Serie TV > Castle
Segui la storia  |       
Autore: Ksyl    09/08/2020    4 recensioni
Castle e Beckett si sono incontrati solo una volta, durante quell'unico caso risolto durante il Pilot e da lì più nulla. Si rivedono solo alcuni anni dopo. E a quel punto inizia questa storia.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Richard Castle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

7

"Va tutto bene?"

La voce gentile di Castle, venata di una premura che non era abituata a ricevere, si insinuò tra i suoi pensieri impegnati a disegnare cerchi concentrici sempre più ampi e ansiogeni. "Sei così silenziosa che temo che qualcuno si convinca che ti abbia rapita per costringerti a subire il supplizio della mia presenza".
Si era espresso con fare scherzoso e non le pareva seccato, ma lei si sentì subito colpevole. Castle non aveva torto a chiedersi che cosa le stesse succedendo, fino a quel punto della loro cena non si era dimostrata di grande compagnia. Anzi, tutto il contrario. Sfiorò il calice di vino, che Castle aveva già riempito più di una volta.

Quando si erano finalmente ritrovati da soli, dopo che Tommy era uscito con il nonno, si era affrettata a infilarsi la giacca, aveva recuperato la borsa e si era precipitata fuori nemmeno si stesse lasciando alle spalle un appartamento in fiamme. Se Castle aveva trovato la sua condotta eccentrica, doveva averlo tenuto per sé. L'aveva assecondata, seguendola all'aperto senza fare commenti.
Durante il tragitto in auto, preferendo non apparirgli una disadatta in fuga, si era sforzata di scambiare con lui qualche scarna frase di circostanza, il meglio che avesse potuto fare. Non voleva che la credesse disinteressata o, peggio ancora, pentita di essere uscita con lui.

La tiepida atmosfera non era migliorata nemmeno quando erano giunti al locale scelto da Castle, che si era rivelato una gradita sorpresa. Sobrio, di classe, in grado di garantire ai propri clienti la tranquillità che desideravano, lontani da orecchie indiscrete e dal rischio di imbattersi in zelanti giornalisti a caccia di storie piccanti che avrebbero riconosciuto al volo il famoso scrittore. E la sua compagna. L'aveva considerato un gesto di riguardo nei suoi confronti, e ne era rimasta piacevolmente colpita, ma senza che questo l'aiutasse a essere meno impacciata. O sulla difensiva.

Sì, doveva ammettere che Castle non aveva esagerato. Per come era rimasta seduta rigida davanti a lui, attenta a non sfiorarlo e quasi a non incrociare il suo sguardo, la gente avrebbe avuto ogni motivo di credere che fosse lì contro la sua volontà. E la responsabilità era interamente sua.
Il nocciolo della questione, la verità che non riusciva a confessargli, rischiando di mandare a rotoli una serata che per molti altri versi sarebbe facilmente potuta virare verso la perfezione, era che non riusciva a darsi pace riguardo a quanto successo nel suo appartamento.

Si rendeva conto di dover dire qualcosa e di doverlo fare in fretta. Doveva affrontare in qualche modo lo spinoso argomento che le si era conficcato in gola come una sottile scheggia di metallo. L'incontro tra lui e Tommy. Che non doveva accadere, tanto per cominciare. Ma che, visto come era andata, non potevano fare finta che non fosse avvenuto.
Era un discorso impegnativo, ma imprescindibile, e che aveva al suo interno molte più complicazioni di quante non apparissero in superficie, poco adatte a essere sviscerate durante un primo appuntamento che avrebbe dovuto, secondo il suo modesto parere e per quel poco che ricordava di come andassero le cose ai suoi tempi, dispiegarsi su tonalità ben diverse, più allegre e spensierate. O anche eccitanti, se lei fosse stata solita esprimersi in quei termini.
Perché diamine non si decideva a parlare? Non era da lei mostrarsi così titubante. Era dotata di una natura molto più dinamica e determinata, certamente non contemplativa, che però doveva aver perso da qualche parte lungo la strada senza rendersene conto, almeno per quanto riguardava il campo sentimentale. Si trovava ad agire in un territorio sconosciuto e ancora inesplorato, che le era sfuggito di mano ancor prima di decidere come comportarsi.

Gli sorrise, rammaricata. "Ti chiedo scusa. Non è colpa tua, sono io che..." La voce le morì in gola.
Castle si appoggiò allo schienale, sorridendole a sua volta con calore. "Non immaginavo che fossimo già al punto in cui vuoi piantarmi in asso, ma cerchi un modo cortese per farlo perché ti spiace ferire il mio orgoglio. Non che io non possa vantare esperienze altrettanto tragiche, ma mai così fulminee. Possiamo almeno concludere la nostra cena disastrosa con un dessert? Hanno un'ottima selezione di dolci, ti va se te ne consiglio qualcuno?", commentò amabilmente, come se stessero discorrendo di inezie.
Scoppiò a ridere di cuore, sentendo scemare la tensione che aveva silenziosamente covato dentro di sé finché non aveva iniziato a divorarla, grazie al suo stravagante senso dell'umorismo, una delle caratteristiche che di lui le erano sempre piaciute. Anche quando aveva sostenuto il contrario, secoli prima.
"No. Cioè sì, vada per il dolce. Volevo dire che non è disastrosa. La cena", si corresse sempre più confusa. Qualcuno doveva sedarla.

Castle fece un cenno al cameriere, che si avvicinò e porse loro i menu. Mentre scorreva la lista, troppo distratta per concentrarsi, si impose di farla finita con quell'atteggiamento una volta per tutte. Castle si stava dimostrando molto paziente e affabile, meritava di non rimanere ulteriormente all'oscuro sul motivo per cui si stesse comportando come un gatto selvatico.
Chiuse il menu con un colpo secco, attirando la sua attenzione. Castle abbassò il proprio con gesti più misurati.
"È che... di solito non faccio cose del genere", sbottò, toccandosi nervosamente il ciondolo che portava al collo e che non si era più tolta dal giorno della nascita di Tommy. Un simbolo che aveva scelto e acquistato da sola e da cui traeva sempre molta forza.
"Con cose del genere intendi cenare?", si informò pacatamente, senza mostrare di aver notato i suoi modi bizzarri. "Se è così, credo sarà necessario rivedere le tue abitudini alimentari. Nessuno ti ha detto che non è consigliabile andare a dormire a digiuno? O segui una dieta particolare?"

Si stava divertendo alle sue spalle, ma lo faceva con garbo e con il solo intento di darle una mano in modo non troppo esplicito per non peggiorare il suo evidente disagio, non per prendersi gioco di lei. Lo apprezzò enormemente.
Era ormai evidente che Castle fosse in grado di muoversi con sicurezza nelle situazioni più disparate, registrò in preda allo sconforto per non essere altrettanto capace di controllarsi. Gli invidiò quella robusta disinvoltura, che avrebbe voluto replicare con la stessa prontezza.

Giocherellò con la forchetta. Non aveva toccato cibo, si era limitata a piluccare qualche boccone senza troppa convinzione e senza gustare l'ottima cucina che in un altro momento avrebbe di certo apprezzato.
"D'accordo, smettiamo di girarci intorno. Il problema non è di certo la tua compagnia. La mia, semmai. Il fatto è che di norma non presento la mia intera famiglia alle...", deglutì a fatica. "Persone con cui esco, soprattutto se si tratta della prima volta", concluse sbrigativa, con il forte desiderio di essere ovunque tranne che lì a discutere delle sue abitudini con lui.

Castle non reagì in alcun modo di fronte alla sua uscita lapidaria. Brusca, a voler essere onesti. Continuava a essere molto rilassato e questo contribuì a calmare in parte il nervosismo residuo. Si limitò ad ascoltare attentamente le sue parole, senza intervenire.
"Non era mia intenzione tenderti un agguato facendoti incontrare mio padre e mio figlio senza avvertirti", ammise con franchezza.
"Non mi è sembrato un agguato. Si tratta semplicemente della tua famiglia". Si strinse nelle spalle, come se per lui fosse qualcosa a cui non era necessario prestare troppa importanza. "A meno che non vi chiamiate Corleone di cognome. Perché in quel caso vorrei saperlo per non commettere passi falsi che mi porterebbero a finire con teste di cavallo mozzate nel letto. Devo garantire di avere intenzioni serie? Perché le ho, nel caso vogliate più garanzie".

Scosse la testa, imponendosi di non disegnargli cuori sul tovagliolo per quella sua buffa uscita o non sarebbero mai riusciti a finire un discorso a cui invece teneva molto. Ci riprovò.
"Non voglio..." Non sapeva come proseguire senza risultare categorica o indurlo a credere che non lo considerasse adatto a intrattenere una relazione di qualsiasi genere con suo figlio. Era solo troppo presto. Annaspò nel tentativo di trovare le parole adatte, chiedendosi come fosse possibile essere inciampata in un incidente diplomatico cinque minuti dopo aver accettato il suo invito.
Fu Castle a venirle in aiuto, facendosi a un tratto molto serio.
"Non vuoi che Tommy incontri gli uomini con cui esci", andò dritto al punto, dimostrando di aver capito perfettamente i termini della questione.
"Non userei il plurale", si lasciò sfuggire prima di aver ponderato le conseguenze. Le lanciò un'occhiata interrogativa. "Hai detto uomini. Plurale", fu costretta a specificare quando si rese conto che lui non aveva colto il senso di una puntualizzazione che, forse avrebbe potuto ragionevolmente tenere per sé, con buona pace di entrambi.
"Ti confesso che mi rincuora scoprire che non sei a favore delle relazioni aperte. Io intendevo più in generale gli uomini che nel tempo avrai frequentato, non quelli che ti aspettano una volta che ti avrò riaccompagnato a casa".
Inviò un muto ringraziamento al suo tentativo di andarle in soccorso sul filo dell'imbarazzo.

"Non ho avuto molta vita sociale da quando Tommy è nato", confessò a malincuore. Non era affatto lieta di dover offrire un quadro tanto dettagliato – e desolante - della sua vita privata, ma non aveva alternative. Doveva essere trasparente fin da subito se voleva impostare rapporti per il futuro che non conducessero a pericolosi fraintendimenti, sempre che Castle non stesse valutando l'idea di lasciarla al suo triste destino di monaca di clausura. Non era esattamente l'anima della festa. Se era quello che si aspettava da lei, avrebbe fatto meglio a rivolgersi altrove.

Castle le sfiorò la mano. Trasalì, turbata. Il gesto fugace, forse solo un'innocente espressione di solidarietà, le provocò un minuscolo brivido lungo la schiena. Sperò che non si fosse accorto di averle fatto quell'effetto. Doveva apparirgli un'educanda appena uscita da una comunità Amish. E se si consideravano le donne che frequentava di solito, sarebbe stato difficile definirla in altro modo. Chissà se per la fine della cena avrebbe conservato ancora un po' di dignità.
"Sono stato felice di conoscere Tommy. È un bambino adorabile e con idee molto chiare per la sua età. Sono sicuro che andremmo d'accordo. Ma capisco che tu preferisca che questi due ambiti della tua vita rimangano separati".
"Non è niente di personale, Castle. Non voglio insinuare che tu non abbia... non saprei come definirle... le qualità morali per incontrare mio figlio".
Castle ridacchiò. "Grazie. Non sono sicuro che sia un complimento, ma lo prenderò come tale. Anche se, come sai, la mia fedina penale non è del tutto immacolata in tal senso. Ma sono molto migliorato, anche se la strada verso la morigeratezza è ancora lunga".
Di bene in meglio, ora era anche riuscita a offenderlo.

"Non voglio correre il rischio di far entrare nella sua vita qualcuno che poi se ne andrà. Ha bisogno di stabilità, vista la nostra situazione particolare", continuò imperterrita. Ormai erano troppo oltre per potersi fermare senza sviscerare la questione fino in fondo.
"La vostra situazione particolare?"
"Non voglio annoiarti, dovrebbe essere un appuntamento, non il triste racconto della mia vita del tutto priva di esperienze avventurose", si scusò.
"Voglio rassicurarti che non ci sono regole fisse negli appuntamenti, le cose non sono cambiate mentre ti dedicavi ad altro. Mi fa piacere, anzi, che lo consideri ancora tale, ero convinto che fosse ormai stato declassato a scocciatura".
"Mi dispiace", mormorò mortificata. Che bella impressione doveva avergli fatto.
"Finché non scapperai dalla finestra della toilette andrà tutto bene. E non preoccuparti, mi interessa tutto quello che ti riguarda, anche come compili la lista della spesa. Scommetto che la scrivi in ordine di corsia".
Non lo facevano forse tutti? Lui no?

"Non c'è molto da dire. Siamo sempre stati solo io e Tommy, fin da quando è nato. Tutto qui. È per questo che ho scelto di avere una vita più... defilata". Perdendosi più di quello che si era immaginata, da quel che poteva vedere. E un bel po' di smalto.
"E il padre di Tommy?" domandò Castle con delicatezza. "Scusami, non volevo essere inopportuno", aggiunse, quando lei non rispose.
"Suo padre non c'è. O meglio, è presente solo sporadicamente. Josh è un cardiochirurgo. Ha sempre preferito mettersi a disposizione dei più bisognosi in zone remote del pianeta". Sospirò stancamente. Era la versione migliore che potesse concedergli e di certo non se la meritava, ma lei era una persona corretta. "È complicato, in realtà. Quello che fa è ammirevole, le condizioni in cui vive e opera sono al limite della sopravvivenza e il suo lavoro in quelle zone fa la differenza. E non ha mai mentito sulle sue aspirazioni. Sapevo a quello che andavo incontro frequentandolo e mi stava bene. Ma adesso è diverso. Tommy ha bisogno di lui, di avere un punto fermo nella sua esistenza. Non di essere sempre messo all'ultimo posto, di non essere considerato importante da suo padre. Dovrebbe venire prima di tutto il resto, anche se mi rendo conto che possa apparire egoistico da parte mia". Josh lo considerava certamente tale, non si era trattenuto dal metterla al corrente, spesso, della sua scandalizzata opinione a riguardo.

Castle continuò ad ascoltarla concentrato, lasciandole tutto lo spazio che le serviva. Era rilassante rapportarsi a un interlocutore partecipe, che non l'avrebbe interrotta per riempirla di consigli non richiesti. Non aveva programmato di aprirsi fino a confidargli i suoi tormenti con tanta enfasi e amarezza, ma ormai era andata così. Si sentiva molto più leggera, ora che la questione era stata affrontata.
"Per quel che può valere, non credo tu sia egoista", commentò. "È scontato che debba essere la vostra priorità".
Buono a sapersi. Un bel cambiamento rispetto alle accuse che nel tempo le erano state rivolte fino quasi a convincerla di essere una persona orribile solo perché parteggiava per suo figlio.

"E mi dispiace. Tommy è un bambino delizioso, hai fatto un ottimo lavoro con lui, tutto da sola. So per esperienza che essere l'unico genitore non è una passeggiata". Lo guardò incuriosita, attendendo il resto. "Io e la madre di Alexis ci siamo lasciati quando lei era piccola", proseguì. "Meredith si è trasferita a Los Angeles per inseguire i suoi sogni di gloria – niente a che vedere con il salvare vite -, ricomparendo saltuariamente nelle nostre vite solo per fare danni che toccava a me rimettere a posto", le confidò con la medesima franchezza.
Lo ascoltò con sempre maggiore coinvolgimento. Non si era mai confrontata con qualcuno che avesse condiviso le sue stesse vicissitudini. Non aveva fatto amicizia con altri genitori, non avendo mai tempo per scambiare qualche chiacchiera con loro all'uscita dall'asilo o al parco, dovendo incastrare una miriade di altri impegni. E, onestamente, non ne mai avvertito il bisogno.
"Anche io sono sempre stato cauto nel far conoscere le donne con cui uscivo a mia figlia".
"Donne. Plurale", sottolineò vide muoversi a disagio sulla sedia. "Ammetto di essere stato meno stoico di te e di essermi preso spazio per... altro".
Si sporse verso di lui, che si avvicinò di riflesso. "Non c'è nessun merito nello stoicismo", sussurrò a pochi centimetri dal suo viso. Nel movimento i suoi capelli gli sfiorarono la guancia. Lo vide deglutire. Gli fissò le labbra. Quando tornò padrona di se stessa, si ritrasse come se si fosse scottata.
Un po' scombussolata – aveva solo voluto fare una battuta che si era trasformata in qualcosa di molto diverso – tornò a ripristinare una ragionevole distanza tra loro, che fosse consona al luogo in cui si trovavano.
Castle si schiarì la voce, per recuperare la precedente compostezza. "Capisco la tua posizione. E la rispetto", continuò a fatica. "Sarò felice di incontrarlo di nuovo quando e se deciderai che è arrivato il momento".
Annuì, grata. Era sollevata che l'argomento fosse stato toccato e archiviato. Ora potevano finalmente dedicarsi ad altro, alleggerire i toni e la serata, chissà, magari perfino divertirsi. Era per quello che era uscita con lui, giusto? Lo sostenevano tutti. Non c'era più niente che si frapponesse tra loro e qualsiasi cosa li aspettasse. Era un pensiero delizioso che d'improvviso la riscaldò.

"Come mai ti sei presentato con un regalo per lui?" Se l'era chiesto fin dall'inizio. "Non sapevi che l'avresti incontrato".
"Perché volevo dimostrare a sua madre che sono un uomo irresistibile".
Le indirizzò uno dei suoi sorrisi più affascinanti, da cui non era sicura di potersi difendere. O di volerlo fare.
Alzò le mani. "Scusami, errore mio. Dimentico sempre la tua grande modestia".
Risero entrambi. La tensione era scomparsa del tutto. Riuscivano ad allontanarsi e riavvicinarsi in un movimento sinuoso che le appariva del tutto naturale.

"In questo caso non ostenterò le mie doti di chiaroveggenza, perché, è vero, non mi aspettavo di vederlo. Volevo solo portare un regalo per lui. Quel ragazzino mi piaceva già dai tuoi racconti. Adesso ancora di più".
Di quel passo avrebbe avuto bisogno di colpirlo forte perché la smettesse di farle quell'effetto inspiegabile. O, in realtà, molto spiegabile.
"Puntare al cuore di una madre fa sempre parte dei tuoi tentativi di renderti irresistibile?"
"Ci sto riuscendo?", ribatté con un tono che, avrebbe giurato, era uscito dritto dalle sue fantasie. Quelle che non svelava a nessuno.

Fu costretta a cambiare discorso per l'ennesima volta. Era consapevole dei propri limiti, altre due frasi del genere e lei non sarebbe stata responsabile delle proprie azioni. Anni di sobrietà avevano prodotto su di lei effetti devastanti che sarebbe stato meglio contenere, se non voleva rovinarsi la reputazione.
Considerò l'ipotesi di chiedergli di ordinare qualcosa di più forte del vino che si erano fatti portare, ma fargli sospettare che fosse avviata verso la strada dell'alcolismo non le sembrava il modo migliore di proseguire la serata.
"Che cosa ne dici di darmi qualche anticipazione sul tuo ultimo romanzo, come mi hai promesso?"
Era un argomento neutro, giusto? Il meno pericoloso che le fosse venuto in mente.
"E io che pensavo fossi uscita con me per via del mio fascino virile e invece scopro che mi hai circuito solo per ottenere degli scoop che legalmente non posso far trapelare. Il mio editore potrebbe minacciare di uccidermi".
"Ti proteggo io, Castle. È il mio mestiere".
"Ti spingeresti fino a tal punto? Sono lusingato".
"Forza, sputa il rospo, invece di continuare a tergiversare. Non pretendo di sapere tutta la trama, dammi solo qualche dettaglio", insistette.
"Non credevo fossi una fan tanto sfegatata, capitano". Le fece l'occhiolino, ignorando le sue richieste.
"Sei tu che hai utilizzato questo genere di esca per convincermi ad accettare il tuo invito. Ti stai tirando indietro?"
"Non mi tiro mai indietro", affermò con tale intensità da farle battere il cuore con violenza. "Ma credevo fossimo qui perché la città di New York voleva ringraziarmi per i servizi offerti alla popolazione attraverso la tua persona. Mi sarei aspettato almeno una medaglia o un piccolo discorso ufficiale. Invece era solo una trappola".
Era un osso duro.

"Devo dedurre che sei un uomo che non mantiene le sue promesse?"
La scrutò in silenzio.
"D'accordo. Quand'è così, ti darò quello che vuoi".
Nessun doppiosenso nella loro conversazione. Proprio nessuno. Si morse le labbra per non scoppiare a ridere.
"Ma ti avverto, risponderò a un'unica domanda. Permettimi però di ricordarti che se avessi accettato di diventare la protagonista delle lunga serie di romanzi di successo che avevo in mente di scrivere dopo averti incontrato, saresti autorizzata a leggere il manoscritto in anteprima. Tutti i manoscritti".
"È un vero peccato che non sia andata così", mentì, ostentando un rimorso che non provava, dopo aver appoggiato i gomiti sul tavolo ed essersi sporta verso di lui. "Magari in futuro potresti inserire un capitano di polizia come personaggio secondario. Mi darebbe gli stessi privilegi?"

Castle sgranò gli occhi e si portò con enfasi una mano sul cuore.
"Mi stai dicendo che, se accettassi ipoteticamente la tua idea, potrei venire al distretto per prendere ispirazione da te e darvi una mano a risolvere i casi? Proprio come un tempo desideravo, unicamente spinto da puro interesse creativo e non per infastidirti, come hai invece sempre ritenuto a causa di ingiusti pregiudizi? Possiamo metterlo per iscritto? Forse in sala c'è un giudice o un notaio che faccia al caso nostro".
"Quello che chiami puro interesse creativo è esattamente ciò che mi avrebbe infastidito di tutta quella faccenda, le due cose non sono disgiunte come ti ostini a credere. Quindi, no. Non puoi venire da noi a ficcare il naso e generare il caos".
"Hai solo paura che io mi dimostri più bravo dei tuoi detective".
"Ho solo paura di arrivare a ucciderti e preferisco non aumentare le seccature che ho già al lavoro".
"Proprio quello che il mio capitano direbbe a un uomo per cui prova attrazione", annuì soddisfatto. "Continua pure, io prendo appunti nella mia testa".
Finse di non averlo sentito per non dargli nessuna soddisfazione, ma avrebbe desiderato lanciargli del vino in faccia.
"Quello che volevo dire...", proseguì scostante, "È che se dovesse servire e senza troppo dispendio di tempo ed energie da parte mia, sarei disponibile a chiarire i tuoi dubbi, qualora dovessi averne, e svelarti qualche trucco. A meno che non temi che un personaggio del genere risulti troppo noioso".
"Noioso sarebbe l'ultimo aggettivo adatto a descrivere il tuo alter ego narrativo, con me come autore. Soprattutto se di giorno si dimostrasse un integerrimo tutore della legge e la notte conducesse una vita segreta come spogliarellista. Sono sicuro che i lettori impazzirebbero. Ne parlerò domani al mio editore, ma non ci saranno problemi, aveva già accettato la precedente versione ispirata a te".

"Lascia perdere, ho già cambiato idea", gemette di fronte all'immagine che aveva fatto balenare. La doppia vita come spogliarellista. Ci mancava solo quello.
"Sto scherzando. Niente vita notturna per lei. Ho già abbastanza informazioni per sapere che sarebbe una donna di grande classe, cultura e sensibilità. Sarebbe magnifica. E sexy. Sexy devi concedermelo. Lo faccio solo per il pubblico, non per me".
Era un treno inarrestabile e la passione che metteva in tutto quello che faceva, che provava nei confronti della vita, come se fosse un frutto succoso che aspettava solo che lui lo mordesse, era contagiosa.
"Non esagerare, sarebbe comunque solo un personaggio secondario".
"Non potresti mai essere un personaggio che compare solo per alcuni capitoli, Kate. Mai".
E a quel punto forse avrebbe avuto davvero bisogno di qualcosa che la tramortisse prima di fare mosse avventate che avrebbero segnato il suo curriculum per sempre. E che gli avrebbero dato pessime idee su quello che i capitani facevano davvero nella vita.

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Castle / Vai alla pagina dell'autore: Ksyl