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Autore: rocchi68    12/08/2020    2 recensioni
Dawn era sempre stata una ragazza che, anche dinanzi alle difficoltà più disparate, affrontava il tutto con un sorriso e una dolcezza disarmante.
Una sera, però, si era ritrovata davanti a un’amara sorpresa.
Non aveva amiche, non aveva un posto in cui stare, era stata tradita dal proprio fidanzato nel momento di massimo splendore ed era frustrata da tutti quei fallimenti in rapida successione che potevano sancire la sua completa rovina.
Poteva spegnersi, cercare una scappatoia per la felicità oppure chiedere un ultimo disperato consiglio all’unica persona che mai l’aveva abbandonata.
Sempre che quest’ultimo fosse d’accordo…
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dawn, Duncan, Scott, Zoey | Coppie: Duncan/Gwen
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Nel vedere quel passo leggiadro e nel calcolare la sua altezza, Scott rabbrividì.
Credeva avesse esagerato con lo Spumante e che fosse vittima di una qualche allucinazione post sbornia. Eppure non aveva mai barcollato durante quella breve passeggiata e non sentiva la tipica sensazione di nausea che si riscontra non appena si alza troppo il gomito.
Se non stava sognando e l’alcol non centrava per nulla, c’era solo una possibilità. Gli pareva impossibile e tutto il resto, ma forse qualcuno dall’alto aveva notato che aveva sofferto anche troppo e che, almeno durante il suo compleanno, una sorpresa fosse necessaria.
“Ciao Scott.” Esordì, facendolo sussultare.
“Dawn?” Domandò sorpreso, squadrandola con attenzione.
“Finalmente sei tornato.”
“Mi stavi cercando?”
“Sono venuta solo per farti gli auguri.” Rispose, tenendosi a distanza e facendo intendere che non era intenzionata ad abbracciarlo o a stringergli la mano.
“Un messaggio sarebbe stato sufficiente.” Minimizzò Scott, scrollando le spalle e fingendo che la sua vicinanza non gli facesse piacere.
“Non mi avresti risposto.”
“Finora sei tu quella che ignora i miei messaggi.” Precisò piccato.
“Sono troppo impegnata con l’Università per parlarti.”
“Se vuoi saperlo, anche Courtney mi ha salutato.” Si lasciò sfuggire, notando uno strano guizzo nel suo sguardo.
“La cosa non mi riguarda.”
“Hai ragione, ho sbagliato di nuovo.” Soffiò, accennando un sorriso.
“Non riuscirai mai a fare qualcosa di giusto.” Replicò lei con amarezza.
“Sono stanco di parlare e forse è meglio che vada.”
“Come sempre scappi dinanzi al pericolo.”
“Dopotutto sono solo un codardo.” Ammise, facendola sussultare.
“Sono passata per consegnarti una cosa.”
“Qualunque cosa sia, te la regalo.” Soffiò, dandole le spalle e compiendo alcuni passi verso la sua abitazione.
“Purtroppo il negozio non ha accettato il reso.”
“Puoi sempre rigirarlo a un altro ragazzo.” Ribatté, scrollando le spalle.
“Non mi sembrava corretto.”
“Perché lasciarmi sotto la pioggia e senza darmi la possibilità di scusarmi o di chiarirmi, è il massimo della correttezza.”
“Sei stato tu a costringermi.”
“La cosa assurda è che non sono nemmeno arrabbiato per questo, anche se non ho intenzione di accettare il tuo regalo e di farti dormire senza sensi di colpa.” Ammise, girandosi nuovamente.
“Ma io…”
“Mi spiace Dawn, ma ci rinuncio.” Ricominciò, negando con decisione.
“Rinunci a cosa?”
“Rinuncio per sempre a provare a riconquistarti Dawn.”
“Sai che perdita.” Lo bloccò lei.
“Come fai a non capire che sarei disposto a fare qualunque cosa pur di rientrare nella tua vita? Se mi chiedessi di piangere davanti a tutti lo farei, se mi chiedessi di umiliarmi non esiterei, ma non voglio pensare che il tempo passato insieme non valga più nulla per te.”
“Purtroppo è così.” Replicò gelida, facendolo sospirare.
“Forse un giorno ti pentirai di tutto questo dolore e mi auguro di non essere troppo lontano. Non posso sperare in nulla di malvagio, ma temo che per te possa essere una grave perdita.” Rimuginò, compiendo alcuni passi verso il portone, prima di ritrovarsela davanti a fissarlo con occhi furiosi.
“Prendilo!”
“No!” Tuonò di rimando, rifiutandosi di venir considerato da lei solo in quella breve giornata.
“Ti ho detto di prendere il tuo regalo, Scott!”
“Lasciami in pace: ho sofferto anche troppo.”
“Ti ordino di prenderlo!” Ricominciò lei, sbattendo con veemenza il pacchetto contro il suo petto.
“Lo fai solo perché temi di sentirti in colpa.”
“Di cosa dovrei sentirmi in colpa?”
“Se non lo sai tu.”
“Non rompere e accettalo!” Gli ordinò, mentre lui titubante prendeva quel pensiero coperto da una carta rossa e da un fiocco dorato.
Per quello che gli importava, poteva anche trattarsi di una scatola stile matrioska contenente tante altre piccole scatole.  Soppesato tra le mani, Scott si rese conto che non era uno scherzo e che non sarebbe minimamente esploso. Aprì delicatamente la confezione sotto il suo sguardo incuriosito e poi sollevò il coperchio della scatola color aviatore.
Le sue pallide mani, piene di cicatrici e tagli coperti da cerotti, sfiorarono un portafoglio marrone, strappandogli un sorriso sincero e assai raro in quegli ultimi giorni.
“Grazie.”
“Ti piace?”
“Cambierebbe qualcosa se dicessi il contrario?” Sorrise, facendola rabbrividire.
“Purtroppo no.”
“Apprezzo il pensiero.”
“Ora posso anche andare.” Annuì felice, mentre Scott nascondeva subito il portafoglio nella tasca sinistra dei jeans.
Nel vederla allontanarsi da sola, si sentì pervaso da una strana paura e si affiancò a lei.
Quella poi, considerando la pessima reputazione della città, era la scelta migliore possibile. Se fosse stata in compagnia delle sue amiche e di Mike, allora sarebbe andato sul sicuro e sarebbe potuto rincasare, ma in quel caso era da sola e se le fosse capitata quale seccatura, non se lo sarebbe mai perdonato.
“Se vuoi, posso darti uno strappo.” Riprese, facendola girare di scatto.
“Non vorrei darti fastidio.”
“Mi darebbe fastidio non accompagnarti a casa.”
“Io…”
“E poi non ti lascerei andare nemmeno se rifiutassi.” Ridacchiò, salendo in macchina e aspettando che Dawn facesse lo stesso.
Chiusa la portiera, tastò la ventola che, come il solito, avrebbe iniziato a funzionare con molto ritardo e sbuffò per quella rottura che il meccanico non riusciva a riparare senza menzionare a costi elevati e all’intera sostituzione del cruscotto.
La radio, normalmente accesa e sintonizzata su una stazione fissa, fu chiusa proprio nell’istante in cui i Green Day avevano iniziato il ritornello di Holiday. Quella era una delle sue band preferite e in passato, quando era ancora alle superiori, aveva collezionato alcuni loro cimeli, salvo poi sigillare spille, foto e articoli di giornale in uno scatolone che doveva essere nella sua vecchia stanza alla fattoria.
Ricreato il silenzio, si girò a fissare Dawn e sorrise, facendola arrossire.
“Grazie.” Mormorò lei.
“E di cosa?”
“Potevi ignorarmi e a quest’ora saresti sul tuo divano per la maratona horror.”
“Un’altra volta, forse.”
“Io non capisco come tu riesca ad adorare quella robaccia.” Protestò Dawn, sforzandosi di non ricordare i suoi travestimenti spaventosi di Halloween.
Se avesse bussato, per esempio, alla casa dei McGrady, distante appena tre isolati, ecco che ad aprire si sarebbe presentato un ragazzo universitario, occhialuto, parecchio anonimo, vestito con pigiama di Superman e con tanto di fobia per clown pazzi psicotici, per strani esseri dotati di mani sferraglianti e per i ninja.
Harold McGrady, manco fosse rincorso dal Demonio, sarebbe schizzato nella sua stanza, rischiando di far precipitare al suolo il prezioso vaso di famiglia e si sarebbe rifiutato d’uscire fino a quando It e Freddy Krueger non fossero andati al diavolo. Di certo non poteva sapere che Duncan e Scott, quella sera, erano andati di casa in casa solo per fare dolcetto o scherzetto e non per ucciderlo.
La fantasia di quel giovanotto l’aveva spinto a credere che i ninja, suoi acerrimi rivali, avessero assoldato due pazzoidi solo per accopparlo. E fu così che It e Freddy si aggiunsero alla lista delle sue innumerevoli paure.
“Tu segui le sitcom demenziali e a me lasci l’orrore.” Si scaldò il rosso, non aspettandosi che iniziasse a ridere. Credeva che, risentita da quella verità, sbraitasse qualcosa e che difendesse a spada tratta tutti i protagonisti delle sue serie.
“D’accordo.”
“Questo è un bel regalo, Dawn.”
“Quale?”
“Siamo riusciti a parlare senza litigare, come quando eravamo bambini.” Sorrise amaro, rabbuiandosi subito dopo.
“Io…”
“Dawn, anche se non mi sopporti, continuo a volerti bene come allora.”
“Ti è piaciuto il regalo?” Richiese lei, sviando dal suo discorso, mentre lui metteva in moto.
“Certo.”
“Non stai mentendo?”
“Ti giuro che è il migliore che abbia mai ricevuto.” Sorrise, uscendo in strada e avviandosi verso l’appartamento della giovane.
Il silenzio cadde pesante e ingombrante in quell’abitacolo.
Scott era convinto che dovesse dire qualcosa per tentare di ricominciare daccapo, anche se non sapeva come. Aveva sentito da Duncan che Dawn aveva sofferto molto della sua scelta e di certo non voleva rigirare il coltello nella piaga.
Allo stesso modo lei non aveva il coraggio d’affrontare l’ex coinquilino e pertanto preferì zittirsi e lasciarlo guidare in pace.
Quei 10 minuti erano stati i più lunghi, ma anche i più brevi, della loro vita. Entrambi desideravano parlarsi con franchezza, ben sapendo che solo il più coraggioso avrebbe tentato la prima offensiva.
Solo giunto a destinazione, il ragazzo sollevò lo sguardo verso Dawn e le sorrise.
“Che serata particolare.” Esordì, cacciando un sospiro.
“Già.”
“È stata una delle serate più strane e interessanti della mia vita.”
“Davvero?”
“Non mi aspettavo di rivederti.”
“Sarai stanco.” Tentò lei, scontrandosi con un nuovo sorriso.
“Mai stato meglio in questi ultimi periodi.”
“Ti è successo qualcosa di brutto, Scott?” Chiese, facendolo annuire.
“E la tua vita come procede, Dawn?” S’informò, facendola tentennare.
“Potrebbe andare meglio.”
“Come sempre.”
“Forse è il caso che vada.” Soffiò appena, tentando di aprire la portiera, ma scontrandosi con il blocco azionato dal suo autista.
“Prima devo parlarti.”
“Questo è un sequestro di persona.”
“Non lo è se ci conosciamo da anni.” Mentì, sapendo che il pericolo della denuncia alleggiava seriamente sopra la sua testa.
“Io…”
“Vorrei farti solo una domanda.” Borbottò triste.
“Non voglio ascoltarti.”
“Tu sai che la mia pazienza è infinita.” Ribatté, mentre lei, dopo alcuni tentativi di scappare, si rimetteva seduta e cercava di mantenere la calma.
Fino a quando non fosse stata propensa ad ascoltare e avesse continuato a sfiorare la maniglia con la speranza che la porta cedesse, lui non avrebbe chiesto nulla. Sarebbe rimasto in rigoroso silenzio e avrebbe atteso con fiducia la sua scelta. Dopotutto non aveva nulla da perdere. La sua vita, così com’era, gli faceva schifo e stare da solo con Dawn, anche se lei lo odiava, non gli creava fastidio. Scott, infatti, socchiuse leggermente gli occhi e poi inspirò con calma. Aveva tempo. Sarebbe rimasto lì dentro anche tutta la notte purché lei abbandonasse le sue intenzioni di fuga.
“Chiedimi quello che devi.” Lo spronò, risvegliandolo e facendolo tossicchiare.
“Non voglio farti arrabbiare.”
“Non occorre che tu me lo dica: tanto sono già arrabbiata.”
“So bene che potrà sembrarti patetico e ripetitivo e che non mi perdonerai mai per quello che ho combinato, ma non posso credere che, con quello che abbiamo passato, tu accetti di rovinare tutto questo.”
“Hai detto che la colpa era solo mia.”
“Ero spaventato e confuso.” Confessò, cercando una scusa per proteggersi.
“E tu mi hai gettato via, Scott.”
“Non volevo parlarti di questo.”
“Ah già…dimenticavo che detesti i rimproveri.” Affermò con disinvoltura.
“Capisco il tuo odio. Lo considero giusto, anche se vorrei sapere il motivo per cui non eri presente alla festa.” Tentò, provando a essere il più dolce e tranquillo possibile.
“Tu mi volevi?”
“Certo che sì.” Sbottò, picchiettando sul volante.
“A volte sei strano, Scott.”
“Perché non c’eri?” Richiese, percependo il suo sospiro.
“Perché, di sicuro, avrei rovinato tutto. Zoey e Gwen me ne hanno parlato per quasi due settimane e non volevo rovinare i tuoi sforzi.” Ammise, torturandosi le mani.
“Non lo sapevo.”
“Sei soddisfatto ora?”
“Sì, anche se non sono stato sincero.” Sospirò, mentre i vetri iniziavano ad appannarsi leggermente.
“Come?”
“Di solito, quando si festeggia, non si dovrebbe mentire e, soffiando sulla torta, credevo di aver sbagliato desiderio. Ho subito capito che era un sogno irrealizzabile e irrazionale, ma proprio perché era quello che ho sempre sperato, alla fine mi sono arreso.” Mormorò, cancellando con delle strisce il piccolo disegno.
“Qual era il tuo desiderio?” Domandò, vinta dalla curiosità e torturandosi le mani durante quei pochi secondi d’attesa.
“Il mio cuore diceva che potevo riuscirci e ho mentito con me stesso, credendolo possibile.”
“Cos’hai chiesto?”
“Io volevo parlarti, ma alla fine sono finito con il raccontarti un’ennesima bugia.”
“Non me ne sono nemmeno accorta.” Soffiò, arrossendo e nascondendo il suo imbarazzo dietro il colletto rialzato del giubbotto.
“Era questo il mio più grande desiderio.”
“Tu, però, non hai mentito.”
“Dawn…io non sono capace di rinunciare a te.” Borbottò amaro, riconfermando una scomoda verità: lui non ci sapeva stare senza la sua compagnia. Aveva provato nelle ultime settimane a chiudere l’orribile pagina che entrambi avevano aperto e imbrattato, ma era soltanto precipitato nella spirale dei ricordi che tendeva a ferirlo senza la minima delicatezza.
“Dovrai farlo.”
“Anche se mi obbligassi, non credo di riuscirci.”
“Forse non hai capito, Scott: sono io che non voglio ricominciare.” Sbuffò stizzita.
“Posso almeno provarci?”
“Tu puoi sprecare il tuo tempo come meglio credi.”
“Tu non sei mai stata uno spreco per me.” Obiettò, poggiando una mano sulla sua spalla e compiendo uno sbaglio.
Prima la vide rabbrividire, manco avesse sfiorato un pezzo di ghiaccio e poi notò come si stesse piegando sopra il cruscotto, versando alcune lacrime che sotto il riverbero della luce dei lampioni risaltavano ancora di più. Non era nelle sue intenzioni farla piangere, eppure come gli capitava di solito, l’aveva fatta sprofondare in quello stato. Come quando avevano chiacchierato al bar dopo la sua fuga precipitosa dall’appartamento di Beverly o come quando l’aveva definita una sgualdrina, rinnovando il suo amore, ormai scricchiolante e vuoto, nei confronti di Courtney.
In entrambi i casi si era ripromesso che mai più l’avrebbe vista versare lacrime e puntualmente si rimangiava la promessa fatta.
“Anche se sono stato egoista, io sarò sempre dalla tua parte Dawn.”
“Non voglio.” Singhiozzò lei.
“Rispetto la tua scelta, ma non puoi decidere per me.”
“Ti prego…non farmi piangere per questo.”
“Ormai ho deciso.”
“Non voglio farmi del male.” Ribadì lei, sperando di riuscire a congelare i suoi intenti.
“Vorrà dire che lotterò per entrambi.”
“Faresti questo solo per me?” Mormorò triste, non riuscendo a cogliere nel suo sguardo il minimo accenno a un eventuale ripensamento.
“Ti chiedo solo di fidarti.”
“Come l’altra volta?” Chiese, prendendolo in controtempo.
“Da allora ho capito molte cose.”
“Tipo?”
“Il fatto che tu mi odi, che cerchi di starmi lontana, che mi fai pesare il fallimento…tutto lampante e logico come il sorgere del Sole. Immagino che ti stia impegnando per rendere fondati i tuoi tentativi con Mike.” La punzecchiò, temendo di scontrarsi con un’atroce risposta affermativa.
“Dicevi di sapere tutto.” Lo sfidò, facendolo sghignazzare.
“Ora ne ho la certezza e ti consiglio di stare attenta.”
“Attenta? Perché? Vuoi forse picchiare Mike e tenermi lontana da lui?”
“Certo che no.”
“Il nostro è amore.”
“Non sembra vero amore.” Brontolò il rosso.
“Da quando sei diventato un esperto in amore?”
“Non posso più nemmeno esprimere una mia opinione?”
“Non è che tu sia geloso, Scott?” Chiese con un pizzico di malizia, catturando un suo breve istante di spaesamento.
“Lo sono, anche se non posso pretendere qualcosa e vorrei solo che ricominciassimo da zero.”
“Come amici?”
“Sarebbe da stupidi continuare a farsi la guerra.”
“Sei stato tu a cominciare, se ben ricordi.” Protestò lei, asciugandosi frettolosamente il viso con la manica destra del giubbotto e spargendo il trucco che era ormai colato.
“Posso almeno chiederti una tregua?”
“Se credi di far pace con così poco, allora ti sbagli.”
“So bene che sei molto testarda in certe cose.” Ammise il rosso, facendola sorridere.
“Mettere in risalto i miei difetti non ti permetterà di migliorare le cose.” Borbottò lei, sfiorando la maniglia nella speranza che si aprisse.
“Posso almeno sapere se hai intenzione di partecipare alla gita di gruppo?” Sospirò, sbloccando il comando, mentre lei afferrava la borsetta per uscire e per tornarsene al suo appartamento.
“Non lascerò mai Mike da solo.”
“Allora non sarà l’ultima volta che parleremo.” Concluse, uscendo e accompagnandola fino alle scale della sua nuova abitazione.








Angolo autore:

Buonasera carissimi.
Mi scuso per questo aggiornamento giunto con 10 giorni di ritardo, ma mi sono preso un break per ricaricare le batterie, in quanto ero fisicamente e mentalmente a pezzi.
Non che mi sia tornato molto utile: sono più stanco di prima, ma pazienza.

Ryuk: Speriamo di aver creato il giusto interesse per la gita in montagna.

Ci sarà, come sempre, da divertirsi.
Detto questo vi saluto e vi auguro un buon fine settimana.
A presto!
 
   
 
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