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Autore: Star_Rover    12/08/2020    7 recensioni
Fronte Occidentale, 1917.
La guerra di logoramento ha consumato l’animo e lo spirito di molti ufficiali valorosi e coraggiosi.
Dopo anni di sacrifici e sofferenze anche il tenente Richard Green è ormai stanco e disilluso, ma nonostante tutto è ancora determinato a fare il suo dovere.
Inaspettatamente l’ufficiale ritrova speranza salvando la vita di un giovane soldato, con il quale instaura un profondo legame.
Al fronte però il conflitto prosegue inesorabilmente, trascinando chiunque nel suo vortice di morte e distruzione.
Genere: Angst, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
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XXV. Sulle rive della Scarpe
 

Nord-Pas-de-Calais, febbraio 1918.
Finn si risvegliò all’alba, i primi raggi di sole filtrarono attraverso le finestre barricate. Il ragazzo si rigirò nel suo giaciglio tra le coperte irrigidite dal gelo.  
Dopo i primi istanti di esitazione si rialzò dalla sua branda barcollando nella penombra, i suoi compagni lentamente si destarono dal mondo dei sogni tra sonori sbadigli e qualche imprecazione.
Finn si rivestì in fretta, meccanicamente infilò gli scarponi e strinse la cintura.
Facendo attenzione a non inciampare tra le assi sconnesse attraversò la stanza, la porta era ancora chiusa, così dovette spostare la pesante sbarra di ferro per uscire all’esterno. Avvertì il tiepido calore del sole, il giovane fu costretto a coprirsi gli occhi con una mano, i riflessi sulla neve crearono uno scintillante gioco di luci.
Finn si riprese da quella sorta di allucinazione e si diresse a passo sicuro verso il ruscello.
Si chinò per osservare il suo riflesso increspato, in quei mesi la guerra gli aveva conferito un aspetto più maturo, il suo volto restava ancora quello di un ventenne, ma il suo sguardo non era più puro e innocente.
Egli si sciacquò il viso con l’acqua gelida, tornando rapidamente alla realtà.
Come ogni mattina attese pazientemente il suo turno per la colazione, la quale consisteva in tè caldo e pane raffermo. Niente marmellata, quella era finita da un bel pezzo.
Quella mattina l’ispezione fu rapida, il sergente Taylor non trovò alcuna infrazione, ma non perse l’occasione per ripetere a tutti la sua solita predica. Nell’Esercito britannico doveva regnare ordine e disciplina…ormai avrebbe potuto ripetere quel discorso a memoria.
L’addestramento cominciava con una lunga corsa attraverso i campi ancora innevati. Finn non aveva un fisico forte e muscoloso, ma possedeva un’ottima resistenza, oltre all’agilità e alla velocità anche quella era una dote a suo favore.
La corsa mattutina poteva essere considerata anche piacevole se rapportata al percorso ad ostacoli. Per ore i soldati avrebbero dovuto strisciare nel fango sotto al filo spinato, arrampicarsi sulle corde e saltare in fossati colmi di melma. Finn aveva affrontato un simile addestramento come recluta nelle campagne inglesi, ma aveva dimenticato in fretta quel periodo dopo aver raggiunto il fronte.
Le altre attività erano decisamente più stimolanti, le esercitazioni in trincea potevano rivelarsi sempre utili, ma le sue preferite erano le simulazioni di combattimento nel bosco. Quelle erano le uniche occasioni per restare nel mezzo della natura, dove poteva apprezzare l’intenso profumo del legno e i colori brillanti della vegetazione sempreverde.
Al tramonto la foresta risplendeva di riflessi magici, quando la luce rossastra illuminava i rami ghiacciati filtrando tra le fronde.
Così, sopportando il rigido comando di Taylor, le esercitazioni non risultavano così terribili. Lo sforzo fisico era notevole, ma al campo si provava una strana esaltazione, ci si preparava alla guerra, eppure ci si sentiva ancora vivi.
Seppur precaria quella condizione era ben vista dai soldati. Le notizie che giungevano dalla prima linea però non erano affatto rassicuranti, gli inglesi erano ormai stanchi e afflitti a causa delle ultime sconfitte.
 
Quel pomeriggio Finn e i suoi compagni raggiunsero le posizioni di tiro, i soldati si esercitavano a sparare con fucili e mitragliatrici utilizzando bersagli di ogni genere. I colpi echeggiavano nella vallata deserta, le pallottole affondavano nei sacchi di sabbia, colpivano assi di legno, oppure facevano esplodere barattoli e bottiglie.
Finn e Hugh occuparono una postazione dandosi il cambio per ricaricare l’arma.
Ogni tanto qualche curioso sostava vicino alla staccionata per vedere se i colpi andavano a segno.
Il soldato Myles rimase per un po’ ad osservare i due tiratori, poi si decise ad avvicinarsi.
«Che ne dite di rendere la questione più interessante?» chiese con aria di sfida.
«Dipende…qual è la proposta?» replicò Hugh con diffidenza.
«Una gara, io ed Harry contro voi due, chi fa più punti vince il premio»
«Quale sarebbe la posta in gioco?» chiese Finn.
Myles sorrise: «l’ultima bottiglia di whiskey»
Hugh scambiò un rapido sguardo con il suo compagno.
«Mi sembra un buon accordo» concluse sigillando quel patto con una stretta di mano.
Le due squadre dimostrarono di essere praticamente allo stesso livello, la competizione si prolungò colpo dopo colpo.
Ben presto una piccola folla si riunì per assistere alla sfida, incitando i compagni con grida di esaltazione. Quella competizione divenne il principale intrattenimento per quei soldati stanchi e annoiati.
L’ennesima bottiglia si frantumò colpita dal proiettile, decine di frammenti di vetro si scagliarono al suolo. 
«Un altro punto per noi! Adesso siamo pari!» esordì Hugh dopo aver segnato il colpo.
Myles avanzò in posizione, sicuro di non poter fallire. Puntò il fucile e premette il grilletto.
Dopo il colpo dello sparo non sì udì più nulla, la pallottola cadde nella neve, poco distante dal suo obiettivo.
Il barattolo era ancora integro.
Hugh si rivolse al suo compagno: «forza, possiamo batterli! Se colpisci il bersaglio stavolta abbiamo vinto!»
Finn prese un profondo respiro, in quel momento pensò di avere una grande responsabilità. Era una questione di onore, doveva dimostrare qualcosa ai suoi compagni.
Il giovane avvertì un’intensa scarica di eccitazione, sfiorò il grilletto, poi sparò il fatidico colpo.
Il familiare rumore di vetri rotti confermò che il tiro aveva avuto successo.
Finn rimase immobile finché non avvertì la mano di Hugh sulla sua spalla.
«Bravo ragazzo! Sapevo che ce l’avresti fatta!»
Myles reagì con una smorfia di disapprovazione.
«È stata solo fortuna» concluse rimettendosi il fucile in spalla e abbandonando la postazione di tiro.
 
A cena Finn ingurgitò avidamente la sua porzione di cibo, ovvero una brodaglia insapore, ciò che riusciva a mettere sotto ai denti era il minimo necessario per placare i crampi della fame.
Hugh si sedette al suo fianco, il giovane si guardò intorno con cautela, poi infilò una mano all’interno della giacca e porse al suo compagno un pezzo di formaggio.
Finn sgranò gli occhi per lo stupore: «come hai fatto a procurartelo?»
«Dopo il turno di guardia sono stato alla fattoria»
Egli si insospettì: «quei francesi non hanno mai voluto avere a che fare con noi…»
Hugh rispose con un amaro sorriso: «potranno anche diffidare di noi inglesi, ma non rifiutano il nostro denaro»
Finn non domandò più nulla a riguardo, limitandosi ad assaporare con gusto quel prezioso dono.
«Hai saputo qualcosa sulle condizioni di Dawber?»
Hugh negò tristemente: «so solamente che è stato trasferito in un altro ospedale, lontano dal fronte…laggiù forse potranno fare qualcosa di più per lui»
«Ne sono certo»
«Non voglio illudermi con false speranze»
«Mi dispiace, ma tu non dovresti sentirti in colpa, hai fatto il possibile per salvarlo»
Hugh apprezzò il suo tentativo di conforto, ma in fondo continuava a sentirsi responsabile per la sorte del suo compagno.
 
Quella sera i soldati si radunarono intorno al fuoco, Finn e i suoi compagni si spartirono il bottino di quella giornata. Non tutti però erano abituati al buon whiskey, gli effetti dell’alcol si manifestarono rapidamente.
Finn bevve un lungo sorso, sentì la gola bruciare e a stento riuscì a deglutire. Il giovane avvertì una vampata di calore e divenne rosso in viso, immediatamente tentò di ricomporsi, ma finì ugualmente per tossire con una smorfia disgustata.
Un suo commilitone scoppiò in un’allegra risata, poi lo incitò a buttar giù un secondo sorso.
Poco dopo il ragazzo si trovò a vagare tra la folla di soldati in cerca di Hugh, la vista iniziò ad annebbiarsi mentre la testa continuava a girare.
Ad un tratto una figura alta e robusta si presentò davanti a lui, la luce intensa delle fiamme illuminò il volto del soldato Myles.
Egli sogghignò: «che hai Coogan? Credevo che quelli come te reggessero bene l’alcol»
Il giovane non capì: «quelli come me?»
«Già, voi irlandesi siete soltanto degli sporchi ubriaconi!»
Finn tentò di ignorare la sua provocazione.
«Che c’è? Non rispondi senza il tenente Green a difenderti?»
Quella volta non riuscì a trattenersi, strinse i pugni per la rabbia. Nel sentire quelle parole perse il controllo e immediatamente si avventò sul suo compagno, il quale reagì tentando di respingerlo. I due caddero rotolando nella neve.
La lite attirò l’attenzione degli altri soldati, i quali si affrettarono ad intervenire.
Hugh afferrò Finn per le spalle e trattenendolo lo separò dal suo avversario. Il ragazzo continuò a dimenarsi, il suo compagno fu costretto ad allontanarlo con la forza.
Quando la situazione si fu calmata Hugh decise di chiarire la questione.
«Si può sapere che diamine ti è preso?»
Finn sbuffò: «Myles è davvero un bastardo!»
«Su questo non posso darti torto, ma non vale la pena mettersi nei guai per un motivo così stupido»
«Mi dispiace, io…non avrei dovuto reagire in quel modo»
Pur non giustificandolo Hugh poté comprendere il suo compagno.
«È meglio che tu vada a farti una bella dormita»
Finn si rialzò in piedi barcollando, mosse solo pochi passi prima di chinarsi a terra per vomitare.
Hugh accompagnò il suo commilitone all’interno della baracca, l’aiutò a svestirsi e lo distese sulla sua branda.
«Adesso pensa a riposare, domani mattina ti sentirai meglio»
 
Finn si rigirò tra le coperte, avvertiva ancora la testa pulsare dal dolore.
Ripensando all’accaduto inevitabilmente si ritrovò a pensare al tenente Green, era trascorso ormai un mese dalla loro separazione. All’inizio dell’anno il suo superiore era stato richiamato alla caserma di Arras per occuparsi delle nuove reclute, poi aveva dovuto presentarsi al quartier generale per prender parte insieme ad altri ufficiali alle riunioni del generale Emmet. Da allora non aveva più avuto sue notizie.
Il giovane aveva accettato di buon animo quel distacco, inizialmente le giornate erano state occupate da intensi allenamenti e lunghe marce, mentre alla sera poteva rincuorarsi grazie ai ricordi degli ultimi momenti trascorsi con il tenente. Con il passare del tempo però la sua mancanza era diventata sempre più dolorosa e difficile da sopportare. Era consapevole che in quelle condizioni non avrebbe potuto pretendere nulla dal loro rapporto, eppure in quel momento anche solo la presenza del suo superiore avrebbe potuto rassicurarlo.
Era triste pensare che non avrebbe rivisto il suo amato prima di tornare al fronte.  
Finn si rassegnò, richiuse gli occhi e lentamente cadette alla stanchezza.
 
***

Le reclute erano migliorate notevolmente durante la loro permanenza in caserma. Il tenente Green non poteva che esserne orgoglioso, il sergente Redmond aveva svolto un ottimo lavoro con i nuovi arrivati.
«Oh, è anche merito suo tenente, quei ragazzi la considerano un vero eroe»
Richard scosse la testa: «quando torneremo in trincea sarà tutto diverso»
«Non dovrebbe preoccuparsi di questo, ha conquistato la loro fiducia, quei soldati sono pronti ad affiancarla in ogni impresa»
Green si rassicurò nel sentire quelle parole.
«Spero di poter tornare presto al comando del plotone, per il momento non ho ancora ricevuto ordini a riguardo»
«Sembra che il generale Emmet stia preparando le truppe per qualcosa di importante» intuì Redmond.
L’ufficiale si strinse nelle spalle: «per ora i suoi piani restano segreti»
Il sergente non sembrò preoccuparsi, conosceva bene i ritmi della guerra, da un momento all’altro tutto poteva cambiare, dunque era il caso di apprezzare i brevi istanti di quiete prima dell’imminente tempesta.
«Devo tornare al quartier generale, ho ancora alcune questioni di cui occuparmi»
«Mi ha fatto piacere ricevere la sua visita» ammise Redmond con sincerità.
Richard si congedò con un’amichevole stretta di mano, poi si allontanò proseguendo lungo il sentiero.
 
La vallata della Scarpe si estendeva sul lato destro del pendio, il tenente Green osservò il percorso del fiume che scorreva attraverso campi innevati e villaggi abbandonati. Nel silenzio e nella quiete del bosco Richard poté avvertire solamente il rumore della neve che crepitava sotto agli zoccoli. L’ufficiale accarezzò il dorso del suo destriero, uno splendido stallone dal manto nero e lucido, il quale era sempre mite e quieto in sua presenza.
Sulla strada del ritorno Richard strinse le briglie e dando di sprone incitò l’animale al galoppo, aveva dimenticato quanto fosse piacevole l’eccitazione della velocità e la sensazione di libertà che provava avvertendo il vento tra i capelli.
Da ragazzo aveva partecipato anche a qualche competizione, ottenendo sempre ottimi risultati, la sua stanza in Inghilterra era ancora decorata con premi e coccarde. Quella mattina, inebriato da quei ricordi, decise di correre per la campagna francese come se si trovasse in un campo d’allenamento.
Purtroppo in territorio di guerra il percorso era ostruito da pericolosi ostacoli, saltando un fosso il cavallo si ferì a causa del filo spinato. Richard fu sbalzato dalla sella e cadde nella buca piena d’acqua.   
Fortunatamente ciò accadde accanto all'accampamento della 18° Divisione Manchester, i soldati che assistettero all’evento si affrettarono a soccorrere cavallo e cavaliere.
L’ufficiale riemerse dalla pozza fangosa completamente fradicio, ma incolume.
«Peccato per il finale tenente, stava correndo forte come Steve Donoghue! [1]» ironizzò un caporale.
Richard si preoccupò immediatamente di controllare le condizioni del suo cavallo.
Un soldato lo rassicurò: «non è nulla di grave, ma temo che dovrà rinunciare alle sue passeggiate per un po’»
Green trattenne un’imprecazione tra i denti, il comandante di cavalleria non sarebbe stato lieto di sapere che aveva azzoppato uno dei suoi migliori esemplari.  
 
Più tardi il tenente Green si presentò alla mensa degli ufficiali per il suo appuntamento con il maggiore Farrell. Nonostante tutto fu contento di ritrovare il suo superiore dopo tanto tempo, i due si salutarono con un caloroso abbraccio.
«Sono felice di rivederti» disse Richard prendendo posto di fronte al suo compagno.
«Anche io, per un periodo ho temuto il peggio. Sono stato ferito a Passchendaele, sono rimasto per più di un mese in un ospedale militare francese, poi mi hanno concesso una licenza di tre settimane, infine ho dovuto completare l’addestramento in Inghilterra prima di poter tornare al fronte»
«Ti trovo bene» commentò Richard.
«Ammetto di essermi goduto la vita da civile, sentivo la mancanza di cene eleganti e serate a teatro»
«Un anno fa dicevi che la guerra sarebbe finita presto, invece siamo ancora qui»
«Il generale Emmet si sbagliava, ma al fronte tutti noi avevamo bisogno di credere a quelle illusioni»
«La battaglia di Passchendaele è stata un massacro mentre l’attacco a Cambrai si è concluso con una ritirata…»
«Vedo che non hai perso il tuo solito cinismo»
«Non è una questione di pessimismo, sono solamente obiettivo e realista. Le ultime operazioni dell’Esercito britannico si sono concluse con terribili sconfitte. Gli uomini sono stanchi e demoralizzati, è con questo spirito che torneranno in prima linea»
«Le cose cambieranno presto»
«Come puoi esserne certo?»
«Be’, adesso abbiamo anche il supporto degli americani»
Richard assunse un’aria pensierosa, ma non disse nulla a riguardo.
Il maggiore Farrell offrì al suo compagno una sigaretta.
«Ho saputo del tuo incontro con il colonnello Harrison»
Richard espirò una nuvola di fumo: «qui le voci girano in fretta»
«Sono tornato da poco, ho dovuto informarmi sulle novità. Allora…di che si tratta?»
«Abbiamo discusso di tante cose, ma l’argomento principale è stata la mia promozione»
Farrell sorrise: «davvero? Dunque tra poco dovrò iniziare a chiamarti capitano Green?»
Egli scosse la testa: «no, non dovrai fare nulla del genere»
Il maggiore gli rivolse uno sguardo perplesso.
«Ho rifiutato la proposta del colonnello»
John trasalì: «hai rinunciato alla tua promozione?»
Green annuì.
«Tu sei completamente impazzito. Credevo che ti importasse fare carriera nell’esercito»
«Forse una volta era così…adesso è diverso»
«Che cosa è successo?»
«La promozione avrebbe previsto un trasferimento, era una condizione che non potevo accettare. Ho preso il comando del mio plotone poco prima della Somme e da allora ho affrontato con quei soldati ogni battaglia. Non potrei mai abbandonare i miei uomini, loro si fidano di me ed io ho bisogno di loro. È così che funziona»
«È stata una scelta davvero ammirevole»
«Non avrei potuto agire diversamente»
Farrell buttò giù l’ultimo sorso di vino rosso.
«È un peccato che tu non sia tornato in Inghilterra per Natale. Ti avrei invitato nella mia casa a Londra…oh, avremmo potuto divertirci! In Patria siamo considerati come degli eroi, credimi, in questo periodo le ragazze vanno pazze per le uniformi!»
Richard sorrise, nonostante tutto il suo compagno era rimasto sempre lo stesso. Guerra e donne, non c’era altro di cui discutere con lui.
«Mi piacerebbe ascoltare un’altra delle tue avventure, ma il capitano Howard mi sta attendendo nel suo ufficio, a quanto pare si tratta di una questione importante»
«Conoscendo Howard temo che tu sia finito nei guai»
Il tenente sospirò: «spero di non avere brutte sorprese, quest’anno è appena iniziato e già ho avuto abbastanza problemi…»
 
Richard entrò nello studio del capitano Howard con un certo nervosismo. 
«Tenente, la stavo aspettando. Per favore, chiuda la porta»
Green obbedì e si posizionò davanti alla scrivania del suo superiore.
«Non ho mai avuto occasione di parlare con lei a riguardo di ciò che è accaduto a Passchendaele»
Richard rimase impassibile: «sono accadute tante cose nelle Fiandre…»
«Sa bene che mi sto riferendo all’esecuzione di quel prigioniero»
«Credevo che la questione fosse ormai risolta»
«Ho voluto aspettare che le acque si fossero calmate prima di affrontare l’argomento con lei»
Green attese di conoscere la reale motivazione di quel richiamo.
«Il suo comportamento è stato inammissibile, come ha osato rivolgersi in quel modo a un suo superiore?»
«Non ho alcun rimorso per quel che ho fatto»
«Se avessi deciso di fare rapporto su di lei avrei avuto abbastanza prove per accusarla di insubordinazione»
«Se ha scelto di non denunciarmi è perché anch’egli era consapevole dell’errore che stava commettendo»
Il capitano Howard distolse lo sguardo: «ha accusato l’Esercito britannico di star commettendo un crimine. Si rende conto delle possibili conseguenze di questa sua affermazione?»
«So che la corte marziale preferisce il silenzio alla verità, ma io non sono quel tipo di ufficiale»
«Lei è sempre stato un ottimo ufficiale, per questo ho voluto concederle una seconda possibilità, ma voglio essere chiaro nei suoi confronti, ciò non accadrà mai più!»
«Non le ho mai chiesto nulla, ho sempre accettato le conseguenze delle mie azioni»
«L’esercito ha bisogno di persone esperte e competenti come lei, non può rischiare di perdere tutto per una simile imprudenza!»
«Da quando l’onestà è un’imprudenza?»
«Lei sa come funzionano le cose, siamo in guerra, alcune battaglie sono più importanti di altre»
«La vita di un uomo non è un valore trattabile»
«La sua integrità è ammirevole, ma in certe condizioni potrebbe rivelarsi pericolosa»
Richard si indignò: «dovrei mettere a tacere la mia coscienza?»
«Dovrebbe limitarsi ad eseguire gli ordini, evitando di intromettersi in questioni che non la riguardano»
«Conosco bene qual è il mio ruolo nell’esercito»
«Le sto solo chiedendo di riflettere più attentamente prima di compiere azioni di cui potrebbe pentirsi»
Richard esternò la propria frustrazione, aveva ascoltato con insofferenza quei rimproveri.
«Tenente Green, voglio che lei sappia che io non sono un suo nemico. Queste raccomandazioni sono solo per il suo bene»
Egli restò diffidente.  
«Non ho altro da dirle, mi auguro che lei sappia cosa fare»
Il tenente esitò: «posso porle un’ultima domanda?»
Howard annuì.
«Che fine ha fatto quel prigioniero?»
Il capitano rispose freddamente: «è stato destinato al villaggio di Pattishall [2]»
Richard parve rassicurato da quella notizia.
«Dunque alla fine non è stato condannato…»
«Le consiglio di accontentarsi di questa vittoria, per questa volta è stato fortunato»
Con queste ultime parole il capitano Howard concluse definitivamente il colloquio. Il tenente abbandonò il suo ufficio senza alcuna certezza, ma con la consapevolezza di trovarsi in una scomoda posizione.
Da quel momento in poi avrebbe pagato per ogni suo errore.
 
Richard rifletté su quel che era appena accaduto. Non aveva paura di accettare le conseguenze delle proprie azioni, ma non si trattava solamente di se stesso. Doveva sempre pensare al meglio per il suo plotone, avrebbe dovuto essere più cauto e prudente in futuro. Essere marchiato con disonore, anche se per una buona causa, non era ciò a cui aspirava. Era una questione di equilibrio, da una parte c’era la sua morale incorruttibile e dall’altra le intransigenti ragioni della guerra. Era compito di un buon comandante trovare una via di mezzo, una soluzione che non spostasse troppo l’ago di quella bilancia.
Richard scosse la testa, stava complicando la faccenda più del dovuto, presto sarebbe stato nuovamente coinvolto dalla guerra e allora non avrebbe più avuto tempo per riflettere.
Aveva già preso la sua decisione, avrebbe continuato a fare il suo dovere, seppur in modo più consapevole, cercando di restare il più possibile lontano dai guai.
 
Nel suo alloggio il tenente Green ritrovò un po’ di pace e tranquillità. Quelle settimane di separazione forzata dal suo plotone non erano state semplici da affrontare. Era certo che al fronte avrebbe trovato una situazione tutt’altro che favorevole. I tedeschi si erano ben difesi dopo l’ultimo attacco, dimostrando di essere disposti a difendere il confine con ogni mezzo. La linea Hindenburg era ancora solida e intatta, di certo i villaggi circostanti erano stati occupati da truppe fresche e riposate.
Nonostante queste previsioni poco incoraggianti Richard aveva deciso di riporre fiducia nel generale Emmet.
Era pronto per la prossima battaglia, quel periodo lontano dalle trincee era durato anche troppo a lungo, aveva bisogno di tornare a combattere a fianco dei suoi uomini.
In tutto ciò il suo grande dilemma restava Finn. Era consapevole che non avrebbe mai potuto considerare quel ragazzo solamente come il suo attendente. Quel rapporto, per quanto inopportuno e pericoloso, restava la sua unica salvezza. Non aveva mentito, i sentimenti che provava per lui erano puri e sinceri. Era disposto a qualsiasi sacrificio pur di proteggerlo, ancora una volta Richard giurò a se stesso che avrebbe fatto tutto il possibile per mantener fede alla sua promessa.
 
 
 
 
Note
[1] Campione britannico di corsa al galoppo in testa alle classifiche dal 1914 al 1923. 
[2] Campo di prigionia attivo durante la Grande Guerra nella Contea di Northampton.
   
 
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