe “Effettivamente, non è vero che mi piacciono molto gli uomini. Mi piace Rod e…” divenne scarlatta, talmente rossa che Andromeda pensò potesse andare in autocombustione “Impazzisco per Lui… Oh, Lui è…” le si riempirono di nuovo gli occhi di lacrime e Andromeda la guardò allibita: Bellatrix sembrava sempre più folle, sempre più incontrollabile “Non riesco neanche a spiegarti com’è Lui, anche il dolore con Lui si trasforma in piacere. E che piacere!” sogghignò sfiorandosi distrattamente il tatuaggio sul braccio sinistro “Ma non voglio tornare a parlare di me. Parlami del tuo lui. Questo semplifica le cose, no? Intendo, con i nostri genitori”.

Andromeda si mosse a disagio sul letto. Avrebbe volentieri ascoltato sbrodolamenti sentimentali su quell’uomo piuttosto che mettersi a parlare di Ted. Avrebbe ascoltato ogni ignominiosa pratica sessuale alla quale sua sorella era stata sottoposta piuttosto che…

“Dai, allora? Sono curiosa, Dromeda!” Bellatrix batté mani e piedi per terra cercando di spronarla a parlare. Andromeda si strinse nelle spalle e si mise a braccia conserte con fare protettivo. Sentiva che quella confessione le avrebbe portato solo guai.

“Non credo semplificherà le cose, no… lui… si chiama Ted Tonks, è un Tassorosso”.

Bellatrix si portò una mano sotto il mento “Tonks, Tonks, Tonks…” mormorò assorta “Perché non mi viene in mente nessun Tonks?”

Andromeda fece un profondo sospiro e chiuse gli occhi proprio come se dovesse immergersi sott’acqua per un lungo periodo di tempo “Non è un Purosangue è… un Nato Babbano”.

“Un Sanguesporco?” latrò Bellatrix balzando in piedi come a una belva alla quale era stata pestata la coda “Non oserai, Andromeda”.

Andromeda si sentì punta sul vivo. Gonfiò il petto e spalancò gli occhi, alzandosi anche lei in piedi “Oh, oserò eccome, Bellatrix” berciò con alterigia Andromeda.

Bellatrix aprì e chiuse la bocca qualche volta, forse in cerca delle parole più adeguate.

“Verrai diseredata. Verrai cancellata” disse piano, il respiro affannoso “Per Morgana, era meglio la Selwyn, almeno era Purosangue”.

“Quanto sei ipocrita, Bella? Quanto?!” esclamò Andromeda infervorandosi sempre di più: nessuno poteva permettersi di toccare il suo sentimento per Ted. “Tu non stai forse scopando con un Mezzosangue? Non hai fatto altro che dichiarare amore sempiterno per un lurido, sudicio Mezzosangue…

Bellatrix ruggì addolorata, come se una mano disattenta fosse andata a inserirsi in una ferita aperta, ancora grondante sangue “Cosa stai blaterando?” sfoderò la bacchetta e la puntò sul petto della sorella, avrebbe voluto maledirla, lanciarle mille cruciatus eppure, non appena il suo sguardo incrociò gli occhi di Andromeda, tutto l’odio necessario a lanciare la maledizione si sgonfiò come a un palloncino al quale di colpo viene tolta l’aria. Bellatrix tentò di ricomporsi: era ancora in tempo, ancora in tempo a recuperare la sua sorellina, la sua Andromeda. Questo Ted Tonks da quanto poteva conoscerlo, tutto sommato, se prima c’era la Selwyn?

“Da quanto va avanti?” chiese Bellatrix mettendo a posto la bacchetta e cercando di rimanere lucida. Non avrebbe lasciato sua sorella a un Sanguesporco. E comunque conosceva abbastanza bene Andromeda da sapere che, a prenderla di petto e a obbligarla a fare qualcosa, si sarebbe ottenuto solo l’esatto contrario.

Play the role, le avrebbe detto il Signore Oscuro. Manipolala, poteva sentire la sua voce fredda e acuta perforarle il cervello, le sue labbra sfiorarle il lobo mentre le sussurrava parole di odio all’orecchio.

“Un anno” rispose Andromeda, calmandosi a sua volta ma continuando a guardare Bellatrix con altezzosità.

“Okay” rispose Bellatrix sedendosi di nuovo per terra e facendo respiri profondi per cercare di mantenere la calma.

Falle credere che la comprendi, falle credere che non importa la purezza del sangue… riportala dalla tua parte, fai in modo che si fidi di te, Bella… solo così potrai raggirarla, le consigliò ancora il Signore Oscuro e Bellatrix annuì prontamente. Anche Andromeda si sedette di nuovo sul letto e guardò la sorella confusa e spaesata: non ci stava capendo più nulla.

“Okay?”

“Il Sanguespo… Ted? Ti deve piacere molto” fece Bellatrix riprendendo a giocare con i lacci delle scarpe “Altrimenti non rischieresti così tanto per lui”.

“Mi piace quasi come a te piace quell’uomo” rispose Andromeda, piacevolmente colpita da questo nuovo e inaspettato atteggiamento di Bellatrix.

“Perché continui a chiamarlo ‘quell’uomo’? Con quel tono che ha un misto di disgusto e timore?” le chiese all’improvviso Bellatrix “Se io riesco a chiamare il Sanguespo… il Nato Babbano Ted, tu puoi di certo chiamare quell’uomo il Signore Oscuro”.

“Mi piace quasi come a te piace il Signore Oscuro” ripeté Andromeda sbuffando.

“Non puoi stare con lui, Andromeda” le disse Bellatrix senza quasi lasciarle finire la frase “Non se vuoi continuare a far parte della famiglia Black, non se vuoi continuare a essere mia sorella, mia amica… e anche di Cissy. Non ti importa nulla di me e di Cissy?”

Andromeda scosse il capo, afflitta. “Ma certo che mi interessa di te e di Cissy! Come puoi anche solo pensare il contrario?” chiese sinceramente mortificata che Bellatrix potesse pensare che lei non provasse più alcun tipo di affetto nei confronti delle altre due.

“Se scegli Tonks e non noi…”

“Non si tratta di ‘scegliere’, Bella. Io non voglio scegliere tra voi e lui… come posso scegliere? Amo voi e amo lui…”

“Non puoi avere tutto, Dromeda. Lo sai”.

Andromeda si sentì soffocare, quasi svenire. L’angoscia le prese il cuore strizzandolo in una morsa ferrea. Cercava di convincersi che le parole di Bellatrix non avevano nessuna importanza, nessun fondamento, cercava di aggrapparsi a quell’idea di futuro roseo di cui le aveva parlato Ted e che l’avrebbe condotta come su un ponte al di là dell’abisso che tanto la spaventava.

“Che cosa diranno i nostri genitori?” proseguì Bellatrix “La nostra famiglia? La comunità magica? Nessuno ci permetterà di continuare a vederci! E Cissy… Cissy è così piccola, vuoi davvero che sia io a darle consigli riguardo a Lucius Malfoy? Io?

Andromeda si riscosse e sussultò a quelle parole.

“Cosa me ne importa di quello che pensano gli altri?” chiese a bassa voce “Trovo grottesco preoccuparsi dell’opinione altrui per le cose che riguardano i sentimenti. Si sente per sé stessi, non di certo per il prossimo, per fare contenta una comunità”.

“E per la tua famiglia? Per me? Cosa ne sarà di noi?”

“Possiamo vederci, Bella, possiamo continuare a essere amiche, a essere sorelle…”

“Cancellerebbero anche me!” la voce di Bellatrix era di nuovo venata di impazienza e di sdegno “Dopo che sto sacrificando tutto…”

“Be’, non dovresti sacrificare un bel niente. La vita è la tua”.

“No, Dromeda, è qui che ti sbagli. Non è mia la vita. Sposati con un Purosangue e tieniti il Sanguesporco come amante”.

Andromeda rabbrividì al solo pensiero di condurre una vita tanto miserabile, una vita nell’ombra, nel sotterfugio… una vita distante da Ted. E fu in quel momento che sentì la voce del suo amato nella sua testa, proprio come se Ted fosse lì accanto a lei, pronta a sostenerla e a consigliarla.

Play the role, Andromeda” le ripeteva saggiamente ogni volta che lei gli apriva il suo cuore parlandogli dei dubbi riguardo alla sua famiglia, riguardo al futuro “Non credere di poter cambiare le idee alla tua famiglia, non credere di poterli convincere che io sia uguale a voi: sono solo sette anni che faccio parte del Mondo Magico ma alcune cose mi sono estremamente e incredibilmente chiare. Alcuni Purosangue non mi accetteranno mai, mai”.

“Ma Bella… e Cissy…”

“Ascoltami, Dromeda. Non posso chiederti di scegliere tra me e loro. Non lo farei mai ma… finché non ti sarai schiarita le idee, dammi retta, ti prego, play the role…

“Sai, Bella” disse Andromeda raddrizzando la schiena e ammiccando alla sorella “Potrebbe non essere una cattiva idea, un buon compromesso, alla fine, è la tua stessa idea, ciò che farai tu, no?”

Bellatrix sorrise raggiante e Andromeda ricambiò quel sorriso.

Aveva ragione il Signore Oscuro.

Aveva ragione Ted.

Play the role.

 

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Ciao a tutti! E vi ringrazio se avete avuto la forza di arrivare fino in fondo a questa lunga, lunghissima one-shot (con note che si prospettano altrettanto lunghe ^^’). Questa è la prima storia in cui tratto la Rodolphus/Bellatrix. È vero che questa OS è chiaramente una Bellamort ma credo di aver dato un po’ di spazio non solo a Rod ma anche proprio alla Rod/Bella.

Come al solito vivo nel timore di aver reso Voldemort OOC, ma tant’è non posso fare a meno di descriverlo così, un po’ più umano e con degli evidenti – quanto malati – sentimenti per Bellatrix. Anche Bellatrix in questa storia credo sia un po’ diversa rispetto al solito. Direi proprio un’anima in pena. Per quanto riguarda Andromeda è un personaggio che, nonostante nei romanzi praticamente non appaia, a me intriga molto. Mi fa sempre piacere scrivere di lei! La sua bisessualità è una mia invenzione così come non esiste Selina Selwyn (sebbene tuttavia Selwyn sia effettivamente un cognome che appare nella saga). Spero che Bella non risulti eccessivamente OOC nella sua tolleranza, mi riferisco in particolar modo al fatto che non cruci Andromeda subito dopo aver scoperto della sua relazione con Ted. Aggiungo solo che mi spiace sempre molto lasciare da parte Cissy nelle interazioni tra le sorelle, ma a quell’età credo che la differenza di età si senta molto e, detta proprio sinceramente, mi intriga di più il rapporto tra Bellatrix e Andromeda, forse perché nei romanzi rimane inesplorato.

Per chi ne avesse bisogno, potremmo tradurre “play the role” come “interpretare il ruolo”, “recitare la parte”. Spero sia abbastanza evidente cosa intendessi con questa espressione.

Infine, ho inserito alcune citazioni:

- Mishima Yukio:

“Quello era il volto di chi della vita non sapeva ancora nulla, l’espressione dell’età in cui si crede ancora che la neve appena caduta non diventerà mai sudicia fanghiglia…”;

“Ho avuto fiducia in me stesso fino alla malinconia. Mi domando a quando risale la prima volta che ho cominciato a lavarmi le mani a ogni occasione di contatto con l’umanità, nel timore di restarne contaminato…”;

- Marcel Proust:

“Come dice l’espressione popolare ‘a malincuore’, contrariando il mio cuore che voleva tornare accanto alla mamma perché lei non gli aveva dato baciandomi il permesso di seguirmi”;

“Cosa me ne importa di quello che pensano gli altri! Trovo grottesco preoccuparsi dell’opinione altrui per le cose che riguardano i sentimenti. Si sente per sé stessi, non per il pubblico”;

- Simone de Beavouir:

“[…] Non so perché ho aspettato così tanto a dirti che ti amavo. Volevo esserne sicura e non dire parole facili, vuote. Ma ora mi sembra che l’amore sia sempre stato lì, sin dall’inizio. In ogni caso ora c’è, è amore e fa male al cuore. Con te il piacere era amore e ora anche il dolore è amore.

Baci, baci, baci. Era così bello quando mi baciavi. Ti amo.”

- Emily Bronte:

Tutto il discorso di Bellatrix e Andromeda nella terza parte di questo capitolo – tutta la parte che riguarda l’amore di Bella per Voldemort e per Rod, per capirci – è una specie di “parafrasi” di un dialogo tra Nelly e Cathy in Cime Tempestose.

Direi che è tutto. Fatemi sapere se vi è piaciuta, se vi va.

A presto,

Clo

 

  
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