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Autore: I_love_villains    09/08/2020    0 recensioni
Pharrell College= scuola privata inglese per giovani sidhe.
Sidhe= creature fatate facenti parti del Piccolo Popolo.
Pandora= tutti i doni. Ma alcuni sono oscuri.
Coraggio= capacità di affrontare situazioni difficili e pericolose, talvolta per fare la cosa giusta.
Amicizia= vivo e scambievole affetto tra due o più persone, ispirato dalle più svariate cause.
Paura= stato emotivo di repulsione e di apprensione in prossimità di un vero o presunto pericolo.
Sfortuna= cattiva fortuna, sorte avversa. Le disgrazie non vengono mai da sole e i mostri sono reali.
Genere: Fantasy, Horror, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Chi è Samael? Dory, no!”
Anton le corse dietro, preoccupato. Temeva che una qualche creatura stesse giocando con lei. La sidhe si fermò davanti un arco di pietra alto poco più di lei. Era vuoto, eppure si comportava come se ci fosse uno specchio, uno specchio che non rifletteva fedelmente ciò che gli stava di fronte. Infatti attraverso l’arco vedeva il solito bosco, non il mondo malefico nel quale erano finiti. Le posizioni di alberi, massi e quant’altro era identica, però.
“Credi che se lo attraversiamo saremo fuori?”
Pandora sobbalzò.
“Non dovevi correre così” la rimproverò Anton, fissando a sua volta lo strano arco.
“La vedi? Si avvicina” disse piano lei.
Una ragazzina quasi identica a Dory avanzò fino a posizionarsi dinanzi ai due bambini.
“Samael?” fece Pandora, titubante.
L’altra le sorrise caldamente.
“Ti ricordi di me, allora?”
“Non molto bene … Giocavamo insieme da piccole, vero?”
“Sì. E abbiamo continuato a parlarci in questi anni.”
“Non parlavo da sola, dunque …”
“Beh, forse sì. Forse lo stai facendo ora. Non so se siamo la stessa persona o due sorelle.”
Anton spostava lo sguardo dall’una all’altra, basito. Pandora stava accettando senza problemi quello che diceva Samael. In effetti a lui non dava l’impressione che volesse far loro del male, ma non fidarsi era meglio. In fondo la stavano incontrando in quel posto oscuro.
“Voglio mostrarvi una cosa. Sì, a tutti e due” confermò la bambina vedendolo trasalire. “Dory deve ricordare, tu devi conoscerci, diciamo. Saresti il primo a sapere tutto dopo molto tempo.”
Il ragazzino annuì incerto. Samael lo aveva guardato in modo strano. Sembrava esserci speranza … cosa si aspettava da lui?
“Dobbiamo sbrigarci, non voglio che ci interrompano.”
“Serve a farci uscire vivi da qui?” le domandò Anton.
“No, serve per dopo. Io ce la metterò tutta per non farvi morire.”
“Anche noi, cosa credi?” affermò Pandora, lanciando un’occhiata d’intesa con l’amico.
“Sì, sconfiggeremo chiunque, non ci fanno paura” confermò lui.
“Bravi. Adesso poggiate una mano sulla mia. Così …”
Anton sbatté gli occhi e si guardò intorno, stupito. Si trovava in una camera piena di luce, in una casa mai vista prima. Sulla parete davanti a lui c’era una libreria, sulle altre quadri. Comparvero anche un tavolino e un paio di sedie, quelle piccole e di plastica per bambini. La stanza si arredò di altre cose, tappeti, un divano, lampade, finché rimase solo una parete vuota. Quando quest’ultima si riempì di una collezione di farfalle e apparve una bambina ferma a guardarla, Anton capì. Samael lo aveva trasportato in qualche modo nel ricordo che condivideva con Pandora. Il ragazzino chiamò la bimba, che aveva sui tre anni, ma lei non lo udì. Provò a toccarla e la sua mano la attraversò. Lui non poté far altro che attendere che il ricordo partisse, come se stesse guardando un filmato. Finalmente la bambina si mosse. Prese una delle scatole di vetro in cui c’erano le farfalle più colorate e tolse con circospezione il coperchio, poi sorrise.
“Volate!” gridò allegra.
Le farfalle sbatterono le ali per qualche secondo prima di tornare ferme.
“No, dai, volate per casa! Siete belle. Perché state così?”
Per gli spilli, muoiono di nuovo.
“Oh … Non voglio che si fanno male.”
La piccola osservò triste le piccole creature impalate, ne prese delicatamente una e la depose sul pavimento.
“Ora tu stai bene?” domandò.
Stavolta la farfalla non si limitò a sbattere le ali. Spiccò il volo e la bambina la seguì ridendo. Samael sorrise, dentro di lei. Come dopo ogni rinascita non aveva tutti i ricordi delle vite precedenti. Non che normalmente si ricordasse ogni singolo umano posseduto da quando aveva deciso di scendere personalmente sulla Terra. Samael era un demone incorporeo, per esistere nel mondo sensibile doveva necessariamente possedere un ospite. Poteva rubare un corpo o, come in quel caso, condividerlo. Era la prima volta però che si sentiva così a suo agio con qualcuno e mettere a disposizione il suo potere per divertire Pandora non le dava fastidio. Giocare con lei le piaceva. Decise di mostrarle un’altra cosa che ricordava, la parte più oscura del suo potere. Dalla finestra entrò un’ape, lei la fissò e subito l’insetto cadde a terra, morto.
“No, Sam, perché le hai fatto male?” si lamentò la piccola Dory.
Perché sei abbastanza grande da capire che grande Potere hai a disposizione. Puoi dare la vita, ma puoi anche uccidere con uno sguardo.
“Mio Dio …”
La bimba sussultò spaventata. Il maggiordomo la fissava ad occhi spalancati. Sentendosi in colpa, lei scoppiò a piangere. Lui avanzò rapidamente e la afferrò, non per consolarla ma per non farla scappare. Dory cominciò a dimenarsi e a piangere più forte, poiché le stava facendo male.
“Mostro! Sta’ zitta! Non mi incanti … lo so, l’ho capito, strilli e piangi, ma sei un mostro … e devi sparire!”
“Per favore Thomas … ho paura, voglio mami!”
Il domestico non le rispose. Continuò a trascinarla in cantina, dove la chiuse in un barile e si coprì le orecchie. Non doveva lasciarsi commuovere …
Anton non seppe quanto la piccola restò chiusa lì dentro al buio. Seppe solo che continuò a singhiozzare nonostante Samael cercasse di calmarla. Come il demone, odiò anche lui quell’uomo che si era permesso di giudicare malvagia una bambina e di condannarla a morte.
Finalmente tornò la luce. Armand e Alessa, i genitori di Pandora, riabbracciarono la figlia. Dory scorse il domestico in catene e Samael, senza perder tempo, gli fece venire un infarto. Armand comprese tutto, allora si mise la figlia sulle ginocchia e le disse che mai e poi mai doveva dire a qualcuno di quel potere, o le avrebbero fatto del male. Alessa notò la farfalla e rincarò la dose. Se qualcuno scopriva che poteva uccidere o far rinascere, sarebbe stata nei guai. La bambina si spaventò molto, tanto da dimenticare di cosa era capace. Samael, che non era una vera bambina, concordò con gli adulti per il loro bene. Si accontentò di chiacchierare ogni tanto con la sua sorellina, che forse era solo una parte di sé, almeno fino a quel momento.
Anton e Pandora tornarono bruscamente alla realtà. Il ragazzino abbracciò l’amica, accorgendosi che piangeva. Lei si lasciò consolare, confusa, poi si staccò e lo guardò.
“Anton … cosa pensi di me? Di noi?”
“Io non ti avrei rinchiusa lì, se intendi questo.”
“Sono un demone …”
“Solo per metà” rispose Samael. “E siamo state allevate da sidhe. Siamo cattive?”
“No, cioè … Dory, non smetto di essere tuo amico perché ora so questo lo sai, vero? Anche gli altri. Ti conosciamo … più o meno. Non hai mai fatto niente di brutto.”
Pandora annuì. Cosa era cambiato, in fondo? Aveva sempre saputo di Samael, in un certo senso. Quanto ai poteri … dubitava che li avrebbe utilizzati. Erano troppo per lei. Anton sorrise vedendo che Dory si stava riprendendo da quella specie di viaggio nel passato. Lui non sapeva davvero che pensare, come dovrebbe reagire uno a tutto quello, ma l’opinione che aveva di lei non era mutata. Talvolta l’amica era capricciosa e prepotente, terribilmente testarda, ma in fondo buona.
“Sam, perché non sai se siamo sorelle o una sola persona?”
“Perché abbiamo due personalità diverse. La tua può essersi sviluppata dalla mia oppure è solo tua, non lo posso sapere perché siamo insieme fin dalla nascita.”
“Ok, non importa … tanto volere bene a una sorella molto gemella o a se stessi è una buona cosa, no?”
Samael le sorrise.
“Credo che ci sentiremo più spesso. Finora abbiamo desiderato più o meno le stesse cose, ma ora siamo quasi adolescenti e non siamo del tutto simili …”
“Capisco.”
“Ehm, ragazze, vi faccio notare che siamo ancora in questo posto orrendo …”
“Giusto. Ma ora avete me. Forza, facciamo fuori chi ci sbarra la strada.”
Samael scomparve dall’arco, che ora non rifletteva più nulla, ma il suo ghigno no. Anton guardando Pandora capì che distinguerle sarebbe stato facile anche se condividevano lo stesso corpo.

Lullaby osservava la sua preda serenamente, Mojo sembrava tutt’altro che soddisfatto. In effetti Samael si stava servendo dei poteri di Dory per dar fuoco al suo bosco incantato e uccideva ogni creatura che incontrava.
“Non è stupefacente? Il tuo incantesimo ti si è ritorto contro. Lei ha sfruttato l’occasione per rafforzarsi. Ora capisci di che parlavo, perché la desidero?”
“Questo è il discorso più lungo che hai fatto in mia presenza, Lullaby. Se non avessi tutto sotto controllo penserei che saresti felice di vedermi sconfitto” disse il mostro di nebbia. Il suo tono non era divertito come sempre, ma leggermente più freddo. “Ti eccita tanto vederla uccidere?”
“Pregusto solo il mio pasto, come fai tu.”
Mojo ghignò. Si era irritato per quell’imprevisto, le sorprese non gli piacevano se non era lui a farle, ma si era calmato. Niente che non potesse risolvere.
“Adesso sono davvero ansioso di conoscere personalmente la mocciosa. Guarda.”
Lullaby vide Pandora urlare, improvvisamente sollevata da bende che le avevano avvolto braccia e gambe.
“Dory! No, lasciala!”
Anton corse verso di lei e saltò per afferrarla, ma la mancò e non poté far altro che seguirla con lo sguardo, sperando di ricordare la strada per ritrovarla.
“La mummia le farà fare un veloce tour. Ma non mi sembra giusto concentrarsi solo su di lei.”
In effetti con gli altri bambini le cose andavano meglio: una era morta, il suo amico era troppo shockato per fare qualcosa se non la stessa fine e gli altri erano terrorizzati.

Fujiko e Frithjof arrivarono incolumi al parco abbandonato. Appena li scorsero, Hope e Viola corsero loro incontro e li abbracciarono. Fujiko scosse piano la testa prima che le bambine facessero domande sul suo nuovo stato, quindi si rivolse a Evelyn: “Grazie per essere rimasta con loro.”
“Di nulla. Sono contenta che siamo riuscite ad attirarvi qui. Purtroppo non è più sicuro.”
“Che significa?” domandò Frithjof, ma non ci fu bisogno che Eve gli rispondesse.
Dal tendone si levò una musica da circo ad altissimo volume. Le tende dell’ingresso principale si sollevarono ed uscirono una decina di clown in fila. Il primo sembrava normale ed era abbastanza buffo, ma l’ultimo della bizzarra processione era orripilante. Esso si avvicinò ai bambini, fece loro un piccolo inchino derisorio e li invitò ad assistere allo spettacolo più strabiliante della loro vita.
“Scappate, presto, prima che escano altre cose dal tendone!”
I due ragazzi più grandi presero per mano le piccole e fuggirono nella direzione opposta alla quale erano venuti. Nel frattempo Evelyn bloccò la maggior parte delle creature da circo con delle barriere di energia. Alcune di queste tentarono di ferirla senza successo: sia zanne che artigli la attraversavano. Una però spiccò un gran balzo e corse dietro i ragazzini, per poi superarli con un altro salto. Atterrò pesantemente davanti a loro, frenando la loro fuga.
“È- è uno sasquatch?” balbettò Fujiko.
“Al momento non mi interessa capire cos’è, voglio solo liberarmene!” ribatté spaventato Frithjof mentre indietreggiava.
L’enorme scimmione teneva lo sguardo fisso su Viola, tanto che ad un certo punto lei si mise a strillare: “È Rufus, è venuto a prendermi!”
L’elfo la prese in braccio evitando un fendente del mostro. Fujiko, con Hope dietro di lei che le stringeva la vita, produsse una forte luce che riuscì ad abbagliare il Bigfoot, il quale non si diede per vinto e cominciò a dare colpi alla cieca.
“Stiamo tornando indietro” constatò Hope in lacrime. “E Eve è stanca …”
In quel momento da dietro un cespuglio partì un’onda d’urto che spedì lo sasquatch nella boscaglia.
“Gabriel!” esclamarono sollevati i ragazzini, riconoscendo il potere dell’amico.
“State bene?” chiese Simon.
“Sì, ma chiacchieriamo dopo.”
I bambini raggiunsero un luogo sicuro, dove riposarono. Ben presto Evelyn comparve fra loro mentre discutevano se Fujiko doveva essere fatta tornare normale subito o se poteva uscire da quel posto senza che la trasformazione restasse permanente. Viola, che per un po’ era rimasta zitta a singhiozzare, scambiò uno sguardo con Hope e insieme sorrisero.
“Cosa?” fece la veela notandole.
“Beh, nelle favole basta un bacio per spezzare certe maledizioni” spiegò Viola.
“Sì, il bacio del vero amore funziona sempre” dichiarò Hope.
“Dite che anche nella vita vera può succedere?”
Prima di perdersi d’animo Gabriel mise le mani sulle spalle di Fujiko e le diede un bacio a fior di labbra. Poco dopo Frithjof la attirò a sé e fece lo stesso. La ragazzina indietreggiò coprendosi il viso con le mani. Se lo sentiva incandescente.
“Ma che cavolo vi è venuto in mente?!” urlò imbarazzata abbassando le braccia.
Le bambine risero e la indicarono eccitate.
“Wow, Fujiko, guardati! Ha funzionato!” fece Simon.
“Merito mio” disse Frithjof ghignando soddisfatto.
“Io l’ho baciata per prima!” protestò Gabriel, anche lui rosso.
“Perché eri più vicino, ma io …!”
“Basta!” li bloccò Fujiko. “Non voglio mai più sentir parlare di questa storia! Chiaro?”
I ragazzini annuirono ridacchiando. Lei li squadrava male ma così rossa e imbarazzata era proprio divertente.
“Ora parlate, svelti” li ammonì Eve, sorridendo.
“Sì, giusto … dobbiamo andare da quella parte, secondo noi” affermò Gabriel. “Abbiamo dovuto fare il giro perché gli zombie bloccavano la strada, ma credo che tornare a villa Anderson sia la soluzione.”
“Noi abbiamo visto che ora è un castello. Però sì, tutto è partito da lì. Quella sarà la porta per tornare a casa” concordò Fujiko.
Si incamminarono speranzosi. Mentre chiacchieravano per tenersi alto il morale piombarono in mezzo a loro Lance e Galahad.
“Fratello, cosa …?”
Lance si fermò un attimo accanto a Simon, contento di vedere lui e gli altri illesi, riprese fiato e lo spinse leggermente.
“Muovetevi, ci veniva dietro un minotauro.”
“Forse l’abbiamo superato, ma meglio non rischiare” aggiunse Galahad, affannato.
“Che bello, ci siamo quasi tutti” esclamò Hope sorridendo.
“E se gli altri non si dirigono al castello?” si preoccupò Frithjof.
“Significa che torneremo indietro a cercarli” asserì Lance, ansioso di rivedere Anton e Pandora.
“Sì, prima assicuriamoci che questa è davvero la strada di casa” disse Gabriel.
Il rosso annuì, poi, esortato da Galahad, raccontò anche a loro del suo colloquio con Lullaby, ma nessuno riuscì a raccapezzarsi sul significato di quelle parole.

Ulfis era stato ore a piangere silenziosamente per Lilian. Qualcosa spostò il cadavere e la trance data da quegli occhi verdi freddi e vuoti scomparve.
“Che …? No, lasciatela!”
Un paio di zombie avevano afferrato le gambe della ragazza e la tiravano verso di loro per mangiarla. Dietro i primi due ce n’erano altri, ancora lontani, diretti verso di loro in una lunga e lenta fila.
Ulfis scostò bruscamente Lilian e si mise davanti a lei. Avrebbe impedito ad ogni costo che quei mostri profanassero il suo corpo. Capiva bene che era un suicidio, ma non gli importava. L’avrebbe difesa anche se era morta, perché lei aveva fatto di tutto per salvarlo ed il minimo con cui lui poteva ricambiare era portare la sua salma integra ai suoi genitori. Dolore e tristezza lasciarono posto ad una cocente rabbia. Il ragazzino richiamò a sé le forze, cominciando a far uscire dal terreno radici che trafiggevano gli zombie o li avviluppavano.
“Forza, fatevi avanti! Non mi fate paura! Venite a riposare per sempre!”
Sorrise affaticato, lanciò un ultimo sguardo a Lilian e si concentrò interamente sullo sconfiggere tutti quei mostri, sperando che riuscisse a liberare definitivamente le anime dei bambini morti, altrimenti, lo sapeva, avrebbe fatto la loro fine.

Intanto, nel mondo reale, il sole era tramontato da un pezzo. A Borgo Fatato, le famiglie di Frithjof, Gabriel, Ulfis e dei fratelli Sanders attendevano inquiete il ritorno dei figli. Anche fra gli insegnanti del Pharrel College c’era una certa irrequietudine. Pepe, appena il sole era sparito dall’orizzonte, era corso subito da Cassandra Blake e le aveva raccontato tutto dall’inizio alla fine, sperando ardentemente che non fosse troppo tardi.



***Angolo Autrice***
Aggiorno dopo quasi tre anni!!
Siamo quasi giunti allo scontro finale, chi la spunterà?
Ecco il castello di Mojo:



   
 
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