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Autore: Sian    09/08/2020    2 recensioni
Nella classe 1-B della scuola elementare Teitan arriva un nuovo alunno che non avrebbe mai pensato di tornare in prima elementare, dato che in realtà aveva ventisei anni. Esatto, per colpa di un’indagine sfuggita di mano, il suo corpo si era rimpicciolito. Fortunatamente non era da solo a condividere quel destino: aveva al suo fianco Conan Edogawa e Ai Haibara, che erano in quelle condizioni ormai da mesi, a causa dello stesso veleno, APTX-4869. I suoi pensieri però sono costantemente focalizzati sulla donna che ama e che avrebbe dovuto proteggerla dal dolore invece che causarne di nuovo. Anche lei ha molti pensieri in testa: non è riuscita a proteggerlo dalla maledizione che l’ha sempre perseguitata.
Dal "Capitolo Uno - Masao Fukuda // Ritrovarsi intrappolato":
Il nuovo acquisto della classe si ritrovò ad osservare attentamente la maestra: sì, si assomigliavano molto, lei e la donna che amava. Diamine, in questa assurda situazione non l’avrebbe più vista tutti i giorni. Nonostante fosse chiaro ciò che provava per lei, doveva dirle ancora tante cose, e non si sarebbe mai stancato di dirgliele.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Miwako Sato, Wataru Takagi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Because you have someone to protect


Capitolo Nove - Miwako Sato // sulle tracce


“Ragazzi, dobbiamo scoprire cosa stanno combinando Conan, Ai e Masao. Sono già tre giorni che se ne vanno via per i fatti loro.” Mitsuhiko aveva riunito gli altri due componenti della squadra dei giovani detective dopo essersi divertiti al parchetto.

“Già! E per di più l’avete notata? Assieme a loro o nei paraggi c’è sempre l’agente Sato.” Ayumi fece notare quel piccolo dettaglio che avrebbe sicuramente portato da qualche parte nelle loro indagini.

“Sarà successo qualcosa e come al solito Conan ci vuole tenere fuori. Perché non chiediamo a Takagi se ne sa qualcosa?” Genta propose di chiamarlo con il cellulare. Avevano il suo numero proprio per eventuali emergenze, e questa lo era.

“Però è strano che non sia insieme all'agente Sato a indagare.” Mitsuhiko osservò la situazione oggettivamente.

“E se... Hanno litigato e non lavorano più insieme?” propose Genta.

“Ma cosa stai dicendo, Genta?! È impossibile che quei due litighino. Sono così uniti...! E lo sai bene anche tu.” Ayumi non credeva fosse possibile la soluzione proposta da Genta. Erano così belli insieme, non si sarebbero mai lasciati. Forse era una sciocchezza da bambina, ma il suo intuito le diceva che erano fatti l’uno per l’altro, nessuno dei due avrebbe mai abbandonato l’altro, in qualsiasi situazione sarebbero rimasti insieme, poiché l’amore è la cosa più forte al mondo.

“Bene, non ci resta allora che chiamarlo per scoprire anche questo.” Mitsuhiko cercò il numero di Takagi nella rubrica del suo telefono. Attivò il vivavoce cosicché anche i suoi amici avrebbero potuto ascoltare. Il telefono squillava ormai da un po’. Non sembrava rispondere nessuno, ma riprovarono ancora.

Masao si accorse che il suo telefono stava vibrando. Qualcuno stava cercando di contattare il detective Takagi, proprio nel momento in cui Kuroda e Megure erano impegnati a decidere se escludere Miwako anche dalle riunioni.
Di certo non poteva rispondere alla chiamata. Aspettò che finisse di vibrare. Magari non avrebbero più chiamato visto che non avrebbe risposto. Aspettò pochi minuti, ma il cellulare vibrava ancora. E se fosse successo qualcosa? Se qualcuno avesse bisogno dell’aiuto di un poliziotto?
Decise di guardare chi lo stava chiamando. Sullo schermo del cellulare lampeggiava il nome Mitsuhiko Tsuburaya. Era successo qualcosa a quei bambini?! Eppure, li avevano lasciati a giocare al parchetto. E se si fossero messi nei guai?! Maledizione, non poteva rispondere con la voce di Masao. Gli serviva il modulatore vocale di Conan. “Scusatemi se vi interrompo. Mitsuhiko sta cercando di contattare Takagi.” Mostrò il suo cellulare che stava ancora vibrando senza sosta. “Non posso rispondere, ma ho paura che sia successo qualcosa a quei bambini. Mi chiamano principalmente quando c’è qualcosa che non va!”

Conan aveva già regolato la voce di Takagi sul modulatore vocale, pronto a rispondere alla telefonata, ma vide Sato prendere il cellulare dalla mano di Masao e rispondere attivando il vivavoce, in modo tale da rendere più veloce la comunicazione in caso che fossero in pericolo. “Pronto? Parla Sato.”

“D-Detective Sato! Come mai ha risposto lei?” Dall’altro capo del telefono si sentì Mitsuhiko sorpreso.

“Al momento Takagi è impegnato. Ditemi, è successo qualcosa?” Si portò una mano sul fianco mentre parlava con il bambino.

“A-ah! No, in realtà...” Continuò Mitsuhiko ma venne interrotto.

“Ci stavamo chiedendo se ha per caso litigato con Takagi visto che non state più lavorando insieme!!” Genta intervenne rivelando i loro pensieri.

Sato realizzò cosa aveva appena detto il bambino. Che impiccioni! “No. E anche se fosse, perché avete chiamato Takagi? Non si disturba per motivi del genere.”

“No, Detective Sato... In realtà ci stavamo chiedendo perché ultimamente lei è sempre insieme a Conan, Ai e Masao. È successo qualcosa?” Fu Ayumi a svuotare il sacco.

“Fate il possibile per non farcelo notare, ma vi siete dimenticati che siamo la squadra dei giovani detective!” Mitsuhiko aggiunse un pochino interdetto dalla risposta della poliziotta.

Sato fece un breve sospiro. Quei bambini erano così svegli. Ma non dovevano mettersi in pericolo per nessun motivo. Tutta questa storia non li riguardava. “Ascoltatemi, lasciate perdere per un po’ la squadra dei giovani detective. È meglio non preoccuparsi delle cose da grandi alla vostra età.”

“E allora nemmeno Conan, Ai e Masao!” Genta era geloso che a loro era concesso tutto, mentre loro erano esclusi sempre con la stessa scusa di essere solamente dei bambini.

“Sì, nemmeno loro.” E avevano ragione. Nonostante fossero degli adulti, e pensassero come tali, avevano dei corpi da bambini. La loro forza non era sufficiente a superare gli ostacoli che si sarebbero presentato in un eventuale scontro con l’organizzazione criminale. Forse neppure lei avrebbe potuto partecipare alle indagini in nessun modo, visti gli ordini ricevuti.
Ma avrebbe fatto qualsiasi cosa per loro. Doveva riportarli ad essere ciò che erano.
L’astuzia di Shinichi Kudo poteva venire utile per fermare gli uomini in nero.
Le conoscenze di Shiho Miyano avrebbero potuto rivelare parecchie informazioni sull'organizzazione e sul farmaco che avevano ingerito.
E infine Wataru Takagi sapeva ormai capire ogni sua intenzione con un solo sguardo, sarebbe stato essenziale averlo nella stessa squadra. È vero, non avrebbero potuto partecipare direttamente alle indagini. Ma non poteva di certo permettersi di starsene solo a guardare.

“Ok, ci fidiamo di lei, allora.” I bambini avevano raggiunto un compromesso. Potevano rivendicare questa situazione con un eventuale o tutti o nessuno. Dunque, avrebbero sicuramente insistito per voler partecipare a qualsiasi cosa. Perché nonostante la risposta di Sato fosse stata positiva, sapevano benissimo che non avrebbe rispettato la parola data. Conan, Ai e Masao sembravano sempre più grandi rispetto a loro. Ai loro occhi era come vedersi rubare la scena da dei bambini solamente un po’ più maturi di loro.

Sato stava quasi per riagganciare quando sentì Ayumi ancora dall’altra parte del telefono: “Detective Sato, vero che lavorerà per sempre con Takagi-niisan?”

Fantasie da bambina. Sorrise guardando verso Masao che in quel momento avrebbe voluto sprofondare, sia per la chiamata avvenuta, sia per quest’ultima domanda. Sato fece una breve pausa sorridendo a Masao. In quel momento nonostante la situazione e l’apparenza, stava lavorando ancora con Takagi. Aveva ragione, avrebbe lavorato per sempre insieme a lui, e nulla li avrebbe divisi. “...Certo.”
Così concluse la chiamata. Non si era trattato di nessun'emergenza, fortunatamente. Ma aveva comunque interrotto la riunione. Si scusò per la telefonata, restituendo il cellulare a Masao, completamente assorto nei suoi pensieri. Ma poteva benissimo sapere a cosa stesse pensando.
Forse quella frase detta senza troppi problemi da una bambina lo aveva portato a rimuginare sul “per sempre”. Sarebbe tornato sé stesso, e quella era una delle motivazioni che lo spingeva a cercare una soluzione a quella situazione. Ma... per quanto riguardava il fatto di indagare insieme, non sarebbe stato per sempre. Il regolamento della polizia parlava chiaro: non avrebbero potuto lavorare nella stessa squadra se si fossero sposati.

Kuroda comunicò a Sato l’ufficiale intenzione di non lasciarla indagare in questa faccenda, esortandola ad uscire dalla sala riunioni: era meglio non coinvolgerla sin da subito in nessuna decisione. Certo che gli sarebbe venuto comodo averla disponibile nelle indagini contro questa spietata organizzazione. Ma era troppo coinvolta emotivamente: Megure stesso la conosceva fin troppo bene. Sapeva che non avrebbe saputo mantenere la calma nel momento in cui si sarebbero confrontati con i criminali. Dovevano solamente trovare qualcosa con cui distrarla, perché sicuramente avrebbe fatto di testa sua, disobbedendo e mettendosi in pericolo. Ma che cosa?

La riunione sul piano da attuare continuò ancora per svariati minuti. Avrebbero condotto delle indagini sulla Karasuma Group e tutto ciò che svolgeva in territorio nazionale. La polizia Nazionale non era ancora arrivata a nessuna conclusione sull’organizzazione. Nemmeno la loro spia era disposta a smascherare il reale motivo dietro a quest'organizzazione. O meglio, Rei Furuya era a conoscenza di varie cose, pure di un segreto, di cui però non aveva ancora fatto parola con nessuno.
Inoltre, le ricerche sarebbero state indirizzate verso Rum. Poteva risultare molto pericolosa come opzione, ma i tentativi che avevano a disposizione erano ben pochi. E il momento di agire era arrivato.

I sospetti ricadevano ormai solamente su due persone: Wakasa Rumi e Wakita Kanenori. Per il momento né Kuroda né Conan avevano degli indizi su chi dei due potesse essere con certezza. Erano sospettabili nella stessa maniera.
Ma non per Sato, ora rimasta in corridoio ad aspettare la fine della riunione e a rimuginare su ciò che solo lei poteva sapere. Solamente lei aveva seguito quella donna, Wakasa Rumi. Solo lei l’aveva sentita parlare al telefono. Solo lei aveva potuto vedere l’espressione sul suo viso quando aveva raccolto il suo distintivo e lo aveva studiato molto attentamente in così poco tempo. Solo lei poteva essere quasi certa che il membro dell’organizzazione che rispondeva al nome in codice di Rum era la maestra Wakasa Rumi.

E non l’avrebbe detto a nessuno. Solo perché lei avrebbe dovuto partecipare alle indagini, in un modo o nell’altro. E visto che le era stato vietato di agire in squadra, avrebbe agito di nascosto e per conto suo, andando contro ai suoi superiori.
Sapeva che poteva essere molto pericoloso, d’altronde i criminali non vanno sicuramente presi alla leggera. Ma se fosse riuscita a fermarla, avrebbe dimostrato che poteva cavarsela e non c’era da avere paura che le potesse accadere qualcosa. Sarebbe stato uno scontro alla pari contro quella donna; non doveva di certo aver paura, qualità di cui un poliziotto non dovrebbe conoscerne nemmeno il sapore. Le sarebbe venuto utile sicuramente tanto coraggio e la sua forza fisica contro quella donna.

Dopo aver delineato certe linee guida sul come affrontare la situazione, sciolsero la riunione. Era arrivato il momento di collaborare con tutte le forze dell’ordine contro questa Karasuma Group, un’organizzazione criminale spietata. I membri ben noti erano ormai conosciuti: Gin, Vodka, Vermouth, Chianti e Korn. Non conoscendo i loro veri nomi, Ai, che non si sarebbe mai scordata i loro volti, avrebbe provveduto a descriverli nei giorni seguenti a Tomokawa, l’agente specializzata negli identikit.

L’ispettore Megure e il sovraintendente Kuroda avevano assicurato alla giovane che non le sarebbe successo nulla se avesse accettato di collaborare nelle indagini con la polizia. Certamente anche se non avesse voluto, difficilmente avrebbero preso dei provvedimenti contro di lei: era una vittima a tutti gli effetti. Non era lì di sua spontanea volontà, e ancora peggio si era vista distruggere la sua famiglia. In qualche modo, anche senza il suo racconto diretto, avevano capito che qualcuno la obbligava in maniera violenta. Con tutto ciò che aveva passato quella ragazza in sembianze di bambina, non le avrebbero dato nessuna pena. Ne aveva già passate abbastanza.
E inoltre era sicuramente utile per poterli stanare, avevano tutto l’interesse nell’averla dalla loro parte.

“Vi riaccompagno tutti a casa?” Sato si avvicinò ai bambini appena uscirono dalla stanza. D’altronde lei non serviva più in nessuna riunione, giusto? Poteva tornare più tardi in centrale per finire la sua giornata lavorativa.

“Vice ispettrice Sato. Vorremmo finire di parlare con lei in merito alla discussione di poco prima.” Kuroda la richiamò prima che lei potesse andarsene. Nonostante dovesse effettivamente riaccompagnare i bambini assicurandosi che non gli succedesse nulla, era ancora in servizio.

Era sorpresa che volessero dirle ancora qualcosa. Apparentemente non si fidavano, e ne avevano tutte le ragioni.

“Sato, non preoccuparti. Torniamo a casa da soli.” Masao le sorrise.
Poteva capire che in quel momento Megure e Kuroda le dovessero parlare. Si trovava in parte d’accordo con i suoi superiori: era un modo per tenerla lontano dal pericolo. E lui desiderava che non le succedesse niente. Anche se avrebbe voluto sconfiggere l’organizzazione criminale insieme a lei. Dovevano pagare per tutti i crimini che avevano commesso, e rendere giustizia a tutte le vittime che avevano fatto.
Trovava difficile che Sato sarebbe stata lontana dal pericolo, sarebbe stata la prima ad immischiarsi in qualche indagine. Tra tutti i poliziotti, era lei la più interessata a catturare quei criminali e fargliela pagare per tutto ciò che avevano fatto. Quindi, forse, sarebbe stato meglio non negarle la possibilità di farlo in modo che non facesse nulla di avventato contro agli ordini dei suoi superiori. Lui aveva avuto l’esperienza diretta di avere a che fare con gli uomini in nero, sapeva quanto potessero essere pericolosi. In quelle sembianze non era sicuro di poterla fermare dal pericolo. Anzi, erano quelle stesse sembianze a rendere il rischio più vicino.

“In realtà avremmo bisogno anche di te, Takagi. Sono ormai quattro giorni che non ti sei presentato a lavoro.” Megure richiamò anche lui per concludere la riunione solamente tra membri di polizia.

“Allora io e Haibara ci avviamo per conto nostro!” Conan era talmente curioso di sentire cosa avessero da dirsi che piazzò uno dei suoi microfoni adesivi dietro un mobiletto, della stanza da cui erano appena usciti, dopo aver ricevuto le dovute raccomandazioni da parte di Megure. Avrebbe così ascoltato tutto ciò che si sarebbero detti mentre tornavano a casa.

“Sato, capisco benissimo che non deve essere facile per te in questo momento.” Megure le fece segno di sedersi, nuovamente. “Ma vorrei che ne stessi fuori. Sei la più esposta e se ti dovesse succedere qualcosa non me lo perdonerei mai.”

“Non sono per nulla d’accordo! È il mio dovere e catturare criminali è pericoloso, lo so benissimo. Ma l’ho sempre fatto.” Sato non avrebbe voluto replicare, si era promessa d’altronde di accettare la situazione almeno di fronte ai suoi superiori.
Ma sapere che Megure la voleva fermare solo perché si sentiva responsabile per lei, fece uscire ancora una volta il suo lato aggressivo, quello che solitamente non permetteva repliche. Non sopportava l’idea di essere protetta quando c’era da catturare dei criminali, altrimenti non avrebbe scelto la stessa carriera di suo padre. Capiva anche il motivo per cui Megure non voleva che lei partecipasse alle indagini, ma l’assenza di un padre non doveva interferire con il suo lavoro.

“Signorina Sato. Credo che il suo aiuto sarebbe assolutamente molto importante nelle indagini che svolgeremo contro l’organizzazione. Lei è uno dei migliori agenti, e non per nulla ricopre la carica di vice ispettrice. Ma non possiamo nemmeno usarla come esca. Probabilmente sanno già tutto. Sono ben informati sulle persone che vengono eliminate da loro. Rovistando nell’appartamento della loro vittima, sapranno di sicuro che sei la fidanzata di Wataru Takagi e sei per giunta un'investigatrice. Dunque, sei la persona più vicina alla loro vittima, ti terranno sotto controllo. Anzi, hai fatto rischiare molto a quei ragazzi portandoli qui in centrale.” Kuroda parlò chiaramente della reale situazione e del pericolo che questa poteva portare.

Le parole del sovraintendente le fecero venire in mente l’insegnante Wakasa Rumi. Kuroda aveva ragione: l’organizzazione era già sulle sue tracce, alla ricerca di qualsiasi informazione. E l’aveva potuto constatare lei stessa in prima persona. Se quella donna si era esposta contro di lei solamente per impossessarsi delle sue informazioni, poteva solo significare che erano disposti anche a farsi riconoscere per assicurarsi la sua morte.
Abbassò il capo. Forse avrebbe dovuto dirlo ai suoi superiori. Ma questo le avrebbe escluso ancora di più l’unica via per poter procedere con le indagini. A maggior ragione avrebbe voluto occuparsi lei stessa di ciò che aveva scoperto: molto probabilmente Wakasa Rumi corrispondeva al nome in codice Rum, e non riusciva a dimenticare che era l’assistente insegnante della classe che frequentavano Masao, Conan e Ai. Gli unici che dovevano essere protetti erano quei bambini. E lei li avrebbe protetti, a qualsiasi costo. “Avete ragione. Non mi immischierò in quest'indagine. Avete la mia parola.”
Decise che era meglio mentire, ancora per un po’, nonostante avesse realizzato il pericolo esposto da Kuroda.

“Sato...” Masao la osservò.
Possibile che si fosse convinta veramente di lasciar perdere le indagini? C’era qualcosa in lei che non lo convinceva. Non poteva permettersi di lasciarla indagare da sola. Sarebbe stato come darla in pasto al nemico. Possibile che non lo capisse? A volte era così testarda a voler fare di testa sua. Doveva fermarla in qualche modo.
Continuò a ragionare sulle ultime parole di Kuroda, che gli avevano acceso qualche pensiero. E se... Forse così avrebbe potuto rendere la situazione meno pericolosa per la polizia. Gli era venuta in mente un’idea, indeciso se esporla o meno, non si sentiva per nulla sicuro che fosse un buon piano. Ma sarebbe stato utile per tenere Miwako impegnata ancora per qualche giorno.
Masao si fece coraggio, doveva farlo per lei, doveva mettere da parte la sua insicurezza una volta per tutte ed esporre l’idea che aveva pensato ai suoi superiori. “In realtà...” incominciò prendendo la parola “ci sarebbe un modo per attirare meno attenzioni sulla polizia. Se gli facessimo credere che io sia morto, come erano i loro piani, forse non cercherebbero più informazioni su di me.”

Kuroda rimase pensieroso. “Potrebbe essere un valido tentativo. Farò informare qualche testata di giornale della morte di un agente di polizia. Assicureremo una causa naturale, per non allarmare la popolazione. Inoltre, servirà inscenare anche un funerale. Potrebbero essere molto meticolosi nell’accertamento della morte di una loro vittima.”

“Sei sicuro di ciò che hai proposto, Takagi?” Megure lo guardò un po' stupito. Non poteva fare sul serio. Fingere la sua morte era un argomento serio, e mai si sarebbe aspettato un tale sacrificio da parte di uno dei suoi agenti.

“Mai stato più sicuro.” Masao annuì anche se ancora non confidava che fosse una buona idea.
Ragionandoci si trattava solo di un’enorme messa in scena da parte della polizia. Wataru Takagi sarebbe tornato una volta riottenute le sue sembianze e dunque aver sconfitto l’organizzazione. “Affronterei qualsiasi situazione se ci portasse in vantaggio nelle indagini. E non averli più alle calcagna a spiare sulla vita delle persone che mi stanno intorno, sarebbe già di grande aiuto.”
In quel momento rivolse lo sguardo alla sua bellissima ragazza, convincendosi di aver trovato una pista per proteggere Miwako. “Non posso permettermi che quei criminali si aggirino intorno a te, solamente per essermi cacciato nei guai.”

Sato accennò un sorriso tirato.
E lei non poteva permettersi di restare a guardare.
I bambini non erano sicuri in quella classe, chissà che informazioni aveva già raccolto quell'insegnante. Nella sua telefonata aveva detto all’interlocutore di avere delle nuove informazioni. Si sarebbero incontrati in qualche luogo sconosciuto. Doveva scoprire di più, doveva fermare quella donna.

“D’accordo. Informeremo qualche giornale con la notizia e poi faremo il funerale. Deve sembrare il più reale possibile. Dunque, si aspetteranno che tu pianga.” Megure si rivolse a Sato.

“Non sono una grande attrice, ma farò del mio meglio!” Questo voleva dire dover partecipare alla messa in scena, e dunque non avrebbe potuto iniziare subito le sue indagini su quella donna. Maledizione! In qualche modo erano riusciti a manipolare la situazione per tenerla d’occhio in centrale. Non poteva avvisare i bambini di stare molto attenti alla maestra Rumi, non voleva allarmarli. Era lei a fare parte della polizia, era il suo compito assicurarsi che non succedesse nulla alla popolazione.
Avrebbe dovuto aspettare per forza qualche giorno, sperando che la situazione non peggiorasse.

“Perfetto. Procediamo allora con una riunione di tutta la polizia metropolitana, compresa anche lei signorina Sato.” Kuroda le fece un cenno di capo.
Aveva notato le espressioni di quella ragazza. Avrebbe dovuto tenerla d’occhio ancora di più, ed escluderla dalle indagini e organizzare il finto funerale non sarebbe bastato. Quella ragazza doveva essere protetta ancora di più. “Assegnerò delle mansioni anche a lei, non dirette con le indagini. Potrebbe cominciare dall’archiviare ogni genere di informazione che abbiamo scoperto sull’organizzazione, come per esempio le ricerche effettuate dalla bambina scienziata sul corpo rimpicciolito di Takagi qui presente.”

A Sato si illuminarono gli occhi a quella proposta, almeno poteva rendersi utile.
Ma forse… Kuroda si era accorto di qualcosa per proporle un cambio di piani dopo averle fatto una ramanzina. Doveva agire con cautela, ma di certo non poteva restare con le mani in mano a gestire solamente le informazioni indirette sulle indagini. Ringraziò il sovraintendente della possibilità datale.
Quando sciolsero gli sguardi Sato rimase pensierosa: tutti si stavano preoccupando per lei. Doveva raggirarli in qualche modo, lei doveva essere in prima linea contro all’organizzazione!

Megure aveva tutto pronto per iniziare il piano deciso. “Takagi, mi farebbe piacere se tu rimanessi con noi finché non avremo finito la riunione. Poi potrai andare a casa, per quell’ora sarà terminato sicuramente anche il turno di Sato.”

Masao annuì, ringraziando la comprensione da parte dei suoi superiori.
Osservò il viso della sua ragazza: sembrava come se fosse interdetta da qualche decisione. A volte si chiudeva in un muro impenetrabile, ma altre volte, forse solo ai suoi occhi, poteva leggerne i pensieri. Aveva capito che c’era qualcosa che la turbava. Avrebbe voluto tenerla d’occhio il più possibile, ma in quelle sembianze era difficile aggirarsi nella zona senza dare nell’occhio. Era pur sempre nel corpo di un bambino delle elementari che avrebbe dovuto frequentare la scuola e non di certo trovarsi nei pressi della centrale di polizia.
Ma sperava che l’idea che aveva avuto di un funerale fittizio la tenesse impegnata ancora per qualche giorno. Non era facile procurarle del lavoro che non fosse indagare direttamente sulla Karasuma Group. E lei non doveva assolutamente prendere parte a quelle indagini rischiose. Non avrebbe saputo mantenere la calma e l’oggettività richiesta per avere a che fare con chi aveva ridotto il suo ragazzo in quel modo.
Masao non poteva permettersi di mettere in pericolo diretto la vita della sua fidanzata. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di tenerla lontana dalle indagini dirette, ma da parte sua per tutta la durata della giornata era impossibile.
Sperava soltanto che non facesse nulla di avventato e restasse in ufficio a svolgere le mansioni assegnate.
Sperava soprattutto di vederla rincasare appena finito il suo turno alla centrale, per trascorrere la notte insieme. Solo in quel modo si sarebbe assicurato che non le fosse successo nulla durante il giorno.

Perché entrambi sapevano che si dovevano aspettare qualcosa di improvviso da tutta questa storia.

   
 
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